domenica 4 luglio 2010

Parole inventate (4): il verlan

Il verlan è una forma di linguaggio gergale nell’ambito della lingua francese che consiste nell’inversione delle sillabe di una parola, talvolta accompagnata da un’elisione per evitare certe impossibilità fonetiche. Il termine nasce proprio invertendo le sillabe della locuzione avverbiale à l'envers, che significa «al contrario». Anche se esempi di inversione delle sillabe si ritrovano isolati nella storia della lingua francese (un Tristan trasformato in Tantris in un romanzo del ciclo arturiano nel XII secolo, o Toulon, Tolone, scritto Lontou in una lettera di un galeotto nel 1842), il verlan si è diffuso soprattutto dagli anni ’70 del secolo scorso. Inizialmente utilizzato dai giovani dei ceti popolari e immigrati nella banlieu parigina, dove è nato come segno identitario e lingua franca e criptata di emarginati e piccoli delinquenti, spesso mescolandosi con parole straniere, in particolare arabe e inglesi, è diventato con il tempo un linguaggio utilizzato in tutta la nazione, particolarmente dopo il suo impiego nei testi delle canzoni rap o in alcune opere cinematografiche. Oggi, nella sua forma meno “sovversiva” e arabizzata, è compreso da larghi strati della popolazione giovanile, anche di estrazione borghese. Nelle sue forme più estreme esso conserva tuttavia la sua funzione di gergo utilizzato per non farsi capire all’esterno del gruppo dei parlanti: ciò avviene in modo particolare nella realtà carceraria e in quella delle bande di emarginati e casseurs delle banlieues, come è evidente dal fatto che il lessico del verlan in questi casi riguarda soprattutto ambiti come il furto, la droga, la violenza, il sesso, nei quali la segretezza rispetto all’autorità (famigliare o pubblica) è fondamentale.

Nel verlan la formazione di una parola avviene in maniera essenzialmente fonetica. La maggior parte dei termini si ottiene attraverso le tre operazioni sotto illustrate, anche se, essendo il verlan un gergo essenzialmente orale, è possibile trovare numerose eccezioni.

Aggiunta o soppressione dell’ultima vocale – In maniera assolutamente non sistematica, la prima fase della verlanizzazione consiste, quando necessario, nell’aggiunta di una e muta (schwa) oppure nel troncamento o elisione dell’ultima vocale. Esempi: cher → chèreu, défoncé → défonc', bled → blèdeu, flic → flikeu, rigoler → rigol', énervé → énerv'.

Sillabazione e inversione – La parola viene poi divisa in due parti. Il luogo di questa divisione è determinato dall’uso e dalla facilità di pronuncia della parola risultante. Per questa operazione non esistono regole rigide, anche se di solito la separazione avviene prima della sillaba accentata nelle parole di più di due sillabe, o esattamente tra le due sillabe nei bisillabi. Segue lo scambio delle due parti. Questa operazione è presente in tutte le parole del verlan. Esempi: reu-chè, fonc'-dé, de-blé, keu-fli, gol-ri, v'-éner, garette-ci, zy-va, meu-fa, ceau-mor.

Troncamento o modifica dell’ultima sillaba del neologismo così formato – Per facilitare la pronuncia, può accadere cada l’ultima vocale del neologismo, oppure che essa venga cambiata, in modo analogo a quanto avviene nel francese colloquiale moderno (es. apéritif → apéro, Sarkozy → Sarko). Esempi: reuchéreuch', garette-cigaro, keu-flikeuf', meu-fa → meuf.

Il processo appena descritto non si applica solo alle parole isolate, ma anche ad alcune espressioni verbali. Così comme-ça diventa ça-comme, oppure ce-soir dà luogo a soirce.

Talvolta il processo di verlanizzazione si applica due volte alla stessa parola (double verlan). L’esempio più noto è fornito dalla parola arabe, che diventa prima reubeu o rebeu e poi beur, con cambiamento totale delle vocali.

Alcune delle parole del verlan sono diventate talmente popolari da essere entrate a pieno titolo nel francese colloquiale: è il caso di beur (arabo) o keuf (poliziotto). In altre ancora i linguisti hanno notato uno slittamento semantico per il quale una parola così costruita non ha più lo stesso significato della parola originaria. E’ il caso di céfran (francese), che indica spesso tutti coloro che non appartengono alla categoria di coloro che parlano il verlan, indipendentemente dalla loro effettiva nazionalità, oppure di beur, che indica ormai solo gli arabi nati in Francia, figli di immigrati.

Ecco uno schema di alcune delle parole di uso più comune:

Persone
- Femme (donna) → meuffeumeu
- Copine (ragazza, fidanzata) → pineco
- Mec (ragazzo) → keum/keumé
- Flic (poliziotto) → keuflikeuf
- Arabe (arabo) → rebeubeur
- Juif (ebreo) → feuj
- Noir (nero, persona di colore) → renoi (si utilizza anche keubla, dall’inglese black)
- Chinois (cinese)→ noichinoich
- Français (francese) → céfran
- Frère (fratello) → reufrèreuf
- Parents (genitori) → renparemps
- Pute (prostituta) → teupu

Aggettivi
- Bête (stupido) → teubé
- Louche (losco) → chelou
- Cher (caro, costoso) → reuch
- Moche (brutto) → cheum/cheumo
- Énervé (arrabbiato) → véner
- Lourd (pesante, noioso) → relou
- Fou (matto) → ouf
- Méchant (cattivo) → chanmé
- Pourri (marcio, putrido) → ripou

Verbi
- Fumer (fumare) → méfu
- Tomber (cadere, perdere) → béton (Laisse tomber! → Laisse béton!)
- Manger (mangiare) → géman

Cose
- Argent (soldi, denaro) → genhar
- Métro (metropolitana) → tromé o trom
- Cigarette (sigaretta) → garetsigaro
- Shit (slang per hashish) → teuchi o teuch
- Herbe (erba, slang per marjuana) → beuherbeuh
- Foot (football, gioco del calcio) → teufoo o toof
- Fête (festa, party) → teuf
- Maison (casa) → zonmai

Malgrado la complessità del lessico, il verlan segue la struttura della frase francese. Tranne poche eccezioni, l’ordine delle parole rimane lo stesso e il numero di termini verlanizzati all’interno della frase non è quasi mai superiore al 10–15%.

Nelle lingue diverse dal francese si assiste raramente allo scambio di sillabe, e solo in contesti enigmistici o letterari. Tra gli pseudonimi usati da Teofilo Folengo, ad esempio, ci sono Merlin Cocai e Limerno Pitocco (Mer–li–no → Li–mer–no). Lo stesso Folengo alludeva a Carlo V con Luscar (Car–lus → Lus–car). Il poeta provenzale Arnaut Daniel (di cui ho parlato a proposito della sestina lirica come procedimento combinatorio) diceva Lunapampa invece di Pampaluna (Pamplona). Più vicino a noi, un verso di Montale recita “la folata che alzò l’amaro aroma” (a–Ma–Ro → a–Ro–Ma). Esempi tratti dall’enigmistica sono ca–na–sta → ca–sta–na, ve–do–va → do–ve–va, ri–dot–to → dot–to–ri, ca–ba–li–sti → ba–li–sti–ca, pu–tri–di → tri–pu–di, ma l’inversione sillabica, essendo un gioco di parole prevalentemente orale, è molto meno diffuso che nel francese: l’enigmistica italiana predilige i giochi alfabetici in senso lato, giochi scritti, come l’anagramma. In molti casi lo scambio di sillabe è un vero e proprio strafalcione: Massimo D’Azeglio parla di una signora romana incapace di distinguere pa–no–ra–ma da pa–ra–ma–no; in altri è un gioco prettamente orale: chi non conosce l’effetto della ripetizione continua della parola ionico?

13 commenti:

  1. Non c'entra nulla ma, quando sono stato in Francia, mi hanno subito avvisato di stare attento nella pronuncia di "beaucoup" (dopo "merci") perchè è facile sbagliare e dire invece "beau cul". Maestro, mi perdoni il livello del commento. Il suo post è come al solito egregio.

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  2. Il Verlain l'era propr' vun gran pueta, però el Rimbaud l'è mej, el me pias pü.

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  3. Très lijo! :D

    A proposito di gerghi strani... tu lo conosci questo?
    http://books.google.it/books?id=Hn8SAAAAIAAJ&pg=PA5&dq=&hl=it&ei=YUQwTL-HApG7jAfTt9GWBg&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1&ved=0CC0Q6AEwAA#v=onepage&q&f=false

    Un saluto!

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  4. Colapesce: El Verlèn l'era propj un grand puèta, ma al Rimbò l'è mej, el me pias pusé.

    Gavagai: utile il tuo link. Alle pp. 22-23 parla proprio dell'inversione delle sillabe!

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  5. Non so se vale o sono fuori tema ma nel piemontese si può dire sia fürmìa che mürfìa (formica).
    Vuoi vedere che il verlan l'ha inventato uno dei nostri, poi finito in Frans(a) come Carlà Brünì?

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  6. Interessantissimo post. Ne avevo spesso sentito parlare quando vivevo in Francia, ed è molto piacevole leggerne una descrizione "scientifica". Mi ha sempre incuriosito la similitudine di pronuncia con Verlain (come evidenziato dal secondo commento): del tutto casuale?

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  7. Paleomichi: innanzitutto benvenuta! Sono andato subito a vedere i due tuoi blog, che mi sono piaciuti assai (condivido anche l'antipatia per i piccioni, aumentata dopo la lettura del libro di Süskind). Non credo che ci sia una relazione tra il verlan e Paul Verlaine, almeno a giudicare dal contesto in cui il gergo è nato e cresciuto, ma ignoro se magari qualche intellettuale ci abbia messo il nome e il riferimento colto.

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  8. Ciao Popinga,
    complimenti per il racconto su Teflon. Mi è piaciuto molto!
    A proposito del verlan: il film del '95 "La haine" ("L'odio" in Italia)del regista Kassovitz è tutto parlato in verlan. E' un bel film sulle banlieu: se ti capita, guardalo non doppiato.
    A presto
    Mattia

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  9. grazie dei complimenti! La mia antipatia per i piccioni nasce da quando, da piccola, fui punta da un acaro dei piccioni e passai la giornata con una bolla enorme e pruriginosissima sul calcagno :)
    Accidenti, mi accorgo ora di aver scritto "Verlain", chiedo scusa per l'orrore di battitura

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  10. interessantissimo, bravò!

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  11. Segnalo il larpa iudre che si parla(va) dalle mie parti:

    http://www.swissinfo.ch/ita/index/A_Mendrisio_a_&%238220%20afa&%238217%20l_pacia_d&%238217%20inghifu&%238221%20.html?cid=2161438

    (ci sarebbe anche la voce su wikipedia ma è fatta assai male)

    Penso che le lingue tronche (francese, dialetti dell'Italia del nord) si prestino meglio delle altre a questo tipo di gioco linguistico.

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  12. Egidio, grazie tantissime! Si tratta proprio di un verlan gallo-italico (e prima del verlan). El pipro na gualen la traricun! Metto in evidenza il tuo link: larpa iudre

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  13. Nei bar e circoli dove giravano le " tronce " dei malavitosi e mezzimalavitosi milanesi ( anni fine '60/'70 ) era normale che si sentisse : quello l'è tofa !
    ( è fatto/stonato ) o " che gafona / che gafi " ( che figona / che figa ) etc. etc.
    Era linguaggio drivato dal " verlan " parlato a Marsiglia .....

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