venerdì 19 novembre 2010

Polemiche: un mistero del Pignagnoli

Non è la prima volta che ospito gli scritti di amici e conoscenti. È tuttavia la prima volta che cedo alle insistenze di un amico d’un amico, convinto che la tesi che sostiene possa far luce su un poco conosciuto mistero della biografia già di per sé misteriosa dello scrittore Learco Pignagnoli o che, almeno, possa dar vita a un dibattito che avvicini in qualche modo la verità. L’amico dell’amico è Alberto Podenzani, letterato e matematico autodidatta piacentino, la cui cospicua produzione poetica e scientifica giace finora sottovalutata nei cassetti delle principali case editrici italiane e straniere. La sua opera Quattro salti in padella ha ottenuto il secondo posto nella terza edizione del concorso di poesia “Natura e cultura gastronomica” di Tabiano Bagni. Ecco quanto mi invia Podenzani:


L’edizione in brossura del Nome della rosa appartenuta a Learco Pignagnoli riporta una dedica autografa che recita “A Learco P., l’imitatore di Padre Jorge”. La firma e la grafia non sono tuttavia quelle di Umberto Eco, che pare non abbia mai conosciuto lo scrittore e filosofo emiliano, ma quelle dello stesso Pignagnoli.

Bizzarra scelta quella di scrivere una dedica a se stessi su un libro della propria biblioteca, ancor più sorprendente quando ci si descrive come ammiratore del personaggio indubbiamente più odioso di una storia. Alcuni studiosi hanno avanzato ipotesi assai aleatorie, perché scarsamente suffragate da prove: L. Gandelli (1) ha invocato lo spirito scherzoso del Nostro, R. Ghini (2) si chiede se non si tratti di una burla di Paolo Albani o di Daniele Benati. L’unico critico disposto a considerare seriamente l’autodedica è stato G. Calabrò (3), del quale mi sembrano condivisibili le argomentazioni. Il noto esperto di letteratura opportunista inquadra la dedica in un periodo particolare della vita del Pignagnoli, e cioè la crisi che attraversò in seguito alla scomparsa dell’amico Luis Burgos, il bibliofilo antiquario argentino, di cui si occuparono occasionalmente gli organi di stampa alla fine del 1981. Burgos aveva fatto parlare di sé sostenendo di essere venuto in possesso di una copia cinquecentesca del secondo libro della Poetica di Aristotele, quello dedicato alla commedia, ritenuto fino ad allora inesistente o perduto, mettendosi così in contrasto con l’intero mondo accademico e suscitando un generale scetticismo se non un’aperta ostilità. Il Burgos, invece di mostrare pubblicamente la sua presunta straordinaria scoperta, si chiuse in un ostinato mutismo che mantenne fino alla sua scomparsa nel nulla, avvenuta dopo un paio di settimane.

Il Pignagnoli, che aveva aiutato l’amico nei primi mesi del suo esilio italiano dopo le persecuzioni subite dalla giunta militare al potere in Argentina, si affrettò a escludere qualsiasi implicazione politica nella sparizione del Burgos, sostenendo, senza scendere in particolari, che “Bisogna cercare nei libri la fine di un amante dei libri” e che “Burgos scompare e Moravia c’è ancora, che bel mondo del cazzo”. Fin qui il Calabrò, che conclude la sua ricostruzione lamentando il fatto che forse mai sapremo sollevare il velo di mistero che circonda la scomparsa del bibliofilo sudamericano e la sibillina affermazione del filosofo emiliano.

Dobbiamo oggi a Z. Bonino (4) una notizia apparentemente poco significativa che può invece aprire uno spiraglio nella vicenda. Nel novembre 1981 prese fuoco la Fiat Ritmo del Pignagnoli, parcheggiata davanti alla sua abitazione, in quello che sembrò un atto vandalico. Lo scrittore non volle tuttavia sporgere denuncia, limitandosi a dichiarare “Se penso alla comodità mi viene il nervoso, se penso all’estetica mi calmo”. Il Bonino ci informa inoltre che all’epoca lo scrittore era un accanito fumatore di MS Blu, al punto che chi lo ricorda nei primi anni ’80 lo descrive sempre con la sigaretta accesa in bocca. I sedili della vettura erano pieni di bruciature, il posacenere sempre pieno, l’abitacolo puzzolente di fumo.

L’ipotesi che credo di poter formulare nel limitato spazio che può concedermi Popinga è che il prezioso volume del Burgos si trovasse sulla Ritmo del Pignagnoli, dimenticato con leggerezza dallo stesso proprietario o dall’amico italiano che potrebbe averlo chiesto e ottenuto in prestito.

La vettura non prese fuoco per l’azione di teppisti, ma per un incidente dovuto a un mozzicone dimenticato acceso dal Pignagnoli. Egli si sarebbe reso responsabile dell’enorme perdita per l’amico e per l’intera umanità. In seguito a tale sciagura, il Burgos avrebbe deciso di scomparire per la vergogna di affrontare gli organi d’informazione, forse maturando anche l’idea del suicidio, lasciando al Nostro un inconfessabile rimorso, parzialmente accennato nell’insolita dedica a se stesso in cui si paragona al frate incendiario del romanzo di Eco.

Note:
(1) Luigi Gandelli, In cerca di L.P., ed. Fondazione Scoppiabigi, Reggio Emilia, 1990.
(2) Renato Ghini, Scrittori emiliani del nuovo millennio, Coop. Editrice Fidentina, Fidenza, 1995.
(3) Giuseppe Calabrò, Scrittori che inventano scrittori, in Il mattone, rivista quadrimestrale di critica letteraria, a. V, n. 3, 2006.
(4) Zeno Bonino, Pignagnoli come non é, fotocopie sparse, in L’Accalappiacani n. 5, articolo scartato.

Alberto Podenzani

2 commenti:

  1. Ma è poi stata davvero una gran perdita?
    Propongo di aprire un dibattito, aperto anche agli ingegneri (altrimenti cosa ci sto a fare?).

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  2. “Burgos scompare e Moravia c’è ancora, che bel mondo del cazzo”, propongo di fare una bella statua a LP, immortalato nell'atto di spegnere una MS Blu su un libro di Moravia.
    (perché io adoro Moravia, si sente?)

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