martedì 29 agosto 2017

La Grande Muraglia di Kafka (e Cantor)


"Durante la costruzione della muraglia cinese" (Beim Bau der chinesischen Mauer) è una raccolta di racconti postumi di Franz Kafka il cui titolo deriva da uno di loro, così come sono stati editi dall’amico Max Brod nel 1931. In Italia ha avuto tre edizioni: Racconti, a cura di Ervino Pocar, I Meridiani Mondadori, Milano 1970; Schizzi, parabole, aforismi, a cura di Giuliano Baioni, Mursia, Milano 1983; Il silenzio delle sirene. Scritti e frammenti postumi 1917–24, a cura di Andreina Lavagetto, Feltrinelli, Milano 1994.

Il racconto che dà il titolo alla raccolta fu scritto nel 1917, e, purtroppo, non è concluso. Esso inizia con la descrizione delle strane modalità di costruzione del gigantesco manufatto, delle quali la voce narrante azzarda alcune spiegazioni. Ecco l’incipit, nella traduzione che ho tratto dalla rete.
La muraglia cinese è stata terminata nel suo cantiere più settentrionale. La costruzione fu condotta da sud-est e da sud-ovest, e qui ebbe luogo l’unificazione. A questo sistema di frazionamento ci si attenne in piccolo anche nell’ambito dei due grandi eserciti di operai, l’esercito dell’est e quello dell’ovest. Avvenne così, vennero formati gruppi di circa venti operai i quali avevano da erigere una frazione di muraglia della lunghezza di circa cinquecento metri, incontro a loro un gruppo adiacente edificava poi una muraglia della stessa lunghezza. Dopo però che l’unificazione era effettuata, la costruzione, al termine di questi circa mille metri, non veniva proseguita, anzi, i gruppi di lavoro erano inviati in tutt’altre regioni a edificare la muraglia. Naturalmente risultarono in questo modo molte grosse lacune, che soltanto poco a poco, lentamente, vennero colmate, parecchie addirittura soltanto dopo che si era proclamato il completamento della costruzione della muraglia. Anzi, ci devono essere lacune che proprio non sono state chiuse, secondo molti esse sono molto più estese delle frazioni costruite, un’affermazione del resto che appartiene forse solo alle numerose leggende che sono sorte intorno alla costruzione e che non sono verificabili da parte delle singole persone, almeno, non con i loro occhi e con il loro metro, in conseguenza dell’estensione della costruzione. Ora, si crederebbe a priori che sarebbe stato in ogni senso più vantaggioso costruire in modo continuo o almeno in modo continuo entro le due frazioni principali. La muraglia fu sì pensata, come viene in genere divulgato, ed è noto, con scopo di difesa dai popoli del nord. Come poteva tuttavia difendere, una muraglia discontinua? Di più, una tale muraglia poteva non soltanto non difendere, la stessa costruzione è costantemente in pericolo. Queste frazioni di muraglia abbandonate possono anzi sempre di nuovo esser distrutte con facilità dai nomadi, tanto più che costoro, una volta messi in stato di angoscia dalla costruzione della muraglia, ad una velocità misteriosa, come cavallette, cambiavano d’insediamento, e per questa ragione forse possedevano una visione d’insieme dell’avanzamento della costruzione migliore di quella che avevamo noi stessi costruttori. Ciò nonostante la costruzione non poteva certo esser condotta altrimenti che come è avvenuto. 

In un articolo comparso recentemente sul Journal of Humanistic Mathematics, Kevin P. Knudson, matematico e divulgatore dell’Università della Florida (1) fa notare come la costruzione della Muraglia nel racconto di Kafka proceda più o meno per iterazioni successive in modo contrario a quello con cui si costruisce l’insieme di Cantor. Si tratta quasi certamente di una scelta narrativa non intenzionale da parte del grande autore praghese, ma indica come avesse ragione Jorge Luis Borges quando scrisse che “Due idee – o piuttosto due ossessioni – pervadono l’opera di Franz Kafka. La prima è la subordinazione, la seconda è l’infinito” (e si sa quanto l’argentino parlasse anche di sé).

Trovo affascinante questa idea di Knudson, e mi piace pensare al fatto che la più grande costruzione dell’umanità possa essere pensata come nata a partire da una polvere (di Cantor, vabbè).

(1) Knudson, K. P. «Franz and Georg: Cantor’s Mathematics of the Infinite in the Work of Kafka,» Journal of Humanistic Mathematics, Volume 7 Issue 1 (January 2017), pages 147–154. DOI: 10.5642/jhummath.201701.12 . Available at: http://scholarship.claremont.edu/jhm/vol7/iss1/12