sabato 8 settembre 2018

Davy, chimico e poeta romantico


Sir Humphry Davy (1778-1829), il grande chimico inglese del XIX secolo isolò più elementi di quanti ne fossero stati isolati da qualsiasi altro scienziato fino ad allora. Ciò che oggi è meno noto è il fatto che egli scrisse versi per tutta la vita. Amico dei poeti romantici William Wordsworth, Samuel Taylor Coleridge e Lord Byron, come loro scrisse poesie sulla natura, l’immaginazione e il sublime. I legami tra scienza e letteratura in epoca romantica furono infatti più stretti e fecondi di quanto si è generalmente portati a pensare. Gli sviluppi nella conoscenza del mondo naturale e il contemporaneo progresso delle scienze sperimentali ebbero un forte impatto sulle opere dei letterati, così come i naturalisti utilizzavano con una certa frequenza immagini letterarie e metafore poetiche negli scritti privati e nelle pubblicazioni scientifiche. Il mondo rivelava le sue meraviglie agli uomini di scienza e a quelli di lettere, che spesso si distinguevano solo per una leggera differenza, un clinamen.

Davy era nato in una famiglia relativamente povera, figlio di un intagliatore di legno. Iniziò a scrivere versi già in gioventù. In questo esempio ritrae la differenza tra l'uomo comune, che trova nella superstizione le spiegazioni per le meraviglie naturali, e il talento scientifico:

While superstition rules the vulgar soul, 
Forbids the energies of man to rise, 
Raised far above her low, her mean control, 
Aspiring genius seeks her native skies. 

Mentre la superstizione governa l'anima volgare, 
proibisce alle energie dell'uomo di salire, 
elevate molto al disopra del suo basso, mediocre controllo, 
il genio ambizioso cerca i suoi cieli nativi. 

Dopo un breve apprendistato come farmacista, nel 1799 Davy iniziò a frequentare l’Istituto Pneumatico a Bristol (Pneumatic Institution for Relieving Diseases by Medical Airs), dove incominciò a farsi conoscere facendo esperimenti con il protossido d’azoto (il gas esilarante) e registrando i suoi effetti nei propri appunti, nelle lettere, nei versi e anche in un testo scientifico.

L’Istituto di Bristol era stato fondato proprio per testare l’efficacia dei nuovi gas che il grande fisico e chimico Joseph Priestley (1733-1804) aveva scoperto e analizzato. Era stato concepito come un centro medico, con annesso un ospedale dove si tentava di curare con i gas i pazienti le cui patologie erano ritenute incurabili, come la paralisi o la tubercolosi. Tramite Thomas Beddoes, che diresse la struttura prima di essere costretto alle dimissioni per le sue idee liberali, Davy entrò in contatto con molti intellettuali, tra i quali Coleridge, che associavano l’uso di gas nella medicina pneumatica a quello che il politico, filosofo e scrittore Edmund Burke chiamò il wild gas della libertà, in un’epoca di forti sconvolgimenti quali le rivoluzioni in America e in Francia. Erano anche gli anni in cui Thomas De Quincey consumava l’oppio e ne diventava dipendente, esperienza descritta nel celebre capolavoro Le confessioni di un mangiatore d'oppio (1821).

Il contributo di Davy alla medicina fu la scoperta che il protossido d’azoto, chiamato anche ossido nitroso (IUPAC monossido di diazoto), N2O, identificato da Priestley nel 1772, non era, come si pensava, mortale quando inalato sotto forma di gas. Nel suo libro Researches, Chemical and Philosophical, Chiefly Concerning Nitrous Oxide, pubblicato nel 1800, egli rilevò che esso attenua considerevolmente la sensazione del dolore, anche quando chi lo assume è ancora semi-cosciente, consigliando il suo utilizzo nella pratica medica. Purtroppo, benché Davy avesse descritto le sue proprietà anestetiche, passarono altri 44 anni prima che esso fosse utilizzato, dapprima nelle estrazioni dentarie e poi nella piccola chirurgia.


Davy fu molto coraggioso, e anche un po’ incosciente, a respirare il gas esilarante quando tutti temevano che fosse fatale, anche se c’è da dire che egli riporta nel testo anche la cronaca di suoi esperimenti altrettanto azzardati con il monossido di carbonio, l’ossigeno, l’idrogeno e altri gas. In una lettera ad un amico datata 10 aprile 1799 scrisse “Ieri ho fatto una scoperta che prova quanto sia necessario ripetere gli esperimenti”. La sua euforica relazione degli effetti della sostanza – “mi ha fatto danzare come un pazzo per il laboratorio, e da allora ha tenuto acceso il mio stato d’animo” – sembrava promettere grandi cose. Beddoes pensava che il protossido d’azoto potesse offrire il mezzo con il quale “l’uomo può, talvolta, arrivare a comandare le cause del dolore e del piacere, con un dominio tanto assoluto quanto quello che ora esercita sugli animali domestici e sugli altri strumenti del suo comodo”. Nel suo libro, Davy più o meno diceva le stesse cose: “Poiché l’ossido nitroso nella sua azione estensiva sembra capace di distruggere il dolore fisico, esso può probabilmente essere usato con profitto durante le operazioni chirurgiche nelle quali non si ha una grande perdita di sangue”. Il problema era che, in quell'epoca, si attribuiva poco interesse al concetto di anestesia, poiché si riteneva che il dolore fosse una parte importante della chirurgia, se non altro perché dimostrava che il paziente era ancora vivo. È impressionante considerare quanti pazienti avrebbero potuto essere risparmiati da inutili sofferenze nei successivi quattro decenni se Davy avesse proseguito lungo questa strada.

Tra il maggio e il luglio del 1800, Davy inalò regolarmente protossido d’azoto. Egli espresse sentimenti di “eccitazione estremamente piacevole” lungo le membra, il petto, le mani e i piedi. Spesso evidenziò una “pienezza” nella testa, sostenne che il suo udito e gli altri sensi diventavano più acuti, descrisse un “senso di potenza muscolare”, “un’irresistibile propensione all'azione” e scrisse che “idee nitide mi passavano per la mente”. Egli parlò della sua esperienza con il protossido d’azoto come di un intenso piacere, sebbene esso si manifestasse in maniere differenti: “talvolta (…) battendo i piedi o ridendo, altre volte danzando per la stanza e parlando ad alta voce”. Sembrava che la creatività fosse potenziata: egli descrisse ciò che definì “emozioni sublimi legate a idee molto lucide” e sperimentò fantasticherie di “immaginazione visiva” che occupavano la sua mente prima del sonno. Successivamente al luglio 1800, Davy abbandonò la sua “abituale pratica di inalazione” anche se continuava “a respirare occasionalmente il gas”, talvolta per “il mero piacere”. Davy aveva nuovi interessi, come la pila di Volta, che avrebbe poi usato per separare sali attraverso quella che oggi viene chiamata elettrolisi. Con alcune batterie in serie isolò il potassio e il sodio nel 1807 e, l’anno successivo, calcio, stronzio, bario, magnesio e boro. Studiò anche le energie coinvolte nella separazione di questi sali, divenendo uno dei padri dell'elettrochimica moderna.

Altri nella cerchia di Davy a Bristol, così come i pazienti dell’ospedale, sperimentarono il gas con risultati simili. Gli effetti del composto furono sperimentati da Coleridge e il poeta Robert Southey, in una lettera indirizzata al fratello il 12 luglio 1799, scrisse che “Davy ha inventato un nuovo piacere per il quale il linguaggio non ha nome”. James Webbe Tobin, membro del circolo e futuro abolizionista della schiavitù, il cui fratello John era un drammaturgo, paragonò l’esperienza a quella della “rappresentazione di una scena eroica sul palcoscenico, o alla lettura di un sublime passaggio poetico, quando le circostanze contribuiscono a risvegliare i più sottili sentimenti dell’anima”. In tutte queste testimonianze, il gas esilarante sembra abbia fornito una particolare ricettività alle qualità più alte della musica, della poesia e del teatro.

Tutte queste presunte qualità decretarono il successo del gas, che in effetti era una nuova droga, tra le classi sociali elevate, in cerca di euforia e deboli allucinazioni. Dal 1799 iniziarono i "laughing gas parties", festini a base di gas esilarante che fortunatamente non diventarono un fenomeno allarmante per la scarsa disponibilità della sostanza. 


I tentativi di Davy di rendere in parole le proprie esperienze con il protossido d’azoto lo portarono a scrivere una poesia che è stata trovata nei suoi appunti. Essa, come altre scritte da lui, non fu mai pubblicata mentre era in vita. Si intitola On breathing the Nitrous Oxide (Respirando l’ossido nitroso):

Not in the ideal dreams of wild desire 
Have I beheld a rapture wakening form 
My bosom burns with no unhallowed fire 
Yet is my cheek with rosy blushes warm 
Yet are my eyes with sparkling lustre filled 
Yet is my mouth implete with murmuring sound 
Yet are my limbs with inward transports thrill'd 
And clad with new born mightiness round. 

Non nei sogni ideali del desiderio senza confini 
ho osservato un’estasi che prendeva forma. 
Il mio cuore non brucia di fuochi divini, 
ma il mio viso di caldo rosato s‘informa, 
ma i miei occhi sono pieni di brillanti bagliori, 
ma la mia bocca è piena di suono fremente, 
ma le mie membra tremano di trasporti interiori 
e sono intorno coperte di potenza nascente. 

Per quanto non si tratti di un capolavoro, l’opera offre un resoconto personale e sincero dello stato fisico e mentale del suo autore dopo l’inalazione del gas esilarante. Essa completa gli appunti e il testo scientifico pubblicato, offrendo una visione più intima delle esperienze del grande chimico inglese con la sostanza. Davy ottenne nel 1801 un posto come docente universitario alla Royal Institution di Londra, proseguendo le sue ricerche scientifiche con crescente popolarità.

Fu a Londra che ricevette una richiesta dai proprietari delle miniere di carbone nel nord-est dell'Inghilterra e si mise al lavoro su una lampada di sicurezza per i minatori. Esistevano già altre lampade progettate in quegli anni, ma la più conosciuta è probabilmente la "lampada Davy".


Folle affascinate seguivano le sue lezioni di chimica alla Royal Institution di Londra negli anni a cavallo tra i due secoli, in cui Davy illustrava le ultime scoperte chimiche. Il pubblico non era solo composto da colleghi scienziati, ma anche da poeti e signore raffinate del West End. Le sue lezioni erano carismatiche ed esplosive (a volte letteralmente, come quando diede una dimostrazione realistica dell’eruzione di un vulcano). Ed erano spesso poetiche. Fu riferendosi alle lezioni di Davy che Coleridge disse che andava alle conferenze di chimica per aumentare il numero di metafore che poteva usare nelle sue poesie. 

Davy era all'avanguardia nella divulgazione scientifica. Con il suo amore per il linguaggio e la poesia dimostrò che era possibile praticare e amare sia la scienza sia le arti in egual misura. La poesia era per lui un modo per esprimere emozioni, pensieri e sentimenti che non avevano spazio nei suoi scritti scientifici. I libri da lui pubblicati potevano tuttavia descrivere esperimenti chimici con un linguaggio chiaramente poetico. 

Nel 1815 Davy avanzò l'idea che gli acidi fossero sostanze contenenti ioni di idrogeno, che potevano essere interamente o parzialmente sostituiti da metalli, ipotizzando che quando tali acidi reagiscono coi metalli, si formano i sali. Sempre secondo questa ipotesi, le basi sarebbero sostanze che, reagendo con gli acidi, formano sali e acqua. Le osservazioni si rivelarono utili ed ebbero ampio consenso per buona parte del XIX secolo. 

Una delle sue ultime composizioni, datata “Ullswater, 4 agosto 1825”, fu scritta durante un ricevimento al castello di Lowther, nel Lake District tanto caro ai romantici, proprio di fronte al lago che aveva ispirato a William Wordsworth, la celebre poesia I Wandered Lonely as a Cloud, conosciuta anche come Daffodils. In quell'occasione era presente anche Wordsworth: fu l’ultima occasione in cui si incontrarono.

La poesia rivela uno stile maturo e una chiara affermazione di ciò che Davy chiamava il suo istinto religioso in azione. La sua intima convinzione era che tutte le manifestazioni del potere spirituale e materiale devono la loro esistenza alla "luce dei soli", un’entità che aveva celebrato fin dalla sua adolescenza: 

Ye lovely hills that rise in majesty 
Amidst the ruddy light of setting suns 
Your tops are bright with radiance whilst below 
The wave is dark and gloomy and the plain 
Hid in obscurest mist. Such is the life 
Of Man. This vale of earth and waters dark 
And gloomy: but the mountain range above 
The skies, the heavens, are bright: there is a ray 
Of evening which does not end in night; 
A Sun of which we catch uncertain gleams 
In this our mortal state, but which 
For ever shines, wakening the spirit of Man 
To life immortal and undying glory. 

Voi adorabili colline che vi ergete maestose 
in mezzo alla luce rossastra dei soli al tramonto, 
le vostre cime brillano radiose mentre sotto 
l'onda è scura e cupa, e la pianura 
nascosta nella nebbia più oscura. Questa è la vita 
dell'uomo, questa valle di terra e acque scure 
e cupe: ma la catena di monti sopra 
i cieli, gli empirei, è luminosa: c'è un raggio 
di sera che non finisce nella notte; 
un Sole di cui cogliamo incerti bagliori 
in questo nostro stato mortale, ma che 
per sempre risplende, risvegliando lo spirito dell'Uomo 
alla vita immortale e alla gloria perenne. 


Davy morì a Ginevra, in seguito a un collasso respiratorio, minato da anni di audaci e imprudenti inalazioni chimiche. Aveva scritto centinaia di poesie. Fu a suo modo celebrato alla fine del secolo nel primo clerihew mai scritto da Edmund Clerihew Bentley (1875-1956), l’inventore di questa concisa forma di biografia umoristica: 

Sir Humphry Davy 
Abominated gravy. 
He lived in the odium 
Of having discovered sodium. 

Sir Humphry Davy 
detestava i sughi grevi. 
Visse nell’odio 
di aver scoperto il sodio.


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