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mercoledì 26 gennaio 2011

Galileo e le guerre dei telescopi

Galileo non fu il solo astronomo a puntare verso il cielo il telescopio nei primi anni dopo la sua invenzione in Olanda nel 1608. In realtà tutte le scoperte astronomiche ottenute con il nuovo strumento, per le quali è famoso lo scienziato pisano, furono fatte nello stesso periodo anche da altri osservatori, le cui storie spesso si incrociano in un periodo in cui la corrispondenza tra gli uomini di scienza e la loro mobilità erano assai più intense di quanto oggi siamo portati a pensare.

Queste scoperte parallele portarono spesso ad accese dispute di priorità tra Galileo e gli altri astronomi che le rivendicavano. Un esempio famoso è la battaglia a colpi di pamphlet a proposito delle macchie solari tra Galileo e l’astronomo gesuita tedesco Christopher Scheiner.

Christopher Scheiner era nato nel 1575 in Svevia e aveva aderito alla Compagnia di Gesù all’età di vent’anni. Studiò a Ingolstadt, dove più tardi divenne insegnante di matematica dal 1610 al 1616. In quel periodo fece le sue prime osservazioni astronomiche. Si trasferì poi a Innsbruck, su invito dell’Arciduca Massimiliano del Tirolo, attratto dalla sua fama crescente. Nella città alpina aveva continuato le sue ricerche, ma si era dedicato anche agli studi di ottica e fisiologia dell’occhio, ipotizzando che la retina sia la sede della visione. Nel 1624 fu chiamato a Roma, dove rimase fino al 1633 come insegnante di matematica. Tornato in Germania per dirigere il collegio gesuita di Niesse, morì il 18 giugno 1650.

La sua controversia con Galileo sulla priorità della scoperta della macchie solari fu un fattore importante, sebbene non l’unico, a provocare il degrado dei rapporti tra Galileo e i membri romani dei Gesuiti. Secondo il suo racconto, Scheiner aveva iniziato a osservare le macchie sulla superficie del Sole nel marzo o nell’aprile del 1611, assieme al suo assistente Johann Baptist Cysat. Le prime note pubbliche sulle sue osservazioni compaiono nelle Tres epistolae de maculis solaribus, datate 11 novembre 1611 e indirizzate al magistrato di Augusta Mark Wesler. Esse furono pubblicate nella stessa città bavarese nel gennaio 1612. Le tre lettere furono seguite da altre tre nel settembre 1612, pubblicate ancora per l’interessamento di Mark Wesler. Scheiner, a suo dire, pubblicò questi documenti sotto lo pseudonimo di Apelles latens post tabulam (Apelle nascosto dietro il dipinto), con riferimento all’aneddoto secondo il quale il grande pittore greco si nascondeva dietro i suoi quadri per ascoltare le critiche espresse dal pubblico. Ciò su richiesta dei suoi superiori, per evitare un eventuale disagio dei Gesuiti qualora le sue scoperte si fossero provate false o errate.


L’opinione iniziale di Scheiner era che le macchie solari erano piccoli pianeti che orbitavano vicino al Sole, un’ipotesi fortemente contestata da Galileo nel suo Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari del 1613, che contiene le tre lettere che Galileo inviò allo stesso Wesler in risposta a quelle di Scheiner. Nel suo libello, Galileo identificava correttamente le macchie solari, da lui osservate a partire dal 1611, come irregolarità della superficie solare e non come pianetini interni all’orbita di Mercurio. Studiando la posizione delle macchie solari in giorni successivi, il Toscano deduceva inoltre che il Sole ruota su se stesso, e calcolò il periodo di rotazione come assai prossimo a un mese lunare.

Diversamente da Galileo, Scheiner continuò l’osservazione delle macchie solari per più di 15 anni, nel corso dei quali mise a punto tecniche che migliorarono di molto l’accuratezza dell’osservazione delle posizioni delle macchie e disegnò strumenti specializzati per l’osservazione del Sole. I risultati delle sue osservazioni furono pubblicati tra il 1626 e il 1630 nel Rosa Ursina, un tomo di 730 pagine che nella prima parte è quasi interamente dedicato ad attaccare le posizioni di Galileo. Il volume non ebbe un gran successo, proprio a causa dell’astio che caratterizza il suo primo Libro, tuttavia non è del tutto senza meriti. L’opera contiene infatti un utilissimo catalogo delle osservazioni delle macchie solari in quei tre lustri. Queste osservazioni consentivano inoltre a Scheiner di dimostrare che l’asse di rotazione del Sole è inclinato rispetto al piano di rotazione terrestre. Questa scoperta fu rivendicata come propria da Galileo nel Dialogo sopra i due massimi sistemi (1632), nel quale la utilizzò come ulteriore dimostrazione dell’ipotesi eliocentrica. L’ovvia reazione del gesuita fu l’accusa di plagio contenuta nella sua opera successiva, Prodromus pro Sole Mobile, una critica rabbiosa che non ottenne l’autorizzazione alla pubblicazione durante la vita del suo autore, probabilmente perché considerata sgradevole dai suoi stessi superiori.


Il fatto curioso di tutte queste polemiche, che ebbero molta risonanza in tutta la comunità scientifica, è che era stato invece l’inglese Thomas Harriot (1560–1621) il primo ad aver lasciato traccia documentata delle sue osservazioni delle macchie solari.

Harriot fu il tipico intellettuale polivalente dell’epoca: matematico, fisico, astronomo, etnografo. Fu in corrispondenza con Keplero e viaggiò nelle nuove colonie inglesi del Nuovo Mondo, organizzando e partecipando alla spedizione che sir Walter Raleigh intraprese sull’isola Roanoke lungo le coste della Virginia tra il 1585 e il 1586. La relazione del viaggio, in cui forniva anche gli elementi fondamentali della lingua dei nativi algonchini, uscì nel 1588 e resta l’unico testo pubblicato mentre egli era in vita. Su richiesta di Raleigh, si occupò anche di come accumulare in modo razionale le palle di cannone sul ponte delle navi, da cui ricavò una teoria sull’impacchettamento compatto delle sfere che anticipa alcune scoperte della teoria atomica. Alla sua morte lasciò ai suoi esecutori testamentari il compito di pubblicare un suo testo d’algebra, ma essi lo fecero rimaneggiandolo e togliendo le parti più innovative. Così l’Artis Analyticae Praxis, uscito postumo nel 1631, fu privato di innovative intuizioni sulle radici dei numeri negativi e sui numeri complessi. Il resto della sua opera scientifica, più di 400 fogli vergati con minuscola grafia, rimase inedito, finché non fu riscoperto tra il XIX e il XX secolo.

Gli appunti astronomici di Harriot offrono la testimonianza delle sue precoci osservazioni telescopiche: essi contengono una mappa della Luna disegnata intorno al 1611, osservazioni dei satelliti di Giove fatte nello stesso periodo di quelle che Galileo pubblicò nel Sidereus Nuncius del marzo 1610, e appunti sulle osservazioni delle macchie solari che egli fece con il telescopio il 18 dicembre 1610, cioè qualche mese prima di quanto dichiarato da Galileo e Scheiner nella loro lunga disputa.

Ma non ci fu solo Harriot a precedere i due litiganti. Il primo a pubblicare le osservazioni del fenomeno ottenute con il telescopio fu Johann Fabricius, figlio maggiore del pastore di un villaggio frisone, David Goldsmid, latinizzato in Fabricius, astronomo dilettante e astrologo, che 1596 aveva scoperto la variabilità della stella Mira Ceti. Da allora Fabricius senior era entrato in corrispondenza con Tycho Brahe, allora a Praga alla corte dell’imperatore Rodolfo II, che invano tentò di convincerlo a raggiungerlo nella capitale a fargli da assistente. Poco prima della morte del grande astronomo danese nel 1601, era stato a Praga a conoscere Tycho, ma non aveva incontrato il nuovo assistente di quest’ultimo, Giovanni Keplero. Aveva invece conosciuto Simon Marius (Mayr), un’altro astronomo tedesco che ritroveremo più tardi in questa cronaca, il quale stava facendo presso Tycho quello che oggi chiameremmo un tirocinio di studio semestrale finanziato dal suo signore, il Margravio di Ansbach.

Johann Fabricius (1587-1616), era nato a Resterhave (Frisia tedesca) ed era stato introdotto alla matematica e all’astronomia dal padre. Aveva studiato medicina in varie università tedesche finché nel 1609 approdò a Leida, all’epoca una delle più importanti sedi di studi scientifici. Qui conobbe il telescopio grazie a Rudolph Snel, il cui padre Willibrod avrebbe dato il proprio nome alla legge sulla rifrazione. Rudolph Snel era professore di matematica e già nel 1610 teneva lezioni sul nuovo dispositivo ottico. Tornato a casa nell’inverno di quell’anno, Johann incominciò a puntare il suo telescopio verso il cielo, alternandosi al padre nella visione. Il 27 febbraio 1611 osservò per la prima volta delle macchie sulla superficie del Sole. L’osservazione diretta era tuttavia difficoltosa e dolorosa, perciò i due decisero di fare una serie di osservazioni sistematiche attraverso una camera oscura, un metodo collaudato di osservazione solare introdotto da Keplero. Essi interpretarono correttamente il moto giornaliero delle macchie solari come un’indicazione della rotazione del Sole sul proprio asse.

Nel giugno 1611 il giovane Johann diede alle stampe i risultati delle loro osservazioni in un opuscolo di 22 pagine intitolato De Maculis in Sole observatis, et apparente earum cum Sole conversione, Narratio, etc. Witebergae, Anno MDCXI. Nella loro disputa, sia Galileo che Scheiner ignoravano la pubblicazione di Fabricius, di cui non potevano essere consapevoli data la sua scarsa circolazione. Johann si laureò a Wittemberg il 24 settembre 1611. Continuò a studiare per conseguire il dottorato in medicina, ma morì in circostanze misteriose il 19 marzo 1616. Suo padre, che aveva smesso di osservare le macchie solari, fu ucciso il 7 maggio 1617, da un parrocchiano che si riteneva ingiustamente accusato dal pulpito di aver rubato un’oca e un pollo.

L’ultimo protagonista di queste dispute telescopiche è Simon Marius (Mayr), che abbiamo già incontrato a Praga presso Tycho Brahe nel 1601, ai tempi del viaggio di David Fabricius. Mayr era nato nel 1573 in un villaggio presso Norimberga e si era inizialmente rivelato per la sua bellissima voce, al punto da ricevere un sussidio per gli studi musicali dal Margravio di Ansbach. Ben presto rivelò anche un talento matematico e astronomico: nel 1596 pubblicò la sua prima opera scientifica riguardante le osservazioni sulla cometa comparsa in quell’anno, seguita tre anni dopo da una raccolta di tavole astronomiche. Fu così che ebbe l’opportunità del soggiorno di studio a Praga. Terminata questa esperienza, il suo protettore lo inviò per studiare medicina all’Università di Padova, dove Galileo Galilei era professore di matematica. Il fatto che sia Marius sia il giovane Fabricius alternassero gli studi astronomici e quelli medici non deve sorprendere: agli esordi dell’epoca moderna, la medicina astrologica era considerata indispensabile al fine di una corretta diagnosi e cura delle malattie. Non sappiamo se a Padova Marius incontrò Galileo, ma di sicuro fu in quella sede che iniziarono i loro forti dissapori.


Il primo motivo del contendere riguardava il cosiddetto compasso geometrico e militare, uno strumento, antenato del regolo calcolatore, che permetteva di eseguire agilmente calcoli aritmetici e operazioni geometriche. Progettato a Padova da Galileo intorno al 1598, lo strumento incontrò subito un grande successo, che forniva anche sostanziosi profitti. Egli si risolse perciò a redigere nel 1606 un manuale d’uso, Le operazioni del compasso geometrico e militare, edito in sessanta copie manoscritte, che veniva venduto assieme allo strumento. Nel 1607, sempre a Padova, il ricco studente milanese Baldassarre Capra pubblicò con il proprio nome la versione latina del manuale di istruzioni di Galileo. Ciò provocò un grande scandalo nell’Ateneo veneto: Capra fu espulso. Si parlò inoltre di una certa responsabilità nella frode anche di Simon Marius, che era tornato in Germania l’anno precedente, in quanto era stato il consulente e il supervisore di Capra negli studi astronomici sulla supernova del 1604 e non poteva ignorarne gli intenti. La reputazione di Marius in Italia era rovinata.


In Germania, Marius pubblicò nel 1609 la prima traduzione dal greco dei primi sei libri degli Elementi di Euclide. Ma la sua ricerca più controversa riguarda il telescopio. Basandosi sulla descrizione di un esemplare di telescopio visto da un ricco conoscente alla Fiera di Francoforte nell’autunno del 1608 (prima ancora che l’invenzione venisse presentata ufficialmente all’Aja), egli si ingegnò di riprodurne una copia, senza tuttavia ottenere risultati soddisfacenti. Con l’aiuto del ricco amico riuscì poi a ottenere un esemplare dall’Olanda, che migliorò dopo essersi procurato delle lenti speciali da Venezia. Alla fine del 1609 egli era così in possesso di uno dei telescopi migliori dell’epoca. Con il suo telescopio, Marius scoprì nel dicembre di quell’anno le lune di Giove e si impegnò a studiarne le caratteristiche e i periodi.

Diversamente da Galileo, che aveva pubblicato immediatamente le sue osservazioni sugli “astri medicei” nel Sidereus Nuncius nel marzo 1610, Marius rese noti i risultati della sua attività di osservazione solo nel 1614, quando fu dato alle stampe il Mundus Iovialis anno MDCIX Detectus Ope Perspicilli Belgici (“Il mondo di Giove, scoperto nel 1609 grazie al telescopio olandese”). La data dell’osservazione indicata dal tedesco portò a una nuova disputa con Galileo, il quale accusò Marius nel Saggiatore (1623) di essere un bugiardo e di aver copiato i suoi lavoro, per cui il Mundus Iovialis non era altro che un plagio:

“Io potrei di tali usurpatori nominar non pochi; ma voglio ora passarli sotto silenzio, avvenga che de' primi furti men grave castigo prender si soglia che de i susseguenti. Ma non voglio già più lungamente tacere il furto secondo, che con troppa audacia mi ha voluto fare quell'istesso che già molti anni sono mi fece l'altro, d'appropriarsi l'invenzione del mio compasso geometrico, ancor ch'io molti anni innanzi l'avessi a gran numero di signori mostrato e conferito, e finalmente fatto publico colle stampe: e siami per questa volta perdonato se, contro alla mia natura, contro al costume ed intenzion mia, forse troppo acerbamente mi risento ed esclamo colà dove per molti anni ho taciuto. Io parlo di Simon Mario Guntzehusano, che fu quello che già in Padova, dove allora io mi trovava, traportò in lingua latina l'uso del detto mio compasso, ed attribuendoselo lo fece ad un suo discepolo sotto suo nome stampare, e subito, forse per fuggir il castigo, se n'andò alla patria sua, lasciando il suo scolare, come si dice, nelle peste; contro il quale mi fu forza, in assenza di Simon Mario, proceder nella maniera ch'è manifesto nella Difesa ch'allora feci e publicai. Questo istesso, quattro anni dopo la publicazione del mio Nunzio Sidereo, avvezzo a volersi ornar dell'altrui fatiche, non si è arrossito nel farsi autore delle cose da me ritrovate ed in quell'opera publicate; e stampando sotto titolo di Mundus Iovialis etc., ha temerariamente affermato, sé aver avanti di me osservati i pianeti Medicei, che si girano intorno a Giove. Ma perché di rado accade che la verità si lasci sopprimer dalla bugia, ecco ch'egli medesimo nell'istessa sua opera, per sua inavvertenza e poca intelligenza, mi dà campo di poterlo convincere con testimoni irrefragabili e manifestamente far palese il suo fallo, mostrando ch'egli non solamente non osservò le dette stelle avanti di me, ma non le vide né anco sicuramente due anni dopo: e dico di più, che molto probabilmente si può affermare ch'ei non l'ha osservate già mai”.

Simon Marius era poco noto, mentre l’autorità di Galileo era riconosciuta in tutto il mondo scientifico. Pochi credettero al tedesco, soprattutto in Italia dopo l’episodio del maldestro plagio di Baldassarre Capra. Inoltre Marius era un luterano militante, di cui erano note le relazioni epistolari con uomini di scienza luterani. Egli inoltre difendeva il sistema misto del luterano Tycho Brahe sia sul piano scientifico che su quello scritturale. Galileo e l’acerrimo rivale, il gesuita Christopher Scheiner, e la cosa è abbastanza paradossale, si trovarono per una volta dalla stessa parte nel dare torto a Marius anche perché protestante. Così prosegue Galileo:

“Io scrissi nel mio Nunzio Sidereo d'aver fatta la mia prima osservazione alli 7 di gennaio dell'anno 1610, seguitando poi l'altre nelle seguenti notti: vien Simon Mario, ed appropriandosi l'istesse mie osservazioni, stampa nel titolo del suo libro, ed anco per entro l'opera, aver fatto le sue osservazioni fino dell'anno 1609, onde altri possa far concetto della sua anteriorità: tuttavia la più antica osservazione ch'ei produca poi per fatta da sé, è la seconda fatta da me; ma la pronunzia per fatta nell'anno 1609, e tace di far cauto il lettore come, essendo egli separato dalla Chiesa nostra, né avendo accettata l'emendazion Gregoriana, il giorno 7 di gennaio del 1610 di noi cattolici è l'istesso che il dì 28 di decembre del 1609 di loro eretici”.

Galileo ricorda che i protestanti adottavano ancora il calendario giuliano. La conversione della data indicata da Marius per la prima osservazione dei satelliti di Giove nel nuovo calendario gregoriano (il 29 dicembre 1609 diventa l’8 gennaio 1610) fa sì che Galileo abbia preceduto il tedesco di un solo giorno. Così, almeno per una volta, al grande scienziato pisano fece comodo essere cattolico. Marius morì nel 1624 ad Ansbach, considerato come una specie di criminale scientifico. La sua opera fu rivalutata solo dopo un paio di secoli. Sic transit gloria mundi.

4 commenti:

  1. Quindi parrebbe che alla fine la verità vien sempre a galla e che il tempo è galantuomo. Sperùma...

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  2. OT: L'o di Erdős va scritta con il doppio accento acuto (altrimenti noto come “umlaut ungherese”) e non con la tilde.

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  3. Anonimo, grazie. Non sono una lince, e a me sembrava proprio di aver scritto Erdős come dici tu. Invece era una tilde, che in Ungheria non usa. Misteri del copia-incolla.

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  4. laperfidanera02/02/11, 18:13

    Pop, sperando di farti cosa grata ti invio con il copia-incolla la lettera con l'accento giusto (e in più il solo accento doppio): ő ˝
    Magari l'hai già e hai corretto, ma sono ancora meno lince di te!
    Una piccola osservazione: la parola 'tilde' in spagnolo indica sia il segno sopra la n : ñ, sia qualunque altro accento (sempre acuto, anche se a volte sbaglio nello scrivere).

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