Premessa
Non conoscevo questo splendido racconto matematico di Arthur
Porges (1915-2006) prima che me ne parlasse l’amico Antonello Musiani qualche
giorno fa, dicendo che “io, bambino, [lo] trovai su Linus dei miei fratelli maggiori. me ne innamorai all'istante”. Dopo
la sua segnalazione, ho scoperto che l’autore, matematico di formazione, è
stato un prolifico autore di racconti brevi, soprattutto nei due decenni tra il
1950 e il 1970. Il racconto fu pubblicato nel 1954 con il titolo The Devil and
Simon Flagg, e ho trovato l’originale sul sito del divulgatore e scrittore Simon Singh (autore tra l’altro, de L’ultimo
teorema di Fermat). In italiano comparve su Linus n. 41 dell'agosto 1968. Adesso si può trovare in I numeri nel cuore di Ciliberto, Saleri
e Strickland (Springer, 2008), testo che non posseggo ed è al di fuori delle
mie possibilità economiche (l’e-book costa 23,80 €).
Mi è piaciuta l’idea di tradurlo da solo e di sottoporlo ai
miei lettori, sicuro che la versione italiana che si trova in commercio sarà
senz’altro migliore. D’altra parte, la diffusione della conoscenza è uno degli
obiettivi del mio blog, e di sicuro da questo lavoricchio non trarrò alcun
beneficio economico (oltretutto Popinga
è sotto licenza Creative Commons).
Il Diavolo è un grande esperto di indovinelli. Talvolta
appare e, senza neanche fare una decente offerta, comincia a farti domande, e,
se non sei capace di rispondere, ti porta via.
Una delle prime ballate inglesi è The False Knight on the Road (Il finto cavaliere sulla strada), che
è un dialogo a domanda e risposta che comincia:
“O dove stai andando?”
Disse il finto cavaliere sulla strada.
“Sto andando a scuola”,
Disse il ragazzino, e stette fermo lì.
Gli studiosi ci dicono che il finto cavaliere è il Diavolo,
ma il risoluto ragazzino lo supera. In molte leggende scandinave e baltiche, il
Diavolo compra un’anima, ma concede di liberarla se è in grado di rispondere a
certe domande, per esempio: “Quanto dista il cielo dalla terra?”. Ci sono due
risposte a questa domanda, “Dovresti saperlo tu, perché sei caduto per tutto il
tragitto”, una risposta che apparentemente soddisfa il Diavolo, e l’altra “Un
passo, perché mio nonno ha un piede nella fossa e uno in cielo”.
Un’altra situazione è il contrario di questa: il mortale è
liberato se è capace di fare al Diavolo una domanda alla quale egli non sa
rispondere, o di affidargli un compito che non è capace di eseguire.
Dopo diversi mesi della più ardua ricerca, che comportava lo
studio di innumerevoli manoscritti sbiaditi, Simon Flagg riuscì – a evocare il
diavolo. Come medievista competente, sua moglie si era dimostrata
preziosissima. Egli, un semplice matematico, era a stento preparato a decifrare
grafie latine, soprattutto quando erano rese più complicate da rari termini
della demonologia del decimo secolo, così era fortunato che ella avesse un talento
speciale per questi documenti.
Terminate le schermaglie preliminari, Simon e il diavolo si
sedettero per negoziare lealmente. Il
diavolo era di cattivo umore, in quanto Simon aveva ingegnosamente aggirato
diversi dei suoi più sicuri stratagemmi, individuando facilmente gli ami
mortali nascosti in ciascuna esca tentatrice.
“Immagina di ascoltare una mia proposta per uno scambio”,
suggerì alla fine Simon. “Almeno, è senza trucchi”.
Il diavolo fece
girare nervosamente con la mano la punta della sua coda, più di quanto un uomo
possa giocherellare con il suo mazzo di chiavi.
Naturalmente, si sentì colpito.
“Bene” accettò con voce irritata: “Non può fare alcun male.
Ascoltiamo la tua proposta.”
“Ti farò una certa domanda, “cominciò Simon, e il diavolo si
animò, “alla quale bisogna rispondere entro ventiquattr’ore. Se non sei capace
di farlo, dovrai pagarmi centomila dollari. Si tratta di una richiesta modesta
paragonata a quanto puoi ottenere. Non miliardi, non Elena di Troia, o una
pelle di tigre. Naturalmente non ci dovranno essere ritorsioni di sorta se
vinco io”.
“Di sicuro!” grugnì il diavolo. “E qual è la tua posta?”
“Se perdo, sarò tuo schiavo per un certo periodo di tempo.
Nessun tormento, nessuna perdita dell’anima, non certo per soli centomila
dollari. Né metterò in pericolo parenti o amici. Sebbene,” osservò
pensosamente, “ci siano delle eccezioni”.
Il diavolo aggrottò le sopracciglia, tirando stizzito la
coda forcuta. Infine, con un violento strattone che gli fece fare una smorfia
di dolore, smise.
“Scusa”, disse piattamente, “io mi occupo solo di anime.
Nessuna riduzione in schiavitù. La quantità dello spontaneo, appassionato
servizio che ricevo dagli uomini ti sorprenderebbe. Tuttavia, ecco quel che
farò. Se non sarò capace di rispondere alla tua domanda nel tempo stabilito,
non riceverai centomila miserabili dollari, ma qualsiasi somma ragionevole mi
chiederai. In più, ti offro salute e felicità per il resto della tua vita. Se
risponderò… bene, conosci le conseguenze. Questo è il massimo che posso
offrire”. Prese dall’aria un sigaro acceso e sbuffò in vigile silenzio.
Simon guardava senza vedere. Piccole gocce di sudore gli
spuntarono sulla fronte. Nell’intimo del suo cuore sapeva che cosa
significavano i termini perentori del diavolo. Allora i muscoli della mascella
si strinsero. Avrebbe dovuto giocare la sua anima, in modo che nessuno, uomo,
bestia o demonio, potesse rispondere alla sua domanda in ventiquattro ore.
“Includi mia moglie in quella fornitura di salute e
felicità, e sono d’accordo,” disse “andiamo avanti”.
Il diavolo fece un cenno d’assenso. Tolse il mozzicone di sigaro dalla bocca,
lo guardò con disgusto, e lo toccò con l’artiglio dell’indice. Di colpo si
trasformò in una grande mentina rosa, che succhiava con rumoroso piacere.
“Riguardo alla tua domanda,” disse, “deve avere una
risposta, o il nostro contratto viene annullato. Nel Medio Evo, la gente amava
porre indovinelli. Alcuni mi giunsero come paradossi, come quello del villaggio
con un solo barbiere che rade tutti quelli, e solo quelli, che non si radono da
soli. “Chi rade il barbiere?” chiedevano. Ora, come ha messo in evidenza
Russell, quel “tutti” rende tale domanda priva di significato e perciò senza risposta”.
“La mia domanda è proprio una domanda, non un paradosso”, lo
assicurò Simon.
“Molto bene. Risponderò. Che cos’è quel sorrisetto?”
“Niente,” rispose Simon, che cambiò espressione.
“Hai buonissimi nervi,” disse il diavolo, approvando
seriamente, mentre prendeva dall’aria una pergamena. “Se avessi scelto di
comparire come un mostro che unisce le migliori caratteristiche del vostro
gorilla con quelle del Grande Kleep Venusiano, un animale (presumo che ciò si
possa chiamare il fascino di un occhio solo), mi stupirei del tuo autocontrollo.“
“Non hai bisogno di fare alcuna prova,” disse frettolosamente
Simon. Prese il contratto che gli era stato porto, concesse che era tutto in
ordine e aprì il suo coltellino da tasca.
“Solo un momento”, protestò il diavolo. “Lascia che lo
sterilizzi; potresti essere infettivo.” Tenne la lama tra le labbra, soffiò
delicatamente, e l’acciaio avvampò rosso ciliegia. “Eccoti. Ora un tocco della
punta con un po’ di ahh…inchiostro, e siamo pronti. Seconda riga dal fondo,
prego, l’ultima è la mia”.
Simon esitò, fissando l’umida punta rossa.
“Firma,” lo sollecitò il diavolo, raddrizzando le spalle, e
Simon lo fece.
Quando la sua firma fu aggiunta con uno svolazzo, il diavolo
si fregò le mani, diede a Simon un’occhiata apertamente di possesso, e disse
allegramente: “Che mi si ponga la domanda. Non appena avrò risposto, dovrò
corre via. Ho giusto il tempo per un altro cliente stasera”.
“Benissimo” disse Simon. Prese profondamente fiato. “La mia
domanda è questa: è vero l’Ultimo Teorema di Fermat?”
Il diavolo deglutì. Per la prima volta la sua aria di
sicurezza si indebolì.
“L’ultimo cosa di chi?” domandò con voce sorda.
“L’Ultimo Teorema di Fermat. È una congettura matematica che
Fermat, un matematico francese del diciassettesimo secolo, disse di aver
provato. Tuttavia, la sua dimostrazione non fu mai messa per iscritto, e ad
oggi nessuno sa se il teorema è vero o falso”. Le sue labbra si contrassero
brevemente mentre guardava l’espressione del diavolo. “Bene, ecco, a te la risposta”.
“Matematica!” Esclamò il diavolo con orrore, “Pensi che io
abbia tempo da perdere per imparare quella roba? Ho studiato il Trivium e il Quadrivium, ma per quanto riguarda l’algebra – diciamo”, soggiunse
risentitamente, “che genere di domanda da farmi è questa?”
Il viso di Simon era stranamente rigido, ma i suoi occhi
brillavano. “Tu piuttosto correresti 75 mila miglia per riportare qualche cosa
delle dimensioni della Diga di Hoover, immagino!” lo derise “Il tempo e lo
spazio sono inezie per te, vero? Bene, mi dispiace, io preferisco questo. È un
argomento semplice”, aggiunse con voce piatta. “Solo una questione di numeri
interi positivi”.
“Che cos’è un numero intero positivo?” esplose il diavolo.
“O un numero intero, per quale questione?
“Per dirla più formalmente”, disse Simon ignorando la
domanda del diavolo, “Il Teorema di Fermat afferma che non esistono soluzioni
razionali non banali dell’equazione Xn + Yn = Zn per n positivo intero maggiore di 2”.
“Che cosa vuol dire?”
“Sei tu che dai le risposte, ricorda”.
“E chi deve giudicare, tu?”
“No” rispose Simon gentilmente. “Dubito di esser
qualificato, anche dopo aver studiato il problema per anni. Se tu arrivi a una
soluzione, la sottoporremo a ogni buona rivista di matematica, e i loro referee decideranno. E tu non puoi
tirarti indietro – il problema ovviamente ha una soluzione: o il teorema è
vero, o è falso. Nessun nonsenso di logica polivalente, bada bene. Determina solamente
quale dei due, e provalo in ventiquattr’ore. Dopo tutto un uomo, scusami, un
demonio della tua intelligenza e vasta esperienza di sicuro può imparare un po’
di matematica in questo lasso di tempo”.
“Mi ricordo ora del brutto periodo che ho passato su
Euclide quando studiavo a Cambridge,”
disse tristemente il diavolo. “Le mie dimostrazioni erano sempre sbagliate, e
ciò nonostante era comunque tutto così ovvio. Lo potevi vedere direttamente dai
disegni”. Indurì la mascella. “Ma ce la posso fare. Ho fatto anche cose più
difficili. Una volta andai su una
stella distante e portai indietro un quarto di gallone di neutronio giusto in sedici…”
“Lo so,” lo interruppe Simon. “Sei molto bravo in certi
trucchetti”.
“Trucchi, nient’affatto!” fu la replica stizzita. “È una
tecnica così difficile, ma .. non importa, mi affretto alla biblioteca. A
domattina a quest’ora”.
“No,” lo corresse Simon. “Abbiamo firmato mezz’ora fa. Torna
esattamente entro ventitré ore virgola cinque. Non farti mettere fretta,”
aggiunse ironicamente mentre il diavolo dava un’occhiata sorpresa alla pendola.
“Bevi qualcosa e conosci mia moglie prima di andar via”.
“Non bevo mai sul lavoro. E non ho tempo di fare conoscenza
con tua moglie… ora”. E scomparve.
“Sempre a sbriciare alla porta?” La riprese Simon, senza
rancore.
“Naturalmente,” disse con la sua voce roca. “E, caro, vorrei
sapere, quella domanda, è davvero difficile? Perché, se non lo è… Simon sono
così preoccupata!”
“È difficile, va tutto bene”. Simon era piuttosto spavaldo.
“Ma la maggior parte della gente a prima vista non se ne rende conto. Vedi,”
continuò, cadendo automaticamente nel suo atteggiamento da professore di matematica, “tutti possono
trovare due numeri interi i cui quadrati sommati danno un altro quadrato. Per
esempio, 32+42=52,
cioè 9+16=25, giusto?”
“Uh huh.” Lei
gli sistemò la cravatta.
“Ma quando provi a trovare due cubi che si sommano per dare
un altro cubo, o potenze più alte che si comportano allo stesso modo, non
sembra che ce ne sia alcuno. Tuttavia,” concluse con enfasi, “nessuno è stato
capace di provare che non esistono tali numeri. Capito ora?”
“Naturalmente”. La moglie di Simon aveva sempre capito le
definizioni matematiche, per quanto astruse. D’altra parte, la spiegazione fu
ripetuta finché non lo capì, il che lasciava pochissimo tempo per le altre
attività.
“Vado a fare del caffè per entrambi”, disse, e si svincolò.
Quattro ore più tardi, mentre sedevano assieme ad ascoltare
la Terza di Brahms, ricomparve il diavolo.
“Ho già imparato i fondamenti di algebra, trigonometria e
geometria piana!” annunciò trionfalmente.
“Lavoro rapido”, si complimentò Simon. “Sono sicuro che non
avrai alcuna difficoltà con le geometrie sferiche, analitiche, proiettive,
descrittive e non-euclidee”.
“Il diavolo trasalì. “Ce ne sono così tante?” domandò con
voce flebile.
“Oh, quelle sono solo alcune”. Simon aveva l’aria allegra
adatta a un latore di buone notizie.
“Ti piaceranno le non-euclidee,” disse bugiardo. “Là non hai
da preoccuparti dei disegni: non dicono nulla! E poiché odiavi Euclide,
comunque…”
Con un grugnito il diavolo svanì come un vecchio film. La
moglie di Simon ridacchiò.
“Caro,” canticchiò, “Sto cominciando a pensare che lo hai
messo con le spalle al muro”.
“Shh,” disse Simon, “L’ultimo movimento. Magnifico!”
Sei ore più tardi, ci fu un lampo fumoso, e il diavolo era
tornato. Simon notò le borse cresciute sotto i suoi occhi. Trattenne un gran
sorriso. “Ho imparato tutta quella geometria,” disse il diavolo con soddisfazione
simulata. “Sta diventando più facile, ora. Sono quasi pronto per il tuo piccolo
enigma”.
Simon scosse la testa. “Stai cercando di andare troppo in
fretta. Pare che tu abbia ignorato basi tecniche quali il calcolo, le equazioni
differenziali, e i metodi delle differenze finite. Allora… ecco…”
“Mi serviranno tutti quelli?” si lamentò il diavolo. Si
sedette e fregò le sue palpebre gonfie, soffocando uno sbadiglio.
“Non te lo so dire,” rispose Simon con voce inespressiva.
“Ma su questo “piccolo enigma” si è tentato praticamente ogni tipo di
matematica esistente, ed è ancora irrisolto. Ora, secondo me…” Ma il diavolo
non era dell’umore di ricevere consigli da Simon. Questa volta fece persino una
distratta scomparsa mentre era seduto.
“Penso che sia stanco,” disse la signora Flagg. “Povero
diavolo.” Non c’era alcuna visibile compassione nei suoi toni.
“Lo sono anch’io,” rispose Simon. “Andiamo a letto. Non sarà
di ritorno fino a domattina, immagino”.
“Forse no,” concordò lei, aggiungendo con contegno, “ma
indosserò il pizzo nero, nel caso che…”
Era il pomeriggio seguente. Bach sembrava in qualche modo
appropriato, così avevano messo su un disco della Landowska.
“Ancora dieci minuti,” disse Simon. “Se non sarà di ritorno
con una soluzione, abbiamo vinto. Gli renderò merito; poteva ottenere un
dottorato nella mia scuola in un giorno, con lode! Tuttavia…”
Ci fu un sibilo. Nuvole sulfuree rosate spuntarono come
funghi. Il diavolo era in piedi sul tappeto di fronte a loro, circondato da un
vapore disgustoso. Le spalle flosce, gli occhi erano iniettati di sangue, e le
zampe artigliate, ancora ghermenti un fascio di carte, si agitavano
violentemente per la fatica e la tensione.
Silenziosamente, con una specie di rabbiosa dignità, scagliò
le carte sul pavimento, dove le calpestò brutalmente con gli zoccoli fessi.
Poi, il suo aspetto inquieto a poco a poco si rilassò e un sorriso sarcastico
gli contorse la bocca.
“Hai vinto, Simon,” disse, quasi un sussurro, guardandolo
con rispetto ammirato. “Neanch’io posso imparare abbastanza matematica in così
poco tempo per un problema così difficile. Più mi ci addentravo e peggio
diventava. Fattorizzazione non unica, ideali… Baa!! Sai che,” confidò, “neanche
i migliori matematici di altri pianeti, tutti molto lontani dal tuo, lo hanno
risolto? Perché, c’è un tizio su Saturno (sembra qualcosa come un fungo sui
trampoli) che risolve mentalmente le equazioni alle derivate parziali; e
persino lui si è arreso.” Il diavolo singhiozzò. “Addio.” Scomparve con una
specie di sfiancata precisione.
“Caro,” disse corrucciata, osservando il suo viso assente,
“che cosa c’è adesso che non va?”
“Niente, tranne il fatto che mi sarebbe piaciuto vedere il
suo lavoro, sapere quanto vicino è andato alla soluzione. Ho lottato con questo
problema per…” Si staccò stupito non appena il diavolo ricomparve come un
fulmine. Satana sembrava stranamente in imbarazzo.
“Mi sono dimenticato,” mormorò. “Ho bisogno di… ah!” Si
chinò verso le carte sparpagliate, raccogliendole e accarezzandole
delicatamente. “Ti interessa di sicuro,” disse, evitando lo sguardo di Simon. “Impossibile
fermarsi proprio ora. Perché, se potessi provare solo un semplice piccolo lemma”.
Vide l’interesse avvampante in Simon, e fece sfoggio della
sua aria apologetica. “Diciamo,” grugnì, “hai lavorato su questa cosa, ne sono
certo. Hai provato con le frazioni continue? Fermat deve averle usate, e… spostati
un attimo, per favore”. Ciò bastò alla signora Flagg, Egli si sedette di fronte
a Simon, ripiegò la sua coda, e indicò una giungla di simboli.
La signora Flagg sospirò. Improvvisamente il diavolo sembrò
una figura famigliare, di poco diversa dal vecchio professor Atkins, il collega
di suo marito all’università. Tutte le volte che due matematici si riuniscono
su un problema stuzzicante… Rassegnata lasciò la stanza, con la tazza del caffè
in mano. C’era di sicuro in vista una lunga sessione. Lo sapeva. Dopo tutto,
era la moglie di un professore.
Grazie di averlo tradotto e condiviso, è davvero un bel racconto.
RispondiEliminaPenso che domani gli dedicherò un limerick (dal momento che mi sono ripromesso di scrivere un limerick al giorno per tutto il mese di gennaio).
Alla prossima.
Tiziano
P.S. ti ho citato nella pagina del mio blog dove spiego cosa sono i limerick, spero non ti dispiaccia. Se ti andrà di leggerlo, ti accorgerai che si tratta di uno sfacciato esercizio di captatio benevolentiae. Però sincero.
Bello.
RispondiEliminaUn saluto
Aaaahahahah maledetto Popinga e maledetta la mia pigra disorganizzazione, da quanto tempo volevo farlo anch'io (mi permetto di essere stupefatto che non lo conoscessi); ricordo i disegni di Copi che accompagnavano l'edizione su Linus, e ricordo vagamente che la traduzione delle "partial differential equations" risolte a mente dal fungo saturniano fosse matematicamente qualcosa di turpe
RispondiEliminaNon riesco a trovarlo ma su you tube tempo fa avevo scoperto un vecchio cortometraggio russo (ahimé in russo) che era la trasposizione della storia...
TROVATO!!!
Eliminahttp://www.youtube.com/watch?v=52yhBkkulXw
"Matematik y Chert" o qualcosa del genere
bellissimo...
RispondiEliminagemella separata in culla del tuo amico, anch'io rimasi folgorata da bambina leggendo il racconto su un vecchio Linus dei miei fratelloni, e anch'io ricordo bene i disegni di Copi!
RispondiEliminamo' guardo il video con mucho gusto, ma ti segnalo un refuso sula pagina di Singh: all'inizio della stipula del patto, là dove è scritto 'include my life', in realtà è 'include my wife'
sennò chi fa il caffè? ^_^
Grazie ninuz, ho corretto.
EliminaÈ "Elena di Troia su una pelle di tigre", non "o una pelle di tigre".
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