Pagine

sabato 18 dicembre 2021

Il pittore dell’illuminismo inglese


Joseph Wright (1734 – 1797), conosciuto come Joseph Wright of Derby, è stato il primo pittore professionista ad esprimere lo spirito della rivoluzione industriale. Wright è noto per il suo uso del tenebrismo, che enfatizza il contrasto di luce e oscurità, e per i suoi dipinti di soggetti a lume di candela. I suoi quadri sulla nascita della scienza, spesso basati sugli incontri della Lunar Society di Birmingham, un gruppo di scienziati e industriali che vivevano nelle Midlands inglesi, sono una testimonianza significativa dell'Illuminismo inglese.

Due dei suoi più importanti mecenati furono Josiah Wedgwood, al quale si attribuisce l'industrializzazione della produzione di ceramiche, e Richard Arkwright, considerato il creatore del factory system nell'industria del cotone. Wright aveva anche legami con Erasmus Darwin e altri membri della Lunar Society, che riuniva importanti industriali, scienziati e filosofi. Sebbene gli incontri si tenessero a Birmingham, Darwin, nonno di Charles Darwin, viveva a Derby, e alcuni dei dipinti di Wright sono stati ispirati dalle riunioni della Lunar Society.

L’ambiente intellettuale della Lunar Society, animata da Matthew Boulton e frequentata, tra gli altri, da Erasmus Darwin, James Watt, Joseph Priestley, John Whitehurst, William Withering, Richard Greene, visitata da Benjamin Franklin e Thomas Jefferson, stimolò Wright, fino ad allora paesaggista e ritrattista a dedicarsi alla celebrazione delle principali scoperte scientifiche del gruppo o di altri.

Anticipato nello stile da Three Persons Viewing the Gladiator by Candlelight (Tre persone guardano il Gladiatore al lume di candela, 1765), che raffigura tre uomini che esaminano una riproduzione del Gladiatore Borghese, famosa statua ellenistica scoperta in Italia, ancora di soggetto “classico”, il primo dei quadri “scientifici” di Wright fu A Philosopher Lecturing on the Orrery (Un filosofo tiene una lezione sul planetario), un olio su tela realizzato tra il 1764 e il 1766, oggi conservato al Derby Museum and Art Gallery. Il titolo completo del dipinto, “Un filosofo tiene quella lezione sul planetario in cui una lampada è messa al posto del sole”, ne dichiara più in dettaglio il soggetto: la dimostrazione del movimento dei pianeti intorno al Sole e una spiegazione delle eclissi del sole. Il quadro suscitò un notevole scalpore, dal momento che il centro dell'immagine non era più un soggetto classico o religioso, bensì un esperimento scientifico. Questa rappresentazione dell’effetto prodotto da un “miracolo” scientifico segnò una rottura con la tradizione precedente, in cui tutte le rappresentazioni artistiche della meraviglia negli astanti erano riservate a soggetti religiosi. 

Le conferenze scientifiche pubbliche erano popolari durante l'Età della Ragione ed erano frequentate da un pubblico molto eterogeneo. Lo scienziato, astronomo e docente scozzese James Ferguson (1710-1776) tenne una serie di conferenze a Derby nel luglio 1762. Si basavano sul suo libro Lectures on Select Subjects in Mechanics, Hydrostatics, Pneumatics, Optics & c., pubblicato nel 1760. Per illustrare le sue lezioni utilizzava diverse macchine, modelli e strumenti.

L'Orrery è un modello meccanico che mostra il moto dei pianeti intorno al Sole, la Luna intorno alla Terra, o entrambi. Prende il nome da Charles Boyle (1676-1731), conte di Orrery, che aveva sostenuto e patrocinato la progettazione di un primo planetario di George Graham tra il 1704 e il 1709. Lo stesso James Ferguson progettò diversi orologi astronomici e planetari da utilizzare nelle sue lezioni.

Wright probabilmente aveva partecipato alle conferenze di Ferguson, soprattutto perché i biglietti erano disponibili dal costruttore di orologi e scienziato John Whitehurst, suo vicino di casa. L'artista avrebbe anche potuto attingere alle conoscenze pratiche di Whitehurst per saperne di più sul planetario e sul suo funzionamento.

Il dipinto è ricco di significati e aperto a diverse interpretazioni. L'artista non ha dipinto un incontro in particolare e i personaggi nel quadro non sono ritratti esattamente, sebbene l'uomo che prende appunti sia stato riconosciuto come Peter Burdett, uno degli amici di Wright, geometra, matematico e artista. C'è anche l'ipotesi che siano raffigurati Washington Shirley, il V conte Ferrers, astronomo dilettante, proprietario egli stesso di un complicato planetario, futuro acquirente dell’opera, e suo nipote. Il Filosofo domina il pubblico ed è l'unico personaggio che non è stato riconosciuto come una persona reale. È stato suggerito che Wright gli abbia dato deliberatamente una buona parte dell'aspetto fisico di Isaac Newton, che, nei Principia (1687) aveva dimostrato che i corpi che cadono "naturalmente" sulla Terra e i moti dei corpi celesti obbediscono alla stessa grande legge, quella di gravitazione universale. Un’attenta osservazione dei volti nel quadro rivela che ognuno di essi è illuminato secondo le principali fasi lunari - luna nuova, mezza luna, la luna calante e luna piena. 

Gli spettatori nell'immagine rispondono all'idea di quest'ordine universale appena percepito con meraviglia, fascino o timore reverenziale. I loro volti illuminati, che emergono dall'oscurità della stanza e dall'oscurità dell'ignoranza, significano l'illuminazione delle loro menti data dalla luce della Scienza. Stanno letteralmente sperimentando l'Illuminazione, in senso sia fisico che intellettuale.


Il secondo dipinto importante di tema scientifico, forse il più famoso di Wright, fu realizzato negli anni precedenti la prima esposizione, che avvenne nel 1768. Si tratta di An Experiment on a Bird in the Air Pump (Un esperimento su un uccello in una pompa ad aria), olio su tela, ora alla National Gallery di Londra. Il quadro rappresenta un "filosofo naturale" mentre riproduce un esperimento con una pompa a vuoto, nella quale un cacatua viene privato di ossigeno, dietro ad un gruppo di osservatori, che sono colti da emozioni diverse, che esprimono le reazioni contrastanti della società settecentesca nei confronti della scienza: meraviglia e preoccupazione, interesse e sgomento, curiosità e paura. Una delle ragazze guarda ansiosamente il piccolo volatile, partecipe della sua agonia, mentre l'altra è troppo agitata per prendere visione della scena e viene confortata dal padre, che cinge la sua spalla come per proteggerla. Due gentiluomini (uno dei quali sta cronometrando i tempi dell'agonia del pappagallo) e un ragazzo stanno osservando la scena con molto interesse, mentre i giovani amanti sulla sinistra si guardano negli occhi estraniandosi da ciò che avviene, senza che l'esperimento spezzi il loro idillio. Lo scienziato, protagonista dalla scena, ha lo sguardo rivolto direttamente al di fuori del quadro, quasi a spiegare quello che avviene allo spettatore e a chiedergli se l'esperimento deve continuare fino alla fine, oppure deve essere interrotto, salvando il volatile. L’uomo seduto a destra, assorto dalla sorte del volatile, sembra in uno stato di filosofica contemplazione. All'estrema destra del dipinto, infine, è visibile una finestra, in cui si vede la sagoma della luna, oscurata dalle nuvole, forse un riferimento alla Lunar Society.


Includere un cacatua bianco nel dipinto è insolito. Questi uccelli erano poco conosciuti in Inghilterra fino al 1770, quando furono raffigurati da disegnatori britannici che partecipavano ai viaggi del capitano Cook. Sebbene probabilmente fossero stati portati in Inghilterra in precedenza tramite mercanti olandesi, gli uccelli esotici e le loro immagini rimanevano ancora rari. In uno schizzo preparatorio del quadro, invece del pappagallino compariva un uccello comune.

Wright non raffigurò una riunione reale, sebbene i due amanti a sinistra siano il ricco ereditiere Thomas Coltman e Mary Barlow, che si sposarono nel 1769 e che sarebbero stati rappresentati dallo stesso Wright in un ritratto campestre nel 1772. Secondo una tradizione di famiglia, l'uomo che cronometra l'esperimento sarebbe Erasmus Darwin.

La pompa a vuoto era stata inventata da Otto von Guericke a Magdeburgo nel 1650, ma il suo costo ne aveva inizialmente ostacolato la diffusione. La prima pompa inglese fu costruita per Robert Boyle (1627-1691) da Robert Hooke nel 1658-1659. La pompa di Boyle era complicata, poco affidabile e difficile da far funzionare. Molte dimostrazioni poterono essere fatte solo con Hooke a portata di mano, e Boyle lasciò spesso il compito di eseguire delle dimostrazioni in pubblico al solo Hooke.

Nonostante gli ostacoli operativi e di manutenzione, la costruzione della pompa permise a Boyle di condurre numerosi esperimenti sulle proprietà dell'aria, che successivamente riportò nel suo New Experiments Physico-Mechanicall, Touching the Spring of the Air, and its Effects (Made, for the Most Part, in a New Pneumatical Engine). Nel libro descrisse in gran dettaglio quarantatré esperimenti da lui condotti, talvolta assistito da Hooke, circa gli effetti dell'aria su vari fenomeni. Boyle verificò gli effetti dell'aria "rarefatta" su combustione, magnetismo, suono e barometri, ed esaminò gli effetti di una maggiore pressione dell'aria su varie sostanze. Egli espose anche due esperimenti su creature viventi: il “40", che verificava l'abilità degli insetti di volare con una pressione ridotta dell'aria, e il crudele "Esperimento 41", che dimostrava come l’aria fosse indispensabile per la sopravvivenza delle creature viventi. In questo tentativo di scoprire qualcosa "sulla considerazione in base alla quale la respirazione è così necessaria agli animali, che la natura ha provvisto di polmoni", Boyle condusse numerose prove durante le quali pose una gran varietà di creature, tra cui uccelli, topi, anguille, lumache e mosche, nel vaso della pompa e studiava le loro reazioni mentre l'aria veniva rimossa.

Nel XVIII secolo le pompe pneumatiche divennero oggetti ordinari per i laboratori degli scienziati, o per i gabinetti di curiosità. Esse erano ampiamente utilizzate per illustrare le lezioni scientifiche. Questo esperimento era descritto da James Ferguson: "Se un uccello, un gatto, un topo, viene messo sotto la campana e l'aria viene man mano tolta, l'animale è dapprima oppresso come con un grande peso, quindi diventa convulso, e alla fine spira in tutte le agonie della morte più amara e crudele.” Ma in pratica l'esperimento poteva essere realizzato in modo meno sconvolgente, sostituendo l’animale con una vescica piena d’aria, che "mostra come i polmoni degli animali si contraggono quando l'aria viene loro tolta”. Wright scelse la variante crudele dell'esperimento. L'uccello moriva se il dimostratore continuava a privarlo dell'ossigeno e Wright ci lascia nel dubbio se il cacatua nella campana verrà soffocato o meno.


Esperimenti del genere erano realizzati proprio in quegli anni anche dal grande chimico Joseph Priestley, membro della Royal Society e scopritore dell'ossido di azoto, dell'anidride solforosa, dell'acido cloridrico, dell'ammoniaca e, soprattutto, dell'ossigeno, che ottenne nel 1774 riscaldando l'ossido rosso di mercurio. Nei suoi studi sull’aria, Priestley utilizzava una campana di vetro con la quale effettuava diversi esperimenti. Spesso collocava sotto la campana una bacinella d’acqua e un topolino, con o senza una pianta. Notò così che, quando il topolino era da solo all'interno della campana, moriva molto prima rispetto a quando vi era anche la pianta. Questo condusse Priestley a concludere che la pianta produceva una sostanza che allungava la vita al topolino. Questa sostanza, che egli chiamò “aria deflogistizzata”, sarebbe poi stata chiamata ossigeno.

Negli anni in cui Priestley frequentava l’accademia privata di suo padre John Aikin, la scrittrice e poetessa Anna Laetitia Barbauld (1743–1825) gli faceva spesso da assistente. Nell’estate del 1767 fu colpita con dolore dalla sofferenza degli animali da laboratorio utilizzati dal chimico quando venivano privati dell’aria per respirare. Animalista in anticipo sui tempi, decise allora di scrivere una poesia, che troviamo nella sua prima raccolta, pubblicata nel 1773, per dar voce a uno dei topolini del laboratorio. La intitolò The Mouse's Petition to Dr Priestley, Found in the Trap where he had been Confined all Night (“La petizione del topo al dottor Priestley, trovata nella gabbia in cui è stato rinchiuso tutta la notte”), di cui riporto le prime strofe:

Oh! Ascolta la preghiera di un triste recluso
che si lamenta per la libertà;
e fai che il tuo cuore mai si chiuda
di fronte al pianto del prigioniero.

Perché qui desolato e triste siedo,
dentro la grata metallica,
e tremo all’avvicinarsi del Giorno,
che porta l’incombente fato.

Se mai il tuo petto arse di libertà
e disprezzò la catena del tiranno,
che la tua forza oppressiva e dura
mai rinchiuda un topo nato libero.

Oh! Non macchiare di sangue innocente
il tuo cuore ospitale;
né che un trionfo con l’inganno tradisca
un premio di cui non val la pena.

Le sparse briciole di una festa
il mio magro pasto assicura,
ma se il tuo cuore implacabile
quella modesta benedizione rifiuta,

l’allegra luce, l’Aria Vitale,
sono benedizioni ampiamente concesse;
lascia che i comuni figli della Natura
godano dei comuni doni del Paradiso. (...)

Il terzo ed ultimo dipinto di Joseph Wright che qui presento è The Alchemist Discovering Phosphorus (L’Alchimista che scopre il fosforo), terminato nel 1771 e poi rimaneggiato nel 1795, olio su tela conservato a Derby. Il titolo completo del dipinto è “L'alchimista, alla ricerca della pietra filosofale, scopre il fosforo e prega per la buona conclusione della sua operazione, come era usanza degli antichi astrologi alchemici”. Si è suggerito che questo quadro si riferisca alla scoperta del fosforo da parte dell'alchimista di Amburgo Hennig Brand nel 1669. L'uomo, che cercava la pietra filosofale distillando urina di cavallo, una notte vide dall'ampolla in ebollizione uscire un notevole chiarore che illuminò tutta la cantina dove conduceva le proprie ricerche. Per questo motivo, diede come nome al composto appena scoperto "fosforo", in greco "portatore di luce”; questa storia era già stata spesso divulgata nei libri popolari di chimica nel corso della vita di Wright, ed era molto nota.


The Alchemist è un'opera complicata. Dalla sua esposizione nel 1771, ha provocato molte interpretazioni contraddittorie. Il suo mistero turbò gli spettatori contemporanei e il dipinto non fu venduto durante la mostra. Viaggiò con Wright in Italia nel 1773-1775, tornò in Inghilterra, fu rielaborato nel 1795, ma non fu venduto fino a quattro anni dopo la morte dell’autore. Il suo titolo completo spiega il soggetto, che fu anche descritto in Élemens de chymie théorique et pratique dal chimico francese Pierre Joseph Macquer (1718-1784). Wright avrebbe potuto saperne di più attraverso il suo amico e membro della Lunar Society James Keir, che a quel tempo stava traducendo il Dictionnaire de chymie di Macquer in inglese (1771).

Tuttavia, Wright non identifica l'alchimista come Brandt. Colloca l'alchimista non in uno sfondo del XVII secolo, ma in una suggestiva stanza medievale in pietra con archi gotici e alte finestre a sesto acuto. L'alchimista si inginocchia davanti a un recipiente splendente di luce abbagliante. 

Wright non fu il primo o l'unico artista a rappresentare i praticanti dell'alchimia. Appaiono nei dipinti olandesi del diciassettesimo secolo, spesso come soggetti di scherno. I loro laboratori vengono mostrati in uno stato di caos e i loro bizzarri esperimenti finiscono in un disastro. Invece il modo in cui Wright rappresenta gli strumenti, i recipienti di vetro e i libri si riferisce a studi seri. Ricordano piuttosto le incisioni idealizzate nell'Enciclopedia di Diderot o nel libro di Macquer. 


L'immagine di Wright non ritrae la ricerca scientifica che di solito si attribuisce all'Età della Ragione. Nel suo dipinto il fosforo non è prodotto come risultato di ragionamenti scientifici, ma appare in modo miracoloso. Tale esperienza non corrispondeva alla definizione di ricerca chimica dei contemporanei di Wright, che Macquer descrisse come "un Trattato pratico, inteso a contenere il modo di eseguire le principali operazioni della chimica; le operazioni che servono come standard per regolare tutto il resto, e che confermano le verità fondamentali stabilite nella Teoria”. Ciò nonostante, la scelta del soggetto di questo dipinto e il suo carattere “chimico” sono figli del clima culturale dell’epoca. Solo qualche decennio prima persino il grande Newton si dilettava anche con la ricerca della Pietra Filosofale.

Nessun commento:

Posta un commento