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domenica 9 maggio 2010

Bourbaki, tra burle e rigore

Il primo Bourbaki era stato un generale francese d’origine greca, Charles-Denis Sauter Bourbaki (1816-1897), eroe della guerra di Crimea e comandante dell’armata del Reno nella guerra persa contro i prussiani nel 1870, il quale, per richiamare l’attenzione del Comando Generale, pensò bene di spararsi una pallottola in testa. Il secondo fu il protagonista di una burla di un vecchio studente dell’École Normale Supérieure di Parigi, Raoul Husson, che si era presentato nel 1923 con barba e baffi finti e accento straniero a tenere una conferenza incomprensibile e priva di senso agli studenti di matematica, presentando con linguaggio assolutamente formale teoremi assolutamente sbagliati, tra i quali quello di un certo Bourbaki. Il terzo Bourbaki, senz’altro il più famoso, fu il nome scelto da un gruppo di giovani matematici che hanno lasciato un segno importante nella matematica del ‘900. È una storia che merita di essere raccontata, anche perché presenta aspetti curiosi.

La prima guerra mondiale, forse la più bestiale per le modalità con le quali si mandavano a morire intere generazioni di giovani europei, aveva lasciato un vuoto enorme nelle università. Un documento dell’École Normale Supérieure (ENS) scritto durante la guerra dichiarava che di 211 normalisti iscritti ai corsi del 1914, 107 erano morti al fronte. La generazione di studenti che si affacciava al mondo accademico negli anni ’30 non aveva insegnanti giovani, il che significava che era difficile per essa accedere alle novità nelle singole discipline, particolarmente in matematica, dove la “produttività” è maggiore proprio prima dei quarant’anni.

Un gruppo di ex allievi della ENS si era mantenuto in contatto anche dopo che si erano dispersi nelle varie università a fare i docenti. Tra di essi c’erano Henri Cartan (1904–2008) e André Weil (1906–1998), entrambi incaricati dall’ateneo di Strasburgo di tenere un corso di calcolo differenziale e integrale. Il libro di testo adottato in quel corso era il Traité d’Analyse di Edouard Goursat, pubblicato in due volumi tra il 1902 e il 1905, che i giovani professori trovavano oramai vecchio e inadeguato. Nell’inverno del 1934 i due decisero di riunire gli amici ex compagni di corso per proporre loro di riscrivere il trattato.

L’idea piacque e presto un ristretto numero di matematici, che comprendeva, oltre a Cartan e Weil, Jean Delsarte (1903–1968), Jean Dieudonné (1906–1992) e Claude Chevalley (1909–1984), incominciò a riunirsi regolarmente al Capoulade, un caffè del Quartiere Latino di Parigi. Inizialmente decisero di chiamarsi “Comitato del Trattato d’Analisi”. L’idea iniziale era alquanto semplice e poco ambiziosa: scrivere un libro di testo per sostituire quello del Goursat. Le discussioni, spesso ad alta voce, dei giovani professori portarono poi alla conclusione che la riscrittura di un libro avrebbe portato a poco, perché in realtà c’era bisogno di organizzare e presentare in modo sistematico tutti i fondamenti della matematiche moderne secondo il pensiero formalista di Hilbert. Lo scopo del gruppo divenne allora quello di costruire uno strumento utilizzabile non solo in un settore ristretto delle matematiche, ma nel maggior numero possibile di ambiti. Si decise che era necessario avere una sola matematica, per cui si tolse la S finale alla parola mathématiques che designa in francese questa disciplina.

Le riunioni al Capoulade non erano più sufficienti e si decise di riunirsi per qualche settimana durante le vacanze estive. Ciò avvenne per la prima volta nel luglio del 1935 a Besse–en–Chandesse, piccolo borgo medievale sul Puy–de–Dôme. Pensavano di portare a termine il loro progetto entro tre anni, e certo non immaginavano che ce ne sarebbero voluti quattro solo per pubblicare il primo volume della loro opera. Anche il nome del gruppo doveva essere cambiato, perché “Comitato del Trattato d’Analisi” non bastava più. Fu in una delle prime riunioni che ci si ricordò del cognome Bourbaki e del suo bizzarro teorema. La moglie di Weil, presente alla riunione, scelse per lui il nome Nicolas: era nato Nicolas Bourbaki, che nelle pubblicazioni sarebbe comparso solo con l’iniziale N.

Trovato il nome, bisognava inventare una biografia per l’inesistente matematico. Presso gli studenti dell’ENS era già stato inventato nel 1910 lo staterello balcanico della Poldavia, rilanciato nel 1929 da una burla di un giornalista di estrema destra, che aveva pubblicato un articolo sull’inettitudine del governo nei confronti della “questione poldava”: la Poldavia era un regno, ora occupato da una potenza straniera, il cui principe Luigi Voudzoï era morto esule in Francia. Weil e amici non ebbero difficoltà ad attribuire a Bourbaki l’appartenenza alla Reale Accademia Poldava delle Scienze. La triste storia del “paese martire” fu poi rilanciata da Raymond Queneau, futuro fondatore dell’Oulipo e in contatto con i bourbakisti, in Pierrot mon ami del 1942. La Poldavia costituirà negli anni uno degli anelli di congiunzione tra Bourbaki e il gruppo dell’Oulipo, fino a quando, a partire dal 1985, essa comparirà nello sfondo di molte scene della trilogia La Belle Hortense di Jacques Roubaud.

Ma torniamo a Bourbaki. Ai cinque fondatori si aggiunsero presto altri membri, attraverso un metodo di selezione assai rigoroso: si entrava solo dietro invito e solo dopo aver dimostrato di padroneggiare gli argomenti di volta in volta affrontati nelle riunioni (i nuovi arrivati, prima di essere accettati, erano considerati cobayes, “cavie”). Inoltre bisognava adattarsi allo stile estremamente formale di Bourbaki. Se le “cavie” dimostravano di soddisfare le condizioni poste, venivano invitate di nuovo e, senza dichiarazioni ufficiali, erano tacitamente accettate nel gruppo. Il ricordo della critica ai “vecchi professori” incapaci di apprezzare e insegnare la “nuova matematica” rimase a sancire un’altra condizione: si usciva dal gruppo compiuti i cinquant’anni. Tra i primi nuovi membri vi furono l’ebreo polacco Szolem Mandelbrojt (1899–1983), nonno del Benôit Mandelbrot dei frattali e unico della prima generazione a non essere stato allievo dell’ENS, Charles Ehresmann (1905-1979) e René de Possel (1905–1974). I nomi dei membri del gruppo venivano tenuti segreti.

Tra una discussione e l’altra, i membri del gruppo trovavano il tempo di giocare con le parole oltre che con i numeri. Durante la riunione di Chançay nel settembre 1937, André Weil, che era accompagnato dalla sorella minore, la grande pensatrice e mistica Simone Weil, compose ad esempio un bizzarro sonetto che si apre con questa quartina:

Soit une multiplicité vectorielle,
Un corps opère seul, abstrait, commutatif.
Le dual reste loin, solitaire et plaintif,
Cherchant l'isomorphie et la trouvant rebelle.

Sia una molteplicità vettoriale,
un corpo opera solo, astratto, commutativo,
il duale resta lontano, solitario e lamentoso,
cercando l’isomorfia e trovandola ribelle.

Si noti l’isomorfia «ribelle», cioè non canonica, tra lo spazio vettoriale e il suo duale.

Lo scopo di Bourbaki era quello di creare qualcosa di estremamente rigoroso e logicamente consistente, sulla base di fondamenta robuste redatte in modo assiomatico. Si scelse di fondare la matematica sulla teoria degli insiemi, che avrebbe costituito l’oggetto della prima pubblicazione. I membri del gruppo si resero conto ben presto dell’enormità e della difficoltà del progetto, tuttavia ci si buttarono con l’entusiasmo tipico della loro età. Le riunioni estive non bastavano più: ci si riuniva almeno tre volte l’anno, per un totale di circa un mese, con la regola che ogni punto doveva essere accettato all’unanimità. Una volta concordati i contenuti di un capitolo e scritta una bozza di massima, ogni membro che se la sentiva si incaricava di redigere la sua versione, che veniva discussa nella riunione successiva dove si doveva tentare una sintesi: si trattava di una procedura lunga, che dava luogo a discussioni interminabili e a critiche anche feroci, ma che doveva mettere al riparo il prodotto finale da ogni attacco esterno. Si incaricava poi un membro, diverso da chi aveva steso la prima versione, di stenderne una seconda, che doveva tener conto di quanto emerso dalla discussione. Anche questa nuova versione veniva discussa la volta successiva e poteva essere “aggiustata” molte volte prima che la si ritenesse, all’unanimità, degna di essere pubblicata. Con questo metodo, la prima pubblicazione di N. Bourbaki vide la luce nel 1939 e la media tra la conclusione di un volume e l’altro fu di 8–12 anni.

I primi sei volumi degli Elementi di matematica (Teoria degli insiemi, Algebra, Topologia generale, Funzioni di una variabile reale, Spazi vettoriali topologici e Integrazione), usciti in ordine sparso e a capitoli separati tra il 1939 e l’inizio degli anni ’60, corrispondono al piano iniziale che si erano dati i bourbakisti e utilizzano un sistema di riferimenti di ordine lineare, cioè ogni riferimento a un dato soggetto può essere trovato solo nelle pagine precedenti di un testo o nei testi anteriori. Se poco viene concesso al lettore, che si confronta con una trattazione asciutta ed essenziale (non si tratta di volumi utilizzabili come libri di testo, anche perché la dimostrazione di teoremi fondamentali è spesso relegata negli esercizi), resta il fatto che, proprio per questo motivo, molti concetti, termini e simboli introdotti o ripresi da Bourbaki sono entrati nell’uso comune, come ad esempio il concetto di struttura, la diffusione del termine algebra multilineare, i simboli logici di implicazione ⇒ ed equivalenza logica ⇔, quello di insieme vuoto ∅ coniato da Weil e Chevalley, la diffusione dei simboli ∀ e ∃ per il quantificatore universale e quello esistenziale (introdotti per la prima volta rispettivamente da Gentzen e Peano), le maiuscole nello stile chiamato blackboard bold per designare gli insiemi numerici dagli interi ai complessi, e così via.

Nel frattempo erano state pubblicate alcune biografie di Bourbaki, tutte non autorizzate, che ne mettevano in dubbio l’esistenza. Offeso, il matematico poldavo fece domanda di ammissione all’American Mathematical Society. La risposta negativa dell’illustre consorzio era motivata con il fatto che solo individui o associazioni potevano essere membri dell’Associazione, gettando ulteriori dubbi sul fatto che egli fosse fatto di carne e ossa. Restava comunque da spiegare, commentò Weil, come mai risulta dagli archivi del controspionaggio finlandese la notizia che egli fu arrestato nel 1939 in Finlandia con l’accusa di far parte di una rete spionistica in favore dei sovietici dal nome in codice Bourbaki.

Nello stesso clima nacque la partecipazione ‘patafisica che N. Bourbaki inviò per le nozze della figlia Betti:

Monsieur Nicolas Bourbaki, membre canonique de l'académie royale de Poldévie, grand maître de l'ordre des compacts, conservateur des uniformes, lord protecteur des filtres, et Madame, née Biunivoque, ont l'honneur de vous faire part du mariage de leur fille Betti avec Monsieur Hector Pétard, administrateur délégué de la société des structures induites, membre diplômé de l'institute of class field archeologist, secrétaire de l'oeuvre du sou du lyon (?).

Monsieur Ersatz Stanislasz Pondiczery, complexe de recouvrement de première classe en retraite, président du Hom de rééducation des faiblement convergents, chevalier des quatre U, grand opérateur du groupe hyperbolique, knight of the total order of the golden mean, L.U.B., C.C., H.L.C., et Madame, née Compactensoi, ont l'honneur de vous faire part du mariage de leur fils Hector Pétard avec Mademoiselle Betti Bourbaki, ancienne élève des bien ordonnées de Besse.

L'isomorphisme trivial leur sera donné par le P. adique, de l'ordre des diophantiens, en la cohomologie principale de la variété universelle le 3 cartembre, an VI, à l'heure habituelle.

L'orgue sera tenu par M. Modulo, assistant simplexe de la grâce Mannienne (lemme chanté par la schola cartanorum). Le produit de la quête sera versé intégralement à la maison de retraite des pauvres abstraits. La convergence sera assurée.

Après la congruence, M. et Mme Bourbaki recevront dans leurs domaines fondamentaux. Sauterie avec le concours de la fanfare du 7ème corps quotient. Tenues canoniques, idéaux à gauche à la boutonnière, c.q.f.d.

Concluso dopo un quarto di secolo il progetto iniziale, Bourbaki si chiese che cosa fare. Gran parte dei fondatori era andata in pensione e continuare avrebbe significato abbandonare gli argomenti di carattere generale, i fondamenti, per dedicarsi a soggetti più specifici, tradendo un po’ lo spirito sistematico e assiomatico del gruppo. Nel 1968 molti davano Bourbaki per morto e ci fu chi redasse (sembra l’oulipiano Roubaud) il suo necrologio:

Les familles Cantor, Hilbert, Noether,
Les familles Cartan, Chevalley, Dieudonné, Weil,
Les familles Bruhat, Dixmier, Godement, Samuel, Schwartz,
Les familles Cartier, Grothendieck, Malgrange, Serre,
Les familles Demazure, Douady, Giraud, Verdier,
Les familles Filtrantes à droite et les épimorphismes stricts,
Mesdemoiselles Adèle et Idèle,

ont la douleur de vous faire part du décès de M. Nicolas Bourbaki, leur père, frère, fils, petit-fils, arrière petit-fils et petit-cousin respectivement, pieusement décédé le 11 novembre 1968 (jour anniversaire de la victoire) en son domicile de Nancago.

L'inhumation aura lieu le samedi 23 novembre 1968 à 15 h au cimetière de fonctions aléatoires, métros Markov et Gödel. On se réunira devant le bar «aux produits directs» carrefour des résolutions projectives, anciennement place Koszul. Selon le vœu du défunt une messe sera célébrée en l'église Notre-Dame-des-problèmes-universels par son éminence le cardinal Alephun, en présence de toutes les classes d'équivalences et des corps (algébriquement clos) constitués. Une minute de silence sera observée par les élèves des écoles normales supérieures et des classes de Cern, car «Dieu est le compactifié d'Alexandrov de l'univers».


Bourbaki decise comunque di continuare, aggiungendo alla sua ricca produzione altri tre volumi: Algebra commutativa, Gruppi di Lie e Teoria Spettrale. Si arrivò al 1983 e, secondo i suoi membri, oramai giunti alla terza e alla quarta generazione, Bourbaki era un dinosauro, per di più in lite con gli editori per i diritti sulle traduzioni. Bourbaki smise di pubblicare (un decimo volume, di Storia della matematica, fu solo una raccolta dei capitoli storici contenuti nei volumi precedenti). Tuttavia il dinosauro non si è ancora estinto e continua a vivere nell’associazione degli amici di Bourbaki, nei loro congressi e nella rivista che ne pubblica gli atti.

19 commenti:

  1. laperfidanera09/05/10, 21:18

    Aridaje con il francese! per fortuna ho capito quasi tutto :-D
    Ciao

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  2. LPN: confido nell'immensa cultura dei miei lettori... :-)

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  3. La singolarità di un matematico plurale.
    L'indizio più grave della sua inesistenza è che in Poldavia il francese non lo parla nessuno.

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  4. Profeta: non è vero. L'anno scorso sono stato in contatto via e-mail con un suonatore poldavo di ghironda: comunicavamo in dialetto alverniate.

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  5. Continua la serie degli autori, come dire, diversamente normalizzabili.
    Dopo Silvio (n.b.: Silvio) Corradi, Nicolas Bourbaki.
    Ottimo lavoro M. Popinga, molto apprezzabili i rimandi a fatti esterni per contestualizzare e rendere verosimile l'intero post. Io Tintin l'avrei evidenziato maggiormente, e ci avrei messo anche Marsupilami, ma sono quisquilie. Notevole l'ultima foto.
    Ma, domanda: la serie converge?
    P.S.: questo commento l'ho pensato in francese ma l'ho scritto in italiano per compiacere LPN, a richiesta posso fornire la versione in poldavo.

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  6. laperfidanera10/05/10, 09:41

    Grazie, juhan, tu sì che sei un amico! :-D
    LPN

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  7. Non parlo il poldavo se non molto sommariamente , quindi ho capito poco.

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  8. Enrico è un vero peccato, anche perché la difficoltà della lingua (assai simile al francese) è solo nell'uso dell'alfabeto cirillico, che tu conosci. СΑΛΥΤ, ΜΟΗ ΑΜИ!

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  9. Certo che i matematici sono proprio dei burloni. Senti cosa diceva lo stesso Dieudonné: "quando qualcuno veniva invitato ad assistere alle riunioni del circolo Bourbaki, ne usciva sempre con l'impressione che si trattasse di una gabbia di matti. Non riusciva ad immaginare come queste persone, gridando anche in tre o quattro per volta, potessero mai approdare a qualche conclusione intelligente".

    Per conto mio, avrei da fare due considerazioni:

    - non sapevo che i simboli dell’implicazione e gli altri fossero stati introdotti così di recente. Se penso che il concetto di implicazione e la logica proposizionale risalgono agli Stoici! La parte storica della matematica, capire come e perché nascono certe convenzioni, è quella che mi affascina di più.

    - Perché le abilità matematiche e linguistiche vengono sempre contrapposte? Eppure hanno legami più stretti di quanto comunemente si pensi. Weil conosceva le lingue antiche, il primo insegnamento che gli fu offerto di tenere era di cultura francese, e infine era convinto che lo sviluppo dei sistemi matematici e quello dei sistemi linguistici fossero legati.

    Vedere qui per chi volesse saperne di più su Weil:

    http://areeweb.polito.it/didattica/polymath/htmlS/Interventi/Articoli/Weil/Weil.htm

    Ciao!

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  10. @ Aidel
    Ho appena finito di leggere "La formula segreta" di Fabio Toscano, Sironi ed.
    Non bellissimissimo ma riporta come nel '500 venivano enunciate le equazioni, prima della notazione simbolica cui siamo abituati: per me è stata un'esperienza spiazzante.

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  11. Aidel e Juhan: Se interessa l'argomento notazione algebrica e algoritmi di calcolo ai tempi del Pacioli, posso fare un articolo.

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  12. Juhan, appena trovato su google libri, mi è bastato vedere l'equazione in versi di Tartaglia!
    E tanto per citarlo, chiudo come lui per Popinga: "Aricordative della promessa".
    :D

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  13. allora per la lingua non ci sono problemi!!!

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  14. Popinga, io da aspirante coccinella ci ho messo il tempo dovuto per commentarti il mio entusiastico apprezzamento, scusami, ma era che mi son spremuta le meningi su sto Alephun (come se fosse l'unico dettaglio che mi era rimasto oscuro, per dire...).
    E mi son divertita, anche se son tutta un bollore, ecco.
    B

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  15. A proposito di Mon ami e di cirillico, sai che adesso a Mosca una parola che va di moda è (lo translittero perchè non ho la tastiera cirillica e non ho voglia di scegliere i caratteri uno ad uno) Sheramiznik che vuol dire sciocco , giuggiolone, povero di spirito e indovina un po' da dove viene? Da Chèr ami detto battendo una mano sulla spalla!

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  16. Enrico, ma c'è ancora un'influenza del francese sul russo, come ai tempi dello zar e del trottuar?

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