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sabato 28 dicembre 2013

Alla ricerca della forma ideale

Grégoire Allaire, professeur à l’École polytechnique 
François Jouve, professeur à l’Université Paris Diderot 

Gli oggetti prodotti dalla fabbricazione industriale sono concepiti in modo da ottimizzare un certo numero di parametri, come il peso o la solidità. Per evitare di cercare alla cieca la miglior forma possibile, oggi si può contare su svariati metodi di ottimizzazione. 

Le nostre società moderne sono attratte dal design, questa parola inglese, senza equivalenti in italiano, che traduce la nostra volontà di unire il bello e l’utile. Il grande pubblico conosce bene i designer famosi e mediatici come Pininfarina o Starck, ma assai di meno gli scienziati, ingegneri o ricercatori, che si occupano di progettazione ottimale (in inglese optimal design): lontani da ogni preoccupazione estetica, essi migliorano le forme degli oggetti industriali (struttura meccanica, profilo aerodinamico, componenti elettronici, ecc.) al fine di aumentarne le prestazioni (solidità, efficacia) tenendo conto dei vincoli, talvolta contraddittori, come il loro peso o il loro costo. È evidente per esempio che la solidità di una struttura varia con l’inverso del suo peso (ciò che è pesante è più solido di ciò che è leggero). Così, l’ottimizzazione della robustezza di un aeroplano è limitata dal vincolo di un consumo minimo di carburante, che è legato direttamente al peso. Un problema classico in matematica consiste proprio di cercare la soluzione ottima a un problema di ottimizzazione di una funzione (chiamata funzione obiettivo) rispettando dei vincoli. 

Il metodo tradizionale di ottimizzazione procede per tentativi ed errori, seguendo il talento e l’intuizione dell’ingegnere: si sceglie una forma di cui si calcola la prestazione e poi, in funzione di quest’ultima, la si modifica per tentare di migliorarla, e si ricomincia fino a quando si ottiene una forma soddisfacente (senza che sia ottimale). Questo modo di procedere “manuale” è assai lento, costoso e poco preciso. Grazie allo straordinario sviluppo della potenza di calcolo dei computer, così come al progresso della matematica, tale metodo empirico è sempre più sostituito da software numerici che automatizzano il processo di ottimizzazione. 

Ottimizzare la geometria con il metodo di Hadamard

Ogni algoritmo d’ottimizzazione è iterativo: si costruisce una nuova forma a partire da una variazione della precedente. In seguito si calcola la prestazione di questa nuova forma, che si confronta con quella della prima. Infine, se la prestazione della struttura si rivela migliorata, si ricomincia a partire dalla nuova forma. 

Nel 1907, il matematico francese Jacques Hadamard ha proposto un metodo di variazione di forma che ora porta il suo nome e che, per quanto sia di origine teorica, si applica nella pratica per simulare certi problemi con il computer. Il metodo consiste, partendo da una forma iniziale, di spostare i bordi a poco a poco, senza crearne dei nuovi. Questo metodo modifica perciò la geometria della forma iniziale, ma ne conserva la topologia: infatti le forme ottenute successivamente conservano sempre lo stesso numero di buchi, come si può vedere dalle illustrazioni che rappresentano i risultati numerici del metodo di Hadamard. 

Figura 1. Inizializzazione (a sinistra), iterazione intermedia (al centro) e forma ottimale (a destra) di una mensola, ottenute con il metodo di Hadamard.
Il fatto che la topologia non cambi costituisce una limitazione molto fastidiosa. Infatti ciò significa che bisogna intuire la buona topologia da imporre alla nostra forma sin dall’inizio, perché non si potrà poi modificare per migliorare la prestazione. E ciò è impossibile nella maggior parte dei casi. Da ciò nasce la motivazione dei matematici di inventare altri metodi, capaci di ottimizzare allo stesso modo la topologia, cioè il numero dei buchi.

Inoltre, il metodo di Hadamard presenta anche lo svantaggio di essere molto costoso in termini di tempo di calcolo. 

L’importanza dei materiali compositi 

Negli anni ’90, i matematici hanno trovato un metodo di ottimizzazione topologica di forma, detto, metodo di omogeneizzazione, che è ormai largamente utilizzato dagli ingegneri in numerosi software industriali. L’idea di base è di trasformare un problema di ottimizzazione di forma in un problema di ottimizzazione di una densità di materia.

In ogni punto dello spazio, la densità di materia è un valore compreso tra 0 e 1. Il valore 0 corrisponde a un buco o al vuoto (assenza di materia), il valore 1 corrisponde a un materiale pieno, e i valori intermedi (per esempio il valore 0,5) corrispondono a un materiale composito poroso, come ad esempio una spugna. Più il valore è vicino allo 0, più la proporzione dei buchi nel materiale è pertanto importante. 

In questo caso si sostituisce il problema originale d’ottimizzazione discreta del tipo 0 o 1 (in ogni punto dello spazio o si ha del vuoto o della materia) con un nuovo problema d’ottimizzazione continua, dove la variabile da ottimizzare, la densità di materia, è compresa nell’intervallo completo [0,1]. Con questo nuovo approccio, non si è più prigionieri della parametrizzazione delle forme proposta da Hadamard: la topologia può così essere cambiata e possono comparire o scomparire dei buchi secondo le variazioni della densità. 
Figura 2. Esempio di materiale composito
Notiamo che la densità di materia non basta a caratterizzare completamente un materiale composito: per una data densità, conta anche la forma dei buchi per valutare le proprietà effettive del materiale. Per esempio, la rigidità equivalente di un materiale composito non sarà la stessa per una struttura laminata e per una struttura a nido d’ape. Il metodo di omogeneizzazione si prone perciò di ottimizzare non solo la densità di materia, ma anche la microstruttura (la forma dei buchi) del materiale composito. 

Un altro vantaggio del metodo di omogeneizzazione è che la risoluzione numerica è più rapida: richiede meno calcoli. Una delle ragioni di ciò risiede nel fatto che per cambiare la densità in un punto dato, l’algoritmo non utilizza che i valori di densità intorno a questo punto, e non i valori di punti più distanti, come avveniva con il metodo di Hadamard.

La mensola ottimale 

Ecco un problema classico di ottimizzazione di forma, quello della mensola ottimale. In questo caso, il bordo di sinistra della mensola è fissato al supporto, mentre una forza verticale è applicata in mezzo al bordo di destra.
Figura 3 : Disposizione della mensola
Disegniamo la densità di materia, rappresentata da una tonalità di grigio (il nero corrisponde al materiale pieno, il bianco al vuoto). La soluzione ottimale presenta delle larghe zone di grigio, che corrispondono a del materiale composito, che è difficile interpretare come una forma. Per ritrovare una forma «classica» vicina alla forma composita ottimale, una soluzione è quella di «penalizzare» i materiali compositi, ai fini dell’ottimizzazione numerica, che significa aggiungere dei vincoli nell’algoritmo affinché la soluzione ottimale sia composta di zone o piene o vuote piuttosto che di zone composite. 

Figura 4. Mensola ottimale composita (il tono di grigio indica la densità di materia).

Il risultato è impressionante: la zona composita si trasforma in un reticolato di barre che richiama numerose strutture del genio civile o della meccanica.

Figura 5. Mensola ottimale dopo la penalizzazione e senza compositi.
Questi metodi di ottimizzazione geometrica e topologica delle forme sono utilizzati quotidianamente nell’industria automobilistica o aeronautica, ad esempio quando si tratta di trovare la forma di una struttura che sia contemporaneamente rigida e leggera. Numerosi componenti meccanici (triangoli delle sospensioni, longheroni) nelle automobili o negli aerei sono così alleggeriti con l’ottimizzazione, con lo scopo di ridurre, alla fine, il consumo di carburante.

Per saperne di più

Sito web: http://www.cmap.polytechnique.fr/~optopo

Allaire G., (2007). Conception optimale de structures, Collection Mathématiques et Applications, vol. 58, Springer Verlag.

Henrot A., Pierre M., (2005). Variation et optimisation de formes, Collection Mathématiques et Applications, vol. 48, Springer Verlag.

Hildebrandt S., Tromba A., (1986). Mathématiques et formes optimales, Pour la Science, Belin, Paris

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Questo articolo è una traduzione più o meno fedele, dell’originale francese A la recherche de la forme idéale comparso alle pp. 65-69 della brochure Mathématiques - L’explosion continue, ideata da Fondation Sciences Mathematiques de Paris (FSMP), Societe Francaise de Statistiques (SFDS), Societe de Mathematiques Appliquees et Industrielles (SMAI) e Societe Mathematique de France (SMF), pubblicata nello scorso settembre. Si tratta di un aggiornamento di un’analoga pubblicazione del 2002, concepita per divulgare i progressi della matematica e la sua importanza in quasi ogni campo della nostra vita quotidiana.

Come scrivono Maria J. Esteban, Bernard Helffer e Jean-Michel Poggi nella prefazione, “La matematica è uno strumento insostituibile di formazione al rigore e al ragionamento; essa sviluppa l’intuizione, l’immaginazione, lo spirito critico; essa costituisce inoltre un linguaggio universale e un elemento fondamentale della cultura. Essa gioca inoltre, per le sue interazioni con le altre scienze e la sua capacità di descrivere e spiegare fenomeni complessi messi in evidenza nella natura e nel mondo tecnologico, un ruolo crescente nella nostra vita quotidiana. [Eppure] questo stato delle cose è assai spesso ignorato o per lo meno sottostimato dalla maggioranza dei nostri concittadini, per i quali la matematica è una disciplina astratta, che non si sviluppa più, fissata in una prospettiva di formazione che ha poco a vedere con il mondo reale”

Pubblicazioni come questa servono per ovviare a questo paradosso, e andrebbero diffuse a tutti i livelli, soprattutto nelle scuole. Nel nostro paese la percezione di questa disciplina da parte dell’uomo della strada è, se vogliamo, ancora peggiore e la stranezza è ancora più evidente, tenuto conto che, con risorse assai inferiori a quelle dei nostri cugini transalpini, la matematica italiana, pura e applicata, possiede un buon livello qualitativo con punte di assoluta eccellenza. 

Facendo mio l’auspicio dell’amico Maurizio Codogno, auguro che una pubblicazione analoga venga redatta e pubblicata in Italia, e che lo sforzo (e il piacere) della traduzione spetti una volta tanto a qualche divulgatore francese.

7 commenti:

  1. Convincente. La cosa si applica quindi anche al discorso che ha portato dal mattone pieno a quello forato, o non ho capito niente?

    Credo che sia OT, ma il fatto che la carta igienica non si strappa quasi mai nella zona delle forature, ha a che vedere? ahahahahah buon anno!

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    1. Enrico, consulta Li Shin Po, W.C. Waters, Theodor B. Strunz, "Anisotropy and structural resistance optimization in toilet paper pre-cut rolls: a preliminary study", Appl. Phys. 114, 213501 (2013); http://dx.doi.org/10.1063/1.4836855

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    2. Uhm... mi sa che sia un falso: non si ottimizza la forma della carta.

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    3. Lo sospettavo. Soprattutto da quel burlone di Li Shin Po, grande allevatore di carpe dorate nel primo giorno del quarto mese!

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  2. Il mattone forato, sottoposto a sollecitazione normale semplice, ovvero a compressione assiale, resiste sempre meno di un suo omologo pieno. I fori servono solamente a migliorarne il potere isolante e la maneggiabilità.

    Per un elemento sottoposto a un altro tipo di sollecitazione, per esempio un tubo sottoposto a flessione, invece è vero il contrario, cioè una sezione cava resiste di più di una piena. Prendetela per buona, così vi risparmio una noiosissima lezione statica applicata alla resistenza dei materiali.

    È quindi inesatto, o perlomeno vago, affermare che più un elemento è pesante e più esso è solido, perché bisogna valutare sempre caso per caso, e la mensola forata illustrata sopra lo mostra benissimo, poiché il materiale eventualmente presente nei buchi non servirebbe a null'altro che ad aumentare il peso proprio dell'elemento e non la sua resistenza ultima, non passando per quei punti le traiettorie delle tensioni interne, che taluni fanatici chiamano bielle di compressione e trazione.

    Si perdoni quindi l'ottimo Popinga essendo lui tutto meno che un noioso ing.

    Detto, scritto e approvato
    Ciao e buon 2014
    yop

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    1. Grazie Yop, adesso mi è più chiaro come sta benedetta toilet paper si strappi sempre fuori dai fori

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    2. Prego, caro Enrico, per me è sempre un piacere.

      Ci perdonerà forse, ma forse anche no, il nostro ospite, se insistiamo quindi sul caso della tua carta igienica anomala, che è estremamente interessante, degno di attenzione e financo inquietante, in quanto lo strappamento di uno o più fogli rientra nel caso di una sollecitazione assiale semplice - in questo caso di trazione pura - ove una minore quantità di materia, quella che manca nelle linee di strappo appunto, deve implicare necessariamente una minore resistenza dell’elemento sollecitato nella sezione intagliata e quindi giustamente predirne la linea di rottura.
      Il fatto si spiega bene comunque, e in seguito a un’analisi approfondita, se si considera che le carte igieniche, specialmente quelle superdiscount da 1€/km, presentano spesso e volentieri diversi difetti di fabbricazione che vanno da una variazione casuale dello spessore e della qualità della cellulosa, allo sfasamento nella sovrapposizione dei vari strati, e quindi le diverse linee di strappo non giacciono sempre su di uno stesso piano normale a quello del foglio completo, a una insufficiente incisività o nettezza delle stringhe di taglietti, e infine all’imperdonabile errore di lavorazione che fa sì che il primo taglietto a destra o a sinistra non intacchi il bordo continuo del rotolo, a destra e a sinistra, dimodoché l’azione di strappamento dell’utente necessitoso, che avviene generalmente con un movimento di trazione obliqua, ovvero partendo da uno dei bordi continui predetti del rotolo, non si produce lungo una sezione pre-intaccata desiderata, visto che ha la possibilità di iniziare in un punto qualsiasi del foglio continuo che forma il rotolo in esame, per così dire.
      Per ovviare a questo inconveniente è sufficiente acquistare la carta igienica di Louis Vuitton, squisita nella consistenza, nella morbidezza, nella resistenza al perforamento inopportuno e ovviamente nella perfezione dello strappo, al giusto prezzo di 1 € a foglio, o giù di lì (per gli sportivi c’è anche quella prodotta da Aston Martin, nel classico colore verde competizione, forse lievemente più cara, ma a noi che ci frega, che non stiamo mica qui a farci riconoscere).
      Ciao
      yop

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