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venerdì 12 giugno 2015

Einstein cosmologo, e un manoscritto inedito

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Poco dopo la formulazione della teoria generale della relatività (1916), Einstein applicò la sua nuova teoria all’intero universo, soprattutto allo scopo di chiarirne i fondamenti, cioè di stabilire “se il concetto di relatività può essere applicato fino in fondo o se porta a contraddizioni”. Ipotizzando un cosmo statico nel tempo e che una teoria gravitazionale consistente dovesse incorporare il “principio” di Mach, secondo il quale l'inerzia di ogni sistema è il risultato dell'interazione del sistema stesso con il resto dell'universo e non può esistere uno spazio privo di materia, Einstein ritenne necessario aggiungere un nuovo termine alle equazioni generali di campo, allo scopo di predire un universo con una densità media di materia non nulla – la famosa “costante cosmologica”. Con la scelta di questa costante, Einstein fu condotto a un modello di un universo statico, finito, di geometria spaziale sferica, il cui raggio era direttamente legato alla densità di materia. 

Nello stesso anno (1917), l’olandese Willem de Sitter propose un modello relativistico alternativo dell’universo, cioè quello di un universo statico privo di materia. Einstein fu molto colpito dalla soluzione di de Sitter, in quando essa suggeriva una metrica dello spazio-tempo indipendente dalla materia contenuta, in conflitto con il principio di Mach secondo l’interpretazione di Einstein. Il modello di de Sitter fu causa di un certo scompiglio tra i fisici teorici per qualche anno, fino a che si comprese che esso non era statico. Ciò nonostante, la soluzione attrasse un certo interesse negli anni ’20 perché prediceva che la radiazione emessa da particelle di prova inserite nell’universo “vuoto” avrebbe subito un redshift, in perfetto accordo con le osservazioni astronomiche contemporanee di Vesto Slipher sui redshift delle galassie a spirale. 

Nel 1922 il giovane fisico russo Alexander Friedman suggerì che si dovessero considerare soluzioni non stazionarie alle equazioni di campo di Einstein nei modelli relativistici dell’universo. Con un secondo articolo, nel 1924, Friedman esplorò quasi tutte le principali possibilità teoriche e la geometria per l’evoluzione dell’universo. Einstein non accolse favorevolmente i modelli di Friedman di un universo in evoluzione nel tempo. La sua prima reazione fu di pensare a un errore matematico del russo. Quando Friedman dimostrò che l’errore era invece nella correzione di Einstein, egli opportunamente la ritrattò. Tuttavia, una bozza inedita della ritrattazione (1923) evidenzia che Einstein considerava irrealistici i modelli di universo variabile nel tempo, “ai quali si può attribuire a fatica un significato fisico”

Ignaro delle analisi di Friedman, il belga Georges Lemaître propose nel 1927 un modello di universo in espansione. Egli conosceva le osservazioni astronomiche di Sipher e le misure di Hubble delle grandi distanze delle galassie. Interpretando i redshit di Slipher come un’espansione relativistica dello spazio, Lemaître derivò dalle equazioni di campo di Einstein un universo in espansione, stimando un tasso di espansione cosmica dai valori medi delle velocità e delle distanze delle galassie ricavati rispettivamente da Slipher e Hubble. L’articolo di Lemaître, pubblicato in francese su una poco conosciuta rivista scientifica, ricevette poca attenzione (e, come ho già discusso, Hubble fece in modo che continuasse a essere ignorato). Tuttavia, il belga discusse il suo modello personalmente con Einstein durante la conferenza di Solvay del 1927, ottenendo solo una critica con il franco commento: “Vos calculs sont corrects, mais votre physique est abominable”


Nel 1929 Hubble pubblicò la prima prova empirica di una relazione diretta tra i redshift delle galassie a spirale e la loro distanza radiale. In quella periodo era stato anche stabilito che i modelli statici presentavano problemi di natura teorica: quello di Einstein non era stabile, quello di de Sitter non era statico. Come conseguenza, il concetto di espansione cosmica relativistica fu preso in seria considerazione, e furono proposti diversi modelli di universo variabile nel tempo del tipo di quelli di Friedman e Lemaître. 

Dal 1931 Einstein incominciò ad accettare l’universo dinamico. Durante un soggiorno di tre mesi al Caltech di Pasadena all’inizio di quell’anno, un viaggio che comprendeva un convegno con gli astronomi dell’osservatorio del Mount Wilson e discussioni frequenti con il teorico del Caltech Richard Tolman, egli fece diverse dichiarazioni pubbliche su come le osservazioni di Hubble potessero essere considerate una ragionevole prova di un’espansione cosmica. Ad esempio, il New York Times riferì il commento di Einstein secondo il quale “Le nuove osservazioni di Hubble e Humason riguardo al redshift della luce nelle galassie lontane rendono più probabile la congettura che la struttura generale dell’universo non sia statica” e “Il redshift delle galassie lontane ha demolito la mia vecchia costruzione come un colpo di martello”. Non molto più tardi, Einstein pubblicò due distinti modelli dinamici del cosmo, il modello Friedman-Einstein del 1931 e il modello Einstein-de Sitter del 1932. 


Scritto nell’aprile 1931, il modello Friedman-Einstein segnò la prima pubblicazione scientifica in cui Einstein abbandonò formalmente l’universo statico. Citando le osservazioni di Hubble, Einstein sosteneva che l’ipotesi di un universo statico non era più giustificata: “Ora che è divenuto chiaro dai risultati di Hubbel [sic] che le nebule extra-galattiche [cioè le galassie esterne alla Via Lattea, diremmo oggi] sono distribuite dovunque nello spazio e hanno moto dilatatorio (almeno se i loro sistematici redshift sono da interpretare come effetti Doppler), l’ipotesi di una natura statica dello spazio non ha più alcuna giustificazione”. Adottando l’analisi di Friedman del 1932 di un universo con un raggio variabile nel tempo e con curvatura spaziale positiva, Einstein rimosse anche la costante cosmologica che aveva introdotto nel 1917, sulla basi che essa era ora sia insoddisfacente (dava una soluzione instabile), sia inutile: “In queste condizioni, ci si deve chiedere se si possono giustificare i fatti senza l’introduzione del termine λ, che è in ogni caso teoricamente inadeguato”. Il modello risultante prediceva un universo che doveva subire un’espansione seguita da una contrazione,. Einstein fece uso delle osservazioni di Hubble per ricavare stime dell’attuale raggio dell’universo, della densità media della materia e della durata dell’espansione. Rilevando che quest’ultima stima era minore che le età delle stelle stimate dagli astrofisici, Einstein attribuì il paradosso a errori introdotti dalle ipotesi semplificative dei modelli, in particolare quella dell’omogeneità. 

All’inizio del 1932 Einstein e Willem de Sitter si trovavano entrambi al Caltech di Pasadena, e approfittarono dell’occasione per esplorare un nuovo modello dinamico dell’universo. Questo modello era basato sull’idea che una finita densità di materia in un universo non statico non richiede necessariamente una curvatura dello spazio. Consapevoli della mancanza di prove empiriche della curvatura spaziale, Einstein e de Sitter fissarono questo parametro a zero. Avendo rimosso sia la costante cosmologica sia la curvatura spaziale, il modello risultante descriveva un universo con geometria euclidea, in cui la velocità di espansione h era legata alla densità media di materia ρ dalla semplice relazione h2 = 1/3 κρ, con κ costante di Einstein. Applicando il valore di Hubble di 500 Km s–1 Mpc–1 per la velocità di recessione delle galassie, gli autori calcolarono un valore di 4×10–28 g.cm–3 per la densità media della materia, un valore che non era incompatibile con le stime dell’astronomia. 


Il modello Einstein-de Sitter rivestì un ruolo significativo nello sviluppo della cosmologia del XX secolo. Una motivo fu che esso marcò un importante caso ipotetico in cui l’espansione dell’universo era bilanciata perfettamente da una densità critica di materia: un universo con una più bassa densità di massa avrebbe geometria iperbolica e si espanderebbe con velocità sempre crescente, mentre un cosmo con una più alta densità di massa avrebbe geometria sferica e alla fine collasserebbe. Un altro motivo era la grande semplicità del modello: in assenza di qualsiasi prova empirica di curvatura spaziale o di costante cosmologica, non c’era motivo di rivolgersi a modelli più complicati (la prova empirica di una costante cosmologica positiva non sarebbe emersa che nel 1992, mentre non è ancora stata rilevata alcuna evidenza di una curvatura dello spazio). Mentre nel succinto articolo dei due fisici la durata dell’espansione non era considerata, questo aspetto del modello fu considerato da Einstein l’anno successivo. Rilevando ancora che il tempo di espansione era minore dell’età stimata delle stelle, egli attribuì di nuovo il problema alle ipotesi semplificative del modello. 

Il modello Einstein-de Sitter segnò l’ultimo contributo originale di Einstein alla cosmologia; egli non pubblicò più alcun nuovo modello cosmologico oltre questi. 

Si è tuttavia recentemente scoperto che Albert Einstein aveva esplorato l’ipotesi di un modello di stato stazionario dell’universo poco prima di pubblicare i due modelli del 1931-1932 e quasi vent’anni prima che la teoria venisse proposta da Fred Hoyle e, indipendentemente, da Hermann Bondi e Thomas Gold nel 1948. Un manoscritto dell’Albert Einstein Online Archive, intitolato Zum kosmologischen Problem e inizialmente scambiato per la bozza di un altro documento, dimostra che il fisico tedesco considerò la possibilità di un universo che si espande ma rimane sostanzialmente invariato a causa della continua formazione di materia dallo spazio vuoto. Diversi aspetti del documento indicano che fu scritto nei primi mesi del 1931, durante il primo viaggio di Einstein in California. Perciò l’articolo rappresenta probabilmente il suo primo tentativo di elaborare un modello cosmologico dopo le prove emergenti di un universo in espansione. Egli abbandonò l’idea quando si rese conto che la sua specifica teoria dello stato stazionario portava a una soluzione nulla. 


Il documento inizia con il richiamo di Einstein del noto problema del collasso gravitazionale in un universo newtoniano. Il punto di partenza è simile a quello del modello statico da lui proposto nel 1917, anche se ora è integrato da un riferimento all’opera di Hugo von Seeliger (1895) il quale, per affrontare il problema che le leggi gravitazionali non sono consistenti con una densità di materia media finita, aveva introdotto nella legge di Newton una funzione di correzione che, al crescere della distanza, diminuiva più velocemente dell’inverso del suo quadrato. Einstein sottolinea che un problema analogo sorge nei modelli relativistici dell’universo, e ricorda la sua introduzione della costante cosmologica λ nelle equazioni del campo relativistico per renderle compatibili con un universo statico con raggio e densità di materia costanti. 

Nella parte successiva del manoscritto, Einstein sostiene che questo modello statico ora non sembra più realistico. Due sono le ragioni principali di questo mutamento d’opinione: 

1) L’esistenza di soluzioni dinamiche e l’instabilità del suo modello. Dal manoscritto non risulta tuttavia chiaro se egli fosse al corrente dei modelli di Friedman e Lemaître. Einstein poi non cita l’articolo di Eddington del 1930 che aveva dimostrato l’instabilità del suo modello. 

2) Le osservazioni astronomiche di Edwin Hubble, che hanno mostrato la distribuzione uniforme delle galassie e il loro redshift. Anche in questo caso il manoscritto, in cui il nome di Hubble è costantemente scritto erratamente (Hubbel), sembra indicare una certa poca famigliarità con le opere dell’americano. Einstein inoltre non parla direttamente di redshift, ma preferisce parlare di effetto Doppler proporzionale alla distanza delle galassie. 

Sottolineando che i modelli dinamici di de Sitter e Tolman sono compatibili con le osservazioni di Hubble, Einstein indica che essi predicono un’età dell’universo di 1010 - 1011 che è problematica e, “per vari motivi, inaccettabile”. Si noti ancora che non c’è alcun riferimento ai modelli dinamici di Friedman e Lemaître e che i “vari motivi” non sono specificati, anche se sembra probabile che egli si riferisca all’età prevista dai modelli dinamici, che sembra inferiore a quella attribuita alle stelle dagli astrofisici. 

Nella terza parte del manoscritto, Einstein esamina una soluzione alternativa per le equazioni di campo che possa essere compatibile con le osservazioni di Hubble, vale a dire con un universo in espansione in cui la densità di materia non muta nel tempo. Egli fa riferimento a uno “schema generale di Tolman”, probabilmente un articolo del 1930 in cui il fisico del Caltech suggeriva che l’espansione cosmica possa derivare da una continua trasformazione di materia in radiazione.


L’analisi di Einstein parte dall’ipotesi di una metrica euclidea dello spazio che si espande esponenzialmente (è la metrica di de Sitter). Tale ipotesi è compatibile con un tasso costante di creazione di materia e con “l’effetto Doppler di Hubbel”. Tale metrica è costante nel tempo. Einstein deduce una relazione tra il coefficiente di espansione α e la densità di materia ρ, concludendo che quest’ultima rimane costante “e determina l’espansione indipendentemente dal suo segno”. Egli commette però un errore di derivazione, in quanto dalle sue premesse avrebbe dovuto ottenere una densità di materia nulla. 

Nella parte conclusiva del documento Einstein propone un meccanismo che consenta alla densità di materia di rimanere costante in un universo di raggio crescente: la continua formazione di materia dallo spazio vuoto. Questa idea anticipa il campo ad energia e pressione negativa (C-field, campo di creazione) che Fred Hoyle avrebbe introdotto nel 1948 nelle equazioni di campo per dar conto dell’ipotesi di un universo reso stazionario dall’espansione e dalla contemporanea e costante creazione di materia dal nulla; Einstein invece non modifica le sue equazioni, convinto che la modifica della costante cosmologica garantisca che lo spazio non sia vuoto d’energia e di conseguenza la continua formazione di materia. 

Il modello di Einstein è tuttavia errato, in quanto la mancanza di uno specifico termine per rappresentare la creazione di materia porta alla soluzione nulla ρ = 0. È evidente dal manoscritto che egli riconobbe questo problema durante la revisione e sembra che abbia abbandonato l’idea piuttosto che considerare soluzioni più sofisticate per lo stato stazionario. 

Non è sorprendente che il fisico tedesco abbia esplorato l’ipotesi dello stato stazionario, più simile alla sua iniziale idea di un universo statico, prima di accettare pragmaticamente i modelli dinamici, da lui inizialmente avversati. L’universo in espansione non comportava, come Einstein scoprì nel manoscritto, alcuna variazione delle equazioni di campo, e non richiedeva l’introduzione di una costante cosmologica. Ed egli preferiva sempre le soluzioni più semplici. Quando gli fu chiesto di commentare il modello cosmologico dello stato stazionario proposto da Hoyle, egli lo bollò come una “speculazione romantica”.

Cormac O'Raifeartaigh (2015). A new perspective on Einstein's philosophy of cosmology To be published in the 'Proceedings of the 2014 Institute of Physics International Conference on the History of Physics', Cambridge University Press arXiv: 1504.02873v1

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