Non esiste nel vocabolario comune indoeuropeo una parola che indichi ciò che oggi si intende con "sacro", così come non sono attestati termini per indicare la "religione", il "culto", e i "sacerdoti". Ciascuna cultura nel tempo ha elaborato per questi concetti un lessico suo proprio, collegato a credenze e culti particolari. Nell'ambito delle antiche lingue indoeuropee si constata che molte possiedono una duplice espressione, distinta in ogni idioma, cioè due termini complementari che enunciano un duplice aspetto del sacro. Lo studio degli esperti comparatisti di lingue indoeuropee rivela inoltre che non è possibile far corrispondere coppie simili in lingue diverse.
In greco, hierós significa "santo, sacro, forte, potente, eccelso", ad indicare, positivamente, ciò che, o chi, è carico della presenza divina, mentre hágios evoca la nozione, negativa, di qualcosa (territorio, animale sacrificale, tempio) o qualcuno (dio, essere umano) che è intoccabile, proibito, difeso contro ogni violazione dalla minaccia di un castigo divino. Ciò spiega la duplice valenza di hágios: "santo, puro, venerato", ma anche "maledetto, esecrando".
In latino, sacer presenta sia la connotazione positiva di "sacro, consacrato, venerando, augusto", sia quella negativa di "infame, maledetto, esecrabile". Il grammatico Festo (De verborum significatione) a questo proposito è molto esplicito, in quanto sostiene che colui che è detto sacer porta una colpa infamante che lo pone fuori dalla comunità umana: si deve fuggire il suo contatto, né si può condannare chi lo uccide. Un uomo sacer è per gli uomini ciò che l'animale sacer è per gli déi: entrambi nulla hanno in comune con il mondo degli uomini e pertanto non possono essere avvicinati senza il pericolo di esserne contaminati o di contaminarli. In sacer è presente così la nozione di un'area separata che è attribuita al divino. Il suo senso si chiarisce per opposizione a profanus, "al di fuori del fanum", dell'area consacrata. Anche il rapporto con sacrificium (da sacrum facere, "rendere sacro") è evidente, poiché la vittima, per diventare sacra, per superare la soglia che separa i due mondi, deve essere messa a morte, di solito da un sacerdos ("colui che compie il sacrificio").
Il duplice valore di sacer non si riscontra minimamente nell'altro termine latino utilizzato per esprimere il concetto moderno di "sacro", cioè sanctus. La parola indica originariamente ciò che è frutto di un'operazione umana, di una sanzione (il latino sancire vuol dire delimitare il campo d'applicazione di una disposizione e renderla inviolabile, ponendola sotto la protezione degli déi, evocando il castigo divino sull'eventuale violatore). Sanctus è pertanto tutto ciò che è difeso e protetto dall'ingiuria degli uomini attraverso una certa sanzione, che lo ha reso "sacro". Non è ciò che è consacrato agli déi (non è sacer), e non è ciò che è profano (che si oppone a sacer), ma è ciò che, non essendo né l'uno né l'altro, è stabilito, sancito, da una legge: nell'antico diritto romano la pena era applicata dagli déi stessi, che intervenivano come vendicatori. Si potrebbe definire la differenza tra sacer e sanctus sostenendo che il primo termine è il sacro implicito, una qualità assoluta che non comporta gradi, mentre il secondo è il sacro esplicito, pubblico, che appartiene al mondo del relativo, perché una cosa può essere più o meno sancta a seconda della sanzione che l'ha definita.
Con il tempo la differenza di significato tra sacer e sanctus si è progressivamente attenuata, fino a scomparire. Diventa sanctus colui che è investito del potere divino e possiede per questo una qualità che lo eleva al di sopra degli umani; il suo potere fa di lui un essere intermedio tra l'uomo e la divinità. Con questo significato il sostantivo fu adottato dal cristianesimo occidentale per indicare la persona del santo, così come, con analoga evoluzione, il cristianesimo di lingua greca cominciò ad utilizzare hágios.
L'etimologia suggerisce che il sacro è qualcosa d'Altro, di separato dal mondo degli uomini, che non può essere avvicinato senza pericolo, e tuttavia attira l'uomo verso di sé. La struttura del sacro, contemporaneamente unitaria e duale, nella quale due elementi si attivano reciprocamente, in cui l'elemento divino e quello umano rapportano l'un l'altro, è essenziale per comprendere la funzione di legame e mediazione che il sacro è destinato a svolgere.
I moderni tentativi di studio del sacro sono il frutto di ambienti culturali, scuole, specializzazioni (ne hanno discusso sociologi, storici delle religioni, antropologi, psicologi e psichiatri, filosofi, ecc.), quindi sono molto diversi e tutti, in misura più o meno grande, opinabili. Nel variegato panorama d'opinioni moderne è tuttavia possibile riconoscere alcuni grandi filoni di pensiero.
Gli studiosi della scuola sociologica francese degli inizi del '900 (Marcel Mauss, Émile Durkheim, Lucien Lévy-Bruhl) vedono come caratteristica del sacro la sua superiorità e la sua eterogeneità rispetto al profano. Assieme al loro tardo continuatore, René Girard, sono orientati a interpretare il sacro in chiave storica e sociale. Il sacro sarebbe così una soluzione trovata dalle società umane per spiegare il mondo e per regolare gli aspetti più importanti della vita comunitaria.
Anche se con modalità ed esiti diversi, la riflessione e la ricerca di Rudolf Otto e Mircea Eliade, e dei loro attuali continuatori, si caratterizzano invece per il fatto di rilevare la qualità fenomenica del sacro (per cui esso c'è quando si manifesta, esiste in quanto si mostra). Rispetto alle manifestazioni del sacro, l'uomo prova il sentimento della propria inferiorità e tende a sacralizzare tutto l'universo: il sacro sarebbe una "visione del mondo".
E' interessante notare come nessuno degli studiosi citati dia una spiegazione palesemente metafisica, secondo la quale il sacro esisterebbe in sé, indipendentemente dall'uomo. In fondo, dare spiegazioni metafisiche è, o sarebbe, compito del pensiero religioso. Ebbene, nel cristianesimo, l'utilizzo di "sacro" come sostantivo è quasi inesistente, mentre se ne riscontra persino un abuso quando è impiegato come aggettivo (dal Sacro Cuore alla Sacra Rota). Il concetto espresso dal sostantivo "sacro" si può identificare solo con quello di Dio. Nel cristianesimo, pertanto, lo studio del sacro è studio di Dio, non può essere altro che teologia.
La logica e le metodologie delle scienze, che procedono per raggiungere una conoscenza della realtà che sia oggettiva, affidabile, verificabile e condivisibile non possono, per loro stessa natura, indagare ciò che, come il sacro, si cela dietro ragionamenti che eludono la confutazione e coinvolgono la natura stessa del linguaggio. Tuttavia, il sacro, come fenomeno culturale e sociale, quindi nelle sue declinazioni più mondane (esoterismo, diffidenza o rifiuto delle spiegazioni razionali, principio di autorità, fascino del mistero, ecc.) è presente sotto varie forme nelle società moderne e con esso chi si occupa di scienza deve fare i conti.
(continua in un prossimo articolo)
Una volta un ministro degli esteri profanò la laicità dello Stato dicendo: "rivendico il sacrosanto diritto di appendere il crocifisso nelle aule scolastiche".
RispondiEliminaSacrosanto diritto: un esecrabile diritto sancito dalla legge. Purtroppo in questo caso non fa una piega.
RispondiEliminaUn post ineccepibile. Un riassunto perfetto della questione. Da enciclopizzare.
RispondiEliminamolto interessante e istruttivo; hai idea del perchè della denominazione dell'osso SACRO?
RispondiEliminaper il suo uso da parte dei sacerdoti nei rituali sacrificali?
saluti
Blas
Visto l' atteggiamento corrente verso cose che dovrebbero essere naturalmente (e laicamente) sacre, viene da riscrivere
RispondiEliminail virgiliano 'auri sacra fames'
come 'auri sancta fames'.
Blas: credo di sì, almeno così dicono le due fonti che ho consultato.
RispondiEliminaPiero: dove quel sancta va interpretato come nel Credo: sanctam Ecclesiam catholicam.
@ blasblog: non vorrei essere blasfemo ma è ben noto che l'osso dicesi sacro perchè assiste alla messa in c...
RispondiEliminaAccidenti dopo le ferie son proprio caduto in basso.
cari amici cerchiamo di avere la gloria eterna,
RispondiEliminaora e' in atto la cernita di chi si vuol salvare
o andare in perdizione, vorrei vedervi tutti in
cielo per vivere eternanmente felici con DIO.
RECITATE LA LA CORONCINA DELLA divina misericordia
e che DIO vi dia pace econforto.
Wow! Il mio primo troll cattolico! Sono emozionato! Ma sei vero? Credevo che il mio blog fosse inutile, e invece... Mi citerai almeno una volta Madre Teresa?
RispondiEliminaPopinga, fa' il bravo con chi viene apposta qui a leggerti e non trollifica per nulla, poveretto. Hai messo insieme un articolo pregevole, come spesso ti capita, lascia stare chi pensa all'anima tua che (forse) è bisognosa.
RispondiEliminaE poi, già te la passi bene perchè sei convinto che dopo tirerai giù la serranda e ciao (e pensa come ci resti male quando scopri che...), lascia vivere e non essere fanatico.
Ciao e buon anno
Sergio, obiezioni come la tua le considero e le medito. Sono le coroncine della divina misericordia che mi turbano, soprattutto se chi le suggerisce è un anonimo.
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