mercoledì 26 giugno 2013

Piccola antologia dei poeti inesistenti (15): Pio Né

La vita di Pio Né è stata estremamente breve. Di lui si sa che nacque a Viù nel 1950 e morì a Bra nel 1977. Poeta della sintesi, era giunto a concezioni estetiche radicali meditando sulla sillaba primordiale Aum dopo un breve soggiorno in India. Si era poi avvicinato all'estrema sinistra, militando in AO. La sua unica raccolta, intitolata Po, venne rifiutata da tutti gli editori ai quali si era rivolto. Sentendosi incompreso persino dai suoi compagni di militanza (le sue poesie Mao e Che non erano state accettate dal Quotidiano dei Lavoratori), cadde in una profonda depressione dalla quale non si risollevò più. 

La critica, anche quella politicamente non schierata, ha rivalutato recentemente l’opera di Pio Né, particolarmente dopo la pubblicazione di Po da parte della casa editrice Ut. Ardito sperimentatore linguistico, il poeta faceva uso esclusivamente di monosillabi, convinto che le parole più lunghe siano una “sovrastruttura dei sentimenti”, frutto di un “imperialismo linguistico della quantità”. Coerentemente, colpito dalla morte in una sparatoria di un brigatista, gli dedicò, pur non condividendo la scelta della lotta armata, questi versi pieni di rispetto nei quali Ugo Re (Poeti essenziali degli anni ‘70, Ka, Rho, 2010) ha intravisto l’eco del Carducci di Pianto antico

Oh! 
Tu vai giù, 
via dal sol, 
tu non più, 
sei or là: 
a che pro? 

Poeta dalla forte identità politica, Pio Né non rinunciava a cantare anche le piccole cose della vita, come in questa delicata poesia d’amore: 

Tu 
In me 
con te 
c’è il re. 
Il sé, 
si sa, 
sta per es, 
ma l’io, l’io, 
è più in. 
Se son giù 
ci sei tu, 
e io lo so: 
sì, ti ho. 


Proprio in Po, la poesia che dà il titolo alla raccolta, sono riscontrabili forti sintomi del male di vivere che lo aveva colpito. Dedicata all'industrializzazione di Torino e al dramma dell’immigrazione dal meridione, l’opera vede nel fiume inquinato la metafora della crisi della società italiana. Il lessico essenziale dell’inizio si trasforma in una serie di timbri stranieri, quasi che il flusso di coscienza del poeta porti il suo linguaggio a immergersi nell'elemento idrico fino a perdersi nella glossolalia: 

Po 
Che ne è 
del Po? 
E di me? 
Lui va, 
non più blu 
a est, chi lo sa. 

E chi è 
del sud, 
ora in blu 
sa che più 
non va giù: 
ei fu. 

Lui con me, 
nel Po, 
che non è 
più il Po. 
No! Don’t stop, 
Po, flow! 

Je suis, 
là–bas 
dans l’eau, 
dans l’eau 
que n’est pas 
bleu, plus. 

Je suis mort, 
en toi, Pô, 
in der Tot, 
Pol Pot. 
Più può 
Pio Né. 

Pio Né si tolse la vita nella casa di un’amica, lasciando un biglietto con scritta la sola parola Boh. Il suo funerale a Torino fu teatro di scontri tra manifestanti e forze dell’ordine, come di rito.

lunedì 24 giugno 2013

Lyell, il serpente marino, e il ritorno dei grandi rettili

Ritratto senile di Charles Lyell
Viviamo talmente immersi nelle conoscenze del nostro presente da ignorare o dimenticare quanto esse debbano allo sforzo teorico e sperimentale degli uomini del passato. Uno di questi giganti sulle spalle dei quali noi nani ci innalziamo fu Charles Lyell (1797-1875), il padre della moderna geologia, che gli studi avevano indirizzato verso la carriera di avvocato, ma che la passione alla fine convertì in un grande scienziato, autore di un testo fondamentale come i Principi di Geologia (1830-33).

Siamo poi abituati a considerare così assodate certe conoscenze da ignorare o dimenticare quanto queste nascano da un lungo processo di tentativi ed errori, da uomini per loro natura incoerenti e viventi in società e tempi contraddittori, così ci stupiamo di come uomini di grande valore potessero elaborare le loro straordinarie scoperte e contemporaneamente credere in idee sbagliate, coltivare passioni bizzarre, auspicare la realizzazione di sogni messianici. Non solo Galileo, Copernico e Keplero facevano oroscopi, o Newton alternava i suoi studi di ottica e di meccanica con quelli alchimistici, o Nepero (John Napier), inventava i logaritmi ma li considerava un passatempo di fronte alla sua grande missione di rovesciare il papa di Roma. Anche Lyell, pur avendo elaborato alcuni dei concetti fondamentali per lo sviluppo della geologia, aveva il torto di essere più anziano di Darwin (che poi conobbe e incoraggiò) e quindi di avere idee sullo sviluppo della vita sulla terra che oggi ci sembrano sbagliate o infantili. Una di queste era la passione per i serpenti marini giganti.

Lyell dedicò ai serpenti marini e ai loro avvistamenti l’intero capitolo VIII del suo libro Second Visit to the United States of North America (1849), una miscellanea di relazioni di viaggio, memorie, considerazioni su usi e costumi e osservazioni scientifiche che faceva seguito al fortunato Travels in North America pubblicato nel 1845.

Nell'ottobre del 1845, il geologo scozzese si trovava a Boston, quando notò che le strade erano tappezzate di manifesti pubblicitari che annunciavano che un certo Dr. Albert C. Koch, collezionista di fossili tedesco, avrebbe mostrato al pubblico pagante lo scheletro lungo 114 piedi di “quel colossale e terribile rettile che è il serpente marino”. Esso, chiamato Hydrarchos, re dell’acqua, “era il Leviatano del Libro di Giobbe”. Subito Lyell pensò a un frode, perché lo scheletro era in realtà assemblato unendo opportunamente alcune colonne vertebrali di una specie estinta di balena, lo Zeuglodon, descritto da Richard Owen appena pochi anni prima.

Il famigerato Hydrarchos di Albert Koch in mostra a New York. Non solo si trattava di un fake, ma  in questa illustrazione anche la grandezza del presunto scheletro è esagerata. Da Fowler (1846): “The American Phrenological Journal and Miscellany”.

Al pari di molti altri naturalisti dell’epoca vittoriana, Lyell nutriva un grande interesse per la presunta esistenza di grandi mostri marini. Un suo buon amico, il geologo canadese John William Dawson, lo informò di un avvistamento nell’agosto 1845 a Merigomish, nel Golfo di San Lorenzo. In quel luogo due testimoni “intelligenti” avevano visto per circa mezz’ora, a una distanza di circa 200 piedi dalla costa, un serpente marino lungo 100 piedi con gobbe sulla schiena e la testa simile a quella di una foca. Secondo Lyell questi incontri stavano diventando frequenti lungo la costa degli Stati Uniti e nelle acque della Norvegia. Un mostro simile era stato avvistato nell’ottobre precedente presso Arisaig, all’estremità orientale della Nuova Scozia e altri avvistamenti erano segnalati in quegli anni nell’Atlantico, dalla Virginia alle Isole Ebridi.


Il primo importante avvistamento di quella serie era avvenuto nell’agosto 1817 nel porto di Gloucester, Massachusetts, al punto che la Società Linneana di Boston istituì una commissione di indagine che lavorò per sette anni. Lyell, che aveva conosciuto coloro che stesero la relazione finale, riporta ciò che i numerosi testimoni dissero: “Il mostro era lungo dagli ottanta ai novanta piedi, con la testa, di colore marrone scuro, che sporgeva di due piedi dall’acqua. Il corpo aveva una trentina di protuberanze (…). Il suo movimento era rapido, più veloce di quello di una balena, capace di coprire un miglio in tre minuti, lasciando una scia dietro di sé. (…) Un abile tiratore gli sparò da una barca e si sentì sicuro di averlo colpito alla testa, ma la creatura si girò verso di lui, poi si tuffò sotto la barca per riapparire un centinaio di iarde dalla parte opposta”.


Lyell fa cenno anche a un ridicolo incidente di cui fu protagonista la stessa Società Linneana, che dal 1817 aveva conservato sotto spirito un giovane “serpente di mare” nel Museo di New Haven. Lyell, tuttavia, avendo visto il campione, concordò con altri scettici che esso non era altro che un serpente terrestre comune nel Massachusetts, un colubro nero, Coluber constrictor, con una spina dorsale deforme.

Nonostante la mancanza di prove, Lyell confessva: “credevo nel serpente marino senza averlo visto”. Il suo interesse per tali esseri era fortemente influenzato dalla sua passione per la geologia.

Frontespizio della prima edizione americana dei Principles of Geology.

Ai tempi di Lyell, l’argomento dell’età e del destino della terra era ancora controverso. La maggior parte dei geologi pensavano a una terra giovane, modellata da improvvise e drammatiche catastrofi, fino alla comparsa dell’uomo (la cosiddetta teoria del catastrofismo). Al contrario, Lyell ipotizzava per il tempo geologico due importanti principi. Il primo, elaborato seguendo il pensiero del conterraneo James Hutton, è noto come uniformitarismo (o attualismo): i processi oggi osservabili sono stati attivi anche nel remoto passato e non c’è bisogno di ricorrere a presunte catastrofi per spiegare i processi di modellamento del pianeta così come oggi appare, ma è più logico pensare che processi lenti e costanti, come l’azione delle precipitazioni, dei mari, dei vulcani e dei terremoti, l’erosione e la deposizione, attivi per migliaia se non milioni di anni diano spiegazioni sulla storia geologica della terra sin dai tempi più antichi. Inoltre, il tempo è, secondo Lyell, organizzato in cicli. Egli paragonava la storia della terra e i cambiamenti climatici occorsi nel passato a una specie di “anno geologico”, con le sue stagioni ricorrenti e ordinate a seconda del movimento ciclico di rivoluzione del pianeta attorno al sole.

Le specie animali e vegetali erano perfettamente adattati a queste “stagioni geologiche”. Quando finiva una di queste, alcune specie animali e vegetali diminuivano in abbondanza, mentre altre fiorivano. Questo schema era reversibile in qualsiasi momento e, come aveva scritto Lyell nei Principi di Geologia, era pertanto possibile che:

“Allora potrebbero ritornare questi generi di animali, di cui si conservano le memorie nelle antiche rocce dei nostri continenti. I grandi iguanodonti potrebbero ricomparire nelle foreste, e l’ittiosauro nel mare, mentre lo pterodattilo volerebbe di nuovo tra i boschetti ombrosi di felci” 

Si sapeva che erano esistiti nel passato i grandi rettili marini (come l’Ittiosauro o il Plesiosauro), ma anche i grandi mammiferi marini (come lo Zeuglodonte). La loro esistenza nel presente avrebbe fornito una prova biologica, e quindi indipendente, alla sua teoria geologica.

Il geologo scozzese era conscio che ciò era considerato improbabile, e che era difficile che i rettili giganti potessero adattarsi ai mari settentrionali, quando anche piccoli rettili come rospi e tritoni diventano più rari o scompaiono alle alte latitudini. Egli poi si dilunga nel descrivere le vicende di un presunto serpente marino spiaggiato sulla costa delle Orcadi nel settembre 1808, che alla fine si rivelò essere un grosso squalo, il cui movimento nei pressi della superficie poteva dare l’impressione di un lungo corpo gobbuto in rapido movimento. 

Ciò nonostante, ritenendo che i serpenti di mare non fossero mai stati catturati vivi in tempi storici in quanto erano rarissimi e pressoché estinti, il presunto aumento della loro popolazione nel corso del XIX secolo (così almeno Lyell poteva spiegare l’aumento di avvistamenti a partire dal 1817) era il risultato del fatto che la storia della terra si stava ripetendo. I grandi rettili preistorici del passato, quasi scomparsi durante l’ultima era glaciale, sarebbero di nuovo comparsi per conquistare il mondo che si stava riscaldando in una sua nuova primavera geologica. 

Lyell non fu il solo geologo a cercare il mitico serpente di mare. Molti naturalisti del tempo consideravano, o spiegavano, questi esseri misteriosi come i sopravvissuti di un mondo antico. Layell tuttavia era consapevole della controversia scientifica sull'argomento. Alla fine non pubblicò nulla di scientifico sui serpenti marini per sostenere la sua teoria geologica, e probabilmente fece bene. 

In un’epoca fortunata in cui i dibattiti scientifici avevano una forte eco sulla stampa, e non mancavano feroci polemiche o satire sugli organi d’informazione, le teorie attualiste di Lyell non mancarono di attirare gli strali dei vignettisti. Uno di questi era Sir Henry Thomas De la Beche (1796-1855), geologo stimato, ma più noto come caricaturista. Una delle sue opere più famose, tuttora riprodotta in molti testi di geologia, fu realizzata nel 1830, lo stesso anno in cui fu pubblicato il primo volume dei Principles of Geology di Lyell. 


Il testo recita: CAMBIAMENTI IMPRESSIONANTI. L’UOMO TROVATO SOLO ALLO STATO FOSSILE – RICOMPARSA DEGLI ITTIOSAURI. Lezione. “Potrete immediatamente notare” continuò il Professor Ittiosauro, “che il teschio di fronte a noi apparteneva a un qualche ordine inferiore di animali; i denti sono insignificanti, la forza delle mascelle debole, e nel complesso sembra sbalorditivo come tale creatura potesse procurarsi il cibo”.

venerdì 14 giugno 2013

Carnevale della matematica n. 62


Benvenuti all'edizione numero 62 del Carnevale della Matematica, dedicato a Matematica e genio.

Qualche parola sul numero dell’edizione costituisce il modo più tradizionale di iniziare la presentazione di questi appuntamenti, al quale non mi sottraggo: 62 si fattorizza 2×31, che sono i suoi unici divisori oltre naturalmente a 1. La somma dei divisori dà 34 < 62, pertanto 62 è un numero difettivo. Essendo il prodotto di due primi, è un numero semiprimo, il diciottesimo della sequenza OEIS A001358. Il suo cubo, 238.328, è l’unico ad avere 3 cifre che si ripetono due volte. Espresso in notazione binaria è 111110, con un numero dispari (odd) di 1, il che ne fa un numero odioso (sequenza OEIS A000069); in notazione esadecimale è 3E. Il nostro 62 è anche un numero nontoziente (il quinto), in quanto non esiste alcun numero intero x che abbia esattamente 62 interi minori e coprimi. In geometria solida, 62 è il numero delle facce di due solidi archimedei, il rombicosidodecaedro e l'icosidodecaedro troncato. In chimica il 62 è il numero atomico del samario, un metallo dei lantanidi. Tra le curiosità, pare che Sigmund Freud avesse una paura irrazionale del 62. Per i tifosi della Juventus, 62 è il numero degli scudetti finora vinti dalla squadra torinese, tanto per loro un numero di scudetti sparato a caso vale un altro.

Il tema suggerito per questa edizione riguarda il rapporto tra matematica e genio. Per trattarlo bisognerebbe innanzitutto stabilire che cos’è il genio e come si manifesti: argomento ostico più che mai, dato che non esiste tuttora una definizione condivisa tra psicologi, filosofi e studiosi della mente in genere, neanche su che cosa sia l'intelligenza Sgombriamo subito il campo da una falsa credenza: il genio non si può misurare indipendentemente dal contesto in cui si manifesta, pertanto correlare genio e IQ è un’operazione pericolosa: esistono persone con IQ elevatissimi che nulla hanno portato al progresso della scienza e, viceversa, molte delle conquiste umane, anche in campo matematico, sono state acquisite da persone normalissime sotto questo punto di vista. L’IQ è poi contestato da chi ritiene, come lo psicologo americano Howard Gardner, che in ogni persona esistano diversi di tipi di intelligenza (e quindi di genialità), di cui l’intelligenza logico-matematica è solo un aspetto.

È innegabile che esistano e siano esistite persone dotate di doti particolari, capaci di aprire strade nuove in uno o svariati campi (in questo caso gli inglesi usano il termine polymath per riferirsi a talenti come Archimede, o Leonardo da Vinci), capaci di vedere collegamenti, similitudini, strutture nascoste, dove gli altri non riescono. Questa loro “seconda vista” li ha spesso circondati di un’aura leggendaria, di cui una componente è assai spesso la loro presunta asocialità, se non addirittura una sindrome mentale (nel linguaggio del mito la dote particolare di un eroe è quasi sempre bilanciata da una tara, da un difetto). Così nasce il cliché dello scienziato, e in particolare del matematico, socialmente bizzarro, spesso solitario, persino folle. Le biografie di alcuni grandi matematici e logici, pensiamo ad esempio a Galois, Cantor, Ramanujan, Goedel, John Nash, Perel’man sembrano confermare questa diffusa opinione. Ebbene, si tratta di un’opinione fallace, perché si possono citare i casi assai più numerosi di matematici geniali perfettamente integrati nella loro società e nel loro tempo, come, ad esempio, Fermat, Eulero, Gauss, Riemann, ecc., alcuni capaci persino di lottare in prima persona contro ingiustizie e pregiudizi sociali, come le meravigliose figure di donne matematiche quali Sofia Kowalewskaja e Emmy Noether.

Un matematico può sperimentare, per dirla in modo banale, il suo “quarto d’ora di genialità”, quella sensazione descritta in un famoso e citatissimo brano del bourbakista André Weil:

“Ogni matematico degno di questo nome ha provato, anche se solo qualche volta, lo stato di lucida esaltazione nel quale un pensiero succede a un altro come per miracolo… Contrariamente al piacere sessuale, questa sensazione può durare per diverse ore, o persino diversi giorni.”.

Non occorre essere dei geni per tutta la vita, basta esserlo una volta sola. Ma è proprio necessario essere dei geni per fare matematica?

Terence Tao, in un articolo comparso sul suo blog nel 2006, tradotto in italiano da MaddMaths nel 2011, è convinto di no. L’articolo del matematico sino-australiano è al proposito chiarissimo sin dall'inizio:

“La risposta è un NO enfatico. Per dare dei contributi buoni ed utili alla matematica, si deve lavorare duramente, conoscere bene un settore, conoscere altri settori e altri strumenti, fare domande, parlare con altri matematici e pensare al "quadro d'insieme". E sì, sono anche richieste una ragionevole quantità di intelligenza, pazienza e maturità . Ma non serve una qualche sorta di magico "gene del genio" che spontaneamente generi ex nihilo profonde intuizioni, soluzioni inaspettate ai problemi, o altre abilità soprannaturali”.

Tao mette in guardia dall'immagine romantica di una matematica i cui progressi sarebbero legati “alla mistica ispirazione di una rara stirpe di persone geniali”, perché questo “culto del genio” porta con sé il pericolo di frustrazioni e grandi errori:

“Lo sforzo di provare a comportarsi in questo modo impossibile può portare alcune persone a diventare troppo ossessionate con i "grandi problemi" e le "grandi teorie", altri a perdere quel sano scetticismo nel proprio lavoro o nei loro strumenti, e altri ancora a diventare troppo scoraggiati per continuare a fare matematica. Inoltre, attribuire il successo al talento innato (che è al di là del proprio controllo) piuttosto che ai propri sforzi, alla pianificazione, all'istruzione (che invece sono in qualche modo controllabili) può portare ad altri problemi ancora”.

Esistono certamente persone dotate di maggior talento matematico, ma ciò non implica che essi siano gli unici degni di “accedere all’Accademia”, né che solo i “grandi problemi” siano degni di essere affrontati. Il consiglio di Tao è che il campo della matematica è così vasto che esisteranno sempre delle parti in cui sarà necessario un contributo, magari utile per fare pratica prima di affrontare i problemi più difficili e affascinanti, per capire che bisogna lavorare seriamente, fare e farsi domande, allargare il proprio orizzonte: “Il talento è importante, certamente; ma come uno lo sviluppa e lo nutre lo è ancora di più”.

Da un punto di osservazione diverso, anche un altro valente matematico, Cédric Villani, conferma, raccontando la nascita di un’impresa matematica ne Il teorema vivente, che essa nasce attraverso difficoltà, entusiasmi, delusioni, incontri, problemi quotidiani, notti insonni, improvvise intuizioni, e un continuo lavoro di collaborazione fino al risultato finale. Lo stesso Villani, in un’intervista concessa a Le Monde, è convinto che “bisogna adoperarsi per suscitare un numero sufficiente di vocazioni tra i giovani in un momento in cui non viene naturale pensare a una carriera da matematico, o più in generale da scienziato, come a una professione che possa far sognare. Eppure è così! Si tratta di una professione una cui gran parte è avventura. Con poche eccezioni non è un mezzo per fare fortuna ma è un lavoro che offre un’eccellente combinazione di stimoli e di valorizzazione intellettuale. Si tratta di un buon lavoro utile per l’individuo e per la società”

Insomma, il genio in matematica esiste, ma, soprattutto oggi, è meno importante di doti a torto considerate più banali come lo studio, la pazienza, la costanza, la collaborazione, la capacità di imparare dagli errori propri e degli altri. Per dirla con un ossimoro: in matematica il genio è indispensabile, ma non influente.

A questo punta una piccola pausa, naturalmente con The Genius:



Eccoci alla presentazione dei contributi, che sono illustrati per blog di provenienza. Il lettore riconoscerà quelli in tema tramite un asterisco.

Incomincio segnalando i contributi di un nuovo membro della nostra comunità di divulgatori della matematica e matematti: Martino Sorbaro, uno studente di fisica che ha appena inaugurato il blog Termu’eske. Martino, che secondo me promette bene, ci presenta, in Matematica dis...umana (*), un esperimento del matematico inglese Timothy Gowers, basato su un utilizzo innovativo dell’intelligenza artificiale applicata alla dimostrazione dei teoremi. In realtà la novità consiste in una più sofisticata conoscenza linguistica...
Le reti, i nodi, le connessioni, i grafi sono invece l’argomento di Reti parte 1 - degree distribution, un articolo introduttivo su affascinanti e onnipresenti oggetti matematici che sono un buon viatico per avvicinarsi ai concetti di complessità ed emergenza.

Certamente in tema è il contributo che giunge dal blog Scienza e Musica curato da Leonardo Petrillo. Il protagonista dell’articolo è il "padre dell'analisi moderna", insigne figura di teorico e di insegnante. In Un genio della matematica e dell’insegnamento: Karl Weierstrass (*), Leonardo ripercorre l’eccezionale biografia e la carriera anomala di questo grande matematico, soffermandosi sui suoi principali contributi alla disciplina, come il teorema di Bolzano-Weierstrass, che viene dimostrato in modo semplice e chiaro, e la cosiddetta funzione di Weierstrass.

Spartaco Mencaroni sul blog Il coniglio mannaro pubblica brevi racconti che spesso sono ispirati dalle scienze e dalla matematica. Questa volta, il protagonista de Il paradosso del "rettibondo" (*) è un gabbiano (che si chiami Jonathan?) vittima di un’ossessione: volare percorrendo sempre la distanza più breve tra due punti, costi quel che costi. Genio o tragica hybris?

L’amico Roberto Zanasi, su Gli studenti di oggi, pubblica un articolo intitolato Breve storia del Nobel per la chimica 2011 in quattro punti, con una meravigliosa dimostrazione senza parole animata. Lo Zar sostiene che non ci sia bisogno di altre spiegazioni, e il vostro curatore allora tace, anche se avrebbe voglia almeno di sottolineare questo fantastico esempio di correlazione tra matematica e scienze della materia.

Annarita Ruberto, sempre brava, sempre sul pezzo, segnala tre articoli da Matem@ticamente. Il primo, Congettura dei numeri primi gemelli: svolta verso la sua comprensione, riguarda la recentissima notizia della svolta impressa dal matematico sino-americano Yitang Zhang alla ricerca di conferme alla congettura dei numeri primi gemelli. Utilizzando metodi standard, Zhang è riuscito a dimostrare che ci sono infinite coppie di numeri primi distanti l'uno dall'altro meno di 70 milioni, una distanza che secondo il ricercatore può essere ulteriormente ridotta: siamo lontani dal 2 che dimostrerebbe la congettura, ma il lavoro di Zhang prova che c'è un limite alla distanza tra due numeri primi all'interno dell'infinità dei numeri primi (e la collaborazione mondiale subito avviata dopo la metà di aprile, data di comunicazione del risultato, ha già ridotto il valore di un paio di ordini di grandezza). 
Il secondo link al blog di Annarita porta a un procedimento facile e simpatico per ottenere da una poligonale casuale... un'ellisse: Dalla poligonale random all’ellisse
L’ultimo articolo, Area totale e volume del cilindro in movimento, è una bella animazione didattica realizzata dalla nostra amica con GeoGebra.

Su Gravità Zero, Walter Caputo ci fa conoscere un intrigante problema che ha trovato in un recente libro di Giorgio Parisi che tratta in maniera divulgativa i sistemi complessi. Esso riguarda i comportamenti collettivi e, giustamente, ha coinvolto diverse persone e diversi pareri per avvicinare la soluzione: Provate a stabilire se la pasta è di grano duro

Rudi Matematici: devo aggiungere altro? Il loro primo articolo per questo Carnevale celebra il compleanno di una delle menti più raffinate e poliedriche del Novecento: Bertrand Russell: logico, matematico, militante e teorico pacifista, filosofo, premio Nobel per la Letteratura e cento altre cose diverse (tra le quali coraggioso propagandista del pensiero critico): 18 Maggio 1892 – Buon Compleanno, Bertrand! (*), un articolo talmente completo che gli si può perdonare il titolo sbagliato, perché Russell è nato, come è anche scritto correttamente nel testo, 20 anni prima. Sarà la nemesi. 
Il secondo contributo riguarda le possibili disposizioni delle tessere del domino per soddisfare determinate condizioni di partenza: Il domino secondo Lucas, ovvero come complicarsi la vita e vivere felici. 
Segue poi la soluzione del problema mensile pubblicato su Le Scienze cartaceo, Il problema di Maggio (537) – Uomini e donne a caso, che consisteva nel trovare una sequenza non banale per disporre una collezione di busti di matematici, alternando uomini e donne in modo che non si presentino mai tre sotto-sequenze ripetute. Su queste basi, si doveva trovare una regola che permette di costruire la serie più lunga possibile, e calcolarne la lunghezza. 
Il caso vuole poi che tra il 14 di un mese e quello del successivo cada più di un genetliaco importante. I Rudi perciò tributano, con 9 Giugno 1885 – Buon compleanno John! (*), un piccolo ricordo a John Edensor Littlewood (che assomiglia a Ollio), già celebrato a Febbraio insieme al compleanno di Godfrey Harold Hardy (ovviamente Stanlio). 
Nel segnalare, come d’uso e di dovere, l’uscita del nuovo numero, il 173, della rivista talmente famosa che si può anche non dire come si chiama tanto tutti avete già capito, concludo la rassegna rudiana con un articolo fresco fresco, essendo comparso l’altro ieri: Ciò di cui la Nazione ha bisogno…, dove si parla di Algoritmo del goloso e del Problema del conio ottimale. A proposito, avete da cambiare una moneta da 1.33 Euro?

Saluto con piacere il ritorno di Gianluigi Filippelli, che contribuisce al Carnevale con tre articoli. Pacuvio e l'incredibile mondo di Lewis Carroll, scritto all'interno dello speciale che Lo Spazio Bianco ha dedicato a Topolino 3000, esamina gli aspetti carrolliani nel personaggio di Pacuvio, un coniglio matto ideato da Fabio Michelini e Luciano Gatto.
Da Dropsea arriva invece Calcolo di un volume, che è un semplice calcolo integrale, un esercizio tratto da un esame di stato proposto alla classe quinta che Gianluigi ha avuto quest'anno, con una dimostrazione un po' più convincente di quella proposta dalle soluzioni che si trovano in giro. 
Sempre da Dropsea, Agenzia investigativa olistica è la recensione dell'omonimo romanzo di Douglas Adams, con la parte matematica tutta concentrata in una nota a pie' pagina dedicata alla musica frattale.

Gli articoli di .mau. sono sempre molti e di grande qualità. Lascio a lui le presentazioni, sintetiche ed efficaci. Sul Post
- Numeri primi cuGGini: c'è una certa qual differenza tra 2 e 70 milioni... ma per un matematico ce n'è sicuramente molto meno che tra 2 e infinito; 
- 325 anni, non uno di meno: somiglianze e differenze tra due sentenze per il terremoto dell'Aquila;
- Matematica per analogie: Non è che i matematici predichino bene e razzolino male: il punto è che loro sono inconsciamente abituati a distinguere la scoperta di una proprietà dalla sua dimostrazione, ma si dimenticano di mostrare il momento della scoperta; 
- Parole matematiche: push the envelope: un'espressione americana con una storia matematica. 
Sempre sul Post, le Pillole
- No, ne bastano tre: risolta la Congettura Debole di Goldbach; 
- Dizionario dei numeri: un'add-on Chrome per avere un'idea di numeri all'interno di un articolo; 
- Matematica collaborativa: dopo che Zhang Yitang ha fatto un passo fondamentale per avvicinarsi alla congettura dei primi gemelli, i matematici si sono messi a collaborare per migliorare il risultato. 
Sulle Notiziole, lato quizzini della domenica
- Un po' d'algebra: dimostrate la proprietà algebrica; 
- Multipli: o se preferite, "un numero divisibile a fette";
- Alfa e Omega: quizzino di logica. 
Sempre sulle Notiziole, lato recensioni librarie
- Surfaces and Essences (*). Douglas Hofstadter, anche se più che altro filosofico; 
- Order and Surprise: Martin Gardner, anche se più che altro recensore di libri non matematici;
- Numbers Rule: l'aritmetica delle elezioni, semplice a vedersi ma complicata in pratica.  
Dulcis in fundo, le slide del seminario sull'Informatica dilettevole e curiosa tenuto da .mau. alla Facoltà di Informatica di Milano, il 29 maggio scorso.

Su Con le mele | e con le pere, “il blog che conta! (e che misura)”, troverete i seguenti articoli segnalati dal suo curatore, Juan Manuel Morales
Arepas: un problemino di geometria che fa da contorno ad un tipico piatto della comida venezolana, le tonde arepas, frittelle di farina di mais che, viste in foto, sembrano particolarmente invitanti. E stuzzicano anche l’appetito matematico... 
CCCCC: nello sperduto e arcano Palazzo della Misura, c'è il tempo che passa, e la sabbia, e le scacchiere, e le palle che rimbalzano, e i saggi, e un po' da contare. E le Camere Con Comunione Cardinale Centrale...
Due articoli costituiscono poi un percorso guidato all'esplorazione di una famiglia particolare di terne pitagoriche, dove i lati hanno differenza data. Vari gli approcci usati:, Il quadrato di 61 e Il quadrato di 61, seconda parte
Stringhe e stuoie: un legame ideale tra la Puerta del Sol di Madrid e il Sol Levante, tra stringhe che si intrecciano e stuoie che si dispiegano, e l’esercizio di calcolo combinatorio che ne segue. 
Infine Mazzocchiate, perché Casa Conlemele è forse la casa italiana dove più si parla di mazzocchi e affini! Nello specifico, gli affini sono due cubi siamesi e il loro collare: si può risolvere il problema, si possono stampare i pdf e costruire i modelli con la carta, o si possono semplicemente guardare le figure. Tutto in un solo post!


Eccoci arrivati ai contributi di MaddMaths. Il primo mi riguarda direttamente, perché si tratta del video integrale di "Maddmaths! racconta” n. 4, in cui Kees Popinga e il matematico e grande palindromista Marco Buratti hanno parlato delle Regole: ELOGEREMMO SOLO SOMME REGOLE, dal bellissimo titolo palindromico. Si trattava del quarto appuntamento della serie, tenutosi il 15 maggio scorso presso la libreria asSAGGI di Roma. Dopo un acceso dibattito interiore, ho alla fine deciso di non contrassegnare questa segnalazione con un asterisco.
L’episodio conclusivo della serie di “Maddmaths! racconta”, il n. 5, ha avuto come protagonisti la scrittrice Chiara Valerio e il matematico Roberto Natalini sul tema Contare, sempre presso la libreria asSAGGI di Roma, il 29 maggio: Maddmaths! racconta #5 - Chiara Valerio e Roberto Natalini: contare.
Sabato 18 maggio, al Salone del libro di Torino, Cédric Villani è stato intervistato da Piergiorgio Odifreddi. I due hanno parlato tra l'altro del libro Teorema Vivente. L’inviato di MaddMaths, nascosto tra il pubblico, ha scattato qualche foto: Cédric Villani al Salone del libro di Torino (*). L’articolo comprende anche l'intervista che Cédric ha concesso a Repubblica.
Segue l’Audio-recensione di "Un Genio nello Scantinato" di Alexander Masters (*): a Radio3 Scienza dell'11 giugno 2013. Roberto Natalini ci accompagna alla scoperta di una biografia singolare, quella del matematico Simon Norton, realizzata per parole ed immagini dall’illustratore e scrittore Alexander Masters. Al microfono Rossella Panarese.
Olimpiadi di Matematica 2013: in diretta da Cesenatico la Finale nazionale gare a squadre è l’avvincente cronaca testuale della fase finale delle Olimpiadi della Matematica, tenutasi a Cesenatico lo scorso 11 maggio. Coordinato da Luigi Amedeo Bianchi, questo bellissimo esperimento, che ha ricordato il fascino delle grandi trasmissioni calcistiche, ha aggiornato i lettori di MaddMaths minuto dopo minuto, per quasi tre ore. La gara è stata vinta dalla squadra del Copernico di Brescia, ma l’intera manifestazione e i suoi organizzatori hanno vinto anche loro.
Le segnalazioni di MaddMaths si concludono con Considera i numeri primi, un articolo di Roberto Natalini. Giova riportare la presentazione: “I numeri primi sono sexy, hanno un grande fascino universale, a prima vista inesplicabile e sono fortemente sospettati di dare dipendenza. Il motivo principale per cui creano questo interesse potrebbe anche essere semplicemente dovuto al fatto che, a differenza della quasi totalità dei tanti problemi matematici ancora irrisolti, i misteri ad essi legati possono in molti casi essere enunciati in termini comprensibili ai comuni mortali. Nelle ultime settimane l'annuncio di risultati importanti su due problemi diversi che li riguardano hanno attirato ancora una volta su di loro l'attenzione generale”.

Tre sono le segnalazioni di Paolo Alessandrini riguardanti Mr. Palomar. Certamente in tema è Eulero superstar (*), che, nel discutere del rapporto tra matematica e bellezza, riporta i dati un sondaggio secondo il quale 3 delle 5 formule considerate più belle siano dovute al grande matematico svizzero. Senza dubbio il primo posto va assegnato alla sua identità, la quale, mettendo in relazione tutte assieme le principali costanti matematiche con l’1 e con lo 0, possiede un’eleganza che poche opere in altri campi del sapere possono eguagliare. 
Paolo contribuisce al Carnevale anche con un’ulteriore aggiunta alla sua rubrica delle parole informatiche: Parole informatiche: robot, in cui viene tratteggiata la storia di questa parola di origine slava, dalla letteratura a quella importante branca dell’ingegneria che prende il nome di robotica, per finire alle tecnologie informatiche, dove indica particolari programmi che accedono al web, in maniera simile a come farebbe un utente umano, per assolvere a funzioni svariate in modo automatico. 
L’ultimo articolo da Mr. Palomar, I quadrati magici (Parte 2), si occupa di particolari oggetti chiamati quadrati diabolici, cubi magici, cubi diabolici e cubi magici perfetti. in un crescendo di proprietà conturbanti... Ricordate che sarà proprio Mr. Palomar che ospiterà la prossima edizione del Carnevale il 14 luglio, con il tema “Le parole sono importanti”.

E Popinga? Che cosa ha prodotto di matematico il vostro ospite in questo mese? Non molto. A parte la puntata a Roma di cui hanno dato conto gli amici di MaddMaths, vi segnalo Qualche haiku vagamente matematico e, a proposito di genio e dabbenaggine, George Boole vittima del pensiero omeopatico? (*), in cui racconto la miserevole fine di un grande della matematica e della logica, a soli 49 anni, a causa del metodo sciocco e disgraziato utilizzato dalla moglie per curargli un raffreddore.

Dovrei a questo punto salutare i miei lettori, ringraziandoli per l’attenzione, e dare appuntamento al prossimo Carnevale, lasciando il testimone a Paolo Alessandrini e al suo Mr. Palomar. Mi giunge tuttavia in extremis la segnalazione da parte di Emanuela Zerbinatti di aver appena pubblicato su Arte e Salute l’articolo Mozart e il “pallino” per i numeri: genio o malattia?, che è adattissimo a far da contrappunto e integrazione della mia introduzione sul tema di questa edizione. Che cosa nasconde l'ossessione del grande musicista per la numerologia? Codici massonici? Oppure una manifestazione patologica del suo genio? 
Non potevo chiedere di meglio per concludere questa mia presentazione.

Le immagini che corredano questa edizione sono opere di Joseph Turner (1775-1851).

giovedì 6 giugno 2013

George Boole vittima del pensiero omeopatico?

Il matematico, filosofo e logico George Boole morì l’8 dicembre 1864 a soli 49 anni, a causa di una polmonite contratta in seguito a un banale raffreddore non curato. Ciò che molti non sanno è che egli fu assai probabilmente ucciso dall'omeopatia, o almeno da una sua interpretazione eccessivamente letterale. 

Nel 1849 Boole, matematico autodidatta e insegnante, che già era diventato famoso per uno studio sui metodi algebrici per la risoluzione di equazioni differenziali (grazie al quale aveva ottenuto una medaglia della Royal Society), ottenne la nomina alla cattedra di matematica al Queen's College di Cork, in Irlanda. In questa sede egli insegnò per il resto della sua vita. A Cork, l’anno successivo, il futuro caposcuola della logica algebrica conobbe Mary Everest, che era la nipote del Colonnello George Everest, il Topografo Generale dell’India da cui il monte più alto del mondo prese poi il nome. A partire dal 1852, George Boole divenne l’insegnante privato di matematica di Mary e, quando il padre di lei morì nel 1855 senza lasciarle alcun mezzo di sostentamento, Boole le propose di sposarlo. La cerimonia ebbe luogo l’11 settembre 1855. Nonostante una grande differenza d’età (lei aveva 17 anni di meno), si trattò di un matrimonio felice, dal quale nacquero cinque figlie, una delle quali, Alicia, più tardi maritata Stott, nata nel 1860, sarebbe diventata una valente matematica, esperta nella geometria dimensionale (fu lei a coniare il termine politopo).

Mary Everest Boole era una donna intelligente, che sopravvisse al marito per 52 anni, durante i quali fu divulgatrice delle idee e delle scoperte di George, con una libertà di spirito e concezioni pedagogiche che l’hanno resa a suo modo un’icona del femminismo. Ella, tuttavia ebbe una grande responsabilità proprio nella sua morte. Vediamo come andarono i fatti, secondo il resoconto che ne diede Alexander Macfarlane in Lectures on Ten British Mathematicians of the Nineteenth Century (New York, 1916): 

“One day in 1864 he walked from his residence to the College, a distance of two miles, in the drenching rain, and lectured in wet clothes. The result was a feverish cold which soon fell upon his lungs and terminated his career (...) 

“Un giorno del 1864 egli percorse a piedi le due miglia dalla sua residenza al College sotto un violento acquazzone, e fece lezione con gli abiti bagnati. La conseguenza fu un’infreddatura con febbre, che ben presto si trasformò in una polmonite e pose fine alla sua carriera (…)”

Purtroppo per lui, il padre di Mary era stato un fervente seguace delle teorie mediche di Samuel Hahnemann, il fondatore dell’omeopatia, e gli Everest avevano vissuto per anni nella residenza parigina del medico tedesco in rue de Milan, dove anche la futura signora Boole era diventata una discepola delle sue idee eterodosse. 

Mary Boole, affascinata dal principio dei simili, cardine del pensiero omeopatico, e cioè che similia similibus curantur (i simili si curano con i simili), pensò, forse su consiglio di un medico ciarlatano, che il freddo era la miglior cura per un raffreddore e che bisognava esporre George alle stesse condizioni che lo avevano fatto ammalare. Lo mise a letto e gli gettò addosso alcuni secchi d’acqua fredda. Per la donna questo trattamento, che oggi giudicheremmo crudele e avventato, era perfettamente logico. Per diversi giorni Boole rimase a letto mentre Mary bagnava le lenzuola. Il matematico, che i biografi descrivono come geniale ma assai ingenuo, lasciò fare, si ammalò di polmonite e morì. Vano fu il tentativo di un medico, il professor Bullen, chiamato troppo tardi al suo capezzale, di curarlo con metodi tradizionali. Il certificato di morte indicò la causa del decesso in una pleuro-polmonite e stabilì che la durata della malattia era stata di 17-19 giorni. 

Che queste vicende non siano voci o leggende popolari è testimoniato da diverse fonti, tra le quali una significativa lettera scritta dalla figlia più piccola, Ethel sposata Voynich, che diventò una grande intellettuale e scrittrice apprezzata. Ethel non nasconde di attribuire alla madre la colpa della morte del padre: 

“… My sister Mary Hinton, who had a friendship with her, and who collected various anecdotes about the family, told me that, in Aunt Mary Ann’s view at least, the cause of father’s early death was believed to have been the Missus’ belief in a certain crank doctor who advocated cold water cures for everything. Someone – I can’t remember who – is reported to have come in and found Father “ shivering between wet sheets”. Now for myself, I am inclined to believe that this may have happened. The Everests do seem to have been a family of cranks and followers of cranks. The Missus’ father apparently adored Mesmer and Hahnemann and the Missus herself ran theories to death.” 

“(…) Mia sorella Mary Hinton, che fu sua amica, e che raccolse diversi aneddoti sulla famiglia, mi disse che, almeno secondo Mary Ann [la sorella di Boole], la causa della morte prematura di papà fu ritenuta la fede della Signora [Mary Everest Boole] in un certo bizzarro dottore che prescriveva cure con acqua fredda per ogni cosa. Qualcuno, non sono in grado di ricordare chi, pare che sia entrato in casa e abbia trovato il papà “che tremava tra lenzuola bagnate”. Ora, per quanto mi riguarda, sono incline a credere che ciò possa essere accaduto. Gli Everest sembra proprio che fossero una famiglia di gente eccentrica, che seguiva degli eccentrici. Il padre della Signora a quanto pare adorava Mesmer e Hahnemann e la stessa Signora seguì le teorie fino alla morte”. 

Di sicuro Hahnemann non avrebbe mai “curato” Boole con il metodo sciocco e disgraziato utilizzato dalla moglie Mary. Il principio dei simili riguarda i principi attivi, i rimedi, che il medico deve utilizzare per produrre una malattia artificiale simile a quella reale, che ad essa si sostituisce per poi scomparire. Le dosi da utilizzare devono essere ridotte al minimo indispensabile, in modo da minimizzare o annullare gli effetti sfavorevoli. Questi rimedi sono somministrati in dosi infinitesimali e opportunamente “dinamizzati”, al punto che è difficile trovarne traccia nella soluzione acquosa o nello zucchero. L’omeopatia fu la causa della morte di Boole solo perché interpretata in modo aberrante. Utilizzata correttamente, essa semplicemente non avrebbe avuto alcun effetto.