martedì 26 aprile 2022

Steinach: sogni e realtà di un pioniere dell’endocrinologia

 


Sebbene oggi in gran parte dimenticato, Eugen Steinach (1861-1944), direttore della Sezione Fisiologica dell'Istituto di Biologia Sperimentale di Vienna, fu in prima linea nella ricerca endocrina negli anni '20. I libri di testo e le riviste mediche contemporanei dedicavano molte pagine ai suoi esperimenti sulle ghiandole sessuali e i giornali erano pieni di resoconti e pettegolezzi sulle operazioni di Steinach eseguite su milionari anziani nella speranza di ringiovanirli. Questi controversi interventi clinici erano radicati nei suoi studi sperimentali sullo sviluppo sessuale. Quando Steinach progettò (senza successo) di visitare l'America agli inizi del 1922, il New York Times espresse il diffuso fascino in un titolo memorabile: "Dr. Steinach Coming to Make Old Young" (Arriva il dottor Steinach per far giovani i vecchi). Il suo stesso nome divenne un verbo: le persone non facevano semplicemente l'operazione Steinach, erano "Steinached"

I suoi studi innovativi (e scientificamente controversi) stabilirono che lo sviluppo maschile o femminile dipendeva quasi interamente dalle ghiandole sessuali e dalle loro secrezioni interne. Ciò mostrava, come affermò Steinach, che il sesso, nonostante sia determinato da fattori genetici, può sempre essere modificato nelle sue caratteristiche manipolando le ghiandole sessuali. Questo sogno di controllare le caratteristiche sessuali e il comportamento portò Steinach dal laboratorio alla clinica. Era convinto che l'omosessualità umana fosse dovuta alla differenziazione incompleta delle gonadi, credendo che l'omosessuale maschio probabilmente possedeva testicoli che secernono sostanze femminilizzanti. Così introdusse un "trattamento" per i maschi omosessuali in cui un testicolo era rimosso e sostituito con un testicolo di un donatore eterosessuale. Non sorprende che l’intervento si sia rivelato inefficace, ma dimostra chiaramente come le scienze della vita muovessero ancora passi incerti, tra entusiasmi e delusioni. Ancora più deludente, e fisiologicamente complicata, era la cura dell'omosessualità femminile.

Steinach era nato nel Voralberg austriaco da una famiglia ebrea benestante, di tradizione medica: suo padre e suo nonno erano entrambi medici. Divenne direttore dell'Istituto biologico dell'Accademia delle scienze di Vienna nel 1912, anno in cui condusse esperimenti sul trapianto di testicoli di cavia maschio in una femmina e sulla castrazione del maschio. La secrezione dei testicoli, ora nota come testosterone, portò la cavia femmina a sviluppare comportamenti sessuali maschili, come montare il partner. Ciò indusse Steinach a teorizzare che le secrezioni della ghiandola fossero responsabili della sessualità.

Steinach divenne famoso soprattutto quando sviluppò l'operazione di Steinach, o "vasoligatura di Steinach", i cui obiettivi erano ridurre la fatica e le conseguenze dell'invecchiamento e aumentare il vigore generale e la potenza sessuale nei maschi. Consisteva in una vasectomia semi-unilaterale, che, secondo Steinach, avrebbe spostato l'equilibrio dalla produzione di spermatozoi verso l'aumento della produzione di ormoni nel testicolo così isolato. 


Anche Sigmund Freud si sottopose al trattamento di Steinach. Il padre della psicanalisi soffriva di un tumore benigno della mascella destra (dovuto al tabagismo) diagnosticato nel 1923, per il quale subì un primo intervento di escissione il 20 aprile 1923 seguito da radioterapia e molto altro per curare le recidive. Probabilmente in preda alla disperazione, nello stesso anno decise di sottoporsi alla vasectomia. Freud conosceva le teorie del connazionale Steinach attraverso le pubblicazioni scientifiche, compreso il suo libro sulla “cura dell'omosessualità” ; egli pensava persino che in questo campo i metodi biologici fossero più affidabili rispetto alla psicoanalisi. Poiché il cancro era considerato una malattia della vecchiaia, secondo Freud il ringiovanimento indotto dalla vasectomia sembrava essere utile (e potenzialmente efficace) nel trattamento del cancro. 

La pratica fu in seguito abbandonata, ma anche all'apice della sua popolarità c'erano medici scettici come Morris Fishbein, che era editor del Journal of the American Medical Association e che nel 1927 paragonò le cure di ringiovanimento alla ricerca dell'oro: una volta che il grido di "oro oro” era stato ripreso dagli entusiasti di Steinach, attori famosi, medici e finanzieri facevano l’operazione (un piccolo intervento che durava circa venti minuti). I giornali riportavano la loro soddisfazione e ci fu un'ulteriore corsa di candidati. 

All'età di 69 anni, il poeta William Butler Yeats si sottopose all'operazione di Steinach il 6 aprile 1934. "Ha fatto rivivere il mio potere creativo", scrisse Yeats nel 1937. “Ha fatto rivivere anche il desiderio sessuale; e questo con ogni probabilità mi durerà fino alla morte.” Non fu solo la sua libido a essere stimolata dall'operazione, ma anche la sua arte: Yeats disse di aver avuto un'esplosione di poesia lirica e una "seconda pubertà" dopo essere stato operato. 

Steinach ricevette tre candidature al Premio Nobel per la Medicina dal 1921 al 1938, ma non lo ottenne mai. Morì il 14 maggio 1944, durante l'esilio in Svizzera per sfuggire alle persecuzioni naziste. Harry Benjamin, il suo principale sostenitore americano, in un necrologio per il suo collega del giugno 1944, attribuì la malinconia dei suoi ultimi anni al suo esilio a Zurigo e alle "critiche ingiuste" alle sue pratiche di ringiovanimento. Sottolineò inoltre come i suoi studi avessero dato un "enorme impulso" perché i biochimici si occupassero di tutte le ghiandole endocrine. 

Steinach lavorò anche con il sessuologo Magnus Hirschfeld allo sviluppo di quella che sarebbe poi diventata la chirurgia transgender. Il ruolo sperimentale di Steinach nell'identificare la relazione tra gli ormoni sessuali (estrogeni e testosterone) e gli identificatori fisici umani ha avuto importanti conseguenze per la chirurgia di riassegnazione del genere e la terapia ormonale sostitutiva. In effetti questa scienza era allora agli inizi a Vienna e si sviluppò in circa un ventennio con sperimentazioni incomplete, prima che due membri dell'Institut für Sexualwissenschaft di Hirschfeld (Ludwig Levy-Lenz e Felix Abraham) realizzassero il primo intervento completo chirurgia di riassegnazione del genere femminile su un soggetto tedesco, Dora Richter (nato Rudolph Richter) nel 1931. 

[Così ho dato il mio contributo alla diffusione del “gender”]

lunedì 4 aprile 2022

Storia del geometra (di Jan Potocki)

 


Mi chiamo Don Pedro Velasquez. Discendo dall'illustre casata dei marchesi di Velasquez, che, dall'invenzione della polvere da sparo in poi, hanno tutti servito nell'artiglieria, e hanno dato alla Spagna i migliori ufficiali che ha avuto in quest'arma. (...) 

Quando il debole individuo che sono vide la luce del giorno, mio ​​padre [Enrique] mi prese tra le sue braccia e, alzando gli occhi al cielo, disse questa preghiera: “O potenza incommensurabile che ha l'immensità per suo esponente! Ultimo termine di tutte le progressioni divergenti, oh! mio Dio, ecco un altro essere senziente che hai lanciato nello spazio. Se deve essere miserabile come lo è suo padre, possa la tua bontà segnarlo con il segno della sottrazione”. Dopo questa preghiera mio padre mi strinse al cuore e disse: “No, povero figlio mio, non sarai infelice come me. Giuro sul santo nome degli dèi che non ti insegnerò mai la matematica, ma conoscerai la Sarabanda, il balletto di Luigi XIV e tutte le futilità che verranno a mia conoscenza”. Poi mio padre mi bagnò con le sue lacrime e mi restituì alla levatrice. Ma vi prego di prestare attenzione alla stranezza del mio destino. Mio padre giurò che mai mi avrebbe insegnato la matematica e di darmi una conoscenza approfondita della Sarabanda. Beh, è il contrario che succede, perché mi capita di avere una grande conoscenza delle scienze esatte, e non ho mai potuto imparare non dico la Sarabanda, che non è più di moda, ma nessun altro ballo. In verità, vedendo danzare le contredanses inglesi, ne trovai due le cui figure potevano essere rappresentate da formule, ma non riuscivo a ballarle io stesso. (...) 

Trascorsero quindici anni, senza che nulla turbasse l'uniformità della nostra vita, che tuttavia era molto varia per mio padre e per me, per le nuove conoscenze di cui ci arricchivamo ogni giorno. Mio padre aveva persino abbandonato con me la sua vecchia riserva. In effetti, non mi aveva insegnato la matematica. Al contrario, aveva fatto tutto il possibile per assicurarsi che conoscessi solo la Sarabanda. Perciò non aveva nulla da rimproverarsi e si arrese senza rimorsi a chiacchierare con me su tutto ciò che aveva a che fare con le scienze esatte. Conversazioni di tal sorta avevano sempre l'effetto di ravvivare il mio zelo e di raddoppiare la mia applicazione. 

Nulla sarebbe mancato alla mia felicità, se avessi avuto ancora mia madre, L'anno scorso una violenta malattia l'ha sottratta alla nostra tenerezza. Mio padre prese poi in casa una sorella della sua defunta moglie, di nome Donna Antonia de Poneras, di vent'anni e rimasta vedova sei mesi fa. 

Questa giovane e graziosa zia s’impossessò quindi dell'appartamento di mia madre, e della gestione della nostra casa, che svolgeva discretamente bene. Soprattutto, aveva molte attenzioni per me. Veniva nella mia stanza venti volte al giorno, mi chiedeva se volevo cioccolato, limonata o simili. 

Queste visite spesso mi erano molto sgradevoli, perché interrompevano i miei calcoli. Quando per caso Donna Antonia non veniva, prendeva il posto la sua cameriera. Era una ragazza della stessa età della sua padrona e dello stesso umore. Il suo nome era Marica. Tuttavia, non sono sempre stato il loro piccione. Avevo preso l'abitudine di sostituire i miei valori non appena una delle due donne entrava nella mia stanza, e riprendevo i miei calcoli non appena se n’era andata. 

Un giorno, mentre stavo cercando un logaritmo, Antonia entrò nella mia stanza e si sedette su una poltrona accanto al mio tavolo. Poi si lamentò del caldo. Si tolse il fazzoletto che aveva sui seni, lo ripiegò e lo mise sullo schienale della poltrona. A giudicare da tutti questi accorgimenti, sarebbe stata una lunga seduta. Interruppi il mio calcolo, chiusi le tavole, e cominciai a fare delle riflessioni sulla natura dei logaritmi e sull'estrema fatica che la preparazione delle tavole doveva essere costata al famoso Don Nepero. Allora Antonia, che voleva solo darmi fastidio, si mise dietro la mia sedia, mi mise le mani sugli occhi e mi disse: “Allora calcola, signor geometra." 

Questa affermazione di mia zia sembrava contenere una vera sfida. Avendo recentemente fatto un ottimo uso delle tavole, molti logaritmi mi erano rimasti impressi. Li conosco, come si suol dire, a memoria. Improvvisamente mi venne in mente di scomporre il numero di cui stavo cercando il logaritmo in tre fattori [loga(xy) = loga(x) + loga(y)]​. Ne trovai tre i cui logaritmi mi erano noti. Li sommai nella mia testa, poi liberandomi improvvisamente dalle mani di Antonia, annotai tutto il mio logaritmo senza perdere una cifra decimale. Antonia ci rimase male. Uscì dalla stanza dicendomi in modo piuttosto scortese: “Stupido d’un geometra”. Forse voleva rimproverarmi che il mio metodo non si può applicare ai numeri primi che non hanno divisori se non l'unità. In questo aveva ragione, ma ciò che avevo fatto mostrava comunque una grande abitudine al calcolo e non era certo il momento di dire che ero uno sciocco. Subito dopo venne la solita Marica, che voleva pizzicarmi e solleticarmi, ma aveva nel cuore l'intenzione della sua padrona, e l'ho mandata via un po' rudemente. 

Una sera stavo lavorando dopo cena e avevo calcolato un’equazione differenziale molto delicata. Vidi entrare mia zia Antonia in camicia da notte. Mi disse: “Mio caro nipote, non posso dormire finché vedo la luce nella tua stanza e poiché la tua geometria è una cosa così bella, voglio che tu me la insegni. "

Non avendo di meglio da fare, acconsentii alla richiesta di mia zia. Presi la mia lavagna e gli mostrai le prime due proposizioni di Euclide. Stavo per passare alla terza quando mia zia, strappandomi la lavagnetta, mi disse: “Nipote mio sempliciotto. La geometria non ti ha insegnato come si fanno i bambini?" 

Le osservazioni di mia zia all'inizio mi sembravano assurde, ma pensandoci pensavo di aver capito che forse mi chiedeva un'espressione generale che rispondesse a tutti i modi di riproduzione impiegati dalla natura, dal cedro al lichene, e dalla balena agli animali microscopici. Ricordavo nello stesso tempo le riflessioni che avevo fatto sul più o meno, cioè sul numero delle idee di ogni animale, di cui avevo trovato la causa prima risalendo alla generazione, alla gestazione, all'educazione. Finalmente mi era venuta l'idea di una notazione particolare, che avrebbe designato per tutto il regno animale, le azioni della stessa specie ma di valori superiori. La mia immaginazione si era improvvisamente accesa. Pensavo di aver intravisto il luogo geometrico delle nostre idee e l'azione che ne risultava. In una parola, la possibilità di applicare il calcolo all'intero sistema della natura. Soffocato dalla folla dei miei pensieri, sentivo il bisogno di respirare più aria libera. Corsi sui bastioni e li girai tre volte senza sapere davvero cosa stessi facendo. (...)

Vi ho detto come, mentre facevo le mie riflessioni sull'ordine che regna in questo universo, avevo creduto di trovare applicazioni del calcolo che prima di me non erano state percepite. Vi ho poi raccontato come mia zia Antonia, con un'osservazione indiscreta e fuori luogo, fece confluire come in un focolare le mie idee sparse e formarsi in un Sistema. Alla fine vi ho detto come, avendo saputo che passavo per un pazzo, ero caduto da un'estrema esaltazione dello spirito in un estremo scoraggiamento. Vi ho accennato che questo stato di sconforto fu lungo e doloroso Non osavo alzare gli occhi su nessuno; i miei simili mi sembravano in lega per respingermi e degradarmi. I libri che erano stati la mia gioia mi provocarono un disgusto mortale. Non vi vedevo altro che un confuso mucchio di inutili verbosità. Non ho più toccato una lavagna e non avevo più fatto un calcolo. Le fibre del mio cervello si erano rilassate, avevano perso la loro primavera, non pensavo più. 

Mio padre si accorse del mio scoraggiamento e mi esortò a scoprire la causa. Ho resistito a lungo. Alla fine gli (... ) confessai di sfuggita il dolore che provavo per aver perso la ragione. 

Mio padre abbassò la testa sul petto e i suoi occhi si riempirono di lacrime. Dopo un lungo silenzio, mi rivolse occhi compassionevoli e disse. “Oh figlio mio, quindi passi per pazzo e io lo sono stato davvero per tre anni [durante i quali si era ritirato in un convento di Camaldolesi]. Le tue distrazioni e il mio amore per Blanca [colei che aveva amato in gioventù e poi si era sposata con Carlos, il fratello minore vanesio diventato Duca per un malinteso] non sono le cause primarie dei nostri dolori. Il nostro male viene da più lontano. 

La natura è infinitamente fertile e varia nei suoi mezzi. Viene vista infrangere le sue regole più coerenti. Ha fatto dell'interesse personale il motivo di tutte le azioni umane. Ma nella folla degli umani ne produce alcuni dalla forma strana, tra i quali l'egoismo è appena percepibile, perché mettono i propri affetti al di fuori di se stessi: Alcuni sono appassionati di scienza, altri per il bene pubblico. Amano le scoperte degli altri come se le avessero fatte loro, e le istituzioni benefiche per lo stato come se un qualche vantaggio fosse loro maturato. Questa abitudine di non pensare a se stessi influenza tutto il loro destino. Non sanno come volgere gli uomini a loro vantaggio. La fortuna si offre e loro non si sognano di fermarla. 

In quasi tutti gli uomini l'azione dell'io non è mai sospesa: ritrovi il loro ego nei consigli che ti danno, nei servizi che ti rendono, nelle connessioni che cercano nelle amicizie che creano. Appassionati del loro più remoto interesse, indifferenti a tutto il resto. E quando trovano sulla loro strada un uomo, indifferente all'interesse personale, non riescono a capirlo. Lo sospettano di motivi nascosti, affettazione, follia. Lo respingono dal loro seno, lo degradano e lo relegano su una roccia in Africa [il geometra e suo padre abitavano a Ceuta]

Oh! figlio mio, apparteniamo entrambi a questa razza proscritta. Ma abbiamo anche i nostri piaceri e devo farteli conoscere. Ho provato di tutto per renderti un vanesio e uno sciocco: il cielo non ha coronato i miei sforzi, ed eccoti qui con un'anima sensibile e una mente illuminata. Quindi devo insegnarti che anche noi abbiamo i nostri piaceri, sono ignorati e solitari, ma gentili e puri. 

Qual è stata la mia soddisfazione interiore, quando ho visto il Signor Isaac Newton approvare uno dei miei scritti anonimi e il desiderio di conoscerne l'autore. Non mi manifestai, ma, incoraggiato a nuovi sforzi, arricchii la mia intelligenza con una miriade di nuovi pensieri. Ne ero pieno, non potevo contenerli. Sono uscito per rivelarli alla roccia di Ceuta. Li ho affidati alla natura, li ho offerti in omaggio al mio carattere". (...) 

Circa quattro settimane fa Diego Alvarez, figlio dell'altro Alvarez, venne a Ceuta per consegnare a mio padre una lettera della Duchessa Blanca, che diceva quanto segue: 

Signor Don Henrique! 
Queste righe sono per annunciarvi che forse Dio presto chiamerà vostro fratello il duca Velasquez. La costituzione particolare del nostro maggiorato non vi permette di ereditare da un fratello minore e la dignità deve passare a vostro figlio. Mi trovo felice di poter compiere quarant'anni di penitenza, restituendogli i beni che la mia imprudenza vi ha tolto. Quello che non posso restituirvi è la gloria dove il vostro talento vi avrebbe condotto. Ma siamo entrambi alle porte della gloria eterna, e quella del mondo non può più toccarci. Perdonate la colpevole Blanca un'ultima volta. e mandateci il figlio che il cielo vi ha dato. Per due mesi sono stata la badante del Duca. Vuole conoscere il suo erede. 
Blanca di Velasquez 

[Il geometra Pedro Velasquez partì così per Madrid]. Al calar della notte, giunsi ad un edificio vasto e ben costruito ma abbandonato e deserto. Misi il mio mulo nella stalla, e salii in una stanza, dove trovai gli avanzi di una cena, vale a dire un paté di pernice, pane e una bottiglia di vino di Alicante. Non avevo mangiato da Anduhar, e credevo che quella necessità mi desse dei diritti su questo paté che, peraltro, non aveva padrone. Ero anche molto alterato, perché il vino di Alicante mi dava alla testa, e me ne accorsi troppo tardi. 

Nella stanza c'era un letto abbastanza pulito, mi sono spogliato, mi sono sdraiato e mi sono addormentato, ma poi non so cosa mi abbia svegliato di soprassalto. Ho sentito una campana suonare la mezzanotte. Ho immaginato che ci fosse qualche convento nei dintorni e mi sono proposto di andarci il giorno dopo. 

Subito dopo ho sentito un rumore nel cortile. Pensavo fosse arrivata la mia parentela. Ma qual è stata la mia sorpresa quando ho visto entrare mia zia Antonia con la sua serva Marica. Questa portava una lanterna con due candele e mia zia aveva un taccuino in mano. “Mio caro nipote - mi ha detto- tuo padre ci ha mandato a darti questo foglio che dice importante" 

Ho preso il foglio e ho letto sulla busta: Dimostrazione della quadratura del cerchio

Sapevo che mio padre non si era mai preoccupato di questo problema ozioso. Ho aperto il taccuino. Ho scoperto che il problema considerato nel modo più generale includeva l'intero ordine di curve la cui equazione è y esponente m uguale a due a x, meno x esponente m. Questo era abbastanza alla maniera di mio padre, e non avevo dubbi che, anche quando la quadratura lì non si sarebbe dimostrata, si trovavano in questo quaderno tante abili e nuove approssimazioni. Mi parve però, attraverso molte trasformazioni, di riconoscere la quadratrice di Dinostrato

Tuttavia mia zia osservò che, avendo preso l'unico letto che c'era nella locanda, dovevo dargliene metà. Ero così impegnato con il mio taccuino che non sentivo bene quello che mi diceva e le aprii il posto meccanicamente. E Marica si sdraiò ai miei piedi appoggiando la testa sulle mie ginocchia. 

Ho ripreso la mia dimostrazione. Ho perso di vista il difetto che all'inizio credevo di averci visto, e che c'era davvero. Sono passato alla terza pagina. Vi trovai una serie dei più ingegnosi corollari che tendevano a quadrare e rettificare tutte le curve, infine il problema delle isocrone risolto dalle regole della geometria elementare. Felice, sorpreso, stordito credo dall'effetto del vino di Alicante, esclamai “Sì, mio ​​padre ha fatto la più grande delle scoperte”. 

“Ebbene,” disse mia zia, “baciami per la pena che ho patito per attraversare il mare e portarti questo scarabocchio." L'ho baciata. “Quindi (ha detto Marica) non ho attraversato il mare anche io?“ Ho dovuto baciare anche lei. 

Volevo riprendere il problema ma le due compagne nel mio letto mi abbracciarono così forte che mi fu impossibile liberarmene. Non lo volevo più. Ho sentito inestimabili sentimenti affiorare dentro di me. Un nuovo senso si formò su tutta la superficie del mio corpo, in particolare nei punti in cui toccava le due donne, il che mi ricordava alcune proprietà delle curve osculanti. Volevo dare un senso a ciò che provavo ma la mia testa non riusciva più a seguire il filo di nessuna idea. Alla fine le mie sensazioni si svilupparono in una serie divergente all'infinito, seguita dal sonno e poi da un risveglio molto spiacevole (...) 

Per fortuna avevo in mano il mio quaderno, ripresi i miei calcoli. Intanto mi avevano messo su una lettiga e un monaco montato su un mulo mi ha asperso di acqua santa. L'ho lasciato fare, ho preso le mie tavolette e la matita in mano, sono tornato alla presunta integrazione, che conteneva tutto il parallelismo, mi sembrava che mio padre non potesse essere l'autore del taccuino, anche se ho riconosciuto la sua mano nel modo di scrivere i numeri. 

Ecco tutta la storia della mia vita, dubito che potesse interessarvi, ad eccezione di questa bella signora che mi sembra avere per le scienze esatte un gusto che raramente si trova nel suo sesso. 

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da: François Rosset, Dominique Triaire. Jean Potocki. Manuscrit trouvé à Saragosse (1810).: Manuscrits et imprimés originels. 2019. ffhal-02083167ff. Traduzione mia.

sabato 2 aprile 2022

Gli operatori binari

 


Dato un insieme S, un operatore binario § è una regola che prende due elementi a, b ∈ S e li manipola per darci un terzo, non necessariamente distinto, elemento a§b. 
Gli operatori sono rappresentati da caratteri speciali o da parole chiave e forniscono un modo semplice per confrontare valori numerici o stringhe di caratteri. Esistono tre tipi di operatori binari: matematici, logici e relazionali. 

Conosciamo sin da piccoli le quattro operazioni matematiche di base: addizione (+), sottrazione (‒), moltiplicazione (✕) e divisione (/). Inoltre, l'operazione modulo (MOD) trova il resto dopo la divisione di un numero per un altro numero. L'operazione di potenza (^) moltiplica il numero a sinistra dell'operazione (base) tante volte quanto indicato dall’esponente a destra. 

Esistono due operazioni logiche binarie fondamentali: OR e AND (più l’operazione unaria NOT). Gli operatori logici AND e OR confrontano gli operandi e restituiscono un risultato vero (1) o falso (0). Con AND, se entrambi gli operandi sono veri, il risultato è vero. Se uno degli operandi è falso, il risultato sarà falso. Con OR, se entrambi gli operandi sono veri o uno degli operandi è vero, il risultato è vero. Se entrambi gli operandi sono falsi, il risultato sarà falso. 

Gli operatori relazionali sono uguaglianza (=), disuguaglianza (≠), rigorosamente maggiore di (>), maggiore o uguale a (≥), rigorosamente minore di (<) e minore o uguale a (≤). Gli operatori relazionali confrontano due operandi e producono un risultato vero o falso. Quando due operandi vengono confrontati, il risultato dipende dalla loro posizione relativa. 

Le operazioni logiche e il modulo si possono eseguire su qualsiasi numero reale, non solo sugli interi. Il numero zero equivale al logico falso e qualsiasi numero diverso da zero equivale al logico vero.

Possiamo specificare un insieme e un operatore binario su quell'insieme scrivendo l'insieme e quindi l'operatore: S, §. Ad esempio, potremmo specificare (Z, +) oppure (N, /) per denotare gli interi e l'addizione su di essi, oppure i numeri naturali e la divisione. 

Gli operatori binari possono essere definiti su insiemi arbitrari, non solo su insiemi di numeri. Teniamo però presente che non tutti gli insiemi hanno un operatore binario. Ad esempio, l'insieme F = {tavolo, sedie, libreria, divano, finestre, …} dei mobili in casa: sebbene questo insieme appaia abbastanza naturale, non sembra esserci alcuna regola per "combinare" i suoi elementi. 

Esamineremo ora le diverse proprietà che un operatore binario può possedere. 

Chiusura 

Alcuni operatori binari sono tali che quando combiniamo due elementi di un insieme, otteniamo sempre un altro elemento in quell'insieme. 
Un operatore binario § è chiuso su un insieme S se per ogni a, b ∈ S, anche a § b è un elemento di S.
Molti insiemi con cui abbiamo familiarità sono chiusi sotto particolari operatori binari, mentre molti non lo sono. Consideriamo alcuni esempi. 

Esempio 1. Addizione di numeri naturali. Se a e b sono entrambi elementi di N, allora anche la loro somma a + b è un elemento di N. Pertanto, N è chiuso per l’addizione. 

Esempio 2. Moltiplicazione di interi dispari. Se a e b sono entrambi dispari, allora anche il loro prodotto a ✕ b è dispari. Pertanto, l'insieme degli interi dispari è chiuso per la moltiplicazione. 

Esempio 3. L'insieme degli interi dispari non è chiuso per l’addizione, poiché la somma di due numeri dispari non è mai dispari. 

Identità 

Per molti insiemi  con un operatore binario, esiste un elemento speciale nell'insieme che quando "combinato" con altri elementi nell'insieme non li cambia. Tale elemento è chiamato elemento neutro, o identità. Quando si considera l'addizione dei numeri reali, ad esempio, il numero 0 è unico in quanto può essere aggiunto a qualsiasi altro numero e lasciare quel numero invariato. 
Per un insieme S e un operatore binario §, un elemento identità Id. ∈ S è tale che per ogni elemento a ∈ S, abbiamo a § Id. = Id. § a = a. 
Esempio 4. Addizione di interi. 0 è un elemento di identità, poiché per ogni a ∈ Z abbiamo 0 + a = a + 0 = a

Esempio 5. Moltiplicazione di numeri naturali. 1 è un elemento di identità, poiché per ogni a ∈ Z abbiamo 1 ✕ a = a ✕ 1 = a

Esempio 6. Insieme di insiemi. L'insieme vuoto ∅ è un elemento di identità per l'operatore binario ∪.

Esempio 7. Insieme degli interi pari. Per l’addizione c'è un elemento di identità (che è 0), ma nella moltiplicazione non c'è un elemento di identità (poiché 1 non è un numero pari). Questo illustra il punto importante che non tutti gli insiemi e gli operatori binari hanno un elemento di identità. 

Inversione 

Sappiamo dalla scuola elementare che per ogni numero x, c'è un altro numero (che spesso scriviamo come ‒x) tale che, quando lo aggiungiamo a x, otteniamo l'elemento identità. Ad esempio, 5 ha un "inverso", ‒ 5, e sommandoli insieme si ottiene 0. Tali inversi esistono non solo per i numeri nell’addizione, ma anche per molti altri tipi di insiemi e operatori binari. Per alcuni tipi di insiemi e operatori binari, per ogni elemento c'è un altro elemento in modo che la combinazione dei due elementi ci dia sempre l'elemento identità. 
Per un insieme S e un operatore binario §, un elemento a’∈ S è detto inverso di a, se a§a’ = a’§a = Id. 
Questa idea generalizza il concetto di addizione negativa e il concetto di reciproco che troviamo nella moltiplicazione di insiemi arbitrari e operatori binari. 

Esempio 8. Addizione di interi. Per ogni intero a ∈ Z esiste un altro elemento a’ tale che a + a’= 0. Scriviamo spesso questo inverso come −a, quindi abbiamo a + (−a) = −a + a = Id. = 0

Esempio 9. Moltiplicazione di numeri razionali in Q. La maggior parte degli elementi in Q hanno inversi moltiplicativi. Ad esempio, se a = 3/5, allora c'è un altro elemento a’ = 5/3 ∈ Q in modo che a ✕ a’ = a’ ✕ a = Id. = 1. Tuttavia, 0 è in Q ma non ha un inverso per la moltiplicazione, poiché non esiste un numero razionale q tale che 0 ✕ q = q ✕ 0 = 1. Ciò evidenzia che è possibile che alcuni elementi abbiano inversi mentre altri no. 

Complessivamente, gli esempi precedenti illustrano che a volte tutti gli elementi di un insieme hanno un inverso, a volte quasi tutti gli elementi hanno un inverso e talvolta quasi nessuno degli elementi ha un inverso. 

Associatività 

Come descritto sopra, gli operatori binari prendono due elementi e li combinano per produrne un terzo. Tuttavia, occasionalmente scriviamo cose come 5 + 8 + 2, in cui abbiamo un totale di tre elementi che dovrebbero essere combinati, ed esiste una certa ambiguità su quale delle seguenti due procedure dovremmo seguire: 
1. Sommare 5 e 8 per ottenere 13, quindi sommare 13 a 2 per ottenere 15, oppure 
2. Sommare 8 e 2 per ottenere 10, quindi aggiungere 10 a 5 per ottenere 15. 

In questo caso particolare i due numeri risultanti sono gli stessi. I due processi sono proceduralmente differenti, ma in fondo finiscono con lo stesso risultato. Il lettore probabilmente sa dalla scuola primaria, però, che non c'è niente di speciale nei numeri 5, 8 e 2, e infatti lo stesso si verificherebbe con tre numeri qualsiasi. Questo motiva la definizione di un'importante proprietà finale degli operatori binari. 
Un operatore binario § su un insieme S si dice associativo se per tutti a, b, c ∈ S abbiamo a § (b § c) = (a § b) § c. 
Sappiamo che l'addizione è associativa, quindi l'ordine in cui aggiungiamo un insieme di numeri non è importante. Allo stesso modo, anche la moltiplicazione è associativa, e per qualsiasi numero x, y, z abbiamo x(yz)=(xy)z. È per questo motivo che possiamo scrivere xyz senza preoccuparci di specificare se intendiamo che x e y siano combinati per primi, o se lo siano y e z

Sebbene la maggior parte di noi dia per scontata l'associatività dell'addizione e della moltiplicazione, abbiamo tutti familiarità con altri operatori binari che non sono associativi. Ad esempio, se scriviamo 5 − 8 − 2, l'ordine in cui eseguiamo le operazioni è importante, cioè (5 − 8) − 2 ≠ 5 − (8 − 2). 

Ulteriori complicazioni sorgono quando mescoliamo gli operatori. Ad esempio, l'espressione 5 + 8 ✕ 2 può essere interpretata in due modi diversi, producendo un’importante differenza nel risultato. Dovremmo sommare 5 e 8 e quindi moltiplicare il risultato per 2 (per ottenere 26)? Oppure dobbiamo aggiungere 5 al prodotto di 8 e 2 (per ottenere 21)? Sebbene non esista una risposta "giusta", alcune convenzioni si sono evolute, e in generale, se le parentesi non indicano diversamente, consideriamo prima le moltiplicazioni, e solo dopo consideriamo le addizioni. Si noti, tuttavia, che il famoso "ordine delle operazioni" che alimenta tante discussioni sui social network non affronta direttamente l'interpretazione "corretta" di un'affermazione come 5/8/2, che potrebbe risultare in 5/16 o 5/4, a seconda di quale divisione calcoliamo per prima. 

Esempio 10. Addizione di interi. Per qualsiasi numero intero a, b, c ∈ Z, abbiamo a + (b + c) = (a + b) + c

Esempio 11. Moltiplicazione di numeri reali. Per qualsiasi numero reale a, b, c ∈ R, abbiamo a ✕ (b ✕ c) = (a✕ b) ✕ c

Esempio 12. Divisione di numeri razionali positivi. Per numeri razionali positivi a, b, c, generalmente a / (b/c) ≠ (a/b) /c, perché la divisione non è associativa. Lo stesso vale per la sottrazione. 

Commutatività 

Gli operatori binari sono regole per prendere due elementi da un insieme e combinarli per produrre qualcosa. Per tutti i numeri reali a e b è sempre vero che a + b = b + a e che a ✕ b = b ✕ a. Naturalmente sappiamo che questo non è il caso della sottrazione e della divisione, poiché per quasi tutti gli a e b, a − b ≠ b − a; a/b ≠ b/a . Ciò motiva la seguente definizione: 
Un operatore binario § su un insieme S si dice commutativo se per tutti a, b ∈ S abbiamo a § b = b § a. 
Esempio 13. Elevamento a potenza (di numeri interi, razionali o reali). Per quasi tutti gli a e b abbiamo a^b ≠ b^a

Esempio 14. Abbiamo notato in precedenza che gli operatori binari possono agire non solo sui numeri, ma anche su elementi arbitrari. Qui consideriamo un insieme di trasformazioni geometriche che possiamo combinare: 

S = {ruota di 0°, ruota di 90°, ruota di 180°, ruota di 270°, rifletti in verticale, rifletti in orizzontale, trasla secondo il vettore z}. 

Possiamo considerare l'operazione di combinare queste trasformazioni geometriche facendone una e poi facendo l'altra. Ad esempio, immaginiamo di riflettere un'immagine su uno specchio e quindi traslarla, oppure invertire l’ordine delle operazioni. Si può dedurre dalla figura che le isometrie non sono quasi mai commutative.