giovedì 25 aprile 2019

L’usignolo slesiano


Von der Decke bis zur Diele
Muß der Schweiß herunter rinnen
Willst gelangen du zum Ziele
Wohlverdienten Preis gewinnen.

Dal soffitto al corridoio
Il sudore deve correre giù
Vuoi raggiungere l'obiettivo,
Vinci un premio meritato.

La creatrice di questi versi, a loro modo non convenzionali, è Friederike Kempner (1828 - 1904), detta anche "l'usignolo slesiano", oggi ampiamente celebrata come genio dell’umorismo involontario. Era figlia di una famiglia ebrea benestante del Granducato prussiano di Posen (oggi in Polonia). Nel 1844, suo padre acquistò un castello a Droschkau, in Slesia, dove Friederike e i suoi fratelli trascorsero una gioventù senza problemi economici. Da sua madre ricevette un'istruzione umanistica, soprattutto riguardo la lingua francese, la letteratura e l’illuminismo ebraico. Nel 1864, stabilì la propria residenza in una tenuta di famiglia chiamata Friederikenhof, dove scrisse molte delle sue opere.

La morte di entrambi i genitori nel 1868 ebbe un effetto notevole sull’opera di Kempner, che sviluppò un interesse per le questioni umanitarie generali, in particolare in materia di igiene, riforma del sistema carcerario e abolizione della detenzione in isolamento. Combatté anche contro la vivisezione e l'antisemitismo. Soffrendo, come molti suoi contemporanei, di tafofobia (paura di risvegliarsi nella tomba), sostenne con insistenza l'introduzione di obitori e di un tempo di attesa obbligatorio prima della sepoltura. Friedrike Kempner rimase nubile. Alcuni anni prima della sua morte fu colpita da cecità. Morì a Friederikenhof e si fece cremare. Le sue ceneri riposano nell'antico cimitero ebraico di Breslavia. Sulla sua lapide si legge: "La sua vita era dedicata al lavoro spirituale e alle opere di carità". Lasciò un’ingente quantità di opuscoli, oltre a numerose novelle e opere teatrali che, tuttavia, rimasero largamente ignorate dalla critica, con una sola eccezione.

Molte sue poesie (pubblicate per la prima volta nel 1873) ottennero infatti ampia e meritata fama per l’assoluta mancanza di talento. Una recensione “entusiasta” del critico letterario Paul Lindau, pubblicata sul settimanale Die Gegenwart nel 1880, rese improvvisamente la poetessa molto conosciuta ben oltre la sua patria provinciale. Da allora molti hanno cercato di imitare il suo stile, sono state create innumerevoli parodie e opere basate sullo spirito dei suoi componimenti. Si difese scrivendo:

Dumme Jungen, Pamphletisten,
Schlechte Juden, schlechte Christen
Legten Dynamit und Gift
Keins von beiden je mich trifft.

Stupidi giovani pamphlettisti,
Cattivi ebrei, cattivi cristiani,
Spargete dinamite e veleno
Che non mi raggiunge mai.

Non servì: la Germania ride di Friederike Kempner da più di un secolo.

I contemporanei e i posteri valorizzarono versi che, scritti con l'alto tono della poesia classicista, non sono all'altezza delle loro stesse affermazioni e pullulano di violazioni della logica. Così scrisse su Parigi: "Sai chi intendo / La città è sulla Senna". Una delle sue cifre stilistiche è l'uso di sillabe senza senso per rispettare la metrica, così le sue poesie sono piene di Ach!, So! All! e persino di articoli raddoppiati. La lettura delle sue poesie finì per essere un divertimento nelle occasioni conviviali. Questa "fama letteraria" spinse l'autore e critico Alfred Kempner (semplice omonimo) ad adottare il cognome Kerr nel 1887 per non essere confuso con lei. “Per colpa della poetessa Friedericke, il nome Kempner era compromesso per uno scrittore”, volle precisare, aggiungendo “Non era mia zia. Non lo era!”

Della Kempner si occupò anche Freud nel cap. 7 de Il motto di spirito, citando alcuni versi e commentando:

Contro la vivisezione

Ein unbekanntes Band der Seelen Ketter
Den Mensken an das arme Tier.
Das Tier hat einen Willen - ergo Seele –
Wenn auch ’ne kleinere als wir.

Una catena sconosciuta di anime unisce
L'uomo al povero animale.
L'animale ha una volontà - cioè un’anima -
Anche se più piccola della nostra.

II Contrasto

«Wie glücklich bin ich», ruft sie leise,
«Auch ich», sagt lauter ihr Gemahl,
«Es macht mich deine Art und Weise
Sehr stolz auf meine gute Wahl!»

"Come sono fortunata!", disse teneramente.
"Anch'io", disse il marito a voce più alta:
"Le tue numerose qualità mi rendono orgoglioso
Di aver fatto una scelta così felice."

“In ciò non c'è nulla che ci faccia pensare ai motti di spirito. Ma non c'è dubbio che sia l'inadeguatezza di queste «poesie» a renderle comiche, la goffaggine davvero straordinaria delle loro espressioni, legata ai luoghi comuni più triti e giornalistici, la limitatezza ingenua dei pensieri, l'assenza di ogni contenuto o forma poetica. Tuttavia, nonostante tutto ciò, non è ovvio il perché noi troviamo comiche le poesie di Kempner. Altre opere del genere ci sembrano semplicemente brutte; invece di farci ridere, ci irritano. Proprio questa distanza rispetto a ciò che ci aspettiamo da una poesia ci induce a considerarle comiche, se la differenza fosse minore, dovremmo essere più inclini alla critica che al riso. Inoltre, l'effetto comico delle poesie di Kempner è assicurato da una circostanza ulteriore: le intenzioni indubbiamente buone dell'autrice e una peculiare sincerità che disarma il nostro senso del ridicolo o la nostra irritazione e che intuiamo dietro i suoi poveri versi”.

domenica 14 aprile 2019

Il passaggio a Nord-Ovest


Potenza di una metafora azzeccata, tocca dare ragione a uno dei filosofi francesi che furono oggetto degli strali di Alain Sokal e Jean Bricmont nella loro famosa burla. Il Passaggio a Nord-Ovest è stato utilizzato da Michel Serres (1930) come titolo del quinto e ultimo volume della sua serie Hermés, ambiziosa e labirintica non-enciclopedia della storia della comunicazione e del sapere umano (1969-80). Come egli stesso ha dichiarato in un’intervista,
“Il Passaggio a Nord-Ovest (…) è un cammino difficile, pieno di ostacoli, un vero labirinto di terra, di acqua e di ghiacci. L’immagine del passaggio tra le scienze esatte e le scienze umane. È un cammino che non è dato una volta per tutte, ma che bisogna costruire, scoprire ogni volta”.
Esistono paesi, regioni, luoghi che colpiscono l’immaginario più di altri. Si tratta spesso di zone di transizione, di incontro tra mondi diversi. Il Passaggio a Nord-Ovest è uno di questi, perché la sua ricerca è durata secoli, da quando Giovanni Caboto, nel 1490, ipotizzò l’esistenza di una via per l’Oriente dall’Atlantico, alternativa a quella che comportava il periplo dell’Africa attraverso il Capo di Buona Speranza (il Canale di Suez e quello di Panama erano di là da venire). In realtà non si tratta di una sola rotta a nord del Canada, ma di una serie di mutevoli passaggi tra ghiacci, stretti canali, secche, in mezzo a terre sconosciute e inospitali, che spesso furono causa di tragici naufragi o di morti per gelo e inedia. 


Il passaggio, un tempo praticabile soltanto durante la breve estate artica, fu infine aperto nel 1906 dall’esploratore norvegese Roald Amundsen, al termine di un viaggio durato tre anni a bordo del peschereccio Gjoa. Il repentino scioglimento di una parte considerevole della calotta polare artica, avvenuto in questi ultimi tempi a causa del riscaldamento globale, ha reso molto meno avventurosa questa strada, che consente di accorciare di circa quattromila chilometri il viaggio dall’Europa all’Estremo Oriente rispetto al transito attraverso il Canale di Suez.

Serres non parla dunque di ponti tra cultura umanistica e cultura scientifica, tutto sommato agevoli una volta scoperti o costruiti, ma utilizza una metafora geografica che allude a un’esplorazione continua, faticosa, spesso fallace. Si tratta di un cammino a passi infinitesimi, in cui gioca un ruolo fondamentale il caso. A questo proposito Serres utilizza il termine francese randonnée (escursione, trekking, lunga camminata), di cui fa notare la parentela etimologica con l’inglese random (casuale, accidentale, aleatorio), entrambe le parole derivanti da un antico termine del linguaggio di caccia, che ha dato anche l’italiano randagio.

Serres cerca il passaggio come Zenone di Elea, il geometra viaggiatore degli spazi presocratici:
“Zenone partì da Atene per andare a imbarcarsi per Elea. Aveva appena posato il piede, che aveva leggero, davanti all’altro, che si mise a sognare le miriadi, e più, di modi di tagliare a pezzi il viaggio e di ricominciare. Volle cambiare. Perché camminare sempre in una direzione e in un senso solo? (…) Finalmente Zenone, il vero o il nuovo Zenone, Zenone di Elea, di Atene, di Parigi, o di dove vi pare, Zenone parte da qua per andare a imbarcarsi laggiù alla volta di paraggi difficili. Per precauzione, si era messo in tasca un bossolo, in cui danzavano i dadi. Da quel momento, egli tira a sorte il punto di ripartizione in cui si ferma, davanti alla catena interminabile delle ripetizioni, punto in cui cambia anche di senso, tira a sorte anche la lunghezza dei suoi passi e, forse, la sua dimensione, tira a sorte l’ampiezza dell’angolo al momento della svolta, tira a sorte tutti gli elementi, variabili, del suo cammino, tira a sorte gli elementi sui quali aveva variato, negli ultimi percorsi”.
Nel passaggio a Nord-Ovest non si può procedere in linea retta, ma cambiando continuamente percorso secondo i capricci dei dadi di Zenone. La freccia non raggiungerà mai il suo bersaglio, anche e soprattutto perché procede zigzagando. Più Odisseo che Zenone, più esploratore che geometra, l’intellettuale contemporaneo dovrà essere capace di trattare in forma narrativa argomenti che un tempo si trattavano in forma sistematica.

La scienza e la cartografia del sapere, una volta considerati stabili e immutabili, oggi necessitano di nuove strategie. Il sapere, allora, non sarà mai chiuso? Non si potrà mai circoscrivere il periplo della conoscenza? La domanda non è se possiamo farlo, ma esplorare strade nuove, ogni volta diverse, interrogandoci sul modo e il senso di tutto ciò abbiamo fatto finora per raggiungere un tale scopo.


Affinché una via praticabile tra le varie isole della conoscenza sia oggi concepibile, all’incrocio nebbioso e incerto delle scienze esatte e delle scienze umane, dobbiamo abbandonare ogni pretesa di schema generale, di visione unificante, e tener conto di tutti gli ostacoli, di tutte le singolarità e i contro-esempi. Il globale non può fare a meno del locale, come la foresta non può prescindere dall’esistenza, dall’altezza, dall’esposizione, dall’ombra di ogni singolo albero che la costituisce. Proprio mentre gli sforzi di molti ricercatori sono diretti alla ricerca di una teoria unificante, Serres sembra proporre provocatoriamente di dare sostanza al sogno del Roland Barthes che in La camera chiara propose una mathesis singularis, una scienza del singolo oggetto.

Secondo Serres, la legge è realtà solo per i sistemi chiusi, che imitano l'aspetto della necessità. Il generale è sbagliato, il generale mente sempre. Siamo ancora nella metà del XIX secolo e il positivismo si rifiuta di morire. Lavoriamo con sofisticati strumenti di misura per comprendere l'incommensurabile, ma assegniamo al vagare l'ornamento della precisione. Festeggiamo con entusiasmo ogni nuova grande conquista della scienza e della tecnica, dalle onde gravitazionali alla foto di un buco nero, e non ci accorgiamo che il nostro cammino è un procedere per deviazioni e differenze. La fine del viaggio è lontana, probabilmente non ci sarà mai, ma è questo vagabondaggio che ci fa conoscere il mondo e noi stessi. In una recente intervista, Serres ha detto che prima di fare filosofia bisogna aver fatto tre volte il giro del mondo.

martedì 9 aprile 2019

Levi-Civita e il trasporto parallelo

A Padova

Tullio Levi-Civita (1873-1941) si era formato all'Università di Padova con il geometra Giuseppe Veronese e Gregorio Ricci Curbastro. Quest'ultimo, che aveva sviluppato il calcolo tensoriale tra il 1885 e il 1895, diresse la sua tesi di laurea, discussa nel 1892. Unendo il metodo di Ricci-Curbastro con alcuni risultati della teoria dei gruppi di trasformazione di Lie, Levi-Civita estese la teoria degli invarianti assoluti a casi più generali di quelli considerati dal suo maestro e risolse un problema classico della meccanica analitica, trasformando un sistema di equazioni della dinamica, in caso di assenza di forze esterne, in un sistema più semplice, avente le stesse traiettorie rappresentate dalle geodetiche in una varietà riemanniana a n-dimensioni. L'uso del calcolo tensoriale era essenziale per la soluzione di questo problema. 

Levi-Civita fu nominato professore di meccanica razionale a Padova nel 1897 e continuò a lavorare con Ricci Curbastro. Nel 1901 pubblicarono insieme nei Mathematische Annalen l’articolo Méthodes de Calcul Differentiel Absolu et leurs Application, scritto su invito di Felix Klein, che diventò subito il manifesto del calcolo tensoriale. Nella memoria, Ricci Curbastro e Levi-Civita illustravano gli elementi fondamentali di questo metodo, che chiamarono "un nuovo algoritmo", grazie al quale erano in grado di esprimere diverse relazioni di geometria ma anche dell'analisi e della fisica matematica (come equazioni di elasticità o di elettromagnetismo) indipendentemente dal sistema di coordinate scelto. La loro teoria mostrò la sua efficacia soprattutto negli spazi con n dimensioni (varietà riemanniane), che Levi-Civita aveva già studiato nella sua tesi. 

La corrispondenza con Einstein 

Il calcolo tensoriale ebbe un ruolo essenziale nella formulazione della teoria della relatività generale elaborata da Albert Einstein. Nel 1923, ricordando il momento in cui si rese conto che il calcolo tensoriale poteva essere il linguaggio appropriato per esprimere la relatività generale, Einstein scriveva: 
"Tuttavia, ho avuto l'idea decisiva dell'analogia tra il problema matematico della teoria [della relatività generale] e la teoria gaussiana delle superfici solo nel 1912, dopo il mio ritorno a Zurigo, quando ancora non conoscevo le opere di Riemann, Ricci e Levi-Civita. Questi [lavori] sono stati portati alla mia attenzione per la prima volta dal mio buon amico Grossmann.” 

Marcel Grossmann era professore di matematica all'Università di Zurigo e amico di Einstein sin da quando erano studenti. Sebbene avesse indicato questi testi nel 1912, Einstein impiegò tre anni per apprendere le tecniche della geometria differenziale e del calcolo tensoriale che gli consentirono di superare le difficoltà matematiche del suo lavoro. Così diceva a un corrispondente: 
“Sto lavorando esclusivamente al problema della gravitazione, e credo di poter superare tutte le difficoltà con l’aiuto di un mio amico matematico di qui [Grossmann]. Ma una cosa è certa: non ho mai faticato tanto in vita mia, e ho acquistato un enorme rispetto per la matematica, le cui parti più sottili consideravo finora, nella mia ignoranza, come un puro lusso. Al confronto di questo problema, l’originaria teoria della relatività è un gioco da ragazzi”. 
Nel 1913 apparve il primo risultato della sua collaborazione con Grossmann: l’articolo Entwurf einer verallgemeinerten Relativitätstheorie und einer Theorie der Gravitation [Lineamenti di una Teoria della Relatività generalizzata e di una Teoria della Gravitazione], ma il problema cruciale delle equazioni di campo gravitazionale era irrisolto: nell’articolo le equazioni di campo non sono considerate generalmente covarianti, ma il loro gruppo invariante è limitato alle sole trasformazioni lineari. Questo punto di vista portò Einstein e Grossmann a fare supposizioni fisiche errate. In alcuni documenti successivi, Einstein e Grossmann tentarono di giustificare le equazioni di campo gravitazionale derivate nell’Entwurf per mezzo di principi variazionali. 

Le difficoltà connesse con la giusta espressione delle equazioni gravitazionali furono il soggetto principale della corrispondenza tra Einstein e Levi-Civita. Einstein fu sempre grato a Levi-Civita per il suo interesse per la relatività generale. Nelle lettere, Levi-Civita notò un errore nella dimostrazione presente nell’articolo, le cui conseguenze coinvolgono le proprietà covarianti del tensore gravitazionale. Einstein tentò più volte di confutare le obiezioni di Levi-Civita. In una lettera datata 5 marzo 1915, scrisse: 
“Caro collega, sono molto felice che lei sia così interessato al mio lavoro. Può immaginare quanto raro sia qualcuno che sia profondamente interessato a questo argomento con una mente indipendente e senza pregiudizi. [...] Quando ho notato che ha criticato la prova più importante della mia teoria, ottenuta con fiumi di sudore, ero non poco preoccupato dal fatto che so che sa gestire tali questioni matematiche molto meglio di me. Tuttavia, dopo un'attenta riflessione, penso che la mia dimostrazione può essere accolta”. 
Lo stesso Einstein scrisse a Levi-Civita, in italiano, il 2 aprile 1915: 
“Una corrispondenza così interessante non mi era ancora capitata. Dovrebbe vedere con quale ansia aspetto sempre le sue lettere.” 
Il 21 aprile 1915 Einstein scrisse a Levi-Civita che sperava di persuaderlo della validità del "suo Teorema", poiché - secondo lui - l'obiezione del suo corrispondente italiano poteva essere superata. La discussione epistolare tra Einstein e Levi-Civita andò avanti fino all'inizio di maggio. Il 5 maggio 1915, Einstein dovette ammettere che la sua dimostrazione era "difettosa". 

In una serie di quattro articoli presentati all'Accademia delle Scienze prussiana nel novembre 1915, Einstein pubblicò la versione finale delle equazioni del campo gravitazionale, ora chiamate equazioni di Einstein. L’articolo definitivo fu il quarto, Feldgleichungen der Gravitation [Le equazioni del campo gravitazionale]. 


Il trasporto parallelo 

Levi-Civita pubblicò l’articolo sul trasporto parallelo Nozione di parallelismo in una varietà qualunque e conseguente specificazione geometrica della curvatura riemanniana nel 1917, in Rendiconti del Circolo Matematico di Palermo, che in quel periodo godeva di una grande reputazione internazionale e pubblicava articoli di matematica di altissimo livello.

La memoria di Levi-Civita, subito dopo la Grande Guerra, ebbe molto successo: numerosi articoli sul trasporto parallelo furono tempestivamente pubblicati, molti colleghi lodarono l'efficacia di questo nuovo metodo e gli studenti venivano a Roma per lavorare con Levi-Civita su questioni relative a questo nuovo metodo. Le lezioni presso l'Università di Roma sul calcolo tensoriale, pubblicate nel 1925 dalla casa editrice Stock in un volume tradotto in inglese e tedesco nel 1927 e nel 1928, poi usato dai matematici di tutto il mondo come strumento sia di ricerca sia d’insegnamento, diedero ulteriore impulso al concetto di trasporto parallelo. 

Che cos’è il trasporto parallelo? Nella geometria piana di Euclide, il parallelismo gioca un ruolo chiave. Per Euclide, due linee sono parallele se, infinitamente prolungate, non si incrociano mai. Una formulazione moderna del quinto postulato di Euclide afferma che, per un punto al di fuori di una data retta, passa solo una retta parallela ad essa. Cambiare questo postulato porta all'invalidazione di diversi teoremi della geometria euclidea ed è quindi il primo passo per sviluppare le geometrie non euclidee. Fu Levi-Civita a introdurre il concetto di parallelismo su uno spazio multidimensionale (varietà riemanniana) nel suo articolo del 1917. Il suo obiettivo non era quindi quello di elaborare una teoria geometrica, ma piuttosto di "semplificare" i simboli di Riemann che esprimono la curvatura di una varietà dando loro anche un'interpretazione geometrica. Infatti, come Levi-Civita dichiarò all'inizio del suo articolo, 
"La teoria della gravitazione di Einstein [...] considera la struttura geometrica dello spazio ambiente correlata, molto debolmente ma intimamente, ai fenomeni fisici che vi si verificano (sic); ciò differisce dalle teorie classiche [come la meccanica newtoniana], che considerano lo spazio fisico come un dato a priori. Lo sviluppo matematico della concezione grandiosa di Einstein (che trova il suo naturale strumento algoritmico nel calcolo differenziale assoluto di Ricci) fa della curvatura di una certa varietà quadridimensionale e dei simboli relativi di Riemann un elemento essenziale". 
Con curvatura si indica una serie di concetti geometrici che intuitivamente si riferiscono alla misura di quanto un determinato oggetto si discosti dall'essere piatto. La misura della curvatura viene definita in modi diversi a seconda dell'ente geometrico cui è applicata. Ad esempio, una linea nel piano o un piano nello spazio tridimensionale hanno curvatura nulla. Un cerchio nel piano ha una curvatura costante, tanto più grande quanto più piccolo è il raggio. Si distinguono due tipi essenziali di curvatura: 
• curvatura estrinseca: è la curvatura posseduta dall'oggetto in relazione ad uno spazio piatto di dimensione superiore in cui è immerso, determinabile solo confrontando elementi dell'oggetto in relazione ad elementi dello spazio contenitore; 
• curvatura intrinseca (o gaussiana): è la curvatura determinabile utilizzando solo operazioni eseguite su elementi dell'oggetto medesimo. 

Per quanto riguarda la definizione di parallelismo in questi spazi, consideriamo tale definizione nel caso più semplice di superfici curve. Levi-Civita nelle lezioni del 1925 adottò l'approccio pedagogico che consiste di definire prima il parallelismo per le superfici e poi generalizzarlo alle varietà. Inizialmente, egli osservava che nel piano euclideo, se consideriamo due punti P e P1 per ogni "direzione", da P si può costruire una e una sola direzione che passa per P1 e parallela alla direzione data; per lui, una "direzione" u è definita attraverso il "vettore unitario" che gli corrisponde. Questa costruzione, osserva Levi-Civita, può essere facilmente generalizzata alle cosiddette superfici sviluppabili. Una superficie Σ è "sviluppabile" se, immaginandola "flessibile e inestensibile", può essere sovrapposta a una regione del piano "senza strappi e senza duplicazione". Essa viene detta anche rigata, intendendo che è possibile costruire una famiglia infinita di rette interamente contenute in essa. Gli esempi più semplici di superfici sviluppabili sono i cilindri e i coni senza il vertice.


Se Σ è sviluppabile, Levi-Civita introduce un'applicazione - denominata "parallelismo di superficie" - tra le direzioni in P tangenti a Σ e le analoghe direzioni che escono da P1, un altro punto di Σ, in modo che a ogni direzione u corrisponde la direzione u1 che diventa parallela a u nel senso abituale quando si sovrappone Σ sul piano; le direzioni u e u1 sono allora dette "parallele nel senso della superficie".

Ovviamente tale criterio non sarà più valido se Σ non è una superficie sviluppabile, anche se si tratta di una superficie elementare, come per esempio la superficie sferica. In questo caso bisognerà considerare il punto P1 come proveniente da P seguendo una certa curva T, denominata "curva di trasporto." Questa è una visione cinematica che permette a Levi-Civita di definire il trasporto parallelo da P a P1 utilizzando la sviluppabile circoscritta a Σ lungo la curva T; questa superficie, che egli indica con ΣT, sarà perciò tangente a Σ lungo T e, in particolare, in P e P1. Levi-Civita chiama "la parallela da P1 a una direzione qualunque (superficiale) u attraverso P lungo la curva T, la direzione (superficiale) u1 che sulla sviluppabile ΣT è parallela a u nel senso appena definito." Ad esempio, nel caso di una sfera, se T è la linea equatoriale, allora la sua superficie sviluppabile ΣT sarà un cilindro; se T è un parallelo non equatoriale, ΣT sarà un cono. In generale, la superficie della sfera non è isometrica al piano, neanche localmente: in altre parole, nessun dominio della sfera, per quanto piccolo sia, può essere applicato su un dominio del piano in modo da conservare le distanze.



In generale, questa definizione di parallelismo dipende dalla curva di trasporto. Levi-Civita non manca di sottolineare che la nozione geometrica di parallelismo è "vicina" a quella di lavoro in fisica. In effetti, il lavoro svolto per trasportare, ad esempio, un corpo materiale da A a B dipende dalla curva scelta per andare da un punto all'altro. Consideriamo alcuni esempi. Innanzitutto, sul piano euclideo, tutti i vettori torneranno esattamente a se stessi dopo il trasporto parallelo su qualsiasi curva chiusa. Nella figura, se portiamo il vettore parallelo da P lungo il circuito dato, esso coinciderà con il vettore iniziale dopo un giro completo, poiché nel piano troviamo la nozione abituale di parallelismo. Si potrebbe fare la stessa osservazione per tutte le superfici sviluppabili.


E su una superficie non sviluppabile? Consideriamo il caso della superficie sferica: da A il vettore della figura viene trasportato parallelamente lungo le curve AN, NB, BA che sono linee geodetiche. Per portare il nostro vettore in parallelo usiamo la definizione di Levi-Civita che impiega le superfici sviluppabili lungo una curva: in questo caso, ogni tratto di geodetica (cerchio massimo) si sviluppa su un cilindro. Tuttavia, alla fine del suo circuito, ritornando ad A, il vettore crea un certo angolo α con la sua direzione iniziale che era tangente alla curva. Invece, se il trasporto parallelo è fatto lungo un meridiano della sfera, ad esempio il circolo massimo ANSA, tornando ad A il vettore sarà ancora tangente alla curva: coinciderà con il vettore iniziale.

Pertanto, anche su una superficie di curvatura costante come la sfera, il trasporto parallelo non può essere pensato indipendentemente dalla curva scelta per trasportare il vettore. Il trasporto parallelo su tale tipologia di superfici non sviluppabili è si può effettuare mediante lo stesso processo geometrico-cinematico previsto per una superficie sviluppabile, con la sola condizione che la curva di trasporto T sia una porzione compresa tra P e P1 di una geodetica. Nel caso particolare di una sfera, le geodetiche sono tutti i paralleli e tutti i meridiani (usando una terminologia tipicamente geografica).


Una notevole proprietà del parallelismo, che è una conseguenza immediata della sua definizione, riguarda la conservazione degli angoli: infatti, Levi-Civita constata che, se a e b sono due direzioni per P, alle quali corrispondono le direzioni parallele a1 e b1 che passano per P1. allora formano lo stesso angolo. Questa proprietà non dipende dalla superficie (o dalla varietà) o dalla curva di trasporto. Un'altra conseguenza interessante della nozione di parallelismo si verifica quando la curva di trasporto è una geodetica. Come nel piano euclideo, in cui le geodetiche sono linee rette, possiamo considerare su una superficie una geodetica e una direzione che si muove in modo tale che il suo punto di applicazione appartenga sempre alla geodetica. Diremo che la direzione si muove "parallela" se forma sempre lo stesso angolo con la tangente alla geodetica. In particolare, la tangente a una geodetica sarà parallela a se stessa se si muove lungo la geodetica. In conclusione, scrive Levi-Civita, "le geodetiche sono curve auto-parallele". Inoltre, "da queste considerazioni deduciamo che l'auto-parallelismo è una proprietà caratteristica delle geodetiche e può essere usato per definirle". Ad esempio, se consideriamo i due percorsi 1 e 2 su una superficie sferica, la linea 1 è una geodetica perché la sua tangente si muove parallela a se stessa, mentre la linea 2 non è una geodetica perché, se si trasporta parallelamente il vettore inizialmente tangente alla curva, si ottengono vettori che in generale non saranno più tangenti alla curva. Si può quindi dire che nel trasporto parallelo di un vettore in un sistema generico di coordinate le sue componenti cambiano, a differenza di ciò che accade in metrica piatta: per trasporto parallelo si intende infatti il trasporto del vettore effettuato mantenendo costante l'angolo che esso forma con la superficie curva. 



Nel suo corso, Levi-Civita introduce l'apparato formale necessario per fare i calcoli in caso di parallelismo di superfici, e poi generalizza queste nozioni al caso delle varietà, arrivando a risolvere il problema iniziale dichiarato all'inizio del suo articolo del 1917: quello di dare alla curvatura della varietà un significato geometrico. Infatti, considerando su una varietà un circuito "infinitesimale" (formato da quattro archi di geodetica paralleli a due a due) e facendo muovere "per parallelismo" un vettore lungo questo circuito, trova una relazione che esprime il legame profondo tra il tensore di curvatura e il trasporto parallelo. 


Infine, si può osservare come l'introduzione di un nuovo e importante concetto di geometria differenziale, la deviazione geodetica, sia stata di nuovo ispirata dalla fisica. Nell’articolo pubblicato nel 1927, Levi-Civita analizza due punti infinitamente vicini appartenenti a due geodetiche diverse in una varietà riemanniana e ne studia la distanza. Fisicamente, le linee geodetiche possono essere interpretate come le traiettorie di due particelle di prova in caduta libera che sono infinitamente vicine l'una all'altra e che inizialmente si muovono parallelamente. È la curvatura dello spazio, che è responsabile di una deviazione tra le due particelle, che Levi-Civita chiama "deviazione geodetica" (e il pensiero corre per istinto verso il clinamen di Lucrezio). In generale, la fisica è una costante fonte di ispirazione per Levi-Civita. Inoltre, ai suoi occhi non ci sono veri e propri confini tra la fisica e la geometria differenziale: queste due discipline sono le facce di una stessa medaglia unificate da un linguaggio comune che è il calcolo tensoriale. 


Il trasporto parallelo consentì allo stesso tempo lo sviluppo delle teorie fisiche e della geometria differenziale in modo significativo. Le lezioni universitarie semplici e pedagogiche di Levi-Civita furono uno strumento straordinario per diffondere le sue idee sul calcolo tensoriale e in particolare sul parallelismo. Il trasporto parallelo, che stabilisce il legame tra geometria e fisica, occupa un posto centrale in questi testi. 

A Roma 



Nel 1918, Levi-Civita diventò professore all'Università di Roma, dove ebbe l'opportunità di partecipare alla fondazione di una vera scuola matematica internazionale. Vito Volterra, Federico Enriques, Guido Castelnuovo e Francesco Severi furono alcuni dei matematici che animarono questa scuola. Nel corso degli anni ‘20, Levi-Civita fu il referente italiano dell’Educational Board della Fondazione Rockefeller, un'organizzazione internazionale che aiutava i giovani scienziati nel periodo tra le due guerre mondiali. Con questa posizione istituzionale, Levi-Civita e i suoi colleghi accolsero all'Università di Roma diversi borsisti, che lavoravano in varie discipline matematiche come la geometria algebrica, l’analisi funzionale, il calcolo tensoriale, l’idrodinamica e la geometria differenziale. Durante gli anni '20 e '30, molte opere ispirate alle idee di Levi-Civita apparvero sulle riviste di settore. Scritti di suoi studenti o collaboratori furono spesso comunicati da lui stesso all'Accademia dei Lincei e pubblicati nei Rendiconti


Lo scopo di molti libri sul calcolo tensoriale pubblicati dopo la formulazione della relatività generale era quello di aiutare i fisici a capire il formalismo usato da Einstein per dedurre le sue equazioni del campo gravitazionale. Al contrario, le lezioni di Levi-Civita erano rivolte ai matematici e mostravano il calcolo tensoriale da un diverso punto di vista, dove la geometria giocava il ruolo più importante. L'approccio di Levi-Civita poté essere apprezzato anche dai geometri che lavoravano nella tradizione del XIX secolo, poiché permise la riscrittura di molti concetti classici della geometria differenziale in forma tensoriale. Ad esempio, Luigi Bianchi scrisse un articolo sul trasporto parallelo di Levi-Civita e pubblicò le sue idee nell’Appendice al secondo volume delle Lezioni di geometria differenziale (1923). 


L'influenza della ricerca Levi-Civita, in generale, e in particolare quella relativa al trasporto parallelo si manifestò in vari modi: i dottorandi, borsisti post-dottorato, ma anche colleghi matematici cominciarono a utilizzare i risultati; inoltre, anche attraverso la sua corrispondenza privata, le sue idee si diffusero in tutta Europa. Giovani matematici da ogni dove studiarono per un certo periodo presso Levi-Civita grazie a una borsa Rockefeller, lavorando su problemi di geometria differenziale. Levi-Civita accolse anche colleghi stranieri, come l'americano Joseph Lipka, o giovani ricercatori già in servizio, come l'irlandese Albert Joseph McConnell. I rappresentanti della scuola rumena, come George Vranceanu e Octav Onicescu, e il matematico britannico e linguista Evan Tom Davies ottennero la loro specializzazione in matematica a Roma proprio sotto la direzione di Levi-Civita. Nella seconda metà degli anni ’20, secondo l’International Education Board, Roma era considerata il terzo centro matematico europeo, dopo Parigi e Gottinga. 

A partire dagli anni ’20 la fama del matematico italiano era indiscussa, ed egli fu invitato a congressi e conferenze in tutto il mondo. Inoltre continuò a pubblicare articoli in vari settori della matematica, come la dinamica dei fluidi e, più in generale, nella matematica applicata e nella geometria differenziale. Nel 1932 e nel 1934 i prestigiosi Seminari Hadamard furono dedicati all’opera di Levi-Civita. Nel 1933 iniziò una serie di conferenze negli Stati Uniti, nel 1935 fu a Mosca, nel 1936 tornò di nuovo Oltreoceano. A Houston dichiarò la superiorità del sistema universitario americano su quello italiano. Il console italiano chiese al Governo di prendere severe misure contro di lui, ma gli fu risposto che Levi-Civita era “troppo conosciuto” per andar oltre un richiamo ufficiale. Nello stesso anno si tenne a Oslo l’undicesimo Congresso Matematico Internazionale, ma agli scienziati italiani fu vietata la presenza, perché la Norvegia era un paese che partecipava alle sanzioni contro l’Italia a seguito della guerra coloniale contro l’Etiopia. Ciò nonostante, Levi-Civita fu nominato membro della commissione che doveva assegnare le Medaglie Fields. L’ultimo ciclo di conferenze all’estero di Levi-Civita si tenne a Lima nel 1937. 

Le leggi razziali e gli ultimi anni

Nel 1938, il governo fascista aveva emanato le infami leggi razziali, che escludevano gli ebrei dall'educazione e da qualsiasi ufficio pubblico. Levi Civita, da ebreo, dovette ritirarsi e abbandonare tutte le posizioni istituzionali. Nel 1939 Francesco Severi, collega di Levi-Civita a Roma e particolarmente vicino a Mussolini, fu incaricato dall'Accademia d'Italia di organizzare il Congresso Volta dell’ottobre 1940 per la matematica, che doveva essere dedicato alla geometria differenziale. Incominciarono a partire i primi inviti agli scienziati stranieri, naturalmente dopo aver verificato attentamente che non fossero membri della "razza ebraica". È interessante vedere come Severi, con grande zelo, evitò di invitare matematici ebrei, sia in Italia che all'estero. Infatti, Levi-Civita non fu invitato. Lo stesso anno, il 4 maggio 1939, scrisse all'ex studente Vrânceanu sulle sue condizioni dopo le leggi razziali in Italia: 
"Sono in pensione e resto immobile: non in estate, tuttavia, se le condizioni generali mi consentono una certa mobilità. Come sapete, gli ebrei sono stati esclusi da qualsiasi partecipazione alla vita culturale italiana; in particolare, quindi, non parteciperò al Congresso Volta e non sarò a Roma a settembre". 
Quando il matematico olandese Jan Arnoldus Schouten, esperto in calcolo tensoriale, ricevette l'invito dell'Accademia d'Italia, rispose all'organizzatore del congresso, il 28 febbraio 1939: 
"Saranno invitati anche ebrei e parteciperanno matematici ebrei italiani? Penso in particolare al signor Levi-Civita che, come inventore del trasporto parallelo, è uno dei co-fondatori della moderna geometria differenziale. Partecipare a un congresso sulla geometria differenziale che escluda Levi-Civita per ragioni razziali sarebbe per me assolutamente inaccettabile." 
La seconda risposta a Severi arrivò dalla Francia, da Cartan, uno dei più grandi specialisti transalpini di geometria differenziale e di teoria dei gruppi di Lie. Con Schouten aveva pubblicato diversi articoli, e conosceva la lettera dell'olandese, che lo aveva inserito tra i destinatari per conoscenza. Dopo un po' di tempo decise di partecipare al Convegno, scrivendo a Severi. 
"Ho l'onore di comunicarvi il ricevimento dell'invito che mi avete fatto avere di partecipare al IX Convegno Volta che avrà luogo a Roma il prossimo ottobre. Sono molto onorato di questo invito e vi ringrazio. Parteciperò senza dubbio a questa manifestazione, salvo eventi imprevisti, e mi farà sicuramente molto piacere passare qualche giorno con i colleghi matematici di Roma". 
Non si trattava di condivisione da parte di Cartan delle leggi razziali. La lettera del francese nascondeva in realtà un desiderio: incontrare Levi Civita, che, in quanto membro anche della Pontificia Accademia delle Scienze, poté continuare in parte la sua attività. L'anno precedente l'italiano aveva inviato al francese un articolo, e Cartan gli aveva risposto con una lettera piuttosto lunga e più personale di quanto fosse sua abitudine scrivere. Eccone un brano: 
"Fubini, che ho visto recentemente [il matematico italiano di origine ebraica era transitato da Parigi prima di recarsi esule negli Stati Uniti], mi ha detto di numerosi nostri amici matematici italiani. È inutile dirvi quali siano i miei sentimenti. Spero che la signora Levi Civita e voi siate in buona salute e abbiate approfittato delle vacanze". 
Levi Civita, che aveva letto la lettera di Schouten perché era il secondo destinatario per conoscenza, rispose a Cartan dicendo: 
"[A voi vadano] Tutti i miei ringraziamenti per la simpatia che mi esprimete a seguito delle recenti manifestazioni antisemite. Fino ad ora non so nulla di ufficiale, ma ho già saputo abbastanza, o direi piuttosto troppo, dai giornali" 
Il IX Convegno Volta alla fine non si fece, perché il primo settembre era scoppiata la guerra e molti invitati dei paesi belligeranti erano impossibilitati a partecipare. 

Negli ultimi anni della sua vita, nonostante la sua depressione morale e fisica, Levi-Civita rimase fedele all'ideale dell'internazionalismo scientifico e aiutò colleghi e studenti vittime dell'antisemitismo; grazie a lui, molti di loro trovarono posti in Sud America o negli Stati Uniti. In molte lettere a lui indirizzate, il suo aiuto risulta evidente a favore di Leo Finzi, Guido Fubini, Alessandro Terracini, Berud Steinlerger e Enrico Volterra, il figlio di Vito, che era stato suo assistente dal 1933 al 1938. 

La morte di Levi-Civita il 30 dicembre 1941 fu ignorata dal mondo accademico italiano. Era stato uno dei più eminenti professori in Italia per oltre 40 anni, fu capace di creare una scuola e una tradizione e aveva attratto studenti in arrivo da tutti i paesi. Molte persone beneficiarono della sua gentilezza e conservarono un ricordo incancellabile della sua straordinaria personalità. 

La notizia della sua morte raggiunse Parigi solo nel luglio del 1942. Poiché era membro dell'Accademia di Francia, si decise di commemorarlo il 18 settembre, con un ricordo scritto proprio da Cartan. Anche in Francia erano entrate in vigore le leggi razziali, ma un ebreo morto si poteva pur ricordarlo: 
"Fu merito di Levi-Civita l’apportare un miglioramento finale [al calcolo tensoriale] con la scoperta, nel 1917, del concetto di trasporto parallelo. Rendendo più intuitive le nozioni fondamentali del calcolo differenziale assoluto [il calcolo tensoriale], egli introdusse una teoria, fino ad allora puramente analitica, nel campo della Geometria. Ne conseguirono profonde ripercussioni sullo sviluppo della Geometria stessa".
Riferimenti principali

 Le transport parallèle fête ses 100 ans