Uno degli aspetti davvero rivoluzionari dello sviluppo della rete sono le biblioteche digitali pubbliche. Un patrimonio immenso di testi, suoni e immagini che sempre di più è reso disponibile ai nostri clic. Senza l’accesso diretto alle fonti reso disponibile da questo servizio fondamentale, ad esempio, i blog culturali (scienza, storia, arte, ecc.) non potrebbero esistere. Nella nostra attività di utilizzatori, ai quali sono risparmiati tempo, fatica ed esborsi, siamo spesso portati a sottovalutare il lungo e paziente lavoro di migliaia di persone che passano intere giornate a recuperare testi, a passare con lo scanner pagina dopo pagina, a correggere gli inevitabili errori di scansione dovuti alle piegature della carta o alle sue cattive condizioni, talvolta a preparare servizi aggiuntivi come la ricerca interna al testo o una sua versione in PDF resa in caratteri moderni. All’avanguardia in questo servizio ci sono ad esempio Gallica, versione digitale della Bibliothèque National de France, la World Digital Library, il servizio online della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti, oppure il Project Gutenberg, biblioteca di decine di migliaia di libri digitali accessibili gratuitamente, ma le biblioteche digitali sono in realtà decine, diffuse in tutto il mondo, molte di carattere generale, altre specializzate in qualche campo del sapere o su base linguistica.
Anche in Italia il prezioso e oscuro lavoro di digitalizzazione si sta sviluppando con lena, nonostante i problemi organizzativi e finanziari con i quali si devono scontrare le istituzioni culturali responsabili. Il nostro paese possiede un patrimonio librario immenso ereditato dal passato, ma è anche l’allegra nazione in cui nel presente i governi guardano alla cultura con sospetto o come un ramo da tagliare, considerando prioritarie altre scelte, come ad esempio il finanziamento delle scuole confessionali.
Tra le istituzioni italiane maggiormente impegnate nella digitalizzazione di testi antichi c’è l’Università di Bologna, con la sua biblioteca digitale Historica. Dopo un lavoro durato anni (sic), ad esempio, è finalmente disponibile online una delle opere giuridiche fondamentali del passato, il Corpus Iuris Civilis (529–534) dell’imperatore bizantino Giustiniano, che ha rappresentato per secoli la base del diritto comune europeo. L’Alma Mater bolognese ha un motivo in più di altri atenei per dichiararsi soddisfatta del risultato conseguito: il Corpus Iuris Civilis fu recuperato, studiato, glossato e conservato proprio a Bologna a partire dal XII secolo. Questa notizia me l’ha segnalata l’amico Andrea Zanni, che molti di voi conoscono con il nickname AubreyMcFato per il suo blog Questo blog non esiste. Andrea, per chi non lo sapesse, è da anni socio e oggi segretario di Wikimedia Italia nell’ambito del progetto Wikisource, che offre l’accessibilità a numerosi testi fuori dal campo di applicazione del copyright. Da qualche mese ha messo le proprie competenze al servizio dell’Università di Bologna e di Historica.
Il Corpus Iuris Civilis fu iniziato poco dopo l'ascesa al trono imperiale di Giustiniano e proseguì fino alla sua morte. È composta da:
Institutiones - opera didattica in 4 libri destinata a coloro che studiavano il diritto.
Digesta (o Pandectae) - antologia in 50 libri di frammenti estrapolati (non senza modifiche) dalle opere dei più eminenti giuristi della storia di Roma.
Codex - raccolta di costituzioni imperiali (leges) da Adriano a Giustiniano.
Novellae Constitutiones - costituzioni emanate da Giustiniano dopo la pubblicazione del Codex, fino alla sua morte.
Quest’opera monumentale è importante non solo per chi studia giurisprudenza: è ovvio che un testo che raccoglie leggi e decreti è uno specchio della società che lo esprime, ancor di più se la raccolta ha un’estensione temporale di alcuni secoli, per cui è possibile considerarla in una prospettiva storica. Il testo può essere utile anche per chi si occupa di storia della matematica. Ad esempio ci si imbatte in un curioso divieto di studiare la "matematica senza autorizzazione"! Così infatti si trova nel libro IX del Codex, quello riguardante il diritto penale, sotto il titolo De maleficiis et mathematicis et ceteris similibus (CJ.9.18.0), che recita:
(…)
CJ.9.18.2: Imperatores Diocletianus, Maximianus
Artem geometriae discere atque exerceri publice intersit. ars autem mathematica damnabilis interdicta est. * diocl. et maxim. aa. et cc. tiberio. *
(…)
CJ.9.18.5: Imperator Constantius
Nemo haruspicem consulat aut mathematicum, nemo hariolum. augurum et vatum prava confessio conticescat. chaldaei ac magi et ceteri, quos maleficos ob facinorum magnitudinem vulgus appellat, nec ad hanc partem aliquid moliantur. sileat omnibus perpetuo divinandi curiositas. etenim supplicium capitis feret gladio ultore prostratus, quicumque iussis obsequium denegaverit. * constantius a. ad pop. *
(…)
CJ.9.18.7pr.: Imperator Constantius
Etsi excepta tormentis sunt corpora honoribus praeditorum (praeter illa videlicet crimina, quae legibus demonstrantur), etsi homines magi, in quacumque sint parte terrarum, humani generis inimici credendi sunt, tamen quoniam qui in comitatu nostro sunt ipsam pulsant propemodum maiestatem, si quis magus vel magicis contaminibus adsuetus, qui maleficus vulgi consuetudine nuncupatur, aut haruspex aut hariolus aut certe augur vel etiam mathematicus aut narrandis somniis occultans artem aliquam divinandi aut certe aliquid horum simile exercens in comitatu meo vel caesaris fuerit deprehensus, praesidio dignitatis cruciatus et tormenta non fugiat. * constantius a. et c. ad taurum pp. *
Tre imperatori, Diocleziano e Massimiano, che regnarono insieme tra il 286 e il 305, rispettivamente sull’Oriente e l’Occidente dell’Impero, e Costanzo II, sul trono tra il 337 e il 361, sembrano avversare in modo radicale la geometria e la matematica, prevedendo pene severe per coloro che le insegnano o vi si applicano. I matematici sono considerati alla stregua di maghi, aruspici e impostori di ogni risma, proprio nello stesso periodo in cui, ad Alessandria, vedono la luce opere fondamentali come l’Arithmetica di Diofanto (ca. 250) o le Collectiones mathematicae di Pappo (320)! C’è evidentemente qualcosa che non va.
Ciò che non torna è che il significato delle parole cambia con il tempo. In età imperiale, con mathematica si intendevano anche le pratiche divinatorie basate sul calcolo, come la numerologia e l’astrologia, che dovevano aver fatto riscontrare in quei decenni un preoccupante successo, al pari di tutte le discipline magiche citate nei dispositivi imperiali. Non a caso il Codex la proibisce accanto ai maleficiis e altre arti magiche, probabilmente per il proliferare di ciarlatani.
Se per Cicerone il mathematicus è il matematico un po’ come lo intendiamo oggi, già in Seneca e Tacito, come assicura il dizionario di latino Castiglioni–Mariotti, mio fedele compagno da quarant’anni, è attestato il termine mathematicus nel senso di “astrologo”. In Svetonio bisogna tradurre mathematica con “astrologia”. Inoltre, un romanzo didascalico non pervenutoci dell’autore cristiano Marco Minucio Felice (seconda metà II secolo – c. 260), citato da san Girolamo, si intitolava De fato oppure Contra mathematicos, proprio contro le correnti pagane che cercavano di interpretare il destino attraverso il calcolo. Del resto, anche nel 1601, quando Keplero succedette a Tycho Brahe come mathematicus alla corte imperiale di Rodolfo II a Praga, i suoi compiti erano matematici, astronomici, ma anche astrologici.
Gli amici fedeli non tradiscono mai.
(…)
CJ.9.18.5: Imperator Constantius
Nemo haruspicem consulat aut mathematicum, nemo hariolum. augurum et vatum prava confessio conticescat. chaldaei ac magi et ceteri, quos maleficos ob facinorum magnitudinem vulgus appellat, nec ad hanc partem aliquid moliantur. sileat omnibus perpetuo divinandi curiositas. etenim supplicium capitis feret gladio ultore prostratus, quicumque iussis obsequium denegaverit. * constantius a. ad pop. *
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CJ.9.18.7pr.: Imperator Constantius
Etsi excepta tormentis sunt corpora honoribus praeditorum (praeter illa videlicet crimina, quae legibus demonstrantur), etsi homines magi, in quacumque sint parte terrarum, humani generis inimici credendi sunt, tamen quoniam qui in comitatu nostro sunt ipsam pulsant propemodum maiestatem, si quis magus vel magicis contaminibus adsuetus, qui maleficus vulgi consuetudine nuncupatur, aut haruspex aut hariolus aut certe augur vel etiam mathematicus aut narrandis somniis occultans artem aliquam divinandi aut certe aliquid horum simile exercens in comitatu meo vel caesaris fuerit deprehensus, praesidio dignitatis cruciatus et tormenta non fugiat. * constantius a. et c. ad taurum pp. *
Tre imperatori, Diocleziano e Massimiano, che regnarono insieme tra il 286 e il 305, rispettivamente sull’Oriente e l’Occidente dell’Impero, e Costanzo II, sul trono tra il 337 e il 361, sembrano avversare in modo radicale la geometria e la matematica, prevedendo pene severe per coloro che le insegnano o vi si applicano. I matematici sono considerati alla stregua di maghi, aruspici e impostori di ogni risma, proprio nello stesso periodo in cui, ad Alessandria, vedono la luce opere fondamentali come l’Arithmetica di Diofanto (ca. 250) o le Collectiones mathematicae di Pappo (320)! C’è evidentemente qualcosa che non va.
Ciò che non torna è che il significato delle parole cambia con il tempo. In età imperiale, con mathematica si intendevano anche le pratiche divinatorie basate sul calcolo, come la numerologia e l’astrologia, che dovevano aver fatto riscontrare in quei decenni un preoccupante successo, al pari di tutte le discipline magiche citate nei dispositivi imperiali. Non a caso il Codex la proibisce accanto ai maleficiis e altre arti magiche, probabilmente per il proliferare di ciarlatani.
Se per Cicerone il mathematicus è il matematico un po’ come lo intendiamo oggi, già in Seneca e Tacito, come assicura il dizionario di latino Castiglioni–Mariotti, mio fedele compagno da quarant’anni, è attestato il termine mathematicus nel senso di “astrologo”. In Svetonio bisogna tradurre mathematica con “astrologia”. Inoltre, un romanzo didascalico non pervenutoci dell’autore cristiano Marco Minucio Felice (seconda metà II secolo – c. 260), citato da san Girolamo, si intitolava De fato oppure Contra mathematicos, proprio contro le correnti pagane che cercavano di interpretare il destino attraverso il calcolo. Del resto, anche nel 1601, quando Keplero succedette a Tycho Brahe come mathematicus alla corte imperiale di Rodolfo II a Praga, i suoi compiti erano matematici, astronomici, ma anche astrologici.
Gli amici fedeli non tradiscono mai.