L’idea del sistema di numerazione in base 2, o binario, che è alla base dell’elettronica digitale e si giudica pertanto estremamente “moderna”, si mescola con visioni antiche, che ancora pervadevano l’ambiente dotto europeo alla fine del ‘600 nel quale viveva il filosofo e matematico tedesco Gottfried Wilhelm Leibniz che lo inventò. Mentre costruiva questa nuova aritmetica, Leibniz era impegnato in una gigantesca operazione intellettuale che, tra le altre cose, rivela il permanere di sogni secolari, quale il desiderio di creare una lingua filosofica perfetta, una “caratteristica universale” che, attraverso meccanismi combinatori di idee semplici potesse servire a costruire dimostrazioni (di questo aspetto non mi occuperò qui). Segno dei tempi è anche il tentativo di accostare le nuove scoperte a una sapienza pristina andata perduta, come è il caso dello
I-Ching cinese, il
Libro dei Mutamenti attribuiti al leggendario imperatore Fuxi, i cui 64 esagrammi, costituiti da linee continue o spezzate (accostabili all’unità e allo zero), affascinarono il filosofo e matematico tedesco e costituirono una tentazione troppo forte perché non ci vedesse un legame profondo.
Il primo documento scritto da Leibniz riguardante l’aritmetica binaria è il manoscritto di tre pagine De Progressione Dyadica, datato 15 marzo 1679, in cui si trovano lo schema della rappresentazione dei primi cento numeri in base 2, il metodo per passare dal sistema binario a quello decimale e viceversa, e alcuni esempi delle quattro operazioni con i numeri scritti con tale modalità (somma, sottrazione tramite l’addizione del complemento, moltiplicazione, divisione). E’ interessante notare come il sistema in base 2 e le operazioni relative vengano esposti esattamente come si fa oggi a scuola.
La moltiplicazione serve a Leibniz per descrivere l’idea della sua macchina calcolatrice basata sui numeri binari, la prima in grado di effettuare anche questa operazione:
Nel corso degli anni successivi, Leibniz torna sulla sua idea di un’aritmetica binaria, la sviluppa e la arricchisce in numerose lettere e diversi manoscritti, ma non la porta a termine, sostiene, essendo troppo occupato da altri impegni e riflessioni. Si convince tuttavia sempre di più che il suo sistema possa condurre ad afferrare verità che vanno oltre il mero aspetto numerico. Il 2 gennaio 1697, in occasione degli auguri per il nuovo anno, scrive a Rodolfo Augusto, Duca di Brunswick, dal quale sei anni prima era stato designato a dirigere la Biblioteca Augusta, proponendogli di coniare una medaglia per celebrare la propria scoperta, di cui i due dovevano aver discusso alla corte di Hannover:
“(…) Perché uno dei punti principali della Fede Cristiana, (…) è la creazione di tutte le cose dal nulla attraverso l’onnipotenza di Dio; bisogna dire che non c’è una migliore analogia, o anche una dimostrazione di tale creazione, dell’origine dei numeri come qui è rappresentata, usando solo l’unità e lo zero, o il nulla. E sarebbe difficile trovare una migliore illustrazione di questo segreto nella natura o nella filosofia; perciò ho apposto nel disegno del medaglione [le parole] IMAGO CREATIONIS.
Non è meno degno di nota che vi compare non solo che Dio creò tutto dal niente, ma anche che il tutto che Egli fece era buono; come possiamo vedere qui, con i nostri occhi, in questa immagine della creazione. Perché invece di non apparire alcun ordine o struttura, come nella comune rappresentazione dei numeri, qui al contrario sono manifesti un ordine e un’armonia meravigliosi, che non possono essere superati. Dato che la regola dell’alternanza fornisce quella della continuazione, così che si può scrivere quanto si vuole senza calcolo o con l’aiuto della memoria, se si alterna all’ultimo posto 0, 1, 0 ,1, 0, 1, ecc., mettendoli uno sotto l’altro; e poi mettendo uno sotto l’altro al secondo posto (da destra) 0, 0, 1, 1, 0 ,0, 1, 1, ecc.; nel terzo 0, 0, 0, 0, 1, 1, 1, 1, 0 ,0, 0, 0, 1, 1, 1, 1, ecc.; nel quarto 0, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 1, 1, 1, 1, 1, 1, 1, 1, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 1, 1, 1, 1, 1, 1, 1, 1, e così via. Il periodo o ciclo di cambiamento aumenta così per ogni nuovo posto. Questo ordine e bellezza armoniosi si possono vedere nella piccola tabella sul medaglione fino a 16 o 17, poiché per una tabella più grande,. diciamo fino a 32, non c’è spazio. (…)
Sto corrispondendo con il Gesuita Padre Grimaldi, che si trova attualmente in Cina, ed è anche colà presidente del Tribunale Matematico, che ho conosciuto a Roma, e che mi ha scritto da Goa durante il suo viaggio di ritorno verso la Cina. Siccome mi aveva detto che il monarca di questo potente impero era un amante dell’aritmetica e che ha imparato a far di calcolo nella maniera europea dal Padre Verbiest, il predecessore di Grimaldi, ho giudicato appropriato comunicargli queste rappresentazioni numeriche, nella speranza che questa immagine del segreto della creazione potesse servire a mostrargli ancor di più l’eccellenza della fede cristiana”.
Del medaglione, che doveva riportare sul verso il ritratto del duca (già settantenne), non se ne fece nulla. Fortunatamente il disegno ci è giunto in due versioni pubblicate rispettivamente da Johann Wiedeburg a Jena nel 1718 e da Rudolf Nolte a Lipsia nel 1734: la tabella dei numeri binari vi compare sotto una rappresentazione del sole, che la illumina con potenti raggi e dissipa l’oscurità e il caos della parte inferiore. Sopra l’astro, Wiedeburg pone la scritta UNUS EX NIHILO OMNIA, mentre Nolte riporta OMNIBUS EX NIHILO DISCENDIS e SUFFICIT UNUM. La scritta IMAGO CREATIONIS compare a fianco della tabella in Wiedeburg, sotto di essa in Nolte. L’immagine di Wiedeburg porta in fondo la scritta UNUM AUTEM NECESSARIUM sotto una riga costituita da zeri.
Nonostante l’accenno alla Cina, Leibniz agli inizi del 1697 non mette in relazione il sistema binario con gli esagrammi dell’I-Ching. Egli fa riferimento nella lettera al Duca anche a un avvenimento decisivo a questo proposito, cioè l’incontro, avvenuto a Roma nel 1689, con il padre gesuita Grimaldi, missionario a Pechino. Grazie a questa relazione, il filosofo e matematico tedesco non solo viene a conoscenza di nuove informazioni sulla Cina, ma può entrare in contatto con Bouvet e altri missionari, con i quali intratterrà una fitta corrispondenza. A seguito di questi contatti e di questi scambi epistolari, Leibniz pubblicherà nel 1697 il testo
Novissima Sinica Historiam nostri temporis illustrata, ripubblicato due anni dopo, in cui descrive i successi delle missioni cristiane presso l’imperatore, presenta lo I-Ching per primo in Europa e dà conto delle lettere scambiate con Grimaldi. L’opera induce Bouvet a scrivergli una lettera il 16 ottobre 1697, dando inizio a una corrispondenza che durerà fino al 1703.
Le lettere più interessanti per l’identificazione di una certa analogia tra la numerazione binaria di Leibniz e gli esagrammi dell’I-Ching sono quelle scritte dal tedesco il 15 febbraio 1701 e il 3 aprile 1703, e quella di Bouvet del 4 novembre 1701. Nella prima Leibniz mostra e spiega a Bouvet il suo sistema binario. Benché sia a conoscenza del
Libro delle Mutazioni e degli esagrammi in esso contenuti, egli non li mette in relazione con la scrittura binaria dei numeri. Come sostiene lo stesso Leibniz successivamente, è Bouvet a notare il legame, e, nella lettera del 4 novembre 1701, a inviargli la riproduzione circolare e quadrata degli esagrammi, che egli considera antichissimi (quattromila anni) e inventati dall’imperatore Fuxi.
Leibniz riceve la lettera solo il primo aprile 1703, s’affretta a rispondere nei due giorni successivi, ma fa anche pervenire all’Abate Jean Bignon, il 7 aprile, una dissertazione intitolata
Explication de l’arithmétique binaire, qui se sert des seuls caractères 0 et 1, avec des remarques sur son utilité, et sur qu’elle donne le sens des anciennes figures chinoises de Fohy, destinata ad essere pubblicata sul giornale dell’Accademia delle Scienze di Parigi. In quest’opera, egli fornisce una tabella dei primi 33 numeri binari e una spiegazione delle operazioni fondamentali di calcolo, ma soprattutto, mette in relazione il suo sistema con gli esagrammi cinesi.
Sebbene con questo nuovo sistema,
“non c’è più bisogno di imparare nulla a memoria (…)
, come si vede dagli esempi precedenti (…)
”, Leibniz non raccomanda di sostituire il sistema a base dieci con quello a base due, perché il primo consente una scrittura più abbreviata dei numeri. Il sistema binario rimane tuttavia una base per la scienza, perché consente nuove scoperte, soprattutto nella pratica dei numeri e in geometria.
“La prolissità dell’inizio, che fornisce in seguito il mezzo di risparmiare il calcolo, e di arrivare all’infinito secondo un ordine, è infinitamente vantaggiosa”.
“Ciò che vi è di sorprendente in questo calcolo, è che questa Aritmetica per 0 e 1 si trova a contenere il mistero delle linee d’un antico Re e Filosofo chiamato Fohy, che si crede sia vissuto più di quattromila anni fa, e che i Cinesi considerano come il Fondatore del loro Impero e delle loro scienze. Ci sono diversi figure lineari che gli si attribuiscono. Tutte si trovano in questa aritmetica, ma è sufficiente mostrare qui le Figure degli Otto Cova, come sono chiamati, che sono considerati fondamentali, e di aggiunger loro la spiegazione che è manifesta una volta che si noti in primo luogo che una linea intera — significa l’unità o 1, e poi che una linea spezzata – – significa lo zero o 0”.
Leibniz accosta gli otto trigrammi fondamentali ai primi otto numeri binari (da 0 a 7), sostituendo la linea spezzata Yin con lo 0 e la linea continua Yang con l’1 e leggendo i trigrammi dal basso verso l’alto. Combinando questi 8 trigrammi, si ottengono i 64 esagrammi che costituiscono il sistema completo dell’I-Ching.
Tuttavia “I Cinesi hanno perduto il significato dei Cova o linee di Fohy, forse da più di un millennio, e hanno scritto dei commentari su di essi, dove hanno cercato non so quali significati reconditi. C’è voluto che la vera spiegazione ora venisse loro dagli Europei”.
Leibniz spiega le circostanze con le quali padre Bouvet gli ha suggerito il legame tra il sistema a base 2 e i 64 esagrammi, “decifrando l’enigma di Fohy con l’aiuto di quanto gli avevo comunicato. E poiché queste figure sono probabilmente il più antico monumento della scienza che esista al mondo, questa restituzione del loro significato, dopo un così grande intervallo di tempo, apparirà pertanto più curiosa”.
La dissertazione si conclude con l’affermazione che anche nei caratteri della scrittura cinese, che la tradizione dice inventati dallo stesso Foxi, per quanto alterati dal tempo, sia possibile trovare ancora qualcosa di considerevole riguardo ai numeri e alle idee. Anche da essi potrebbe essere ricavato ogni tipo di ragionamento “attraverso qualche maniera di calcolo, che sarebbe uno dei più importanti mezzi di aiutare lo spirito umano”. Come si vede, Leibniz rifugge da ogni considerazione mistico-divinatoria degli esagrammi dell’I-Ching (e degli ideogrammi), ma continua ad essere allettato da un loro possibile impiego filosofico-combinatorio.