Durante gli ultimi anni della sua vita, Christiaan Huygens (1629-1695), uno dei padri fondatori della fisica e dell'astronomia moderne, lavorò a un "trattato filosofico", il Cosmotheoros, indirizzato al fratello Constantijn, che conteneva le sue speculazioni sulla costituzione dell'universo e sull'abitabilità dei pianeti così come potevano essere dedotte dalle sue osservazioni e da quelle di altri astronomi. Cosmotheoros significa qualcosa come osservatore del cosmo; κόσμος è il mondo o l'universo, in particolare, se visto come un sistema ordinato e armonioso, mentre θεωρός significa spettatore, una parola che ha originato sia “teoria” che “teatro”. Si trattò del primo lavoro del genere basato su conoscenze scientifiche recenti piuttosto che su congetture filosofiche o argomentazioni religiose. Alcune delle sue idee ora sembrano bizzarre o ingenue, ma sotto altri aspetti Huygens era ammirevolmente illuminato.
Sebbene inizialmente avesse pianificato di scrivere quest'opera in francese, in seguito decise di pubblicarla invece in latino, lingua franca degli intellettuali dell’epoca. Huygens terminò il suo manoscritto nel gennaio 1695 e scrisse a Constantijn di aver trovato anche un editore. Il 4 marzo scrisse a Constantijn che le prime pagine erano già state stampate ma che lo stampatore non era andato oltre. Tuttavia, la salute di Christiaan si stava rapidamente deteriorando e l'8 luglio morì. Nel suo testamento, redatto il 23 marzo, aveva chiesto al fratello Constantijn di pubblicare l'opera solo dopo la sua morte, temendo la censura di «coloro la cui ignoranza o zelo è troppo grande».
Sfortunatamente, i doveri di Constantijn come segretario del
re olandese d’Inghilterra, Guglielmo III d’Orange, richiedevano spesso la sua
presenza a Londra e la stampa del libro procedeva lentamente. Anche Constantijn
morì (il 12 novembre 1697) prima che fosse terminato e le ultime fasi della
stampa furono supervisionate da Burchard de Volder, professore di matematica e
fisica di Leida.
Poco dopo la pubblicazione dell'edizione latina del Cosmotheoros da parte dell'editore dell'Aia Adriaan Moetjens (1698), apparvero traduzioni in inglese (1698) e in olandese (1699). Negli anni successivi apparvero anche le versioni in francese (1702), tedesco (1703) e russo (1717).
Naturalmente i filosofi avevano sempre pensato all'esistenza
della vita oltre la Terra. Aristotele lo escluse, credendo che la Terra fosse
unica e che gli altri corpi celesti fossero pure entità geometriche. Ma gli
atomisti, tra cui Democrito ed Epicuro, accettarono la nozione di una pluralità
di mondi, un po' sull'analogia delle particelle di materia di vario genere
esistenti in mezzo al vuoto. I pensatori medievali ripresero questo dibattito,
ma poterono solo aggiungervi le proprie preoccupazioni sulle implicazioni di un
punto di vista o dell'altro per la dottrina della chiesa, il che non produsse
nulla per promuoverlo.
La rivelazione che nel sistema solare c'erano ancora più
corpi di quelli conosciuti fin dall'antichità, avvenuta con la scoperta da
parte di Galileo di quattro lune di Giove nel 1610, aggiunse una nuova
dimensione inaspettata alla discussione. E quando Huygens scoprì il primo
satellite di un altro pianeta, Saturno, nel 1655, l'equilibrio della discussione
sembrò cambiare di nuovo.
Huygens raggiunse la fama per la scoperta del primo satellite di Saturno (poi chiamato Titano) e dell'anello del pianeta (in seguito si vide che erano più anelli) e come creatore del primo accurato orologio a pendolo. Inventò anche numerosi altri dispositivi, tra cui una "lanterna magica", una sorta di proiettore di diapositive primitivo, e diede importanti contributi alla matematica, in particolare nei campi della geometria e della probabilità, e introdusse formule matematiche come mezzo per esprimere la relazione tra quantità come velocità e massa nei problemi di fisica.
Christiaan Huygens fu un bambino precoce: costruiva piccole
macchine e si divertiva a risolvere enigmi matematici, tanto che la gente
cominciò a chiamarlo "l'Archimede olandese". Rifiutò la vita di
cortigiano e diplomatico perseguita dal padre e dai fratelli, e presto si
distinse in fisica, matematica e astronomia. Dopo le sue scoperte su Saturno e
gli orologi, i suoi esperimenti con oggetti in movimento lo portarono alla
conclusione che tutto il movimento è solo relativo (idea che in seguito
guadagnò l'ammirazione di Einstein). Negli anni '70 del Seicento, ideò una
teoria della luce basata sulle onde che era sostanzialmente corretta, ma fu
trascurata per quasi 150 anni fino a quando non fu confermata dagli
esperimenti.
Come molti intellettuali, Huygens non era certo un
nazionalista. Cercò di adattare i suoi orologi a pendolo con l'obiettivo di
poter calcolare la longitudine in mare in collaborazione con inventori
scozzesi. Scambiò idee sulla pompa ad aria utilizzata per studiare le proprietà
del vuoto con l'irlandese Robert Boyle. Si trovò coinvolto in una brutta
disputa con l'inglese Robert Hooke sull'invenzione della spirale del bilanciere
per regolare il cronometraggio degli orologi portatili. Confrontò i progetti di
telescopi e le osservazioni planetarie con il polacco Johannes Hevelius e
l'italiano Giovanni Domenico Cassini. Insegnò matematica al giovane filosofo
tedesco Gottfried Leibniz (prima che lo studente superasse il maestro e
inventasse il Calculus).
Nel 1663, Huygens divenne il primo straniero ad essere
ammesso nella Royal Society. Più
significativamente, fu determinante nel fondare nello stesso periodo
l'Accademia francese delle scienze, rendendolo "il leader riconosciuto
della scienza europea", secondo un suo biografo.
La scoperta dell'anello di Saturno da parte di Huygens nel 1656
richiese anni di paziente osservazione del pianeta utilizzando un telescopio di
sua progettazione (per il quale Christiaan e suo fratello Constantijn
rettificarono persino le lenti). Durante questo periodo, la forma apparente del
pianeta era cambiata, portando a molte interpretazioni della sua forma. Fu la
potente ottica di Huygens, insieme al suo senso matematicamente informato di
ciò che era fisicamente più probabile, che lo condusse alla corretta
interpretazione.
Le sue prime speculazioni sulla vita sui pianeti risalgono a
questo periodo. Scrivendo dell'anello nel suo trattato su Saturno, aggiunse con
apparente indifferenza una frase sugli “effetti che l'anello che li circonda
deve avere su coloro che lo abitano”. Dalle successive lettere al fratello,
sembra che Christiaan discusse liberamente tali questioni con Constantijn
mentre erano insieme al telescopio, anche se ci vollero altri quarant'anni
prima che i suoi pensieri apparissero sulla stampa.
A quel tempo, Cassini aveva individuato altre quattro lune
di Saturno oltre al Titano di Huygens e alle quattro "stelle medicee"
che Galileo aveva scoperto in orbita attorno a Giove nel 1610. Il sistema
solare cominciava a sembrare molto diverso da quello inteso dagli antichi greci
o anche da astronomi di una o due generazioni prima, come Galileo o Keplero.
Sebbene gli atomisti avessero anticipato che c'era una
pluralità di mondi sia all'interno del sistema solare sia forse al di là di
esso, erano divisi sulla questione di come fossero questi mondi. Accettavano
che alcuni potessero essere abitati da creature viventi di vario genere, mentre
altri potevano essere privi di vita e di acqua. Pitagora, ad esempio, credeva
che la luna fosse abitata da animali più grandi e piante più belle di quelle
sulla Terra, mentre altri sostenevano che era sterile.
Gli studiosi medievali si sentivano in dovere di considerare
questi argomenti nel contesto della creazione di Dio. Nel 1318-9, Guglielmo di
Ockham tenne conferenze a Oxford affermando la sua convinzione che "Dio
potrebbe rendere un altro mondo migliore di questo e distinto in specie da
esso". Ma le sue idee suscitarono tale opposizione che non gli fu concessa
la laurea. Un secolo dopo, Nicola Cusano si spinse oltre, supponendo che almeno
qualche specie altrove sarebbe stata superiore all'uomo, ma che tuttavia tutte
dovevano la loro origine a “Dio, che è centro e circonferenza di tutte le
regioni stellari”.
Due grandi rivelazioni, entrambe così vaste nelle loro
implicazioni che impiegarono più di un secolo a penetrarvi, diedero un nuovo
impulso a queste speculazioni nel XVI secolo. La prima fu la teoria
eliocentrica del sistema solare di Copernico, che declassò la Terra a uno
status pari a quello degli altri pianeti. La seconda è stata la scoperta
europea delle Americhe, che ampliò le idee sulla diversità delle specie che ci
si potrebbe aspettare di trovare su nuovi mondi.
Questi sconvolgimenti concettuali scatenarono un’ondata di
letteratura fantasiosa sulla vita su altri mondi che non dipendeva né dalle
ortodossie scolastiche né da osservazioni astronomiche aggiornate. L'avvento
del telescopio portò a una messa a fuoco più nitida di queste congetture. La
scoperta che la Luna non era una sfera pura, ma segnata da catene montuose come
la Terra, incoraggiò il religioso e matematico John Wilkins, ad esempio, a
dedurre in The Discovery of a World in
the Moone (1638) che anche lassù vi potevano essere abitanti.
Keplero credeva che tutti i tipi di corpi celesti - pianeti,
lune e persino soli - potessero avere abitanti, sulla base di osservazioni
astronomiche simili. Andò oltre gli autori precedenti usando la sua conoscenza
delle leggi fisiche (presumibilmente operanti universalmente) per considerare
la forma che questi esseri potrebbero assumere. Sulla Luna avrebbero “un corpo
e una durezza di temperamento di gran lunga più grandi del nostro”, scrisse, a
causa della lunghezza dei giorni e delle temperature estreme.
Nel Somnium,
prototipo di novella di fantascienza (il titolo significa “Il Sogno”) in cui il
protagonista viene rapito dai demoni e portato sulla Luna, Keplero si dilungò
sulla natura degli abitanti della Luna, dividendoli in due gruppi a seconda di
chi viveva nel lato oscuro o nel lato illuminato. Questi ultimi considerano
naturalmente la Terra come la loro Luna, e Keplero diede un'impressione
scientificamente informata di come apparirebbe la Terra dal suo satellite.
Tuttavia, Somnium non è una piacevole
lettura, preoccupato com'è principalmente del confronto dei periodi orbitali e
di altre variabili astronomiche sui due corpi celesti.
Il principale stimolo all'azione di Huygens fu probabilmente
un'altra opera, Entretiens sur la
pluralité des mondes, dello scrittore Bernard le Bovier de Fontenelle,
pubblicata nel 1686. Esso si sviluppava nella forma di un dialogo tra
un'ingenua marchesa e un saggio filosofo. Scritto in francese semplice, in modo
da attrarre coloro che non avevano alcuna conoscenza scientifica, e in
particolare le lettrici, offriva un'introduzione alle attuali teorie
astronomiche, nonché una visione giocosa della vita sulla Luna, sui pianeti e
sulle stelle oltre il nostro sistema solare.
Sebbene non sia stato concepito come l'opera di Fontenelle,
il Cosmotheoros è la sua
corrispondenza in termini letterari, essendo, secondo lo scrittore di scienze
Philip Ball, anche il "primo tentativo di esaminare in modo scientifico
rigoroso la vita su altri mondi, senza andar contro le Scritture”. La serietà
d'intenti di Huygens è evidente dal fatto che considerava l'opera come un solo
volume di un mai realizzato “libro dei pianeti”. Scriveva in latino per attrarre
un pubblico colto (e il fatto che sia stato rapidamente tradotto nelle lingue
parlate mostra che raggiunse ben oltre questo pubblico di destinazione).
Parte dello scopo di Huygens era confutare lo studioso
gesuita tedesco Athanasius Kircher, che aveva pubblicato il suo dialogo mistico
sui viaggi spaziali, Itinerarium
exstaticum, nel 1656, che Huygens aveva letto notando che ometteva tutto
ciò che egli riteneva probabile sugli altri pianeti, mentre includeva “una gran
massa di cose oziose e irragionevoli”. Huygens aveva più considerazione per
altri autori. Citò Nicola da Cusa, Tycho Brahe, Giordano Bruno e Keplero,
sebbene essi, a suo avviso, avessero osato troppo poco riguardo alle forme che
la vita extraterrestre avrebbe potuto assumere.
Huygens sviluppò la sua argomentazione ragionando in base
alla probabilità. Cominciò: “Un Uomo che
è dell'Opinione di Copernico, che questa nostra Terra è un Pianeta, portata in
giro e illuminata dal Sole, come il resto dei Pianeti, non può non pensare a
volte, che non è improbabile che il resto dei Pianeti ha (...) forse anche i
suoi Abitanti.” La frase chiave qui è “non improbabile”, rifacendosi alle
sue ricerche sulle probabilità statistiche. Perché, come avvertiva i suoi
lettori: “Non posso pretendere di
asserire nulla come positivamente vero (perché è possibile), ma solo avanzare
una probabile Ipotesi, la cui verità ciascuno è libero di esaminare".
Ad esempio, pensava che fosse molto improbabile che ci fosse
un'atmosfera sulla Luna, e così escluse il tipo di vita lì immaginato da
Keplero e Wilkins. Ma approvò l'idea della vita sui pianeti all'interno del
nostro sistema solare e nei sistemi solari che circondano altre stelle. Così
argomentava, ad esempio, riguardo a Giove e Saturno:
“Se il loro Globo è diviso come il nostro, tra Mare e Terra, evidente com'è, (da dove altro potrebbero venire tutti quei vapori di Giove?) abbiamo ottime ragioni per concedergli l'Arte della Navigazione. [...] Specialmente considerando i grandi vantaggi che Giove e Saturno hanno per navigare, nell'avere tante Lune per dirigere il loro corso, con la cui guida possono facilmente raggiungere la conoscenza, di cui non siamo padroni, della Longitudine dei luoghi. E quale gran quantità di altre cose segue da questa ipotesi? Se hanno navi, devono avere vele e ancore, funi, carrucole e timoni, che sono di particolare utilità nel dirigere la rotta di una nave contro il vento e nel navigare in modi diversi con la stessa burrasca”.
Il nostro pianeta è solo uno dei tanti, e non gode di alcuna
considerazione speciale se non dal fatto accidentale che ci capita di essere i
suoi abitanti. Questo principio può essere facilmente generalizzato. Quindi, il
nostro Sole non è che una stella tra molte altre, e se il nostro Sole ha un
sistema planetario, l'assunto ragionevole è che debba essere così perché tali
sistemi sono comuni, e quindi si trovano comunemente anche altrove:
“Perché allora perché ognuna di queste stelle o soli non può avere un seguito così grande come il nostro Sole, di pianeti, con le loro lune, per servirli? Non c'è una ragione evidente per cui non dovrebbero. Perché immaginiamo di essere posti alla stessa distanza dal Sole e dalle stelle fisse; non dovremmo quindi percepire alcuna differenza tra loro”.
I suoi pensieri sulla probabile natura di ciascun pianeta
erano basati su ciò che si poteva apprendere su di essi attraverso un
telescopio. Sosteneva che se si potesse dimostrare che un pianeta è simile alla
Terra, allora aumenterebbero notevolmente le possibilità che lo fossero anche
degli altri, una logica che guida ancora la ricerca di intelligenza
extraterrestre. Usando le prove che aveva della distinzione di un pianeta da un
altro - in termini di dimensioni, distanza dal Sole, lunghezza dei giorni e
aspetto - fu in grado di arricchire la visione della vita extraterrestre che
presentava ai suoi lettori.
Le idee di Huygens su piante e animali si basavano su
proiezioni ragionevoli di ciò che allora si sapeva esistere sulla Terra,
recentemente ampliate dalle notizie di specie esotiche riportate in Europa
dalle navi degli esploratori. Meravigliandosi della ricchezza e dell'idoneità
delle specie "così esattamente adattate" alla vita sulla Terra,
sostenne che non dobbiamo negare questa abbondanza ad altri pianeti:
“Ora, se concedessimo ai Pianeti nient’altro che vasti deserti, ceppi e pietre senza vita e inanimati, e li privassimo di tutte quelle Creature che più chiaramente mostrano il loro Divino Architetto, li dovremmo collocare sotto la Terra in bellezza e dignità; una cosa che nessuna ragione permetterà”.
Huygens trovava assurdo pensare che corpi celesti così vasti
fossero stati messi lì dal creatore semplicemente per permetterci di
"sbirciare attraverso un telescopio".
Che forma potrebbe prendere questa vita? Basandosi sulle
nuove informazioni che le specie americane sono diverse, ma abbastanza simili a
quelle del Vecchio Mondo, Huygens presumeva una somiglianza generale con le
specie terrestri. Ma tenne in considerazione le diverse condizioni fisiche che
possono prevalere su altri pianeti. L'atmosfera potrebbe essere più densa, ad
esempio, il che si adatterebbe a una maggiore varietà di creature volanti.
Anche la gravità potrebbe essere diversa, anche se non fornisce stime della
forza gravitazionale comparata su ciascuno dei pianeti, e in ogni caso
respingeva l'idea di una semplice correlazione tra le dimensioni di un pianeta
e la scala della sua flora e fauna.
Sorprendentemente, suggeriva che esseri intelligenti [i
Planetari] potrebbero non essere uomini, ma altri tipi di "Creature dotate
di Ragione". Alcuni pianeti, infatti, potrebbero essere in grado di
ospitare diverse specie di "Creature razionali in possesso di diversi
gradi di Ragione e Senso":
“La ragione [dei Planetari] deve essere esattamente la stessa, e procedere allo stesso modo per
lavorare come la nostra, e che ciò che è vero in una parte sarà vero per
l'intero Universo; sicché tutta la differenza deve risiedere nei gradi di
conoscenza, che saranno proporzionali al genio e alla capacità degli abitanti”.
La natura della ragione e della moralità sarebbe la stessa
che sulla Terra. Queste creature sarebbero socievoli e avrebbero case per
ripararle dalle intemperie. Huygens era meno sicuro sul loro aspetto. Voleva
indicare che potrebbero non essere umanoidi, eppure, disse, sicuramente devono
avere mani e piedi e stare in piedi. La sua visione della loro biologia si
basava sui requisiti che impongono queste menti simili, primo fra tutti la
capacità di manipolare:
“… bisogna per forza dar loro le mani, o qualche altro membro, come conveniente per tutti quegli usi, invece di [mani] [...] senza il loro aiuto e assistenza gli uomini non potrebbero mai arrivare al miglioramento delle loro menti nella Conoscenza naturale”.
Quali "altri membri" potrebbero esserci che
servono per scopi simili?
“Diamo loro una proboscide di elefante? È vero, queste Bestie [. . .] possono compiere tali mirabili imprese con essa, che non è stata chiamata molto impropriamente la loro Mano, sebbene in effetti non sia altro che un Naso un po' più lungo dell'ordinario. Né gli uccelli mostrano meno arte e tecnica nell'uso dei loro becchi per prendere il loro cibo e [costruire] la meravigliosa architettura dei loro nidi”.
Tuttavia, forse per mancanza di immaginazione, Huygens
trovava la mano umana molto più eccellente. Sembrava troppo desideroso di
dotare i suoi esseri alieni di una postura simile a quella umana, per motivi
abbastanza poco convincenti:
“La statura e la forma degli uomini [sono] così opportunamente adattate ai loro usi definiti, che non è senza [...] probabilità che i Planetari abbiano Occhi e Volto dritti, come noi, per la più comoda e facile Contemplazione e Osservazione delle Stelle”.
Huygens si affrettava a sottolineare che ciò non comporta...
“… che devono avere la nostra stessa forma. Perché c'è una tale infinita varietà possibile di Figure da immaginare, che [la loro anatomia e fisiologia] può essere ben distinta e diversa dalla nostra. Con che calore e convenienza alcune Creature sono vestite di Lana, e con che finezza altre sono addobbate e adornate di Piume?”
Huygens considerava persino i crostacei...
“... la cui carne è come all'interno delle loro ossa. E se i Planetari dovessero essere tali? O no, dirà qualcuno, sarebbe uno spettacolo orribile [...] Non mi commuoverei affatto della loro brutta forma, se non fosse che così sarebbero privati di quel rapido e facile movimento delle loro Mani e delle Dita, che è così utile e necessario per loro”.
È la funzionalità e la versatilità delle mani o di organi
manipolatori simili che interessa principalmente a Huygens. Il nostro giudizio
estetico soggettivo non dovrebbe entrarci.
Huygens rifiutava l'idea, allora popolare, che gli alieni
senzienti debbano assomigliare esattamente a noi perché Dio li avrebbe fatti
anche loro a sua immagine, come ha fatto noi, il che implica che tutti i figli
di Dio devono assomigliarsi. Egli era invece del parere che
l'"immagine" in cui gli esseri umani sono simili a Dio non dovrebbe
essere presa nel senso letterale di apparenza esteriore, ma in quello di
disporre di doti divine come la ragione, la moralità e il senso di giustizia.
Consentire che altri pianeti potessero essere abitati era di
per sé una proposta audace da una prospettiva religiosa, poiché i Planetari
erano eternamente condannati, in assenza di un patto con Dio mediato da Cristo,
a meno che il sacrificio sul nostro pianeta non si estendesse a tutta la vita
intelligente nell'universo. In alternativa, i mondi alieni avrebbero ricevuto
ciascuno la propria incarnazione di Cristo. Per noi, questa non è forse un'idea
terribilmente grottesca, anche se è vero che è un'altra diminuzione
dell'importanza cosmica degli eventi sul pianeta Terra. Tuttavia, nel XVI
secolo, poteva esserci un solo Cristo (Unus
est Filius Dei...). Nonostante il suo atteggiamento lungimirante, Huygens
ammette di...
“… non potere senza orrore e impazienza sopportare qualsiasi altra figura per l'abitazione di un'Anima ragionevole. Perché quando rappresento alla mia immaginazione o ai miei occhi una creatura simile a un uomo in ogni cosa, ma che ha un collo quattro volte più lungo e un grande disco rotondo, occhi cinque o sei volte più grandi e più distanti, non posso guardare su non senza la massima avversione, anche se allo stesso tempo non posso dare conto della mia Antipatia”.
Cresciuti come siamo su immagini di fantascienza, potremmo
essere riluttanti a condividere questa avversione, o forse Huygens ha
semplicemente immaginato più acutamente e più sinceramente l'orrore che
comporterebbe effettivamente incontrare tali alieni "nella carne". In
epoca tardo-medievale, l'immaginario fantastico era evocato nella
rappresentazione degli abitanti dell'inferno, e creature quasi umane sfigurate
da tratti grotteschi, del tipo immaginato qui da Huygens, erano un punto fermo
dei racconti di paesi lontani o di alto mare; questa immagine è rimasta
notevolmente simile, poiché si è spostata gradualmente dall'inferno e dagli
abitanti di Terrae Incognitae agli
extraterrestri.
Huygens poi rivolgeva la sua attenzione all'intelligenza e
alla tecnologia. I suoi esseri planetari avrebbero sicuramente la scienza, e in
particolare l'astronomia, poiché si diceva che questo studio fosse sorto come
conseguenza della paura delle eclissi, che si sarebbero verificate anche su
altri pianeti. Avrebbero senza dubbio alcune delle nostre invenzioni, “eppure
che le abbiano tutte non è credibile”. In particolare, Huygens non poteva
credere che possedessero telescopi, poiché considerava così belli quelli che
aveva usato lui stesso che altre intelligenze non sarebbero state in grado di
eguagliarli. Invece, attribuiva agli abitanti dei pianeti una vista naturale di
gran lunga superiore alla nostra.
Nel 1600 Giordano Bruno era stato messo al rogo in Campo de'
Fiori a Roma dall'Inquisizione per molte eresie, compresa la sua insistenza
sulla pluralità dei mondi potenzialmente abitati. Un secolo dopo, Huygens era
al sicuro da un simile destino. Tuttavia, cercò di prevenire qualsiasi critica
da parte della chiesa, precisando che il cielo e la terra a cui si fa
riferimento nelle Scritture devono applicarsi alla totalità dell'universo e non
esclusivamente al pianeta Terra. Rifiutò di concedere all'uomo un posto speciale
nella Creazione.
Il Cosmotheoros
godette di un lungo periodo di popolarità durante il diciottesimo secolo e le
idee di Huygens sulla vita sui pianeti e in altri sistemi solari divennero
importanti per Immanuel Kant nella Storia
naturale universale e teoria dei cieli del 1755. La scoperta di Urano da
parte di William Herschel nel 1781 vide un'ulteriore ondata di interesse, ma da
allora in poi gli astronomi iniziarono a evitare l'argomento, e l'opinione
successiva fu meno interessata all’opera più speculativa di Huygens.
Recentemente, tuttavia, il Cosmotheoros è stato rivalutato dagli storici della scienza, i
quali riconoscono che è stato in primo luogo l'abbraccio dell'incertezza di
Huygens a dargli la licenza per esplorare l'argomento. Questa non era affatto
una tendenza condivisa da tutti ai tempi di Huygens.
Oggi si può vedere una grande qualità di Huygens nella
volontà di farsi guidare da considerazioni probabilistiche, in particolare dal
principio di indifferenza (o di ragione insufficiente: insufficiente, cioè, per
assumere qualcosa di diverso dall'equiprobabilità). Per non cadere nell'errore
di argomentare per ignoranza, dobbiamo assicurarci che i vari risultati o
opzioni siano sullo stesso piano, ed è ciò che Huygens cercò accuratamente di
fare nelle sue speculazioni. Dopo aver stabilito i fondamenti matematici della
probabilità, nessuno era in una posizione migliore per estendere i suoi
precetti alla riflessione sulle questioni della scienza. Se non c'è motivo di
preferire un'ipotesi alle alternative, è sufficiente attribuire la stessa
probabilità a tutte. Farlo non era una resa all'irrazionalità, ma un modo per
aprire nuove porte al pensiero creativo. Come scrisse nel Cosmotheoros: “è una Gloria
arrivare alla Probabilità, e la ricerca stessa ricompensa le pene. Ma ci sono
molti gradi di probabile, alcuni più vicini alla verità di altri, nella cui
determinazione sta l'esercizio principale del nostro giudizio”.
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