lunedì 29 ottobre 2018

Parla il gatto di Schrödinger


Sono un gatto, ma non ho mai provato una poppata dalla mamma, a fare le fusa per una carezza umana, a saltare per cacciare una lucertola o un uccello. In realtà queste cose dovrebbero appartenermi, perché sono nato fornito di ricordi fittizi di un passato inesistente. La verità è che come gatto sono piuttosto strano, e non posso neanche lamentarmi di una sorte che mi consente di vivere senza lettiera, senza pappa e acqua, senza luce, o, meglio, illuminato dal debole bagliore fosforescente di una piccola macchina che contiene una scaglietta di chissà che cosa, ma che nel mio intimo felino trovo abbastanza sinistro. Sono il protagonista di un esperimento mentale, nato dai neuroni di Erwin e costretto a vivere in una scatola per un tempo indefinito, senza sapere se, quando qualcuno aprirà il coperchio, sarò ancora vivo oppure no. In ogni caso ci sarò, perché ciò che è, è per sempre, anche se è stato solo pensato. Sono come l’Ippogrifo di Orlando, come il grifone di Alessandro. Sono il gatto di Schrödinger. 

Il mio orizzonte è limitato: una scatola d’acciaio a forma di parallelepipedo, una parete quasi quadrata, dove è incastrata la macchinetta che vi dicevo, prossima a un congegno che la collega con un martelletto a una seconda fialetta dove è contenuto un gas di cui indovino, grazie ai miei occhi di gatto, un colore vagamente bluastro. Un coperchio come soffitto, saldamente serrato, perché resiste al rullare delle mie zampe artigliate. Null'altro. Erwin non ha neanche pensato a un foro per fare penetrare dell’aria per respirare, confidando che come gatto mentale non ne ho bisogno, ideandomi come immortale finché “morte” non sopravvenga. La cosa strana è che, finché penso, posso dire cartesianamente di esserci, ma, essendo il parto di una mente, potrei continuare a pensare anche senza essermi accorto di essere morto per questo mondo. Sono sempre e comunque il gatto di Schrödinger.

Non sono nato per un capriccio improvviso o per un’intuizione repentina. Erwin è giunto a me dopo una lunga corrispondenza con Albert, con il quale condivide lo scetticismo per la casualità che rimproverano alla meccanica quantistica. All'inizio aveva pensato a una fabbrica di esplosivi, il cui catastrofico scoppio doveva essere affidato al capriccio del caso. Poi gli sono venuto in mente io, magari, e lasciatemi scherzare, annunciato da un angelo soriano con le vibrisse e con le orecchie a triangolo. In fondo sono un gatto, anche se sono quello di Schrödinger. 

L’idea di Erwin è poi diventata famosa e io, che sono della stessa natura dei suoi neuroni e partecipo delle sue sinapsi, ve la posso brevemente esporre. «Si rinchiuda un gatto (che poi sarei io) in una scatola d'acciaio insieme alla seguente macchina infernale (che occorre proteggere dalla possibilità d'essere afferrata direttamente dal gatto): in un contatore Geiger si trova una minuscola porzione di sostanza radioattiva, così poca che nel corso di un'ora forse uno dei suoi atomi si disintegrerà, ma anche, in modo ugualmente probabile, nessuno; se l'evento si verifica il contatore lo segnala e aziona un relais di un martelletto che rompe una fiala con del cianuro. Dopo avere lasciato indisturbato questo intero sistema per un'ora, si direbbe che il gatto è ancora vivo se nel frattempo nessun atomo si fosse disintegrato, mentre la prima disintegrazione atomica lo avrebbe avvelenato. La funzione ψ dell'intero sistema porta ad affermare che in essa il gatto vivo e il gatto morto non sono degli stati puri, ma miscelati con uguale peso». Cioè, in pratica, la mia vita dipende dall'eventuale e casuale decadimento di un atomo radioattivo. Se l’evento si verifica, un dispositivo elettrico aziona il martelletto che rompe la fiala con l’acido cianidrico e io muoio. Se l’atomo non decade, io continuo a essere vivo, sebbene rinchiuso in questa scatola d'acciaio. Nel frattempo, nessuno al di fuori della scatola può dire, prima di aprire il coperchio, se sono vivo o morto: sono parte di un sistema caratterizzato da una sovrapposizione di stati, ugualmente probabili in un intervallo di tempo, che Erwin rappresenta con la funzione d’onda ψ. Sono contemporaneamente vivo e morto, anche se un animale non può essere contemporaneamente vivo e morto. È per questo paradosso che sono diventato famoso come “il gatto di Schrödinger”. 

Non ho ancora detto perché Erwin, invece di scrivere una poesia o risolvere un cruciverba, mi ha creato in funzione del suo esperimento mentale. Erwin, come ho già accennato, è un fisico, un fisico quantistico, uno dei più bravi. Ora, questi umani si occupano di ciò che accade ai costituenti più piccoli della materia, che possono essere considerati contemporaneamente delle particelle e delle onde. Mentre nella meccanica classica, quella di Galileo, di Newton e di Laplace, tutte le grandezze possono assumere un insieme di valori continuo, nella meccanica quantistica è possibile che alcune grandezze assumano solo un insieme discreto di valori multipli di un valore fondamentale, che non si può scomporre a sua volta e viene detto “quanto”. Ad esempio, se devo salire una scala, non posso fare i salti che voglio, ma devo rispettare l’altezza dei singoli gradini. Posso anche saltare due o tre gradini, ma mai mezzo gradino o un gradino e mezzo. L’altezza del gradino è il quanto dell’altezza della scala. Allo stesso modo, l’energia posseduta da un elettrone dentro un atomo può essere solo un multiplo intero di una determinata quantità, parola di gatto che lo sa perché è il gatto di Schrödinger.

Nel mondo dei quanti, poi, spesso non valgono le regole della fisica classica. Se, a livello macroscopico, nelle nostre case, nei laboratori, un oggetto può essere misurato in ogni suo aspetto fisico con la precisione resa possibile dagli strumenti, se ci sono due porte per andare in un’altra stanza, esso passa da una porta o dall'altra, ma non da tutte due (il suono, che è un’onda, può farlo, ma una pallina da tennis no), in quello dei quanti non succede così. Nel mondo dei quanti, dove le particelle sono anche onde, se voi umani sparate delle particelle verso uno schermo con due fenditure, non saprete mai dove una singola particella è passata, anche se esse alla fine disegnano su uno schermo bersaglio la stessa figura di interferenza che lascerebbe un’onda. Anche se mediamente certi fenomeni possono essere previsti con una buona accuratezza (entro certi limiti insuperabili), molte piccole cose avvengono per caso, e questa cosa di non poter prevedere l’esito di una certa misura effettuata in un dato momento in un dato sistema, a molti fisici non va giù. Albert, l’amico di Erwin, ha detto che Dio non gioca a dadi con l’universo. Io, da bravo gatto, non mi preoccupo di questo signor Dio, ma so che, nel nostro mondo, come ha scritto Henri Poincaré, “Una causa piccolissima che sfugga alla nostra attenzione determina un effetto considerevole che non possiamo mancare di vedere, e allora diciamo che l’effetto è dovuto al caso. (…) La previsione diventa impossibile e si ha un fenomeno fortuito”. La nostra incertezza sulla probabilità che si verifichi un evento è dovuta al fatto che non conosciamo il valore di tutte le variabili del sistema, è una probabilità soggettiva, «epistemica», cioè legata a una nostra mancanza di conoscenza. Se qualcuno si stupisce del fatto che io conosca Poincaré, si ricordi che non sono un gatto qualsiasi, ma sono il gatto di Schrödinger. 

Nel mondo dei quanti, invece, la descrizione completa dello stato di un qualunque sistema di particelle è data da una formula che si chiama equazione di Schrödinger, perché l’ha inventata proprio Erwin. Essa descrive la funzione d’onda ψ, un ventaglio di possibilità di cammini nel tempo di un vettore in uno spazio complesso e astratto (spazio di Hilbert), fatto di infinite dimensioni, che alcuni fisici definiscono "spazio delle possibilità". Il suo modulo, elevato al quadrato, rappresenta l’ampiezza di probabilità associata al sistema. La funzione d’onda non ha un significato fisico diretto, ma è solo uno strumento di calcolo. Come tutti i vettori, le funzioni d’onda si possono sommare e moltiplicare secondo regole conosciute. La funzione d’onda ci dà il massimo dell’informazione possibile sul sistema. Questa informazione può essere soltanto probabilistica, perché rispecchia un comportamento intrinsecamente casuale della natura. Si tratta allora di una probabilità «non epistemica», che non è dovuta ad una mancanza di nostra conoscenza dello stato iniziale del sistema, ma è connaturata alla realtà ultramicroscopica, che è casuale: se ripeto tre volte la stessa misura, in certe situazioni ottengo, correttamente, tre valori diversi, anche se tutti entro il campo di probabilità descritto dalla funzione d’onda. Questa idea ad Erwin non piace. Il comportamento casuale potrebbe, pensano lui e Albert, dipendere dalla nostra ignoranza di variabili nascoste, che noi non conosciamo. La nostra incertezza sarebbe epistemica, esattamente come nel mondo macroscopico. Questo è uno dei motivi per cui ha pensato a un esperimento (mentale) macroscopico per un evento microscopico, mescolando volutamente i due mondi tramite me e l’atomo radioattivo. Lui vuole deridere le conseguenze del supporre una casualità intrinseca e non epistemica, e chiede allora: prima di aprire il coperchio in che stato si trova il gatto? Io mi trovo all'interno di un sistema (atomo radioattivo + gatto) in sovrapposizione di stati. Il gatto in questione, che a livello macroscopico dipende da un evento microscopico aleatorio e, in pratica, lo misura, sarei poi io, il gatto di Schrödinger. 

Adesso sono qua dentro, in attesa che qualcuno apra il coperchio e controlli che fine ho fatto. In pratica, qualcuno deve effettuare una misura del sistema. Secondo i fisici, se un sistema quantistico si trova in una sovrapposizione A + B, una sua misura "costringe" il sistema a passare definitivamente nello stato A oppure B. Da quel momento, la sovrapposizione sparisce e si parla di "collasso della funzione d'onda". Quindi, io sarò vivo e morto finché l’apertura del coperchio non mi farà passare a vivo o morto. Ecco un’altra curiosità della meccanica quantistica: la misura può determinare l’esito dell’esperimento, perché il mondo macroscopico irrompe in quello microscopico, che potrebbe tranquillamente farne a meno. Onestamente non vedo l’ora che qualcuno si decida ad aprire la scatola e mi faccia uscire da questa condizione d’incertezza. Tanto mica muoio anche se muoio, perché sono un gatto mentale, il gatto di Schrödinger. 

Mi viene anche un dubbio: non è che questa storia dell’esperimento, creato per criticare alcuni aspetti della fisica dei quanti, sia talmente strana che alla fine faccia pubblicità alla teoria? Ho il sospetto che ora, mentre vi parlo, posso essere sia vivo che morto. Però questo a lui non lo dico, perché magari ci rimane male. Lui è Erwin. Ve l’avevo detto che sono il gatto di Schrödinger?

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[Ringrazio l’amico Giorgio Chinnici per aver scrupolosamente e severamente criticato la prima versione di questo raccontino, piena di errori concettuali. La sua review è stata preziosa, così come la lettura del suo Guarda caso. I meccanismi segreti del mondo quantistico (Hoepli, 2017). Può anche darsi che di errori ce ne siano ancora, ma non ho avuto il coraggio di disturbarlo ulteriormente. Chi ne riscontrasse, può segnalarlo nei commenti.]


mercoledì 10 ottobre 2018

Rankine, ingegnere e poeta


Nell'opera di William John Maquorn Rankine (1820-1872) si sviluppò una nuova relazione tra scienza e tecnologia. Il suo maggior risultato fu la produzione di una serie di lavori che divennero libri di testo standard per gli studenti d’ingegneria per tutta la seconda metà del XIX secolo e anche oltre. Nato a Edimburgo nel 1820, sviluppò un precoce interesse per la scienza e la tecnologia, incoraggiato dal padre che era un tecnico ingegnere di formazione empirica. Nel novembre 1836 entrò all'Università di Edimburgo e studiò filosofia naturale, interessandosi alla relazione tra calore e luce e vincendo una medaglia d’oro per la sua ricerca. 

Dopo due anni d’Università, fece un po’ di pratica ingegneristica assistendo il padre, che era diventato sovrintendente di un ramo delle ferrovie scozzesi. Più tardi, per acquisire maggiore esperienza, Rankine divenne allievo di Sir John MacNeill, un celebre ingegnere impegnato nella costruzione di ferrovie, sistemazione di fiumi e porti in Irlanda. Finito il suo tirocinio nel 1842, tornò in Scozia e, in collaborazione con il padre si dedicò agli esperimenti ingegneristici. Divenne ingegnere professionista, anche se continuò a interessarsi di scienza. Durante i periodi di riposo, studiò le leggi del calore e della luce secondo l’ipotesi meccanica dei vortici molecolari. Nel 1855 fu nominato professore regio di Ingegneria Civile e Meccanica all'Università di Glasgow, ruolo che conservò fino al 1872. Mentre era a Glasgow, Rankine pose le basi per un nuovo rapporto tra scienza e tecnologia e fornì importanti contributi alla scienza dei materiali, all'ingegneria civile e dei trasporti, alla termodinamica e alla fluidodinamica. 

La scienza ingegneristica si era sviluppata al di fuori dall'ambiente universitario e la sua introduzione nei curricula accademici in Gran Bretagna avvenne solo quando l’ingegneria si sviluppò a livello professionale. Nel 1840 fu inaugurata una cattedra di ingegneria all'Università di Glasgow in memoria di James Watt. La cosa, tuttavia, non avvenne senza resistenze: le facoltà scientifiche esistenti consideravano i principi teorici dell’ingegneria come parte della scienza. Lewis Gordon, che fu il primo docente di ingegneria, lamentò la “gelosia dei professori di filosofia naturale (fisica) e matematica”, che giunsero a fargli negare un’aula dove tenere lezione. Alla fine l’ottenne, a patto di privilegiare gli aspetti pratici nelle sue lezioni, il che non era molto attraente per la maggior parte degli studenti, che quei contenuti li potevano apprendere direttamente sul campo. 

Quando Rankine divenne professore nel 1855, era consapevole di questa situazione. Sapeva che non poteva privilegiare l’aspetto pratico a scapito di quello teorico. Piuttosto, l’ingegneria dentro l’Università doveva essere una branca autonoma del sapere, con i suoi propri metodi e leggi. Era necessario creare una scienza ingegneristica.

Forse ispirato dalle difficoltà dell’ingegneria a farsi riconoscere come scienza accademica, Rankine scrisse una graziosa e spiritosa poesia, A problem in Dynamics, in cui non è chiaro se se il matematico innamorato di cui parla a poesia sia una persona reale, un puro divertimento dell'autore, o uno dei tanti capitoli della secolare lotta tra matematici e ingegneri.

A mathematician fell madly in love 
With a lady, young, handsome, and charming: 
By angles and ratios harmonic he strove 
Her curves and proportions all faultless to prove. 
As he scrawled hieroglyphics alarming. 

He measured with care, from the ends of a base, 
The arcs which her features subtended: 
Then he framed transcendental equations, to trace 
The flowing outlines of her figure and face, 
And thought the result very splendid. 

He studied (since music has charms for the fair) 
The theory of fiddles and whistles,- 
Then composed, by acoustic equations, an air, 
Which, when 'twas performed, made the lady's long hair 
Stand on end, like a porcupine's bristles. 

The lady loved dancing:- he therefore applied, 
To the polka and waltz, an equation; 
But when to rotate on his axis he tried, 
His centre of gravity swayed to one side, 
And he fell, by the earth's gravitation. 

No doubts of the fate of his suit made him pause, 
For he proved, to his own satisfaction, 
That the fair one returned his affection;-"because, 
"As every one knows, by mechanical laws, 
"Re-action is equal to action." 

"Let x denote beauty,-y, manners well-bred,- 
"z, Fortune,-(this last is essential),- 
"Let L stand for love"-our philosopher said,- 
"Then L is a function of x, y, and z
"Of the kind which is known as potential." 

"Now integrate L with respect to d t, "
(t Standing for time and persuasion); 
"Then, between proper limits, 'tis easy to see, 
"The definite integral Marriage must be:- 
"(A very concise demonstration)." 

Said he-"If the wandering course of the moon 
"By Algebra can be predicted", 
"The female affections must yield to it soon"-
- But the lady ran off with a dashing dragoon, 
And left him amazed and afflicted. 



Un matematico s’innamorò follemente 
di una signora, giovane, bella e attraente: 
con angoli e rapporti armonici lottò 
per provare tutte perfette le sue curve e proporzioni. 
E scarabocchiò geroglifici allarmanti. 

Misurò con cura, dagli estremi alla base, 
gli archi sottesi dai suoi lineamenti: 
poi formulò equazioni trascendentali, per tracciare 
i profili fluenti del suo corpo e del viso, 
e pensò che il risultato era splendido. 

Studiò (poiché la musica incanta le fate) 
la teoria di flauti e violini, - 
poi compose, con equazioni acustiche, un motivo, 
che, suonato, rese i lunghi capelli della signora 
ritti fino in cima, come punte di porcospino. 

La signora amava danzare: - egli allora applicò, 
alla polka e al valzer, un’equazione; 
ma quando tentò di ruotarla sul suo asse, 
il suo centro di gravità si spostò su un lato, 
e lui cadde, per la gravità terrestre. 

Nessun dubbio sul destino della sua corte lo fermò, 
in quanto provò, per sua propria soddisfazione, 
che la bella corrispondeva il suo affetto: - “perché, 
come tutti sanno, per le leggi meccaniche, l
a reazione è uguale all'azione”. 

“Che x indichi la bellezza, - y i modi bene educati, - 
z la Fortuna, - (quest’ultima è essenziale),- 
Che A indichi l’amore” – disse il nostro filosofo, 
- “Allora A è una funzione di x, y e z
di quel genere che è noto come potenziale”. 

“Ora si integri A rispetto a dt
(t sia il tempo e la persuasione); 
allora, tra limiti adatti, è facile vedere, 
che l’integrale definito Matrimonio si ottiene:- 
(una dimostrazione molto concisa).” 

Disse: - “Se il corso errante della luna 
può essere predetto dall'Algebra, 
gli affetti femminili devono cederle presto”- 
Ma la signora fuggì via con un elegante dragone, 
e lo lasciò stupito e afflitto”.

Nel 1858, nell'introduzione al suo Manuale della macchina a vapore e di altri motori primari, fornì il quadro teorico per fondare una scienza autonoma dell’ingegneria. Egli distingueva tra due modi di progresso della tecnologia, quello empirico, continuo e lento, fatto di accumulo di conoscenze pratiche, materiali e abilità successive, e quello scientifico, somma di teoria e pratica, che procede a salti man mano che procedono le nostre conoscenze sulle leggi scientifiche e le proprietà dei corpi.

Lo stesso approccio scientifico fu applicato all'ingegneria civile, dove introdusse in Gran Bretagna il concetto di sforzo. Nel Manuale di Meccanica applicata (1858) distingueva, nella teoria delle strutture, tra l’azione delle forze su una struttura considerata nel suo complesso e lo sforzo agente sui singoli componenti materiali. La struttura poteva essere studiata con i principi scientifici della statica per determinare la stabilità in base a due condizioni d’equilibrio. Innanzi tutto, dovevano essere bilanciate le forze esercitate sulla struttura nel suo complesso, come il peso, i carichi esterni, la pressione delle fondazioni. In secondo luogo, dovevano essere bilanciate le forze agenti su ogni singolo componente, come il suo peso, il carico su di esso, la resistenza dei giunti. 

La teoria delle strutture dipendeva anche dalle proprietà dei materiali. Quando Rankine si occupò della loro natura, doveva determinare le condizioni di equilibrio legate alla resistenza e alla durezza. Queste condizioni dipendevano dai dati pratici ottenuti dai test. La maggior parte dei dati riguardanti la resistenza era ottenuta testando un pezzo di materiale sotto tensione, compressione o flessione fino alla rottura. Il modo in cui si potevano usare tali dati per determinare se un pezzo di una struttura reale si fosse rotto sotto un dato carico non era tuttavia ovvio. Molti tecnici avevano notato che la posizione del supporto e il carico potevano modificare le resistenze standard di rottura. 

La scienza poteva determinare la stabilità di una struttura ideale, e il tecnico poteva determinare gli sforzi sperimentali dei materiali usati nella struttura, ma nessun approccio poteva predire con precisione come potesse agire il materiale in una struttura reale. Il modello di Rankine di scienza ingegneristica stabilì un modo di mettere in relazione le forze statiche di cui si occupavano gli scienziati con i dati sperimentali dei tecnici. Quando le singole forze che si manifestavano dalla stabilità agivano sul materiale reale della struttura, esse creavano una nuova condizione, diventando distribuite sulla superficie o attraverso tutto il volume del materiale. Queste forze distribuite non potevano necessariamente essere ridotte a un insieme di forze singole.


Rankine, introdusse il concetto di stress (sforzo), che era stato sviluppato dagli scienziati meccanici francesi. Egli fu uno dei primi in Gran Bretagna a definire rigorosamente questo concetto. Diversamente dalle forze semplici che agiscono su un punto, gli sforzi agiscono su tutto il corpo, perché possiedono una dipendenza molto più complessa dalla geometria. A causa della natura dello sforzo, se una forza normale fosse applicata a un corpo, essa si dovrebbe generalmente manifestare non solo come sollecitazioni normali, ma come sforzi tangenziali. Pertanto, l’applicazione di una forza statica a un corpo poteva produrre elementi di tensione, compressione e taglio nel materiale. Solo con il concetto di sforzo i dati sperimentali riguardanti i materiali potevano essere applicati con profitto alle strutture reali.

Per il fisico e ingegnere scozzese la poesia era, accanto al pianoforte, un diversivo da uno stile di vita altrimenti frenetico. Era molto patriottico e le sue opere, come la spiritosa poesia The Three Foot Rule, divennero testi di canzoni, popolari tra coloro che vedevano con astio le idee europee in molti campi. Anche allora, come adesso, le influenze europee su questioni fondamentali come pesi e misure erano considerate non necessarie e sgradite. Rankine volle illustrare la riluttanza britannica ad adottare il sistema metrico decimale dei pesi e delle misure, considerato troppo napoleonico e continentale. Oltre centocinquanta anni dopo, tale riluttanza nazionalista resiste ancora in molti ambienti., e produce catastrofi come la Brexit. 

When I was bound apprentice, and learned to use my hands, 
Folk never talked of measures that came from foreign lands: 
Now I'm a British Workman, too old to go to school; 
So whether the chisel or file I hold, I'll stick to my three-foot rule. 

Some talk of millimetres, and some of kilogrammes, 
And some of decilitres, to measure beer and drams; 
But I'm a British Workman, too old to go to school, 
So by pounds I'll eat, and by quarts I'll drink, and I'll work by my three-foot rule. 

A party of astronomers went measuring the earth, 
And forty million metres they took to be its girth; 
Five hundred million inches, though, go through from pole to pole; 
So let's stick to inches, feet and yards, and the good old three-foot rule. 



Quando ero giovane apprendista e ho imparato a usare le mani, 
la gente non parlava mai di misure venute da territori stranieri: 
ora sono un operaio britannico, troppo vecchio per andare a scuola; 
quindi, se uso lo scalpello o la lima, prendo la mia riga di tre piedi. 

Alcuni parlano di millimetri e alcuni di chilogrammi 
e alcuni dei decilitri, per misurare la birra e i cicchetti; 
ma io sono un operaio inglese, troppo vecchio per andare a scuola, 
quindi, a sterline mangerò, e per quarti berrò, e lavorerò con la mia riga di tre piedi. 

Un partito di astronomi ha misurato la terra, 
e quaranta milioni di metri hanno preso per circonferenza; 
cinquecento milioni di pollici, però, vanno da un polo all'altro; 
quindi atteniamoci a pollici, piedi e iarde e alla buona vecchia riga di tre piedi.

lunedì 1 ottobre 2018

William Kingdon Clifford, tra algebra, empirismo e fiaba


Il matematico e filosofo William Kingdon Clifford (1845-1879), oggi ricordato soprattutto per la sua eponima algebra di Clifford, un'algebra associativa che generalizza i numeri complessi e i quaternioni di Hamilton, morì giovane, ma fece in tempo ad essere uno degli uomini intellettualmente più significativi della sua epoca. La sua teoria lo condusse agli ottonioni (o biquaternioni), già sviluppati da Cayley e Dickson, oggetti matematici che impiegò per studiare il movimento negli spazi non-euclidei, oltre a quello sulle superfici ora conosciute come spazi di Klein-Clifford. La sua teoria dei grafi fu anticipatoria di molte acquisizioni successive. Inoltre, mostrò profondo interesse anche per la topologia, l'algebra universale (il settore della matematica che studia le idee comuni a tutte le strutture algebriche) e le funzioni ellittiche. Sosteneva che “Possiamo sempre star certi che quell'algebra che non può essere tradotta in buon inglese e non sembri di buonsenso, è una cattiva algebra."

Nato a Exeter, William Clifford fu uno studente molto promettente. Frequentò il King's College di Londra e poi il Trinity College di Cambridge, dove diventò docente nel 1868. Nel 1870 partecipò a una spedizione in Italia per osservare un'eclissi, e sopravvisse ad un naufragio lungo le coste siciliane.

Le idee di Clifford sulla filosofia della scienza erano radicalmente empiriche, anticipando l'empirismo logico di Russell, Carnap e del Circolo di Vienna. In filosofia il nome di Clifford è soprattutto associato a due concetti da lui coniati: “mind-stuff” ("roba mentale", i semplici elementi di cui è composta la coscienza) e “the tribal self”, "il sé tribale". Quest'ultimo dà la chiave alla sua visione etica, che spiega la coscienza e la legge morale con lo sviluppo in ogni individuo di un "io" che prescrive una condotta favorevole al benessere della "tribù".

In un discorso dal titolo Alcune delle condizioni dello sviluppo mentale, che comunicò alla Royal Institution nel 1868, quando aveva 23 anni, egli affrontò il tema del rapporto tra scienza e arte con queste parole, che mi sembra possano essere descrittive del clima culturale di un’epoca:
“Gli uomini di scienza hanno a che fare con concetti estremamente astratti e generali. Con il costante e uso e la familiarità, questi, e le relazioni tra di essi, diventano reali ed esterni proprio come i comuni oggetti dell’esperienza, e la percezione di nuove relazioni tra di essi è così rapida, la corrispondenza della mente alle circostanze esterne così grande, che si sviluppa un senso scientifico reale, con il quale le cose sono percepite così immediatamente e veramente così come io vi vedo ora. Anche i poeti e i pittori e i musicisti sono così abituati a proiettare fuori di sé l’idea di bellezza, che diventa una reale esistenza esterna, una cosa che essi vedono con occhi spirituali e in seguito vi descrivono, ma che assolutamente non creano, non più di quando ci sembra di creare le idee di tavolo, di forme e di luce, che mettemmo insieme tanto tempo fa. Non esiste scopritore scientifico, poeta, pittore o musicista che non vi dirà di aver trovato già fatta la sua scoperta, la sua poesia o la sua pittura, che essa giunse a lui dall'esterno, e che non la creò consciamente dal proprio interno”.
Fu il primo a suggerire che la gravitazione può essere espressa in termini geometrici. Nel suo articolo On the Space-Theory of Matter, letto alla Cambridge Philosophical Society il 21 febbraio 1870, sostenne che tutte le proprietà materiali e gli avvenimenti potrebbero essenzialmente essere spiegati dalla curvatura dello spazio e dei suoi cambiamenti. Energia e materia sono soltanto differenti tipi di curvature nello spazio. Tuttavia, sottolineò solamente che un tale approccio era possibile, ma non elaborò l’idea nei dettagli. Anche in note non pubblicate descrisse l'importanza di collegare fenomeni apparentemente non correlati: Queste idee vennero riprese nella teoria della relatività generale di Einstein.

Nel 1871 divenne docente di matematica e meccanica all'University College di Londra e, nel 1874, fu nominato membro della Royal Society. Dato che era un forte critico del cristianesimo, il college universitario era il posto ideale per lui poiché, a differenza di Cambridge, l'University College non richiedeva alcun impegno religioso.

Nel 1872 Clifford fu invitato a tenere una conferenza davanti ai membri della British Association, a Brighton; scelse per il suo soggetto "Gli scopi e gli strumenti del pensiero scientifico". La tesi principale della conferenza fu che il pensiero scientifico è l'applicazione dell'esperienza passata a nuove circostanze mediante un ordine osservato di eventi, che non è teoricamente o assolutamente esatto, ma lo è sufficientemente da correggere gli esperimenti.

Nel 1873, la British Association si incontrò a Bradford; in questa occasione il discorso serale fu tenuto da Maxwell, che scelse come argomento le molecole. L'applicazione del metodo di analisi spettrale assicurava al fisico di poter scoprire nel suo laboratorio verità di validità universale nello spazio e nel tempo. In effetti, secondo Maxwell, la massima principale della scienza fisica è che i cambiamenti fisici sono indipendenti dalle condizioni dello spazio e del tempo e dipendono solo dalle condizioni di configurazione dei corpi, dalla temperatura, dalla pressione, ecc. Il discorso era chiuso da un celebre passaggio:
"Nei cieli scopriamo con la loro luce, e solo con la loro luce, stelle così distanti l'una dall'altra che nessuna cosa materiale può mai essere passata dall'una all'altra; e tuttavia questa luce, che è per noi l'unica prova dell'esistenza di questi mondi lontani, ci dice anche che ognuno di essi è costituito da molecole dello stesso tipo di quelle che si trovano sulla terra. Una molecola di idrogeno, ad esempio, sia in Sirio che in Arturo, esegue le sue vibrazioni esattamente nello stesso tempo. Nessuna teoria dell'evoluzione può essere elaborata per spiegare la somiglianza delle molecole, poiché l'evoluzione implica necessariamente un continuo cambiamento e la molecola è incapace di crescita o decadimento, di generazione o distruzione. Nessuno dei processi della Natura dal momento in cui la Natura ha avuto inizio, ha prodotto la minima differenza nelle proprietà di qualsiasi molecola. Non siamo quindi in grado di attribuire l'esistenza delle molecole o l'identità delle loro proprietà a nessuna delle cause che chiamiamo naturali. D'altra parte, l'esatta uguaglianza di ciascuna molecola con tutte le altre dello stesso tipo le conferisce, come ben ha detto Sir John Herschel, il carattere essenziale di un manufatto, e preclude l'idea che sia eterno ed auto-esistente.”
In un discorso sulla "Prima e ultima catastrofe" tenuto poco dopo, Clifford replicò che:
"Se qualcuno privo della grande autorità di Maxwell, avesse avanzato un argomento, fondato su una base scientifica, in cui si fossero verificati i presupposti per i quali le cose possono o non possono esistere dall'eternità, e circa l'esatta somiglianza di due o più cose stabilite dall'esperimento, dovremmo passare ad un altro libro. L'esperienza di tutta la cultura scientifica per tutte le età durante la quale è stata una luce per gli uomini ci ha dimostrato invece che non arriviamo mai a conclusioni del genere. Non arriviamo a conclusioni sul tempo infinito o sull'esattezza infinita. Arriviamo a conclusioni che sono quasi veritiere come l'esperimento può mostrare, e talvolta sono molto più corrette di quelle dell'esperimento diretto, quindi siamo in grado di correggere un esperimento con deduzioni da un altro, ma non arriviamo mai a conclusioni che abbiamo il diritto di dire che siano assolutamente esatte."
Nel 1875 si sposò. La sua casa a Londra divenne il punto d'incontro di un numeroso gruppo di amici, in cui era rappresentata quasi ogni possibile varietà di gusti e opinioni. Il filosofo Edward Clodd scrisse nel suo libro Memories:
“Dai Clifford' eri sicuro di incontrare qualcuno che valesse la pena. Non c'era uno Smart Set per riempire il loro tempo libero e sprecare il tuo in pettegolezzi insensati; nessun trucco per irritarti con la loro affettazione; nessun pedante per annoiarvi con la loro vaghezza accademica, ma solo una compagnia di uomini e donne che volevano incontrarsi e avere un discorso pieno e libero.”

Si divertiva in modo particolare con i bambini, e per il loro intrattenimento aveva collaborato a una raccolta di fiabe, The Little People (1874) con Juliet e Walter Herries Pollock. Scrisse anche diverse poesie, con stile leggero e personale. Ecco ad esempio i bellissimi versi che inviò alla scrittrice George Eliot come accompagnamento a una copia della raccolta:

Baby drew a little house, 
Drew it all askew; 
Mother saw the crooked door 
And the window too. 
Mother heart, whose wide embrace 
Holds the hearts of men, 
Grows with all our growing hopes, 
Gives them birth again, 
Listen to this baby-talk: 
'Tisn't wise or clear; 
But what baby-sense it has 
Is for you to hear. 

Il piccolo disegnò una casetta,
la disegnò tutta storta;
la mamma vide la porta sbilenca
e pure la finestra.
Il cuore di Madre, il cui largo abbraccio
cinge i cuori degli uomini,
cresce con tutte le nostre crescenti speranze,
dà loro nascita di nuovo.
Ascoltate questo discorso di bimbo:
non è saggio né chiaro;
ma per il senso bambino che possiede
lo dovete ascoltare.


Nel 1876, Clifford soffrì di esaurimento, dovuto probabilmente all'eccessivo lavoro: di giorno insegnava e si occupava di amministrazione, mentre passava la notte scrivendo. Una lunga vacanza di sei mesi in Algeria e in Spagna gli consentì di rimettersi in salute. Dopo 18 mesi, tuttavia, crollò nuovamente. Fu ricoverato a Madeira, ma vi morì dopo pochi mesi di tubercolosi, lasciando una vedova e due bambini. Dopo la prematura morte di William, Lucy Clifford divenne una scrittrice di successo e amica e confidente di Henry James. Ospitava un circolo letterario nella sua casa di Londra e aveva una vasta cerchia di amici, tra i quali George Eliot, Rudyard Kipling, Thomas Hardy, Thomas Huxley, Leslie Stephen e Virginia Woolf. 

Uomo di singolare acutezza e originalità, Clifford era dotato di uno stile lucido, di profondità e immaginazione poetica e di un grande calore umano. Razionalista e osteggiato dalle gerarchie ecclesiastiche, sosteneva che fosse immorale credere alle cose per cui non vi è una prova: nel suo saggio The Ethics of Belief, uscito nel 1879, compare il famoso principio:
"è sbagliato sempre, comunque e per chiunque, credere a qualsiasi cosa basandosi su prove insufficienti."
Nonostante il suo razionalismo, Clifford ebbe l'insolita sorte di comparire in una storia di fantasmi, di cui parlò il fisico di Cambridge Sir Brian Pippard in un articolo sulla rivista della Royal Society. Questo racconto getta luce sul mistero della morte di Clifford e sulla fine del suo corpo. Un'attenta ricerca in tutti gli archivi disponibili a Funchal aveva infatti rivelato che molti documenti storici relativi all'anno della morte di Clifford erano stati distrutti da un incendio. Non era stato possibile per i biografi trovare alcuna indicazione su quale tipo di cure mediche avesse ricevuto, nessun certificato di morte e nessun dettaglio di ciò che accadde al suo corpo nei giorni tra la sua morte e la partenza della cannoniera che alla fine lo riportò in Inghilterra. Tuttavia, Pippard ha portato all'attenzione degli studiosi e del publico un libro intitolato Lord Halifax's Ghost Book, un curioso volume di storie di eventi soprannaturali, che furono raccolte da Charles Lindley, Visconte di Halifax (1839-1934) e pubblicate nel 1936 dalla Bellew Publishing di Londra.

Nell'inverno del 1889-1890 Lord Halifax accompagnò a Madeira suo figlio maggiore, Charles, che era gravemente malato, dove consultò un certo dottor Grabham che era il genero di Lord Kelvin e un esperto autorevole della flora e fauna dell'isola. Parlando con Lord Halifax e sapendo che era interessato ai racconti del soprannaturale, gli raccontò la seguente storia. Halifax scrive di essere rimasto così colpito dalla natura profetica della vicenda che si mise immediatamente a scriverla riportando ogni singola parola.
IL CADAVERE AL PIANO DI SOTTO 
Alcuni anni fa un certo Freeland soggiornava a Madeira. Non stava affatto bene e, dato che un ballo stava per essere stato organizzato all'hotel dove si trovava, il dottor Grabham lo invitò a venire a casa sua e rimanere con lui per una notte o due.
Un paio di giorni dopo, il medico arrivò in ritardo, trovò il signor Freeman ancora in piedi e seduto con la signora Grabham davanti al fuoco. "Mio caro amico", disse, "perché non sei a letto? Avresti dovuto essere lì da molto tempo.
"Non posso andare a letto," rispose il signor Freeman. "Ho avuto un sogno così terribile la scorsa notte che non riesco a sopportare il pensiero. Ho sognato che qualcuno stava trasportando un cadavere e lo ha messo in casa."
"Che cosa straordinaria!" fu la risposta del dott. Grabham. "Non un'anima, nemmeno la signora Grabham, ne sa qualcosa, ma è esattamente quello che ho intenzione di fare".
Dopo essere stato richiesto di una spiegazione, il Dr. Grabham raccontò la seguente storia. Un certo professor Clifford, che soggiornava nell'Isola, era sul punto di morte e spesso aveva espresso la più grande avversione a essere portato in un qualsiasi luogo di sepoltura cristiano. "L’ho curato" disse il dott. Grabham, "e siccome era un mio grande amico, gli ho detto che non doveva preoccuparsi e che avrei fatto in modo che il suo desiderio fosse rispettato. "Dopotutto", gli dissi, "se non vuoi entrare in un luogo cristiano di sepoltura, nessun luogo di sepoltura cristiano vorrebbe averti, così, non appena sarai morto, ti porterò a casa mia e ti terrò lì finché non sarai portato in Inghilterra con il vapore. "Ho pensato," aggiunse il dottor Grabham, "che nessuno in casa ne avrebbe saputo nulla. Ci sarebbe stato solo un lungo baule rettangolare da riporre da qualche parte e tutto ciò che era stato convenuto sarebbe stato sistemato secondo i desideri del mio paziente."
Il signor Freeland sarebbe partito il giorno dopo, e, in quelle circostanze, non lo incoraggiai a fermarsi, ma quella sera, non appena riuscii a convincerlo ad andare a letto, andai subito dal professor Clifford. Gli dissi che c'era un uomo nella mia casa che aveva sognato proprio quello che intendevo fare, in altre parole che avrei portato in casa un cadavere. Il professor Clifford era molto interessato e cominciò a suggerire ogni sorta di ragioni per cui naturalmente il signor Freeland avrebbe potuto fare questo sogno.
"Il giorno dopo o quello successivo Clifford è morto. Alla fine, era così perfettamente cosciente che il dottor Grabham fu in grado di dirgli "Sarai morto tra un paio d'ore, non hai niente da scrivere?" Il professore ebbe qualche difficoltà a rispondere e il dott. Grabham continuò: "Sei abbastanza tranquillo e soddisfatto? Sei sicuro che la morte significhi la fine di tutto e che entro un'ora o due avrai cessato di esistere? Se hai qualcosa da scrivere o dire, o se c'è qualcosa che desideri, non c'è tempo da perdere."
Il professor Clifford, tuttavia, sembrava perfettamente soddisfatto e, sebbene non fosse molto disposto a lasciare il mondo, non disse né scrisse nulla fino alla fine, quando chiese qualcosa per scrivere. Riuscì a scrivere un messaggio per le sue figlie, che non doveva essere aperto finché non fossero cresciute. Chiese anche che questa frase potesse essere messa sulla sua tomba: 
"I was not, and was content. I lived and did a little work. I am not and believe not." 
 Non ero, ed ero contento. Ho vissuto e fatto un po' di lavoro; Io non sono e 
non credo”. 
Il suo corpo fu conservato nella casa del dottor Grabham finché non fu inviato in Inghilterra come disposto.
[Lord Halifax aggiunge una nota: "Mr. Freeland alla fine si ammalò a Malta, morì a bordo del suo yacht, molto ricco, con nessun erede, e lasciò al dottor Grabham 50 sterline”.]
In realtà Lord Halifax ha riportato erroneamente l'epitaffio che Clifford dettò per la sua tomba, che sembra alquanto oscuro. Il vero epitaffio recita:

“I was not, and was conceived: 
I loved and did a little work. 
I am not, and grieve not.” 

"Non ero, e fui concepito: 
Ho amato e fatto un piccolo lavoro. 
Io non sono, e non mi rattrista”.