lunedì 1 ottobre 2018

William Kingdon Clifford, tra algebra, empirismo e fiaba


Il matematico e filosofo William Kingdon Clifford (1845-1879), oggi ricordato soprattutto per la sua eponima algebra di Clifford, un'algebra associativa che generalizza i numeri complessi e i quaternioni di Hamilton, morì giovane, ma fece in tempo ad essere uno degli uomini intellettualmente più significativi della sua epoca. La sua teoria lo condusse agli ottonioni (o biquaternioni), già sviluppati da Cayley e Dickson, oggetti matematici che impiegò per studiare il movimento negli spazi non-euclidei, oltre a quello sulle superfici ora conosciute come spazi di Klein-Clifford. La sua teoria dei grafi fu anticipatoria di molte acquisizioni successive. Inoltre, mostrò profondo interesse anche per la topologia, l'algebra universale (il settore della matematica che studia le idee comuni a tutte le strutture algebriche) e le funzioni ellittiche. Sosteneva che “Possiamo sempre star certi che quell'algebra che non può essere tradotta in buon inglese e non sembri di buonsenso, è una cattiva algebra."

Nato a Exeter, William Clifford fu uno studente molto promettente. Frequentò il King's College di Londra e poi il Trinity College di Cambridge, dove diventò docente nel 1868. Nel 1870 partecipò a una spedizione in Italia per osservare un'eclissi, e sopravvisse ad un naufragio lungo le coste siciliane.

Le idee di Clifford sulla filosofia della scienza erano radicalmente empiriche, anticipando l'empirismo logico di Russell, Carnap e del Circolo di Vienna. In filosofia il nome di Clifford è soprattutto associato a due concetti da lui coniati: “mind-stuff” ("roba mentale", i semplici elementi di cui è composta la coscienza) e “the tribal self”, "il sé tribale". Quest'ultimo dà la chiave alla sua visione etica, che spiega la coscienza e la legge morale con lo sviluppo in ogni individuo di un "io" che prescrive una condotta favorevole al benessere della "tribù".

In un discorso dal titolo Alcune delle condizioni dello sviluppo mentale, che comunicò alla Royal Institution nel 1868, quando aveva 23 anni, egli affrontò il tema del rapporto tra scienza e arte con queste parole, che mi sembra possano essere descrittive del clima culturale di un’epoca:
“Gli uomini di scienza hanno a che fare con concetti estremamente astratti e generali. Con il costante e uso e la familiarità, questi, e le relazioni tra di essi, diventano reali ed esterni proprio come i comuni oggetti dell’esperienza, e la percezione di nuove relazioni tra di essi è così rapida, la corrispondenza della mente alle circostanze esterne così grande, che si sviluppa un senso scientifico reale, con il quale le cose sono percepite così immediatamente e veramente così come io vi vedo ora. Anche i poeti e i pittori e i musicisti sono così abituati a proiettare fuori di sé l’idea di bellezza, che diventa una reale esistenza esterna, una cosa che essi vedono con occhi spirituali e in seguito vi descrivono, ma che assolutamente non creano, non più di quando ci sembra di creare le idee di tavolo, di forme e di luce, che mettemmo insieme tanto tempo fa. Non esiste scopritore scientifico, poeta, pittore o musicista che non vi dirà di aver trovato già fatta la sua scoperta, la sua poesia o la sua pittura, che essa giunse a lui dall'esterno, e che non la creò consciamente dal proprio interno”.
Fu il primo a suggerire che la gravitazione può essere espressa in termini geometrici. Nel suo articolo On the Space-Theory of Matter, letto alla Cambridge Philosophical Society il 21 febbraio 1870, sostenne che tutte le proprietà materiali e gli avvenimenti potrebbero essenzialmente essere spiegati dalla curvatura dello spazio e dei suoi cambiamenti. Energia e materia sono soltanto differenti tipi di curvature nello spazio. Tuttavia, sottolineò solamente che un tale approccio era possibile, ma non elaborò l’idea nei dettagli. Anche in note non pubblicate descrisse l'importanza di collegare fenomeni apparentemente non correlati: Queste idee vennero riprese nella teoria della relatività generale di Einstein.

Nel 1871 divenne docente di matematica e meccanica all'University College di Londra e, nel 1874, fu nominato membro della Royal Society. Dato che era un forte critico del cristianesimo, il college universitario era il posto ideale per lui poiché, a differenza di Cambridge, l'University College non richiedeva alcun impegno religioso.

Nel 1872 Clifford fu invitato a tenere una conferenza davanti ai membri della British Association, a Brighton; scelse per il suo soggetto "Gli scopi e gli strumenti del pensiero scientifico". La tesi principale della conferenza fu che il pensiero scientifico è l'applicazione dell'esperienza passata a nuove circostanze mediante un ordine osservato di eventi, che non è teoricamente o assolutamente esatto, ma lo è sufficientemente da correggere gli esperimenti.

Nel 1873, la British Association si incontrò a Bradford; in questa occasione il discorso serale fu tenuto da Maxwell, che scelse come argomento le molecole. L'applicazione del metodo di analisi spettrale assicurava al fisico di poter scoprire nel suo laboratorio verità di validità universale nello spazio e nel tempo. In effetti, secondo Maxwell, la massima principale della scienza fisica è che i cambiamenti fisici sono indipendenti dalle condizioni dello spazio e del tempo e dipendono solo dalle condizioni di configurazione dei corpi, dalla temperatura, dalla pressione, ecc. Il discorso era chiuso da un celebre passaggio:
"Nei cieli scopriamo con la loro luce, e solo con la loro luce, stelle così distanti l'una dall'altra che nessuna cosa materiale può mai essere passata dall'una all'altra; e tuttavia questa luce, che è per noi l'unica prova dell'esistenza di questi mondi lontani, ci dice anche che ognuno di essi è costituito da molecole dello stesso tipo di quelle che si trovano sulla terra. Una molecola di idrogeno, ad esempio, sia in Sirio che in Arturo, esegue le sue vibrazioni esattamente nello stesso tempo. Nessuna teoria dell'evoluzione può essere elaborata per spiegare la somiglianza delle molecole, poiché l'evoluzione implica necessariamente un continuo cambiamento e la molecola è incapace di crescita o decadimento, di generazione o distruzione. Nessuno dei processi della Natura dal momento in cui la Natura ha avuto inizio, ha prodotto la minima differenza nelle proprietà di qualsiasi molecola. Non siamo quindi in grado di attribuire l'esistenza delle molecole o l'identità delle loro proprietà a nessuna delle cause che chiamiamo naturali. D'altra parte, l'esatta uguaglianza di ciascuna molecola con tutte le altre dello stesso tipo le conferisce, come ben ha detto Sir John Herschel, il carattere essenziale di un manufatto, e preclude l'idea che sia eterno ed auto-esistente.”
In un discorso sulla "Prima e ultima catastrofe" tenuto poco dopo, Clifford replicò che:
"Se qualcuno privo della grande autorità di Maxwell, avesse avanzato un argomento, fondato su una base scientifica, in cui si fossero verificati i presupposti per i quali le cose possono o non possono esistere dall'eternità, e circa l'esatta somiglianza di due o più cose stabilite dall'esperimento, dovremmo passare ad un altro libro. L'esperienza di tutta la cultura scientifica per tutte le età durante la quale è stata una luce per gli uomini ci ha dimostrato invece che non arriviamo mai a conclusioni del genere. Non arriviamo a conclusioni sul tempo infinito o sull'esattezza infinita. Arriviamo a conclusioni che sono quasi veritiere come l'esperimento può mostrare, e talvolta sono molto più corrette di quelle dell'esperimento diretto, quindi siamo in grado di correggere un esperimento con deduzioni da un altro, ma non arriviamo mai a conclusioni che abbiamo il diritto di dire che siano assolutamente esatte."
Nel 1875 si sposò. La sua casa a Londra divenne il punto d'incontro di un numeroso gruppo di amici, in cui era rappresentata quasi ogni possibile varietà di gusti e opinioni. Il filosofo Edward Clodd scrisse nel suo libro Memories:
“Dai Clifford' eri sicuro di incontrare qualcuno che valesse la pena. Non c'era uno Smart Set per riempire il loro tempo libero e sprecare il tuo in pettegolezzi insensati; nessun trucco per irritarti con la loro affettazione; nessun pedante per annoiarvi con la loro vaghezza accademica, ma solo una compagnia di uomini e donne che volevano incontrarsi e avere un discorso pieno e libero.”

Si divertiva in modo particolare con i bambini, e per il loro intrattenimento aveva collaborato a una raccolta di fiabe, The Little People (1874) con Juliet e Walter Herries Pollock. Scrisse anche diverse poesie, con stile leggero e personale. Ecco ad esempio i bellissimi versi che inviò alla scrittrice George Eliot come accompagnamento a una copia della raccolta:

Baby drew a little house, 
Drew it all askew; 
Mother saw the crooked door 
And the window too. 
Mother heart, whose wide embrace 
Holds the hearts of men, 
Grows with all our growing hopes, 
Gives them birth again, 
Listen to this baby-talk: 
'Tisn't wise or clear; 
But what baby-sense it has 
Is for you to hear. 

Il piccolo disegnò una casetta,
la disegnò tutta storta;
la mamma vide la porta sbilenca
e pure la finestra.
Il cuore di Madre, il cui largo abbraccio
cinge i cuori degli uomini,
cresce con tutte le nostre crescenti speranze,
dà loro nascita di nuovo.
Ascoltate questo discorso di bimbo:
non è saggio né chiaro;
ma per il senso bambino che possiede
lo dovete ascoltare.


Nel 1876, Clifford soffrì di esaurimento, dovuto probabilmente all'eccessivo lavoro: di giorno insegnava e si occupava di amministrazione, mentre passava la notte scrivendo. Una lunga vacanza di sei mesi in Algeria e in Spagna gli consentì di rimettersi in salute. Dopo 18 mesi, tuttavia, crollò nuovamente. Fu ricoverato a Madeira, ma vi morì dopo pochi mesi di tubercolosi, lasciando una vedova e due bambini. Dopo la prematura morte di William, Lucy Clifford divenne una scrittrice di successo e amica e confidente di Henry James. Ospitava un circolo letterario nella sua casa di Londra e aveva una vasta cerchia di amici, tra i quali George Eliot, Rudyard Kipling, Thomas Hardy, Thomas Huxley, Leslie Stephen e Virginia Woolf. 

Uomo di singolare acutezza e originalità, Clifford era dotato di uno stile lucido, di profondità e immaginazione poetica e di un grande calore umano. Razionalista e osteggiato dalle gerarchie ecclesiastiche, sosteneva che fosse immorale credere alle cose per cui non vi è una prova: nel suo saggio The Ethics of Belief, uscito nel 1879, compare il famoso principio:
"è sbagliato sempre, comunque e per chiunque, credere a qualsiasi cosa basandosi su prove insufficienti."
Nonostante il suo razionalismo, Clifford ebbe l'insolita sorte di comparire in una storia di fantasmi, di cui parlò il fisico di Cambridge Sir Brian Pippard in un articolo sulla rivista della Royal Society. Questo racconto getta luce sul mistero della morte di Clifford e sulla fine del suo corpo. Un'attenta ricerca in tutti gli archivi disponibili a Funchal aveva infatti rivelato che molti documenti storici relativi all'anno della morte di Clifford erano stati distrutti da un incendio. Non era stato possibile per i biografi trovare alcuna indicazione su quale tipo di cure mediche avesse ricevuto, nessun certificato di morte e nessun dettaglio di ciò che accadde al suo corpo nei giorni tra la sua morte e la partenza della cannoniera che alla fine lo riportò in Inghilterra. Tuttavia, Pippard ha portato all'attenzione degli studiosi e del publico un libro intitolato Lord Halifax's Ghost Book, un curioso volume di storie di eventi soprannaturali, che furono raccolte da Charles Lindley, Visconte di Halifax (1839-1934) e pubblicate nel 1936 dalla Bellew Publishing di Londra.

Nell'inverno del 1889-1890 Lord Halifax accompagnò a Madeira suo figlio maggiore, Charles, che era gravemente malato, dove consultò un certo dottor Grabham che era il genero di Lord Kelvin e un esperto autorevole della flora e fauna dell'isola. Parlando con Lord Halifax e sapendo che era interessato ai racconti del soprannaturale, gli raccontò la seguente storia. Halifax scrive di essere rimasto così colpito dalla natura profetica della vicenda che si mise immediatamente a scriverla riportando ogni singola parola.
IL CADAVERE AL PIANO DI SOTTO 
Alcuni anni fa un certo Freeland soggiornava a Madeira. Non stava affatto bene e, dato che un ballo stava per essere stato organizzato all'hotel dove si trovava, il dottor Grabham lo invitò a venire a casa sua e rimanere con lui per una notte o due.
Un paio di giorni dopo, il medico arrivò in ritardo, trovò il signor Freeman ancora in piedi e seduto con la signora Grabham davanti al fuoco. "Mio caro amico", disse, "perché non sei a letto? Avresti dovuto essere lì da molto tempo.
"Non posso andare a letto," rispose il signor Freeman. "Ho avuto un sogno così terribile la scorsa notte che non riesco a sopportare il pensiero. Ho sognato che qualcuno stava trasportando un cadavere e lo ha messo in casa."
"Che cosa straordinaria!" fu la risposta del dott. Grabham. "Non un'anima, nemmeno la signora Grabham, ne sa qualcosa, ma è esattamente quello che ho intenzione di fare".
Dopo essere stato richiesto di una spiegazione, il Dr. Grabham raccontò la seguente storia. Un certo professor Clifford, che soggiornava nell'Isola, era sul punto di morte e spesso aveva espresso la più grande avversione a essere portato in un qualsiasi luogo di sepoltura cristiano. "L’ho curato" disse il dott. Grabham, "e siccome era un mio grande amico, gli ho detto che non doveva preoccuparsi e che avrei fatto in modo che il suo desiderio fosse rispettato. "Dopotutto", gli dissi, "se non vuoi entrare in un luogo cristiano di sepoltura, nessun luogo di sepoltura cristiano vorrebbe averti, così, non appena sarai morto, ti porterò a casa mia e ti terrò lì finché non sarai portato in Inghilterra con il vapore. "Ho pensato," aggiunse il dottor Grabham, "che nessuno in casa ne avrebbe saputo nulla. Ci sarebbe stato solo un lungo baule rettangolare da riporre da qualche parte e tutto ciò che era stato convenuto sarebbe stato sistemato secondo i desideri del mio paziente."
Il signor Freeland sarebbe partito il giorno dopo, e, in quelle circostanze, non lo incoraggiai a fermarsi, ma quella sera, non appena riuscii a convincerlo ad andare a letto, andai subito dal professor Clifford. Gli dissi che c'era un uomo nella mia casa che aveva sognato proprio quello che intendevo fare, in altre parole che avrei portato in casa un cadavere. Il professor Clifford era molto interessato e cominciò a suggerire ogni sorta di ragioni per cui naturalmente il signor Freeland avrebbe potuto fare questo sogno.
"Il giorno dopo o quello successivo Clifford è morto. Alla fine, era così perfettamente cosciente che il dottor Grabham fu in grado di dirgli "Sarai morto tra un paio d'ore, non hai niente da scrivere?" Il professore ebbe qualche difficoltà a rispondere e il dott. Grabham continuò: "Sei abbastanza tranquillo e soddisfatto? Sei sicuro che la morte significhi la fine di tutto e che entro un'ora o due avrai cessato di esistere? Se hai qualcosa da scrivere o dire, o se c'è qualcosa che desideri, non c'è tempo da perdere."
Il professor Clifford, tuttavia, sembrava perfettamente soddisfatto e, sebbene non fosse molto disposto a lasciare il mondo, non disse né scrisse nulla fino alla fine, quando chiese qualcosa per scrivere. Riuscì a scrivere un messaggio per le sue figlie, che non doveva essere aperto finché non fossero cresciute. Chiese anche che questa frase potesse essere messa sulla sua tomba: 
"I was not, and was content. I lived and did a little work. I am not and believe not." 
 Non ero, ed ero contento. Ho vissuto e fatto un po' di lavoro; Io non sono e 
non credo”. 
Il suo corpo fu conservato nella casa del dottor Grabham finché non fu inviato in Inghilterra come disposto.
[Lord Halifax aggiunge una nota: "Mr. Freeland alla fine si ammalò a Malta, morì a bordo del suo yacht, molto ricco, con nessun erede, e lasciò al dottor Grabham 50 sterline”.]
In realtà Lord Halifax ha riportato erroneamente l'epitaffio che Clifford dettò per la sua tomba, che sembra alquanto oscuro. Il vero epitaffio recita:

“I was not, and was conceived: 
I loved and did a little work. 
I am not, and grieve not.” 

"Non ero, e fui concepito: 
Ho amato e fatto un piccolo lavoro. 
Io non sono, e non mi rattrista”.

Nessun commento:

Posta un commento