Il sonetto che segue è costruito prendendo in prestito i versi da alcuni di quelli che costituiscono la raccolta Sonetti del Badalucco nell’Italia odierna, Feltrinelli, 2010, che Gianni Celati attribuisce al veneziano Attilio Vecchiatto. Il procedimento adottato, di derivazione oulipiana, consiste nel fare un inventario delle rime presenti nell’intera raccolta, scegliere i sonetti con i versi che presentano le stesse rime (in questo caso –ato e –one per le quartine e –ento per il distico finale), e infine considerare i versi che, avvicinati con una opportuna punteggiatura, possono dare un senso alla poesia, che costituisce l’insieme intersezione degli insiemi formati dai singoli sonetti. Il numero alla fine di ogni riga è il numero d’ordine della singola opera all’interno della raccolta da cui è stato preso il verso.
Il metodo consente di ottenere una composizione che costituisce un compendio della raccolta di versi di un autore, mantenendone il più possibile il senso complessivo, la musicalità e lo stile. Può essere adottato con buoni risultati per sostituire un’antologia, in questi anni in cui il tempo a disposizione del lettore medio è davvero poco. Mi riprometto comunque di ritornare sull’argomento.
Se in vita mia quasi sempre ho sbagliato
Se in vita mia quasi sempre ho sbagliato (25)
solo di tenebre posso dar lezione, (6)
e di vergogne da togliere il fiato (1)
in cui la luce d’amor si fa visione. (30)
In questo albergo un tempo ho soggiornato (18)
all’apparecchio di televisione (12)
voi non sentite com’è congelato? (4)
Badalucco ha parlato a profusione. (40)
Nessun può più uscir dal seminato (38)
ma rende omaggio al nostro tenebrone, (7)
satollo del denaro guadagnato: (48)
una mortale umana condizione. (6)
Noi siamo spore perse in spargimento, (17)
ma la nostra casa sta tra il nulla e il vento. (13)
Ciao Popinga, che belle cose che hai fatto!
RispondiEliminaQui c'è uno dei miei poeti preferiti, "storpiato" da me, ma ti giuro che è lui (poi metto tutti i riferimenti giusti, se mi dici che va bene)
ORTICHE E GIRASOLI
Spesso il male di vivere ho incontrato:
e muta il mezzogiorno in una notte
sentire con triste meraviglia
più che l'amore a me, strana sorella,
con te ravvolta, gabbia o cappelliera?
fraterna unica voce dentro l'afa.
la mia nebbia di sempre.
Lascia sottopassaggi, cripte, buche
morde l'arsura e la desolazione
di prima, ma lontano, più lontano
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
almeno un milione di scale
le parole
si spengono inghiottite dall'azzurro
come tutto di fuori si protende
Poi che gli ultimi fili di tabacco
soffocato è il bagliore dell'accendino
qualche gesto che annaspa...
spazza le carte
si adagiano sul retro.
Mi avevano accusato
si deforma il passato, si fa vecchio,
Non ho mai capito se io fossi
scordato strumento
Perduto in mezzo a un polveroso prato.
ortiche e girasoli.
B
Bello come dalla poesia nasca altra poesia, e altra poesia ancora potrebbe nascere dalla poesia nata dalla poesia, e così via. E anche questa, con tutte queste rima in ia, è anche lei quasi una poesia.
RispondiEliminavolevo metterti anch'io un sonetto, ma per adesso ti metto solo gli auguri di buone feste!!!!
RispondiEliminaRilancio con Enrico, un felice Natale a tutti! Ciao Pop e saluti anche alla signora.
RispondiElimina