Il Monte Analogo è il libro più noto di René Daumal (1908-1944), scrittore, alpinista, studioso della religione indiana, sanscritista, appartenente a quella corrente del pensiero occidentale influenzata dalle idee del filosofo e mistico Gurdjieff e dello scrittore esoterista René Guénon, depositari del cosiddetto “sapere tradizionale trasmesso nei secoli per via iniziatica” e che in realtà è un insieme costituito da concetti provenienti da tradizioni e culture diverse al quale è stata data nel XIX secolo una fittizia coerenza.
Il racconto di Daumal è diventato un libro di culto per tutti coloro che vi hanno trovato una allegoria della crescita interiore che si accompagna alle grandi prove, in un itinerario verso una vetta che è il centro in cui ciascuno può trovare la sua vera essenza. Si tratta di uno dei più comuni archetipi umani, quello dell’ascesa spirituale (qui inserita in una sorta di mistica dell’alpinismo) che ha prodotto molta letteratura in epoche e con intenti diversi, fino al sarcasmo surrealista e psichedelico de La Montagna Sacra del regista e fumettista cileno Alejandro Jodorowsky.
Il fascino del libro, rimasto incompiuto per la morte dell’autore, risiede nel suo essere un colto, intelligente e raffinato racconto di un’avventura del corpo e della mente, dalla sua ideazione e preparazione fino alla sua realizzazione. Con una trama lineare e la semplicità narrativa di un apologo, Il Monte Analogo descrive la recherche di un gruppo di otto avventurosi pellegrini, tra i quali Théodore, il narratore, e Pierre Sogol, il maestro e capo della spedizione, un fabbricante di profumi e insegnante cittadino di alpinismo, filosofo e scienziato eterodosso, teorico del pensiero analogico, che è stato frate di un ordine monastico eretico.
Le tematiche simboliche sono onnipresenti nelle pagine del testo, e in alcuni casi la narrazione sembra uscita direttamente dalla penna di Guénon, come nell’articolo di Théodore sul simbolo della montagna nelle tradizioni antiche, la cui pubblicazione sulla Revue des Fossiles è la scintilla che accende le polveri della spedizione verso il Monte Analogo, isola, montagna o continente posto nell’Oceano australe, invisibile e inaccessibile ai più, sulla cui cima hanno sede “creature superiori” e al quale si giunge percorrendo una “pendenza ascendente” in un gorgo circolare che è un collegamento spazio-temporale.
Un’opera anti-scientifica, dunque? No, innanzitutto perché, come ha scritto Mario M. Rossi nel saggio pubblicato a chiusura dell’edizione da lui curata de Il Regno Segreto di Robert Kirk, “In tutte le epoche, qualunque sia lo stato delle conoscenze scientifiche, esiste la possibilità di sostenere un occultismo logicamente fondato che rispetti, anzi usi, gli ultimi risultati della scienza dell’epoca”. Piaccia o non piaccia è proprio così: le scoperte sul magnetismo alimentarono ad esempio l’infatuazione mesmerista del primo Ottocento, come la nascita in campo matematico delle geometrie a n-dimensioni e le scoperte dei raggi-X e della radioattività provocarono una rinascita dello spiritismo e il successo, soprattutto presso gli artisti, della ricerca delle “realtà invisibili” e della “consapevolezza cosmica” quadridimensionale. In secondo luogo perché Daumal si dimostra assai informato sulle scoperte scientifiche e le elaborazioni teoriche più recenti.
La relatività di Einstein e la sua conferma da parte della spedizione di Arthur Eddington, che nel 1919, in occasione di un’eclisse di Sole, osservò la curvatura della luce provocata dalla grande massa della nostra stella, sono esplicitamente citate nel discorso con il quale Sogol illustra l’esistenza del Monte Analogo ai membri della spedizione nel corso della loro prima riunione:
“Sapete, d'altra parte, che un corpo qualsiasi esercita di fatto un'azione repulsiva di questo tipo sui raggi luminosi che passano vicino a esso. Il fatto, previsto teoricamente da Einstein, è stato verificato dagli astronomi Eddington e Crommelin il 30 maggio 1919, in occasione di un'eclissi di sole; essi hanno constatato che una stella poteva essere ancora visibile pur trovandosi, rispetto a noi, dietro il disco solare. Tale deviazione è, senza dubbio, minima. Ma non potrebbero esistere sostanze ancora sconosciute — sconosciute, d'altronde, per questa stessa ragione — capaci di creare intorno a sé una curvatura dello spazio molto maggiore? Dev'essere cosi, perché questa è la sola spiegazione possibile dell'ignoranza in cui è rimasta fino a oggi l'umanità, circa l'esistenza del Monte Analogo.
Ecco dunque quello che ho concluso, eliminando semplicemente tutte le ipotesi insostenibili. In qualche punto della Terra esiste un territorio con una circonferenza di almeno diverse migliaia di chilometri, sul quale si innalza il Monte Analogo. Il basamento di questo territorio è formato da materiali che hanno la proprietà di curvare lo spazio intorno a sé in modo tale che tutta la regione sia rinchiusa in un guscio di spazio curvo. Da dove vengono questi materiali? Hanno un'origine extraterrestre? Vengono forse da quelle regioni centrali della Terra di cui conosciamo così poco la natura fisica da poter dire soltanto, secondo i geologi, che nessuna materia può esistervi, né allo stato solido, né allo stato liquido, né allo stato gassoso? Non so, ma lo sapremo sul posto, presto o tardi. Quello che posso ancora dedurre, per altro, è che questo guscio non può essere completamente chiuso; deve essere aperto in alto per poter ricevere le radiazioni di ogni specie che vengono dagli astri, necessarie alla vita di uomini comuni; deve anche inglobare una massa ragguardevole del pianeta, e certo aprirsi anche verso il suo centro per una ragione simile.
— Ecco, schematicamente, come possiamo rappresentarci questo spazio; le linee che traccio rappresentano ciò che potrebbero essere, per esempio, le traiettorie dei raggi luminosi; vedete che queste linee direttrici si allargano in qualche modo nel cielo, dove si ricongiungono allo spazio generale del nostro cosmo.
Questo allargarsi si deve produrre a un'altezza tale — molto superiore allo spessore dell'atmosfera — che non si può pensare di penetrare nel «guscio» dall'alto, in aereo o in pallone.
Se ora rappresentiamo il territorio su un piano orizzontale, abbiamo questo schema. Notate che la regione stessa del Monte Analogo non deve presentare alcuna sensibile anomalia spaziale, dato che devono potervi sussistere degli esseri simili a noi. Si tratta di un anello di curvatura, più o meno largo, impenetrabile, che circonda il luogo a una certa distanza con un baluardo invisibile, intangibile; grazie al quale, insomma, è proprio come se il Monte Analogo non esistesse. Supponendo — vi dirò subito perché — che il territorio cercato sia un'isola, rappresento qui la rotta di una nave che va da A a B. Noi siamo su questa nave. In B c'è un faro. Da A, punto un cannocchiale nella direzione del percorso della nave; vedo il faro B la cui luce ha aggirato il Monte Analogo, e non sospetterei mai che tra il faro e me si estenda un'isola ricoperta di alte montagne. Continuo la mia strada. La curvatura dello spazio devia la luce delle stelle e anche le linee di forza del campo magnetico terrestre, in modo che, navigando col sestante e la bussola, sarò sempre convinto di andare in linea retta. Senza dover spostare il timone, la mia nave, curvandosi anch'essa insieme con tutto ciò che si trova a bordo, si adatterà al contorno che ho tracciato sullo schema da A a B. Dunque, anche se questa isola avesse le dimensioni dell'Australia, è ora del tutto comprensibile come nessuno si sia mai accorto della sua esistenza. Vedete?
(…)
Per trovare il modo di penetrare nell'isola, bisogna porre come principio, e lo abbiamo già fatto, la possibilità, anzi la necessità di penetrarvi. La sola ipotesi ammissibile è che il «guscio di curvatura» che circonda l'isola non sia assolutamente — cioè sempre, ovunque e per tutti — insuperabile. In un certo momento e in un certo posto, certe persone (quelle che sanno e che vogliono) possono entrare. Il momento privilegiato che cerchiamo deve essere determinato da un campione di misura del tempo che sia comune al Monte Analogo e al resto del mondo; dunque da un orologio naturale e, molto probabilmente, dal corso del Sole. Quest'ipotesi è fortemente avvalorata da certe considerazioni analogiche ed è confermata dal fatto che risolve un'altra difficoltà. Riportatevi al mio primo schema. Vedete che le linee di curvatura si allargano molto in alto nello spazio. In che modo dunque il Sole, nella sua corsa diurna, potrebbe inviare in continuazione le sue radiazioni all'isola? Bisognerà ammettere che il Sole ha la proprietà di «decurvare» lo spazio che circonda l'isola. Dunque, al suo sorgere e al suo tramontare, deve in qualche modo fare un buco nel guscio, e per questo buco noi entreremo!"
In effetti tutta l’avventura si svolge secondo geometrie non euclidee, con la “curvatura dello spazio” che falsa “tutte le misure, rendendo ogni situazione in bilico tra la fiaba e la teoria scientifica” (così scriveva Claudio Rugafiori nella lunga postfazione della prima edizione di Adelphi nel 1968). Vano è pertanto ogni tentativo di Sogol di dedurre “nozioni precise sulle anomalie causate nella prospettiva cosmica dal guscio di spazio curvo che circonda il Monte Analogo”.
Le biotecnologie e certe tecnologie astronautiche sembrano anticipate nelle soluzioni trovate al problema dei rifornimenti alimentari durante il viaggio per mare e la lunga attesa del momento propizio per giungere sull’isola. Un ingegnoso metodo avrebbe consentito la respirazione ad alta quota:
“L'arte di nutrirsi è una parte importante dell'alpinismo, e il dottore l'aveva portata a un alto grado di perfezione. (…) Beaver aveva inventato un «orto portatile» che non pesava più di cinquecento grammi; era una scatola di mica che conteneva una terra sintetica in cui si piantavano certi semi a crescita estremamente rapida; in media ogni due giorni, ciascuno di questi apparecchi produceva una razione di vegetali verdi sufficiente per un uomo — oltre a dei funghetti deliziosi. Egli aveva anche cercato di mettere a profitto i metodi moderni di coltura dei tessuti (invece di allevare buoi, diceva a se stesso, si potrebbero coltivare direttamente delle bistecche), ma era arrivato a ottenere soltanto impianti pesanti e fragili e prodoti disgustosi; così aveva rinunciato a quei tentativi. Era meglio far a meno della carne.
Con l'aiuto di Hans, d'altra parte, Beaver aveva perfezionato gli apparecchi di respirazione e di riscaldamento che aveva usato sull'Himalaya. L'apparecchio di respirazione era molto ingegnoso. Una maschera di tessuto elastico veniva adattata al viso. Attraverso un tubo l'aria espirata era inviata nell'«orto portatile» dove la clorofilla dei vegetali giovani, iperattivata dalle radiazioni ultraviolette delle grandi altitudini, fissava il carbonio dell'anidride carbonica e restituiva all'uomo l'ossigeno supplementare. Il movimento dei polmoni e l'elasticità della maschera mantenevano una leggera ipercompressione, e l'apparecchio era regolato in modo da assicurare un tasso optimum di anidride carbonica nell'aria inalata. Inoltre i vegetali assorbivano l'eccesso di vapore acqueo espirato e il calore del respiro attivava il loro sviluppo. Così funzionava, su scala individuale, il ciclo biologico vegetale–animale, cosa che permetteva una notevole economia di alimenti. In breve, si realizzava una specie di simbiosi artificiale tra l’animale e il vegetale”.
Elementi di paleontologia, in special modo i calchi fossili e i modelli interni (o forse i resti di corpi riempiti di ceneri vulcaniche come a Pompei e Ercolano) possono essere ritrovati nella Storia degli uomini cavi, una delle più belle pagine di tutto il racconto:
“Gli uomini-cavi abitano nella pietra, dove circolano come caverne vaganti. Nel ghiaccio passeggiano come bolle dalla forma d'uomo. Ma non si avventurano nell'aria, perché il vento li porterebbe via.
Hanno delle case nella pietra con i muri fatti di buchi, e delle tende nel ghiaccio la cui tela è fatta di bolle. Di giorno rimangono nella pietra e di notte errano nel ghiaccio, dove danzano al plenilunio. Ma non vedono mai il sole, altrimenti scoppierebbero.
Non mangiano che il vuoto, mangiano la forma dei cadaveri, si inebriano di parole vuote, di tutte le parole vuote che noi pronunciamo.
Alcuni dicono che sempre furono e sempre saranno. Altri dicono che sono dei morti. E altri ancora dicono che ogni uomo vivente ha nella montagna il suo uomo-cavo, come la spada ha il suo fodero, come il piede ha la sua impronta, e che, alla morte, essi si ricongiungono”.
L’ultima pagina scritta da Daumal e lasciata in sospeso a metà di una frase, dimostra inoltre una sua precoce attenzione alle tematiche ecologiche:
“II vecchio topo che avevo ucciso si nutriva prevalentemente di una specie di vespa che abbondava in quel luogo. Ma, soprattutto alla sua età, un topo di roccia non è abbastanza agile per prendere le vespe al volo; così mangiava soltanto quelle malate e deboli che si trascinavano per terra e volavano via con difficoltà. In questo modo, distruggeva le vespe portatrici di tare o di germi che, per eredità o per contagio, avrebbero diffuso, senza il suo intervento inconsapevole, numerose malattie nelle colonie di quegli insetti. Morto il topo, queste malattie si propagarono rapidamente e, la primavera seguente, non c'erano quasi più vespe in tutta la regione. Ora queste vespe, succhiando i fiori, assicuravano la loro fecondazione. Senza di loro, una quantità di piante che hanno molta importanza nella fissazione dei terreni mobili,”
Nell’aprile 1944, gravemente ammalato di tubercolosi e oramai infermo (sarebbe morto il mese seguente), Daumal ricevette la visita dell’amico André Rolland de Renéville, al quale raccontò come intendeva finire il libro. Nelle sue parole c’è una bellissima descrizione di quella che egli chiamò “una delle leggi del Monte Analogo”, che ritengo possa rappresentare il progredire delle conoscenze umane e, perché no, di quelle scientifiche, come un processo di ascesa in cui degli uomini aprono vie che altri uomini seguiranno, i quali a loro volta ne apriranno altre, in una serie di successivi avanzamenti nei quali la comunicazione è indispensabile, pena il fallimento dell’impresa.
“(…) per raggiungere la cima, bisogna andare di rifugio in rifugio. Ma prima di lasciare un rifugio, si ha il dovere di preparare gli esseri che devono venire a occuparvi il posto che si lascia. E solo dopo averli preparati, si può salire più in alto. Per questo, prima di lanciarci verso un nuovo rifugio, abbiamo dovuto ridiscendere per trasmettere le nostre prime conoscenze ad altri ricercatori...”
II titolo del suo ultimo capitolo doveva essere: «E voi, che cosa cercate?».
(Grazie a Aubrey McFato per gli utili link che mi ha segnalato)
Splendido. Ti sei solo dimenticato di dire che il buon Daumal insegnò sanscrito a Simone Weil. E non posso non linkarti queste cosette (alcune le ho ricopiate a mano): http://aubreymcfato.com/tag/daumal/
RispondiEliminaAubrey, posso linkare le tue cosette in fondo all'articolo come approfondimenti? Sono assai belle.
RispondiEliminaAccidenti, ma il meccanismo è quello dell'isola di Lost!
RispondiElimina@Amedeo :-) Già. Io non l'ho letto da nessuna parte, ma l'ispirazione è palese (soprattutto nella prima stagione).
EliminaCerto, fai pure, è un onore. Magari linka la storia degli uomini cavi: più gente la legge, più questo mondo è un posto bello.
RispondiEliminaE io che penzavo fossi ateistha... i miei omaggi, D.
RispondiEliminaAvevi ragione prima, D.
RispondiEliminaGrazie e buon viaggio!
RispondiEliminaD.
Non sapevo che esistesse un Indice dei libri proibiti dagli atei...
EliminaHai frainteso.
RispondiEliminaForse avrei dovuto mettere una virgola tra la prima parola e la congiunzione, ma, ad ogni modo, il mio restava e resta un ringraziamento per il chiarimento ed un augurio sincero.
Tornando a monte ( od al monte eheh ), preferirei dirmi, se potessi, al di là del teismo e dell'ateismo che trovo francamente sterili entrambi.
p.s. l'atto di proibire può avere diverse cause e fini che lo possono rendere un atto legittimo od oppressivo. La peggior cosa è sancire un giudizio senza avere esaminato tutte le variabili per escluderne, nell'indagine, quelle false.
Inoltre uno stesso fine si può ottenere direttamente od indirettamente come nella società attuale.
Tutto ciò fuor di polemica, che regimi ateisti nell'est vi sono stati.Si dichiaravano atei, loro, come quegli altri papi.
Forse c'è troppa libertà d'opinione?
Cordiali saluti, D.
vorrei ricordare anche il successo del libro nel '68 (edizione Adelphi, credo), grazie soprattutto al finale in sospeso, di cui il lettore non era avvertito grazie alla presenza della postfazione (Jane Austen, mi sembra in Orgoglio e Pregiudizio, si rivolge maliziosamente al lettore che oramai è avvertito che ci si sta avviando alla conclusione del libro dalle poche smilze paginette che ha in mano... qui astutamente si è evitato questo effetto). Il famoso architetto Aldo Rossi disegnò anche una famosa immagine della "città analoga" proprio in omaggio a questo libro.
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