In un caldo sabato di fine maggio, le guardie di Porta San
Lazzaro videro passare una povera donna, che si dirigeva verso la campagna con
un cesto al braccio.
"Eccone un'altra che va a cercare
qualcosa da mettere sotto i denti..." disse una sentinella.
"Già, come se fosse facile!"
sogghignò il compagno, seguendo la donna con lo sguardo. A piedi e in quelle
condizioni, non sarebbe andata lontano e lì intorno non c'erano altro che
prati incolti e sterpaglia. Si trovavano, è vero, dei piccoli spazi coltivati,
ma erano così strettamente sorvegliati che era quasi impossibile rubare
qualcosa.
Dopo circa mezzo miglio, la donna lasciò la
strada e s'inoltrò tra i campi, dove alcuni giorni prima aveva scoperto un orto
coltivato a fagioli. Pensò che forse, con un po' di fortuna, sarebbe riuscita
a riempire il paniere. Quando si chinò sulle piante, vide che i baccelli non
erano ancora maturi, ma decise ugualmente di coglierli. Che cos'altro avrebbe
potuto fare? La carestia continuava a mietere vittime ed erano ben pochi coloro
che potevano scegliere che cosa mangiare.
All'improvviso si delineò un'ombra e la donna
si voltò indietro atterrita. Perse l'equilibrio e si trovò distesa ai piedi di
un vecchio, la cui espressione furiosa e il randello che teneva in mano non
lasciavano presagire nulla di buono.
"Pietà! Pietà per me e i miei
figli!" gridò la poveretta.
"Pietà? Troppo comodo! - ringhiò il
contadino, assestandole un colpo col bastone. - Tutti così voi di città:
altezzosi e pieni d'arie; poi, però, non vi vergognate di derubare la povera
gente... Se non sapete resistere alla fame, buttatevi nel Po!"
Il vecchio continuò a batterla, vomitando una
sequela di bestemmie, finché la sua ira si fu placata. Allora prese la donna,
che sembrava svenuta, e la trascinò fino al ciglio della strada, dove l'abbandonò.
La disgraziata aveva davvero perso
conoscenza. Un po' per la debolezza dovuta alla fame, un po' per il dolore
causato dalle percosse, s'era ormai perduta in un mondo estraneo e lontano, bello
come un sogno, in cui a fatica erano penetrati alcuni frammenti del reale.
"Potete sentirmi? Siete in grado di
stare in piedi?"
La donna, dopo alcuni scossoni, aprì gli
occhi e guardò il suo soccorritore con l'espressione
vuota e stranita di chi si è smarrito nei labirinti della coscienza. Poi provò
ad alzarsi, ma le gambe le cedettero; erano diventate così così dure e pesanti
da parere dei macigni.
"Aspettate! Vi carico sul
mio carretto" disse l'uomo, prendendola in braccio.
"E1 stata la
Vergine Santissima a volere questo! - gridò la poveretta con gli occhi
stralunati. - Capite? L'ho incontrata in quel campo di fagioli e con lei c'era
Nostro Signore... Mi ha gravato le gambe perché non dimenticassi di riferire le
sue parole... Tutti devono sapere che la città è in pericolo!"
Vaneggiava di bestemmie, di
bastoni, di digiuni e di sabati, tanto che il carrettiere fu ben contento
quando, portata a termine l'opera di soccorso, poté far ritorno a casa.
Una settimana più tardi, non
c'era famiglia di Piacenza che non fosse a conoscenza dell'apparizione e del
miracolo capitato alla donna, le cui gambe la Vergine prima aveva reso pesanti
e poi aveva guarito.
"Reverendo Padre, abbiamo le
carte relative al caso dell'apparizione!" annunciò soddisfatto un giovane domenicano,
entrando trafelato nella stanza del priore.
"Oh, finalmente! Spero che
ci sia anche il verbale dell'interrogatorio fatto alla donna..." disse
Padre Gattino, sfogliando avidamente le pagine. Le dita ossute tremavano per
l'eccitazione a stento trattenuta e anche gli occhi, che una miopia vecchia
d'anni aveva segregato in un mondo chiuso e circoscritto, tradivano un'insolita
animazione.
Entro pochi giorni si sarebbe
tenuta l'ultima e più importante riunione che avrebbe deciso in via definitiva
la veridicità dell'apparizione e quelle carte giungevano proprio al momento
opportuno.
"Sia ben chiaro che non ho
bisogno di queste scartoffie per dimostrare la verità. Tutti i fedeli della
città mi hanno sentito sostenere che quella pretesa visione non è altro che una
manifesta illusione diabolica e tutti i pulpiti fremono ancora della mia
indignazione! Ma è sempre meglio premunirsi... Se quello stolto di Don
Riccardo dovesse parlare di nuovo in difesa della visione, saprò ribattere
punto per punto!"
L'aiutante del priore di San
Giovanni sorrise sollecito e compiaciuto. Conosceva lo zelo, l'erudizione e la
profonda dottrina di Padre Gattino e non avrebbe voluto essere nei panni del
canonico, Don Riccardo da Vercelli, quando si sarebbe discusso.
"Ecco, ecco! Guardate
qui... - esclamò Padre Gattino, emergendo dai fogli che aveva tenuto incollati
agli occhi fino a poco prima. - La donna ammette di essersi spaventata
quando le è apparsa la Santa Vergine. Che vi dicevo prima? Questa è opera del
Maligno, non c'è alcun dubbio! Come può far paura la visione della benedetta
Madre di Dio, Regina dei Cieli? E poi quando dice che la Vergine Santissima
c'impone di festeggiare il sabato... Il sa-ba-to, avete inteso? Vi sembra
possibile che la Madre del Signore possa indicare un giorno diverso dalla
domenica, il giorno in cui il suo Figliuolo è risorto? No, vi dico; questa è
opera del Demonio!"
Quel giorno, tutti i primari
teologi e tutti i canonisti del clero piacentino, secolare e regolare, erano
riuniti per dirimere la questione dell'apparizione avvenuta fuori dalla Porta
di San Lazzaro.
I partecipanti erano divisi in
due gruppi, posti uno di fronte all'altro, quasi a voler rimarcare con la
distanza fisica la profonda diversità delle loro opinioni. Ondate d'agitazione
si propagavano lungo gli stalli, sollevando improvvisamente i toni di voce che
diventavano acuti e aspri, per tornare subito dopo lievi e sommessi.
II relatore stava leggendo il
racconto della visione fatto dalla donna.
"La Madonna, vestita con un
abito bianco da monaca, mi spiegò che il suo Figliolo era assai sdegnato con la
nostra città, a causa delle molte bestemmie. Mi mostrò un poverello che teneva
in mano un bastone e mi disse che era Nostro Signore..."
Un brusio prolungato interruppe
la lettura.
"E aggiunse che, se il suo
Figliolo avesse gettato quel bastone nel Po, tutto il mondo sarebbe stato
distrutto. Poi Maria Vergine si sollevò la veste e mi mostrò le ginocchia: non
avevano più pelle, né carne, ma il semplice osso; e ciò era accaduto per essere
stata troppo a lungo in ginocchio a pregare Nostro Signore, affinché si
placasse e perdonasse la nostra città. Poi mi ordinò di riferire quanto il
Figlio di Dio fosse corrucciato e mi svelò il modo per evitare la sua ira:
astenérsi dalla bestemmia, digiunare per tre sabati consecutivi a pane e acqua
e festeggiare il giorno del sabato..."
"Questa è bella! La Madonna
che vuoi farci diventar giudei!" abbaiò un vecchio prete sdentato,
inondando le tonache dei vicini con una miriade di spruzzi di saliva iridescente.
Risate e cenni d'assenso
coinvolsero la fazione che sosteneva l'origine diabolica della visione. Il più
elettrizzato di tutti era Padre Gattino, che agitava sotto gli occhi dei
convenuti un piccolo manoscritto.
Venne ripresa la lettura:
"Le dissi che nessuno mi avrebbe creduto, ma la Vergine mi rassicurò:
'Farò in modo che ti crederanno'. E infatti le mie gambe divennero
così pesanti che non riuscii più a muoverle. Rimasi a letto per tre o quattro
giorni, dopo di che cominciai ad alzarmi; ma solo dopo altri tre o quattro
giorni la Madre di Dio compì un altro miracolo ed io guarii
completamente..."
Terminata la lettura del
documento, cominciò la discussione. Venne deciso che per primi avrebbero
parlato coloro che credevano che la causa dell'apparizione fosse da imputare a
Dio. Essi potevano contare sull’appoggio autorevole del Vicario Generale e,
addirittura, su quello del Reverendo Inquisitore della Fede.
"Noi riteniamo questa
visione pia, cattolica, buona, santa e voluta da Dio - esordì Don Riccardo da
Vercelli. - Per quanto ci siamo sforzati, mai abbiamo trovato qualcosa che
andasse contro la dottrina. Le cose che ha detto la Santa Vergine non sono
forse vere? Nessuno qui vorrà negare la brutta piega presa dalla città: sono
sempre meno i fedeli che credono alla preghiera come mezzo per sconfiggere la
carestia, mentre sono sempre più coloro che imprecano e bestemmiano. Riguardo
alla parola che ha suscitato la garbata ironia del nostro amato confratello,
devo dire che la donna, parlando del sabato, si era probabilmente sbagliata.
Infatti in un secondo interrogatorio, da noi sollecitata e pregata di ricordare
con esattezza, ha voluto correggere la prima dichiarazione. Leggo il passo:
'Forse ho detto troppo o male... Ma ora che mi avete così ben istruita, ricordo
che non era da festeggiare tutto il sabato, ma che solo dopo l'ora nona del
sabato si doveva far festa’. Vedete dunque che non c'è nulla di
sospetto? La visione viene da Dio e, anche se ammettessimo per assurdo che
proviene da uno spirito maligno, noi crediamo che si debba interpretare
piamente per il conforto spirituale degli abitanti e proponiamo che si
costruisca un oratorio o una chiesa, là dove è avvenuta l'apparizione".
Don Riccardo si sedette,
complimentato e applaudito dai suoi sostenitori, che per qualche istante
dimenticarono chi erano e dove si trovavano. Nessuno dei loro fedeli avrebbe
riconosciuto in quell'allegra compagnia il predicatore che tuonava dal pulpito
o il confessore che sibilava dietro la grata, ordinando penitenze in cambio
dell'assoluzione.
Padre Gattino dovette inghiottire
qualche sorso d'acqua per placare il fastidioso singhiozzo che lo aveva colto
durante il discorso della parte avversa; poi finalmente poté parlare.
"Reverendi fratelli, una
cosa è certa: l'Anticristo sta spargendo zizzania anche nel cuore di alcuni di
noi. Come spiegare altrimenti le parole udite poco prima? Questa visione è
manifestamente diabolica e lo si capisce dal
fatto che solo il Demonio poteva far credere al Reverendo
Vicario e al
Reverendo Inquisitore, persone di limpida fede cattolica, che ad apparire era la Santa Madre di Dio! Non
prendo neanche in considerazione la sciocca immaginazione della donna,
dal momento che tutti sanno quale facile
preda del Maligno sia il limitato intelletto femminile..."
A quel punto
Padre Gattino fece una pausa. Guardò ad uno ad uno i volti di coloro
che gli sedevano di fronte, come se avesse dimenticato qualcuno;
poi sorrise con espressione candida e benevola.
"Ah,
già! Mi stavo scordando del nostro amato Don Vercelli... Che dite? Davvero?
Cari fratelli, sembra proprio che quello non sia il nome del
relatore che mi ha preceduto. Chiedo scusa, ma è da così poco tempo che abbiamo
la gioia di averlo tra noi che è facile dimenticare come si chiama...
Vedete, egli non ha colpa delle cose che ha detto: non conosce ancora le sue
pecorelle e la sua anima è così pura e ingenua - direi così priva di
perspicacia - che non vede il Male. Ma io che so, devo dirvi qual è la verità:
è Satana all'origine di questa vicenda! L'ho scritto e ribadito anche in questo testo,
che per volere di Dio sarà dato alle stampe".
Tra gli
applausi dei sostenitori, mostrò un libello d'una cinquantina di pagine; lo teneva sollevato in
alto, proprio come avrebbe fatto con l'ostensorio
o la croce per tenere a distanza il Nemico.
La sua
Crociata pareva cominciare davvero sotto buoni auspici.
Il
volumetto odorava ancora di colla e d'inchiostro. Il priore di San Giovanni
guardò per l'ennesima volta il frontespizio: "Ragionamento del Reverendo
P.F. Pietro Martire Gattino da Vicenza, dell'Ordine di San Domenico, Minimo dei
Teologi e Predicatore nella Città di Piacenza, a nome degli
Illustrissimi ed Eccellentissimi Signori Farnesi, Signori Cristianissimi e veri figliuoli della
Santa Chiesa Romana, sul caso della visione veduta fuori della Porta di San
Lazzaro"
recitava il titolo impresso a grandi
lettere.
"Quando tutti lo avranno
letto, nessuno più avrà l'ardire di negare l'origine
diabolica dell'apparizione" pensò Padre Gattino, accarezzando il libercolo con la tenerezza che si riserva a un
figlio.
Era
trascorso circa un anno dal giorno dell'assemblea dei prelati piacentini.
Dopo lo scandaloso verdetto che aveva stabilito la parità tra i contendenti,
il frate non aveva più avuto pace e si era adoperato in tutti i
modi per far trionfare la verità, bussando e ribussando ad ogni porta del
ducato. Aveva coltivato la sua ossessione giorno e notte, leggendo e
rileggendo vecchi verbali del Tribunale dell'Inquisizione, correggendo e
limando il suo manoscritto.
"E' il mio Purgatorio!" soleva ripetere, crogiolandosi nel pensiero che le sue preoccupazioni erano
il debito che doveva pagare per avere diritto,
se non alla felicità, almeno alla tranquillità.
Era stato così preso da
dimenticare persine i confratelli; costoro, d'altra
parte, non ne avevano sofferto, dal momento che era diventato sempre più difficile sopportare i deliri e la
sgradevolissima alitosi del priore.
Padre
Gattino si sgranchii le membra. Sentiva la tensione che si allentava e per
la prima volta dopo tanto tempo udiva il borboglio dello stomaco
affamato. Stava già pregustando la cena, quando giunse il suo aiutante con
una terribile notizia: Don Riccardo da Vercelli era in procinto di
pubblicare un libro.
"Che...
che libro?" balbettò, quasi rabbrividendo,
"Reverendo
Padre, non agitatevi per amor del Cielo! Accettate questa croce e Dio
ve ne renderà merito..."
"Che
libro?" gridò il priore.
"Pare che sia sulla
visione... Si dice che l'abbia scritto su consiglio del Vicario Generale... Insomma, con quel titolo - Scrittura
contro il Ragionamento - sembra proprio che cerchi di
confutare le vostre tesi!"
Padre
Gattino ebbe lunghi istanti di stordimento. Tutto il mondo, tutte le sue
speranze, tutto gli era crollato addosso.
"Il
Demonio! Ditemi se questa non è opera del Demonio! - urlò gesticolando
scompostamente, rivolto ad un pubblico immaginario. - Solo il Maligno poteva
suggerire a quel prete delle false prove per dimostrare che ho torto... E chi
se no? Il mio libro è ancora fresco di stampa!"
"Dimenticate
che il vostro manoscritto circola liberamente per Piacenza da circa un
anno" obiettò il giovane domenicano.
Quelle parole ammutolirono il
priore. Come aveva potuto essere così sconsiderato?
Aveva reso noto il Ragionamento, prima ancora che lo stampatore di
Bologna avesse preparato i punzoni necessari! Aveva peccato di superbia ed era stato punito...
"Sempre lui, il Demonio!
Ecco chi mi ha indotto a peccare!" esclamò, battendosi il petto. Recitò
qualche preghiera e, dopo aver allontanato lo
stupefatto aiutante, si mise allo scrittoio.
Aveva già in
mente la risposta alla Scrittura di Don Riccardo: "Apologia del
Reverendo P.F. Pietro Martire Gattino da Vicenza, dell'Ordine di San
Domenico, Priore in San Giovanni di Piacenza e Predicatore, a nome degli Illustrissimi Signori
Farnesi Cristianissimi, contro un trattato composto
da Don Riccardo da Vercelli in difesa di una vana e diabolica apparizione, attribuita falsamente alla Vergine
Maria in Piacenza, l'anno 1560".
Sì, questo
sarebbe stato il titolo...
"Le
lettere sono pronte. E questo è il decreto..."
Il Cardinal Ghislieri, Supremo
Inquisitore della Fede, appose il suo sigillo
e consegnò il plico al segretario. Entro qualche settimana l'Inquisitore
e il Vicario di Piacenza avrebbero ricevuto le sue disposizioni in
merito alla faccenda della visione.
Era stato
Ottavio Farnese a chiedergli di esprimere un giudizio che mettesse
fine all'interminabile diatriba che coinvolgeva tutta la diocesi piacentina.
Il Cardinale, uomo rigido e intransigente, paladino di ogni
iniziativa contro la peste dell'eresia, aveva letto attentamente la mole di
scritti che il Duca gli aveva fatto pervenire.
"Tutta
questa storia è assurda e ridicola! Tirare in ballo la Madonna e il Demonio è davvero eccessivo,
quando si intuisce benissimo che la visione
non è altro che il frutto dei vaneggiamenti di una poveretta affamata, magari
sofferente di mal caduco!" aveva riferito al suo segretario.
Costui, un
Monsignore dall'aria sofferente, aveva sorriso con disprezzo. Che razza di prelati finivano
a Piacenza? Non saper distinguere un'allucinazione
da una santa visione...
"No,
non è questa la cosa grave! Ciò che mi indigna veramente è che nessuno,
neanche 1'Inquisitore, si sia reso conto del reale pericolo che corre la città. La donna parla di
festeggiare il sabato... Capite? Il sabato,
il giorno di riposo degli ebrei! Ecco che cosa succede ad allentare il
controllo su questa gente: diventa naturale per un cristiano parlare di sabato, assumere i costumi depravati e
commettere gli errori dei giudei! Con
la sua arrendevolezza, questo papa sembra dimenticare che costoro rifiutano la divinità di Cristo e,
cosa più atroce, che sono i
discendenti dei carnefici che hanno condannato Nostro Signore al supplizio della croce. Altroché farli uscire dal
ghetto, permettere loro di non
portare il berretto e consentire i loro sporchi traffici!"
Il Supremo
Inquisitore, che voleva un ritorno della politica inflessibile del defunto papa, aveva trattenuto a stento il livore che nutriva per
gli ebrei. Non era ancora giunto il momento di dar sfogo a tutto il suo odio, almeno finché c'era al potere questo
pontefice.
Aveva
scritto le due lettere con consumata abilità; in modo fermo ma prudente,
per non offendere la suscettibilità dei due destinatari, aveva decretato la
falsità dell'apparizione. Senza mai accennare direttamente agli ebrei, si era servito della
tesi di Padre Gattino, affermando che la
visione era d'origine diabolica.
"Mi
spiace soltanto che quello sciocco, quel domenicano, crederà alla superiorità
delle sue argomentazioni... Ma la consuetudine di Roma consiste proprio nel
tollerare certe cose e passarne sotto silenzio altre! L'importante
è porre fine a orribili commistioni" aveva concluso il Cardinale.
"Dio sia lodato!"
biascicò Padre Gattino con un lungo sbadiglio. Si stiracchiò beato nel letto: finalmente, dopo tanto tempo, Iddio gli concedeva
di dormire il sonno dei giusti.
Aveva vinto
e le lettere del Supremo Inquisitore erano lì a dimostrarlo. Prese dal
comodino le copie che gli aveva dato il Vescovo e le lesse ancora, con
l'interesse della prima volta. Giunto alla fine, baciò con riconoscenza
il nome posto in calce e quindi, posati i fogli, spense il lume.
Restò
immobile per qualche minuto. Poi allungò un braccio, riprese le lettere e le mise sotto il
guanciale. Ora sì che poteva addormentarsi tranquillo...
"Che
intuito, quale preparazione ha il Cardinal Ghislieri! E' uno dei pochi ad
aver compreso il pericolo del Demonio, la cui funzione è quella di sconvolgere la verità
introducendo in noi l'errore. I nostri giorni sono
malvagi, ma con persone come il Cardinale sono certo che il potere non sarà mai in mano al Nemico".
Furono
questi i suoi ultimi pensieri. Il sonno lo prese per mano e lo guidò per
sentieri luminosi, dove gli angeli di Dio celebravano la prossima
vittoria del bene.
Tuttavia il
suo non fu un sogno profetico. Qualche anno più tardi, infatti,
sarebbe salito al soglio pontificio proprio il Cardinal Ghislieri, il cui
odio feroce avrebbe travagliato gli ebrei di tutta l'Italia.