domenica 1 aprile 2018

Il sonetto illustrato di Giovanni Battista Palatino, alle origini del rebus

Il rossanese Giovanni Battista Palatino (ca. 1510 – ca. 1575), insigne calligrafo, antiquario e letterato, pubblicò tra il 1540 e il 1545 un celebre testo sui tipi di modelli calligrafici (oggi li chiameremmo font) più usati nella sua epoca. Il libro è considerato uno dei più belli e completi del suo genere. In suo onore, alla fine degli anni ’40 del secolo scorso, si inventò il font Palatino Linotype, considerato da molti uno dei più leggibili ed eleganti. 

Diventato cittadino romano attorno al 1538, Palatino, pubblicò nel 1540 il “Libro nuovo d'imparare a scrivere tutte sorte lettere antiche et moderne di tutte nationi, con nuove regole misure et essempi, con un breve et utile trattato de le cifre”, che apparve a Roma, editore Benedetto Giunti, tipografo Francesco Cartolari, che ebbe presto altre edizioni rivedute e ampliate. Oltre a una bella rassegna dei caratteri alfabetici e numerici, il volume conteneva anche un curioso sonetto illustrato, uno dei primi, ingenui e tuttavia sagaci, esempi di rebus in lingua italiana. Il sonetto tratta del rimpianto per una bella e intelligente donna morta precocemente. La metrica pare zoppicare e lo stile non è dei migliori, ma l’idea è senza dubbio geniale.


Dove son gli occhi, et la serena forma,
del santo alegro, et amoroso aspetto?
Dov’è la man eburna, ov’è ‘l bel petto
Ch’appensarvi hor in fonte mi trasforma?

Dov’è del fermo pié, quella sant’orma
col ballar pellegrin pien di diletto?
Dov’è ‘l soave canto, et l’intelletto,
che fu d’ogni valor prestante norma?


Dov’è la bocca e l’aure viole,
l’abito vago, et l’alme treccie bionde,
che facean nel fronte un nuovo sole?

Lasso che poca terra hoggi l’asconde
non la retruova il mondo, amor si duole
ch’ardendo io chiami ogn’hor chi non risponde.

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