venerdì 4 febbraio 2022

Isostasia, quando le rocce galleggiano

 


L’isostasia ė l’equilibrio teorico ideale di tutte le grandi porzioni della litosfera terrestre, come se galleggiassero sullo strato sottostante più denso, la astenosfera, una sezione del mantello superiore composta da roccia più fluida, che si trova a circa 110 km sotto la superficie. L'isostasia controlla le elevazioni regionali dei continenti e dei fondali oceanici in accordo con la densità delle loro rocce sottostanti. Si presume che colonne immaginarie di uguale area di base che salgono dall'astenosfera alla superficie abbiano pesi uguali ovunque sulla Terra, anche se i loro costituenti e le elevazioni delle loro superfici superiori sono significativamente diversi. Ciò significa che un eccesso di massa visto al di sopra del livello del mare, come accade in un sistema montuoso, è dovuto a un deficit di massa, o radici a bassa densità, al di sotto del livello del mare. Pertanto, le alte montagne hanno radici a bassa densità che si estendono in profondità nel mantello sottostante. Il concetto di isostasia ha svolto un ruolo importante nello sviluppo della teoria della tettonica a zolle. 



Nascita della teoria
- Nel 1735, l’astronomo Pierre Bouguer (1698-1758), durante una spedizione francese sulle Ande per misurare la lunghezza dell'arco meridiano ad un grado di latitudine vicino all'equatore, fu il primo a misurare l'attrazione gravitazionale orizzontale delle montagne, notando che le Ande non potevano rappresentare una protuberanza di roccia collocata su una piattaforma solida. In tal caso, un filo a piombo avrebbe dovuto essere deviato dalla vera verticale di una quantità proporzionale all'attrazione gravitazionale della catena montuosa. La deviazione era invece inferiore a quella prevista. Un resoconto completo delle sue osservazioni fu pubblicato nel 1749 con il titolo La figure de la terre


Circa un secolo dopo, simili discrepanze furono osservate da Sir George Everest, geometra generale dell'India, nelle indagini a sud dell'Himalaya, indicando una mancanza di massa compensativa al di sotto delle catene montuose. Anche Everest si aspettava che la massa gravitazionale dell'Himalaya avrebbe causato deviazioni nei fili a piombo, ma osservò che essi non erano deviati verso le montagne quanto ci si poteva aspettare. In effetti la differenza avrebbe dovuto essere maggiore. 

Il primo tentativo di spiegazione del fenomeno tentò di darla nel 1855 il matematico inglese e missionario anglicano in India John Henry Pratt (1809-1871), che postulò differenze di densità nella crosta terrestre, densità più basse sotto le montagne, densità più elevate in pianura, per spiegare i valori (quasi costanti) ottenuti per la gravità a una data latitudine. L'ipotesi di Pratt presupponeva che la crosta terrestre avesse uno spessore uniforme sotto il livello del mare, con una base che a una determinata profondità regge un peso uguale per unità di area. In sostanza, la sua teoria sosteneva che le aree della Terra di densità minore, come le catene montuose, sporgono più in alto sul livello del mare rispetto a quelle di densità maggiore. La spiegazione di ciò era che le montagne risultavano dall'espansione verso l'alto di materiale crostale riscaldato localmente, che aveva un volume maggiore ma una densità inferiore dopo essersi raffreddato. 

Sir George Biddell Airy (1801-1892), matematico e astronomo inglese, a lungo Astronomo Reale, nello stesso anno ipotizzava invece che la crosta avesse una densità uniforme dappertutto. Lo spessore dello strato crostale non è però uniforme, e quindi la sua teoria ipotizzava che le parti più spesse della crosta affondassero più in profondità nel substrato, mentre le parti più sottili ne fossero sostenute. Secondo questa ipotesi, le montagne hanno radici sotto la superficie che sono molto più grandi della loro espressione superficiale. 



L'ipotesi di Airy, oggi considerata più vicina alla realtà, afferma che la crosta terrestre è un guscio più rigido che galleggia su un substrato più liquido di maggiore densità. In pratica le montagne si comportano come un iceberg che galleggia sull'acqua, in cui la maggior parte dell'iceberg è sommerso. 


Teoria di Pratt (a sinistra) e di Airy (a destra) 

Entrambe le teorie si basano sulla presunta esistenza di uno strato fluido o plastico più denso, l’astenosfera, su cui galleggia la litosfera rocciosa. A metà del XX secolo, con l'analisi dei terremoti, è stato verificato che essa è presente ovunque sulla Terra: le onde sismiche, la cui velocità diminuisce con la fluidità del mezzo, passano più lentamente attraverso di essa. Sia le proposte di Pratt che quelle di Airy hanno storicamente avuto i loro pregi, ma sono semplificazioni eccessive della situazione reale. 

Ancora non esisteva il termine isostasia (gr. ἴσος "uguale", στάσις "posizione"), che fu coniato dal geologo americano Clarence Dutton (1841-1912), che in una nota a piè di pagina di una recensione del 1882 sull'American Journal of Science, scrisse: 
"In un articolo inedito ho usato i termini isostatico e isostacia (sic) per esprimere quella condizione della superficie terrestre che deriverebbe dal galleggiamento della crosta su un substrato liquido o altamente plastico - porzioni diverse della crosta essendo di densità disuguale". 
Dutton illustrò queste idee nel suo discorso alla Philosophical Society di Washington nel 1889. Quando questo fu stampato nel 1892 fu proposto formalmente il termine isostasia, dopo che Dutton, su consiglio dei grecisti, corresse la "c" in una "s". 

Una volta accettato il concetto di isostasia, si voleva stabilire a quale profondità si trova la superficie sulla quale “galleggiano” i blocchi di crosta terrestre. Agli inizi del Novecento la ricerca della “profondità di compensazione” fu una sfida intrapresa dai geologi americani John Fillmore Hayford (1868-1925) e William Bowie (1872-1940) dell’US Coast and Geodetic Survey

La teoria di Hayford ipotizza che ci debba essere una distribuzione compensativa di materiali rocciosi di densità variabile in modo che la crosta terrestre eserciti una pressione essenzialmente uniforme a una certa profondità all'interno della Terra. Da studi sulle anomalie gravitazionali in vari luoghi, Hayford stimò che la profondità della compensazione isostatica variasse da 60 a 122 km (da 37 a 76 miglia) e da ciò dedusse la figura geometrica della Terra, che fu adottata nel 1924 come Ellissoide Internazionale dalla International Geodetic and Geophysical Union

Bowie coordinò osservazioni sistematiche delle anomalie gravitazionali sulla terraferma e incoraggiò indagini gravitazionali negli oceani. Queste osservazioni mostrarono che le anomalie erano correlate con le caratteristiche topografiche e convalidarono l'isostasia come fenomeno geologico. Con Hayford calcolò le tabelle della profondità della compensazione isostatica, considerandola in media pari a 113 km (70 miglia). Il suo libro Isostasy fu pubblicato nel 1927. 

A causa dei cambiamenti degli ambienti tettonici, tuttavia, l'isostasia perfetta viene raramente raggiunta e alcune regioni, come le fosse oceaniche e gli altipiani, non sono compensate isostaticamente. L'equilibrio isostatico è uno stato ideale in cui la crosta e il mantello si stabilizzerebbero in assenza di forze di disturbo. L'aumento e lo scioglimento delle calotte glaciali, l'erosione, la sedimentazione e il vulcanismo effusivo sono esempi di processi che perturbano l'isostasia. Le proprietà fisiche della litosfera (il guscio roccioso che forma l'esterno della Terra) sono influenzate dal modo in cui il mantello e la crosta rispondono a queste perturbazioni. Pertanto, la comprensione della dinamica dell'isostasia aiuta a capire fenomeni più complessi come la formazione di montagne e bacini sedimentari, la disgregazione dei continenti e la formazione di nuovi bacini oceanici. 

Misure di gravità - Poiché l'isostasia prevede carenze di massa nelle regioni più elevate, un modo per testare l'isostasia su scala planetaria è misurare la variazione del campo gravitazionale locale. Un semplice pendolo può essere utilizzato per misurare la forza di gravità locale: in effetti, fu così che furono eseguite le prime misurazioni della gravità. Al giorno d'oggi, la geodesia fisica, lo studio delle proprietà fisiche del campo gravitazionale terrestre, utilizza i gravimetri relativi e assoluti per le indagini gravitazionali. I moderni gravimetri assoluti sono interferometri ottici a laser che misurano in un punto l’accelerazione di una massa in caduta libera nel vuoto. L’unità di misura solitamente utilizzata per le misurazioni è il milligal (mGal), che vale 10-5 m/s2. La precisione di questi strumenti è dell’ordine del microgal, cioè 1 x 10-8 m/s2. I gravimetri relativi, che misurano la differenza di gravità esistente fra due punti, utilizzano principalmente molle al quarzo a lunghezza zero e sono calibrati sui gravimetri assoluti. 

A causa della rotazione, la Terra è più schiacciata ai poli e sporge all'equatore, formando all'incirca un ellissoide; quindi, al livello del mare il valore della gravità dipende dalla latitudine ed è inferiore alle latitudini vicine all'equatore che alle latitudini vicine ai poli. Questo valore di gravità in un punto particolare dell'ellissoide è chiamato valore teorico per quel punto. 

Varie formule, successivamente più raffinate, per il calcolo della gravità teorica sono indicate come International Gravity Formula, la prima delle quali fu proposta nel 1930 dall'International Association of Geodesy. Una formula teorica più recente per la gravità in funzione della latitudine è la International Gravity Formula 1980 (IGF80), basata sull'ellissoide standard di riferimento WGS80, che utilizza l'equazione di Somigliana (dal nome del fisico matematico italiano Carlo Somigliana, 1860-1955, che la propose nel 1929):


dove:

g(φ) è la gravità in funzione della latitudine geografica φ della posizione di cui si vuole determinare la gravità; 
k è una costante di formula; 
ge, è la gravità all'equatore; 
a, b sono rispettivamente i semiassi equatoriali e polari dello sferoide; 
e2 = (a2-b2) / a2 è l’eccentricità quadrata dello sferoide; 

da cui: 


Sottraendo il valore teorico della gravità g(φ) dal valore osservato della gravità g’ in un punto, si ottiene una differenza chiamata anomalia gravitazionale. Dopo aver corretto con varie tecniche sia la quota che l'attrazione gravitazionale delle rocce tra lo strumento e l'ellissoide, il valore misurato della gravità meno il valore teorico viene detto anomalia di gravità di Bouguer

Poiché il valore teorico viene determinato ipotizzando che la densità sia omogeneamente distribuita al di sotto della superficie terrestre secondo involucri concentrici, se risulta che il valore misurato g’ è maggiore di quello teorico g(φ) (anomalia gravimetrica positiva) vuol dire che la densità delle rocce nel sottosuolo in quel punto è maggiore di quanto previsto teoricamente. Se, al contrario, si registra che il valore misurato è minore di quello teorico (anomalia gravimetrica negativa), si conclude che nel sottosuolo si trovano masse rocciose più leggere di quelle previste teoricamente. Questo tipo di ricerche è utilizzato a livello locale nel campo della prospezione mineraria. 

Le misurazioni del campo gravitazionale terrestre indicano che le anomalie gravitazionali di Bouguer sono generalmente molto negative sulle montagne e altipiani e nulle o positive sugli oceani. La gravità è infatti più debole su gran parte delle Alpi, dell'Himalaya e di molte altre catene montuose. Le anomalie tipiche delle Alpi centrali sono dell'ordine di −150 milligal. Nelle regioni che hanno avuto il tempo di raggiungere l'equilibrio isostatico senza essere disturbate da altri effetti geologici, come il sud-ovest degli Stati Uniti, esiste un'ottima correlazione tra la quota e le anomalie gravitazionali di Bouguer, fornendo prove convincenti per l'isostasia. 


Le leggi dell’isostasia agiscono sui continenti proprio come farebbero sugli iceberg e sulle zattere. Un iceberg si alzerà più fuori dall'acqua quando la parte superiore si scioglie e una zattera affonda più in profondità quando vengono aggiunti carichi. Tuttavia, il tempo di adattamento per i continenti è molto più lento, a causa della viscosità dell'astenosfera. Ciò si traduce in molti processi geologici dinamici che si osservano oggi. L’esempio più noto è dato dall’isostasia glaciale

Isostasia glaciale - L'isostasia glaciale è il processo mediante il quale la litosfera terrestre viene pressata dal peso di una calotta glaciale. Quando la massa di ghiaccio viene successivamente ridotta o rimossa e il peso viene tolto, ciò consente alla crosta di risalire e tornare alla sua posizione originale. La quantità di depressione crostale risultante del carico della calotta glaciale è una funzione dello spessore del ghiaccio e del rapporto tra la densità del ghiaccio e della roccia. La densità del ghiaccio è circa un terzo di quella della crosta, e quindi la depressione crostale sotto una calotta glaciale è circa un terzo dello spessore del ghiaccio. Una calotta di ghiaccio di mille metri di spessore ha la capacità di abbassare il terreno sottostante di 275 m. Normalmente, la quantità di depressione crostale aumenta dal margine verso il centro della calotta glaciale, dove nella maggior parte dei casi le calotte glaciali sono più spesse. Attualmente, in Antartide, il peso della calotta glaciale è così elevato che ha abbassato il continente di 1 km nella crosta terrestre. Se queste masse di ghiaccio dovessero sciogliersi, anche la terra sottostante subirebbe un rimbalzo isostatico.

Occorrono diverse migliaia di anni prima che avvenga l'adeguamento isostatico perché c'è un intervallo di tempo tra la ritirata del ghiacciaio e la risposta della crosta terrestre. Quando una calotta glaciale inizia a ridursi, sollevando il peso dalla massa continentale depressa, inizia il processo di rimbalzo, iniziando rapidamente, per poi rallentare. 


Ci sono prove del rimbalzo isostatico nel passato. Nel Mar Baltico e nell'area della Baia di Hudson vicino al Canada, che erano entrambi ricoperti da una calotta glaciale 14mila anni fa, esistono oggi antiche linee di spiaggia a circa 300 m sotto il livello del mare. Gli scienziati della NASA e del Servizio Geologico americano ritengono che quest'area stia ancora attivamente risalendo, ma a un ritmo molto più lento rispetto a poco dopo l'ultima era glaciale. Affinché la Baia di Hudson raggiunga il suo stato di "equilibrio", i geologi calcolano che debba ancora risalire di circa 150 m. Il sottosuolo del Mar Baltico settentrionale (Golfo di Botnia) sale di circa 1 cm all’anno. 

Per quanto riguarda il riscaldamento globale, l'isostasia glaciale entra in gioco quando si calcola l'innalzamento del livello del mare per lo scioglimento delle calotte glaciali e per l'espansione termica dell'acqua. In alcuni casi, l'isostasia può compensare alcuni degli effetti dell'innalzamento del livello del mare. Il problema, tuttavia, è che l'isostasia progredisce più lentamente dell'innalzamento del livello del mare, per cui la compensazione degli effetti negativi sarebbe minima. 

Nel periodo dell'ultimo massimo glaciale, il volume delle calotte glaciali ha prodotto un abbassamento del livello del mare di circa 120-130 m. Al contrario, lo scioglimento delle calotte glaciali della Groenlandia e dell'Antartico causerebbe un innalzamento del livello del mare rispettivamente di 5,5 e 60 m (innalzamento globale medio del livello del mare di circa 70 m: vedi in figura la proiezione per l’Europa). Non sarebbe un bell'affare per le aree costiere, dove vive circa il 40% della popolazione mondiale.



Nessun commento:

Posta un commento