Questa è la cronaca, scritta da mia moglie Anna, di un fatto realmente accaduto una ventina d’anni fa nella scuola dove insegnamo. Naturalmente il nome del protagonista passivo di questa storia è stato cambiato.
“E’ morto il papà di Giulio Passerini!”
La voce, prima dubbiosa e sussurrata, era corsa per tutta la scuola fino a diventare un annuncio ufficiale in bocca all’insegnante decana.
“Vi assicuro che è lui!” affermò con la voce resa stridula dall’eccitazione. E per rompere quel muro d’incredulità e prevenire le inevitabili ed inutili domande delle colleghe, si armò degli occhiali e sventolò sotto i loro occhi lo striminzito giornale di cronaca locale, additando una piccola fotografia in bianco e nero sulla pagina dei necrologi.
“Vedete, è lui!” esclamò soddisfatta, quasi avesse scoperto l’oro nelle acque del Lambro.
Le colleghe, pur stentando a ravvisare in quei lineamenti le fattezze di un padre che raramente si era fatto vedere e ancor meno quelle del figlio dal viso smunto, sempre nascosto dietro un gran paio d’occhiali, si arresero all’evidenza del nome stampato sulla carta e assentirono. Subito si diedero un gran da fare a stendere un accorato e pietoso telegramma a nome della scuola intera, dal Preside fino alle bidelle, anche loro straziate dal dolore che colpiva il caro Giulio.
Tutta la I C, la classe del Passerini, si recò ai funerali e non fu cosa facile far partire in orario una trentina di persone sul piccolo bus di linea che portava alla frazione in cui viveva il compagno.
Scesero in silenzio, abbagliati dall’ingannevole luce di un primo pomeriggio ancora invernale, e si avviarono in fila ordinata verso la chiesetta circondata dai campi. In testa camminava l’insegnante di sostegno, tenendo per mano due suoi allievi, due creature fragili e spaesate che non sapevano se piangere per il disagio di trovarsi fra gente sconosciuta o ridere per la felicità imprevista per quella scampagnata; sapevano solo che avrebbero dovuto dare a Giulio il mazzo di fiori che avevano portato fin lì.
Il brusio che di solito accompagna i funerali svaporò in un attimo, non appena si vide arrivare quel piccolo corteo inaspettato.
“Condoglianze… Condoglianze…” mormoravano le insegnanti. Condoglianze, ripetevano imbarazzati gli allievi che usavano quel termine per la prima volta.
Soffocato dai baci e dagli abbracci, dal polline dei fiori e dalla gioia per tutte quelle manifestazioni d’affetto cui non era abituato, Giulio piangeva e non sapeva dire altro che grazie. Tra i compagni di classe era tutto un tirar su di nasi e un luccichio di moccio, asciugato di nascosto col dorso della mano. Quando ormai tutti i presenti stavano singhiozzando, si fece avanti un uomo talmente somigliante al Passerini che sembrava di veder lui da grande.
“Grazie, grazie! – continuava a ripetere l’uomo, stringendo le mani dell’insegnante decana. - Quanto bene dovete volere a mio figlio, al mio Giulio… Venire fin qui, disturbarvi tutti così! Anche il mio povero fratello – era malato da tempo, sapete? - anche lui sarebbe contento di vedervi qui”. I parenti in lutto assentivano e quasi parevano felici.
Nessuno della scuola osò fiatare, né in quel momento né mai. Certo è che tutta la famiglia Passerini non scordò mai quel fatto: ancora oggi, incontrando le vecchie insegnanti, Giulio e suo padre sorridono con riconoscenza.
Sai Popinga, un mio caro amico si suicidò col fucile da caccia del padre parecchi anni fa: pene d'amore, ci dicemmo tutti senza consolarci.
RispondiEliminaPubblicarono sul giornale locale la fotografia di un suo omonimo, il prete di un paese vicino lo riconobbe (insegnava religione in una scuola) e incentrò l'intera omelia domenicale sul ricordo lontano di uno studente infelice che ora sarebbe sicuramente approdato in paradiso. Nessuno gli fece presente che stava decantando le lodi non postume di un vivente.
Mi ricordo che, saputo questo fatto che non so se definire "increscioso" pensai due cose =
- che i suicidi avevano un posto in paradiso, anche loro e che tutto ciò alla fine mi sembrava bello ecco
- che un errata corrige durante una successiva omelia non sarebbe stata affatto necessaria: la chiesa stessa è un'errata corrige
Tua moglie usa gli aggettivi col sapore antico di Liala (è un grandissimo complimento, per me).
B
Molto brava, si.
RispondiEliminacome i fiori meglio regalarli ai vivi così anche le manifestazioni di vicinanza
RispondiEliminabella storiella
un saluto
Bello. Complimenti alla signora Anna Popinga.
RispondiEliminaPerò una cosa, che nulla toglie alla beltà del post, ma per la precisione occorre pure dirlo.
Credo, anzi sono più che sicurissimo, che l'allievo si chiamasse Passerini Giulio.
bellissimo! Complimenti alla G.S. (gentile signora)
RispondiEliminaTutto è bene quel che finisce bene, certo se insieme al redivivo padre resuscitava anche lo zio finiva meglio, ma poi diventava un banale racconto di fantascienza tipo la Bibbia.
RispondiEliminaIo ho lavorato vent'anni nelle segreterie delle scuole, e il pìù delle volte in località più piccole di Milano -per questo ci poteva essere anche una conoscenza personale con le famiglie- però tutto il personale dirigente e docente doveva essere di cuore più duro, non mi hanno mai fatto inviare un telegramma per la morte dei parenti di un alunno, solo per i coniugi o genitori di docenti e qualche rara volta del personale ATA (ho schivato per un soffio di dover inviare a me stessa le condoglianze per la morte di mio padre!)
RispondiEliminaNella piccola azienda nella quale lavoro siamo sempre andati ai funerali di tutti, colleghi, parenti dei colleghi, anche amici dei colleghi e colleghi pensionati. Non c'era nemmeno bisogno di permessi, ci si andava tutti, immediatamente, compreso il datore di lavoro. Tutto questo fino a una decina d'anni fa, poi pian piano sono arrivati nuovi colleghi e i funerali si sono "diradati" (la gente continua a morire come una volta), il commento é: - Ma tanto non lo conoscevo mica bene...- Il mio predecessore, che era andato in pensione cinque anni fa, dopo tre anni se ne é andato e io l'ho saputo solo dopo un mese per vie "traverse". Sono andato a trovarlo, e nella foto sulla lapide ho avuto l'impressione che stesse ridendo, un sorriso beffardo, come a dire: - Adesso vedetevela voi -.
RispondiEliminaGrazie Anonymous per il commento :-)
RispondiEliminaGrazie a te e a Anna per i vostri contenuti preziosi :-)
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