Era così depresso che quando andava al mare si divertiva solo a fare il morto. Quando morì davvero pensò di essere al mare e si abbronzò.
Era molto depresso: invece di fare le frittelle di riso le faceva di pianto. Qualche maligno diceva che era soltanto avaro: il pianto era più facile da trovare e costava meno.
Non tutte le ciambelle riescono col buco, ma neppure un buco riesce con la ciambella.
Aveva così poche idee, che non le diceva a nessuno per paura di rimanere senza.
L’autore degli aforismi che ho riprodotto è Renzo Butazzi (1928), un Grande Toscano come quell’altro tanto celebrato, solo che lui il cannocchiale lo usa girato dall’altra parte, per guardare splendori e miserie della nostra umanità attraverso le lenti del comico e dell’ironia (e spesso del nonsense). Persona di cultura e ingegno, dagli interessi molteplici, giocoliere di parole, ha collaborato con periodici gloriosi quali il Caffè di Giambattista Vicari (dove ebbe occasione di occuparsi di medicina alternativa), Il Cavallo di Troia, Confini, Il Semplice, Cuore, Satyricon di Repubblica, Comix. Su Il Semplice uscì nel 1996 un suo testo di storia dell’arte che è un vero capolavoro linguistico e comico. Ne riproduco l’inizio:
L'ABBAZZILICA DI PITOSFORI, MONUMENTO ROMANICO
L'abbazzilica romanica di Pitosfori è l'unica abbazia basilischica rimasta pressoché integra fino ai giorni loro. Percorrendo l'involuta che scoscende scosciata lungo il fianco della collina di Monte Pitos, spicca fin da vicinissimo il campanillo invertito a tripla bifora sottratta.
Sulla facciata ecclesiale, in liquirizi bianchi e neri di stile tigresco, rintocca il timpano smandrappato alla buranense, il cui occhio centrale non batte ciglio. La navata principale, che s'all'unghia in tutta la sua vertiginosa larghezza tra le monofore trombate, è preziosamente labirintata dai cenotafi catafratti dei duchi di Pitosforo.
Recentemente ha pubblicato per Sagoma di Varese un delizioso libretto, Il silenzio dell'uovo (2011), biografia letteraria e saggio pseudo-accademico su due poeti dimenticati dell’Ottocento, Torquato e Titina Gazzilloro, fratello e sorella, testo che dovrò procurarmi al più presto per dare maggior spessore alla mia serie sui poeti inesistenti. In rete ho trovato un gustoso estratto del suo vivace e raffinato studio.
Butazzi si è occupato di scienza in più occasioni, come quando scrisse questi pietosi versi nello stile di Edgar Lee Masters (Spoon River Analogy):
Oh, biologo pietoso
prega anche tu
per il fanciullino
morto di freddo
allorché la provetta
cadde, spargendolo,
appena concepito
sul gelido impiantito
del laboratorio.
Lo sfortunato non era neppure
battezzato.
Questa Facoltà di Medicina
Divisione di Cardiochirurgia
ricorda l’eroico sacrificio di
Pelosi Arturo, Belledi Mariuccia e Filotti Antonio.
Animalisti convinti, nemici acerrimi della vivisezione
si sostituirono volontariamente
a un cane e due conigli
in un programma sperimentale
per il trapianto dei cuori di palmito
negli esseri umani.
Qualche giorno fa l’amico Paolo Albani mi ha cortesemente fatto conoscere i componimenti matematici (in prosa) e geometrici (in rima) del Nostro, piccole storie di numeri e altri enti che in qualche modo ricordano l’atmosfera dei miei versi umoristici, facendo di Butazzi un mio plagiario per anticipazione. C’è in questi testi conoscenza e gioco, c’è la consapevolezza che si può parlare di matematica con umorismo senza banalizzarla. Li presento con la certezza che piaceranno al lettore, così come sono sicuro che hanno divertito l’autore mentre li scriveva.
VITA MATEMATICA
Convinto dalla tangente il cerchio cercò di trasformarsi in quadrato. L’angolo invece rifiutò: era sempre stato retto e tale voleva rimanere.
Se cambia l’ordine – suggerì il prodotto ai fattori – facciamo finta di niente: ci risparmiamo un sacco di fatica.
Sarà meglio che usi la spirale, pensò la circonferenza dopo aver avuto l’ennesimo diametro.
Quando andava al circolo il diametro passava sempre per il centro.
Essendo priva di indice la radice quadrata non aveva fatto il servizio militare.
Quella funzione ha un seno iperbolico, osservò il logaritmo leccandosi la mantissa.
La radice di due era molto preoccupata. Ormai erano passati trenta decimali senza che le venisse il periodo. Temeva di essere incinta anche se tutto ciò le sembrava irrazionale.
Quando sss..i didice la cococombinazione, esclamò il triangolo di Tartaglia incontrando il binomio di Newton.
Appena ebbe guardato nella parentesi il coseno pronunciò la diagnosi: c’è un brutto accesso all’integrale fratto. Purtroppo ha una radice cubica e l’estrazione sarà difficile.
Ricomponiti – disse la parentesi al polinomio – Così scomposto ti si vedono i binomi.
L’equazione cercava di risalire alle radici per trovare la propria identità.
Ho detto che sei una bella conica, non una comica, disse il cerchio all’iperbole che stava arrabbiandosi.
L’irrazionalità dei loro esponenti rese molto difficile il confronto tra le due potenze.
Secondo i parametri la variabile era troppo indipendente, ma per fortuna stavano mettendo dei limiti alla sua funzione.
Il Trapezio voleva iscriversi nel circolo del Pentagono ma lo avevano respinto.
Quello che mi fa più soffrire - si lamentava il due - è quando mi estraggono una radice: non finisce mai.
Farci separare non conviene né a me né a te, disse l’uno allo zero.
Sono io, il primo tra i primi, esclamò il due guardando l’uno dall’alto in basso.
Sei troppo irrazionale, ti consiglio l’analisi, suggerì l’algebra all’equazione insoddisfatta.
Appena l’equazione scoprì di avere di avere due membri si precipitò dal dottore.
Io sono l’essere supremo - proclamò la variabile indipendente rivelandosi ai coefficienti - posso assumere qualunque valore nell’infinito.
Non vorrei passare per maniaco – si lamentava l’asintoto – ma non poter mai toccare una curva mi fa impazzire.
Se non glielo spiegavano gli angoli acuti, l’angolo ottuso non riusciva mai a fare un triangolo.
L’angolo piatto è molto utile per mangiarci i gradi.
Ogni volta che le due rette s’incontravano facevano il punto.
Risalendo per i decimali il resto della divisione cercava disperatamente di raggiungere il dividendo.
L’ipotenusa non voleva uscire con i cateti perché erano più piccoli di lei.
Il diametro è molto veloce: fa un giro intero in tre e quattordici, mentre il raggio ci mette il doppio.
Da sempre il numero primo aveva cercato vanamente di farsi in quattro. Finché, sopraffatto dalla frustrazione, si gettò dalle ordinate sfracellandosi sulle ascisse.
In un sistema cartesiano ogni punto del piano è schedato.
Persa la ragione la progressione smise di progredire.
Smarrite tra le infinite soluzioni, le equazioni di primo grado scelsero la sicurezza di un sistema.
GEOMETRIE
Giace curva da stamani
sugli assi cartesiani
l’esponenziale
che si sente male.
L’angolo giro è tondo.
Dorme un sonno profondo,
acciambellato
da quando fu creato.
Non se ne vede niente:
forse è trasparente.
Langue delusa
l’ipotenusa.
Vorrebbe unirsi all’angolo retto,
ma lui si oppone
per farle dispetto.
La parabola
Ha le traveggole:
ci vede doppio,
si crede un’iperbole.
Brulica di parallele l’infinito
che tutte là
si vanno ad incontrare;
come il Mar dei Sargassi
brulica d’anguille
che solo là si vanno ad accoppiare
Un angolo retto,
stancato dall’uso,
cadendo all’indietro
diventa un ottuso.
L’angolo ottuso,
deluso,
di gradi fa abuso.
Si gonfia, si sbraca,
diventa più sciatto:
è un angolo piatto.
Forzuto ed astuto
è l’angolo acuto.
Fa leva,
pian piano si leva,
finché, quando è eretto,
fa l’angolo retto.
Era forse un rettangolo stanco
il trapezio scaleno
che giace sbilenco
sul piano?
Le ultime quattro poesiole geometriche sono state pubblicate su Il Cavallo di Troia nel 1984.