Ashutosh (Ash) Jogalekar è un chimico che si interessa di storia e
filosofia della scienza. Cura il blog The Curious Wavefunction, ospitato dal portale dello Scientific American. Nel suo ultimo
articolo, intitolato Gavrilo Princip, conspiracy theories and the fragility of cause and effect,
dedicato all’attentato di Sarajevo di un secolo fa che innescò la Prima Guerra
Mondiale, sostiene la tesi che è inutile cercare fantasiose spiegazioni
complottiste per spiegare molti fatti importanti della storia: spesso gli
eventi sono frutto di piccole cause che imprevedibilmente provocano grandi
effetti. Sulla critica al complottismo (purtroppo assai diffusa anche riguardo
ad argomenti scientifici) siamo d’accordo, ma l’idea che la storia sia in gran
parte il frutto di fattori casuali mi sembra molto azzardata e un po' ingenua.
Sostiene Jogalekar: “Quando
leggiamo la storia degli spari che portarono alla Prima Guerra Mondiale, ciò
che colpisce è quanto fu sconvolgente l’abisso tra causa ed effetto, quanto
poco ci vuole perché cambi la storia e quanto le volubili umane fortune sono
completamente soggette a eventi accidentali e improbabili. Leggendo la storia
di Princip e dell’Arciduca, talvolta si ha la sensazione di non essere altro
che trucioli di legno alla deriva nel tumultuoso fiume della storia”.
In quel fatale 28 giugno 1914, sei cospiratori attendevano nell’ombra di
realizzare il loro piano. Quando passò il corteo, i primi due non riuscirono a
sparare a causa della folla e della scarsa visibilità del bersaglio. Il
successivo cospiratore pensava di gettare una bomba sulla vettura
dell’Arciduca, ma essa rimbalzò senza esplodere contro la vettura che la
precedeva. I primi due cospiratori se ne
andarono, mentre il terzo tentò di suicidarsi ingerendo una capsula di cianuro,
ma iniziò a vomitare e fu catturato dalla polizia. Lo sventurato Princip e gli
altri due complici rinunciarono allora al piano e si allontanarono senza
fretta. Nel frattempo l’Arciduca giunse al municipio e tenne un discorso,
esprimendo al sindaco la sua indignazione per essere stato oggetto di un
tentativo di attentato.
Inaspettatamente, però, e molto scioccamente, Francesco Ferdinando,
finito l’impegno ufficiale decise di tornare per la stessa strada attraverso il
centro della città. Uno dei suoi generali tentò di suggerire una strada
alternativa, ma, per qualche ragione, il suo consiglio non fu comunicato
all’autista. Così Princip, che oramai non ci pensava più e bighellonava vicino
a una pasticceria, vide il corteo di ritorno e pensò che questa volta
l’occasione era troppo ghiotta per essere lasciata. Oltre a ciò, il cambio
della vettura arciducale si era bloccato e l’autista non poteva fare
retromarcia. Il resto è storia.
Se l’attentato fu favorito
da una incredibile serie di circostanze fortuite e di sbagli, anche dopo
l’assassinio dell’Arciduca ebbe luogo una surreale commedia di errori, e un’ondata
travolgente di idiozia da parte dei capi di stato europei e dei loro
diplomatici, secondo Jogalekar, portò alla guerra.
Il racconto dell’attentato
di Sarajevo è occasione per Jogalekar per illustrare l’assurdità di molte
teorie complottiste, secondo le quali esistono grandi cospirazioni planetarie
con scopi innominabili ordite dai vertici della politica o della finanza, o da
organizzazioni più o meno segrete, e delle quali l’uomo della strada è tenuto
all’oscuro. La storia di Princip, che allora come oggi diede il via a
interpretazioni fantasiose (c’è chi giura che l’attentato fu ordinato dallo
stesso Imperatore perché l’erede designato, in realtà un reazionario fin sopra
i capelli, era troppo liberale!), ci insegnerebbe invece quanto sia caotica la
realtà. L’uccisione dell’Arciduca d’Austria sarebbe il frutto più del caso che
di ogni altra causa, caso che sembra governare gran parte degli affari umani e
del mondo naturale. Così, secondo Jogalekar, un signor nessuno come Gavrilo
Princip (o come, più tardi, Lee Harvey Oswald per l’assassinio di John Kennedy
a Dallas nel 1963) può indirizzare la storia in una direzione invece che in
un’altra.
Così come la storia e
l’evoluzione del mondo naturale possono derivare da piccole cause iniziali che
producono grandi effetti (il noto “effetto farfalla”, o, più propriamente, la
dipendenza dei fenomeni naturali dalle condizioni iniziali che è alla base
della teoria della complessità), anche la storia umana, sostiene Jogalekar,
sarebbe il frutto delle conseguenze di variazioni iniziali minime, amplificate
oggi dalla stretta interdipendenza tra le società dovuta alla globalizzazione e
alla sempre più estesa rete di relazioni tra gli uomini e tra l’uomo e la natura. Molti di questi eventi
sarebbero imprevedibili, “davvero il prodotto del destino e del caso”.
L’idea che i nostri destini individuali
e collettivi possano dipendere da clinamen
impercettibili, dal decadimento di una particella o da qualche accidente
imprevedibile (c’è chi ha scritto un libro sull’attacco di emorroidi che
avrebbe colpito Napoleone a Waterloo), è affascinante, ma denuncia una
impressionante sottovalutazione della storia delle idee e di quella economica.
Per restare al primo conflitto mondiale, nonostante lo stupore di Jogalekar e
dei contemporanei di Princip, possiamo dire che se qualcuno accese la
scintilla, questa fece divampare l’incendio perché si era accumulato tanto
materiale infiammabile. Le politiche di potenza e gli interessi contrapposti
delle nazioni europee, le crescenti ideologie nazionaliste e irredentiste che
agivano in senso disgregante per gli antichi imperi sovranazionali, le nuove sfide
economiche determinate dai progressi scientifici e tecnologici, e molto altro
ancora, avevano raggiunto un livello tale che la crisi era inevitabile, direi
che era intrinseca alla struttura.
La guerra fu anche il risultato di
politiche incaute e di innumerevoli errori, ma ogni singolo evento va collocato
all’interno di un processo storico, che lo conforma. E, come sempre succede,
con buona pace dei finti irenisti vecchi e nuovi, i conflitti armati, oggi
spesso travestiti da intervento umanitario, sono un’inevitabile conseguenza degli
interessi economici e politici contrapposti tra le potenze. Se non piace l’analisi
marxista, forse sarebbe utile almeno rileggere il buon vecchio von Clausewitz.