lunedì 28 luglio 2014

Alcune oche



Some Geese


Ev-er-y child who has the use 
Of his sen-ses knows a goose. 
See them un-der-neath the tree 
Gath-er round the goose-girl's knee, 
While she reads them by the hour 
From the works of Scho-pen-hau-er 

How pa-tient-ly the geese at-tend! 
But do they re-al-ly com-pre-hend 
What Scho-pen-hau-er's driv-ing at? 
Oh, not at all; but what of that? 
Nei-ther do I; nei-ther does she; 
And, for that mat-ter, nor does he. 


                                        Oliver Herford. 


Alcune oche

Ogni bambino che impara e gioca 
di certo sa che cosa sia un’oca. 
Le vede sotto l’albero, riunite a crocchio
intorno a mamma oca che in ginocchio, 
legge loro, un brano all’ora, 
i testi di Schopenauer che adora. 

Come le ochette ascoltan con pazienza! 
Ma capiscono da questa conferenza 
dove Schopenauer va a parare? 
Oh, per nulla! Quindi, come spiegare? 
Neppure io lo so, l’oca nemmeno, 
e neanche il filosofo che stava sul Meno.

sabato 12 luglio 2014

Le storie d’amore come sistemi dinamici

Le storie d’amore sono processi dinamici nei quali i coinvolgimenti sentimentali (i "sentimenti") evolvono nel tempo, partendo, in generale, da uno stato di indifferenza. Per questo motivo, esse possono essere collocate, almeno come principio, all’interno della struttura formale della teoria dei sistemi dinamici, dove si utilizzano modelli matematici per descrivere l’evoluzione nel tempo delle variabili di riferimento. I modelli più frequentemente usati si basano sulle equazioni differenziali ordinarie (ODE).

La maggior parte dei modelli proposti per la descrizione delle storie d’amore si compone di due equazioni differenziali ordinarie, una per ciascun partner, del tipo:


(1)

In questi modelli, le variabili di stato xi(t), con i = 1, 2,  sono i sentimenti al tempo t degli individui i per il partner, mentre A1 e A2 sono i loro fascini (appeal).  I fascini, come tutti gli altri parametri che specificano le caratteristiche fisiche degli individui, sono considerati costanti nel tempo. Valori positivi dei sentimenti variano dalla simpatia alla passione, mentre valori negativi sono associati alla ostilità e al disprezzo.

Il fascino dell’individuo i possiede diverse componenti quali l’attrattiva fisica, il coraggio, l’educazione, la sensibilità, ecc., che sono indipendenti dal sentimento xi. Se  è il peso che l’individuo j (ji) dà alla componente h del fascino del partner, è possibile definire il fascino di i (percepito da j) come:


Quindi, il fascino non è una caratteristica assoluta dell’individuo, ma piuttosto un valore percepito dal partner attuale o futuro/a.

Due persone che si incontrano per la prima volta a t = 0 sono, in genere, indifferenti l’uno all’altra, vale dire x1(0) = x2(0) = 0. Perciò, i sentimenti evolvono in accordo con le equazioni (1), dove i tassi di cambiamento fi sono dettati dallo squilibrio tra i processi di rigenerazione e consunzione.


Quest’ultimo processo, chiamato oblio, spiega perché gli individui perdono gradualmente il ricordo dei loro partner dopo la separazione. Si considera che le perdite avvengano secondo una legge esponenziale (espressa da un coefficiente α negativo). Al contrario, i processi di rigenerazione sono di due tipologie diverse, cioè la reazione al fascino (rappresentata da un parametro ρ di un individuo per l’altro) e la reazione all’amore del partner, descritta da una funzione R. Gli individui più comuni, di solito chiamati sicuri, sono coloro ai quali piace essere amati. Un individuo appartenente a questa classe è formalmente identificato da una funzione R crescente.  Per cogliere le limitazioni psico-fisiche presenti in tutti gli individui, le funzioni di reazione sono considerate limitate come nella figura 1.

In conclusione, un ragionevole modello per coppie di individui sicuri è:

 (2)

Il primo a occuparsi di dinamiche amorose in termini matematici fu Steven Strogatz nel 1988. Dal suo articolo sono in seguito nati studi ulteriori che hanno esteso l’analisi a una serie di modelli delle relazioni romantiche, anche letterarie, più generali e astratti. Proprio qualche giorno fa una serie di suoi tweet ha richiamato la mia attenzione su una serie di lavori italiani che costituiscono un’evoluzione della sua intuizioni. Una delle “scuole” più fertili in questo campo è quella del Politecnico di Milano, che ha come suo esponente principale Sergio Rinaldi, che si è occupato, con altri, di diverse vicende, a partire dalla modellizzazione matematica dell’amore tra  Scarlett e Rhett in Via col vento. La ciclica vicenda dell’amore tra Francesco Petrarca e Laura De Sade descritta nel Canzoniere ha palesato un accordo sorprendente tra la predizione del modello e i dati storici disponibili. Altre storie d’amore tendono verso regimi più complessi, o perché sono influenzate da ambienti caotici, o perché l’interazione tra i personaggi può generare una sorta di caos sentimentale. Tale ad esempio è la storia descritta in Jules et Jim, racconto diventato celebre dopo la trasposizione cinematografica che ne fece François Truffaut nel 1962, che è stata oggetto di una riuscita modellizzazione matematica sempre da parte di Rinaldi e colleghi.

Un’altra importante caratteristica dei sistemi dinamici non lineari è la possibilità che piccolissime (al limite non percettibili) variazioni di qualche parametro strategico possono dar luogo a discontinuità rilevanti nei sentimenti dei partner. In altre parole, piccole scoperte possono avere grandi conseguenze negli affari d’amore. Da un punto di vista formale queste discontinuità non sono altro che biforcazioni, che si hanno proprio quando una piccola variazione dei valori dei parametri (i parametri di biforcazione) causa un cambiamento “qualitativo” o topologico del sistema, vale a dire un cambiamento del numero di punti di equilibrio o della loro natura. Tali cambiamenti possono anche portare ad una catastrofe. I valori per cui si hanno modifiche qualitative al sistema sono detti valori critici .

Queste piccole scoperte da parte di uno dei due protagonisti di una storia d’amore sono in genere associate a grandi emozioni, che emergono quando vi sono crisi profonde o esplosioni entusiastiche di interesse. Esempi potenziali del primo tipo sono le relazioni basate sul sesso: in effetti, l’appetito sessuale decresce con il tempo fino al punto di inevitabile e improvvisa rottura se non esistono altri elementi di unione. Un esempio assai noto del secondo tipo è quello dei playboy, che insistono sistematicamente nel corteggiamento fino a che la loro “preda” si innamora di loro. Due vicende che implicano biforcazioni catastrofiche sono state studiate e modellizzate recentemente da Rinaldi: la prima è La Bella e la Bestia, una favola scritta nel 1756 da  Jeanne-Marie Leprince de Beaumont e diventata un famoso cartone animato della Disney, mentre la seconda è l’amore tra Elizabeth Bennet e il signor Darcy, descritta nel famoso romanzo Orgoglio e pregiudizio scritto da Jane Austen nel 1813. L’analisi della vicenda evidenzia un’improvvisa esplosione di coinvolgimenti amorosi, indotta da piccole scoperte e rivelata dall’esistenza nel modello di una biforcazione tangenziale. 


La storia d’amore tra Elizabeth e Darcy può essere perfettamente interpretata con le equazioni (2), purché si assegnino valori adeguati ai parametri del modello. Il fascino A1 di Elizabeth (percepito da Darcy) è all’inizio basso (PP3), poi invece aumenta ad ogni incontro, in cui lei mostra, senza eccezioni, la sua grazia e il suo talento (PP5, ..., 8). Al contrario, il fascino A2 di Darcy (percepito da Elizabeth) rimane negativo, visti i pregiudizi che lei porta verso i ricchi e i nobili. È pertanto lecito immaginare  che l’evoluzione della storia d’amore sia il risultato di un aumento ricorsivo di A1; seguito da un repentino aumento di A2 (dovuto all’eloquente lettera di Darcy), come mostrato nella figura 2. All’inizio della storia (PP2, 3, 4) il punto rappresentativo nello spazio dei fascini è il punto 1 nella regione rossa della figura, dove Elizabeth e Darcy sono in una relazione ostile. Quando la percezione A1 del fascino di Elizabeth aumenta (punti 2, 3, 4, 5 nella figura 2a), non accade nulla di rilevante, sebbene il coinvolgimento di Darcy sia positivo dal punto 5 (vedi PP9). A quel punto Elizabeth è ancora ostile e, infatti, rifiuta di sposarlo (PP10). È solo la lettera di Darcy che rivela improvvisamente  a Elizabeth le intenzioni oneste del suo innamorato. Ciò è rappresentato come un salto verticale nello spazio dei fascini dal punto 5 al punto 6 nella regione verde della figura, quando i due amanti possono trovarsi solo in una relazione positiva. Detto altrimenti, come conseguenza della lettera, la biforcazione tangenziale superiore è attraversata dal basso, e questo attraversamento implica un salto di discontinuità da x’ a x’’’ nei sentimenti di Elizabeth e Darcy (PP12, …, 15).

Una caratteristica fondamentale dei sistemi dinamici non lineari è l’esistenza di stati stabili alternativi (ASS). Utilizzata da tempo in fisica, ingegneria e, più recentemente, in ecologia, questa proprietà può essere utilizzata nello studio delle storie di cuore. Un caso esemplare in cui l’importanza strategica degli ASS è messa in rilievo è la storia dell’amore di Cyrano per Rossana contenuta nel Cyrano de Bergerac di Edmond Rostand (1897), dove si evidenzia un’avvincente  proprietà generale: “negli affari di cuore l’inganno temporaneo può talvolta essere redditizio”.


In questo caso, l’uso di un modello matematico mette in evidenza che le coppie composte da individui “sicuri”, senza fascino né troppo alto né troppo basso, possiedono due regimi sentimentali, uno favorevole e l’altro no (fig. 3). Così, se una di queste coppie si trova intrappolata in un regime sfavorevole, il problema consiste nel trovare una via d’uscita e cambiare verso un regime favorevole. Il modello mostra che l’inganno temporaneo, cioè fornire al partner per un tempo sufficientemente lungo un’impressione tendenziosa del coinvolgimento o del fascino, è un metodo molto efficace per ottenere questo cambio. Ciò attenua, nel contesto delle storie amorose, il giudizio morale negativo che si dà all’inganno nel comportamento sociale.

Sergio Rinaldi è anche un ottimo divulgatore. Qui lo vediamo spiegare personalmente come è possibile modellizzare una storia d'amore:


sabato 5 luglio 2014

Sinisgalli e la croce sulla lavagna

"Per lunghi mesi, sulle grandi lavagne che occupavano quasi tutta la parete dietro le cattedre, nelle Aule del Seminario di Matematica in via delle Sette Sale (una stradina del Colle Oppio con le selci che hanno il colore dell’argento, i muri di cinta interrotti da bellissimi portali adeguati alle dimensioni delle vecchie carrozze padronali), tra l’odore dei fiori e il cinguettio dei passeri che, chiuse le imposte, lasciavano come una scia, dietro la quale veniva a stabilire il silenzio necessario ad accogliere quelle cifre, quelle sillabe e quelle linee d’oro, il professore apriva il suo rito, proprio come un sacerdote apre la messa; con un segno di croce. Che non era tracciato dalla mano nell’aria e non invocava nessuna presenza divina: erano due solchi di polvere bianca sul buio schermo di ardesia, due assi ortogonali, l’asse delle ascisse e l’asse delle ordinate, che fermavano lo spazio intorno a quella O maiuscola, quella O che nei nostri fogli di esercitazione non restava mai un punto d’incrocio immateriale, senza dimensioni, come Euclide e Cartesio e Castelnuovo avrebbero voluto, ma diventava per la nostra inesperienza di disegnatori, oltre che di geometri, una specie di fossa, un buco, una bruttura sulle candide tese di carta Fabriano, dove imparammo a costruire la spirale, la catenaria, la cissoide, e molti altri ghirigori dalle virtù pressoché sublimi.
La Croce di Cartesio venne a sovrapporsi nelle nostre ingenue meditazioni di allora, ossessiva, imperiosa, alla caritatevole Croce di Gesù. I paradisi che essa ci prometteva ci parvero più immediati, e i sentieri della verità furono per noi, lungamente, labili curve disegnate a lapis, intorno ai due assi e a quella tonda lettera astrusa".
(Leonardo Sinisgalli, da Assi cartesiani, in Horror Vacui, Roma, O.E.T, 1945, pp.11-12)

venerdì 4 luglio 2014

Gavrilo Princip, il caso e la necessità


Ashutosh (Ash) Jogalekar è un chimico che si interessa di storia e filosofia della scienza. Cura il blog The Curious Wavefunction, ospitato dal portale dello Scientific American. Nel suo ultimo articolo, intitolato Gavrilo Princip, conspiracy theories and the fragility of cause and effect, dedicato all’attentato di Sarajevo di un secolo fa che innescò la Prima Guerra Mondiale, sostiene la tesi che è inutile cercare fantasiose spiegazioni complottiste per spiegare molti fatti importanti della storia: spesso gli eventi sono frutto di piccole cause che imprevedibilmente provocano grandi effetti. Sulla critica al complottismo (purtroppo assai diffusa anche riguardo ad argomenti scientifici) siamo d’accordo, ma l’idea che la storia sia in gran parte il frutto di fattori casuali mi sembra molto azzardata e un po' ingenua.

Sostiene Jogalekar: “Quando leggiamo la storia degli spari che portarono alla Prima Guerra Mondiale, ciò che colpisce è quanto fu sconvolgente l’abisso tra causa ed effetto, quanto poco ci vuole perché cambi la storia e quanto le volubili umane fortune sono completamente soggette a eventi accidentali e improbabili. Leggendo la storia di Princip e dell’Arciduca, talvolta si ha la sensazione di non essere altro che trucioli di legno alla deriva nel tumultuoso fiume della storia”.

In quel fatale 28 giugno 1914, sei cospiratori attendevano nell’ombra di realizzare il loro piano. Quando passò il corteo, i primi due non riuscirono a sparare a causa della folla e della scarsa visibilità del bersaglio. Il successivo cospiratore pensava di gettare una bomba sulla vettura dell’Arciduca, ma essa rimbalzò senza esplodere contro la vettura che la precedeva.  I primi due cospiratori se ne andarono, mentre il terzo tentò di suicidarsi ingerendo una capsula di cianuro, ma iniziò a vomitare e fu catturato dalla polizia. Lo sventurato Princip e gli altri due complici rinunciarono allora al piano e si allontanarono senza fretta. Nel frattempo l’Arciduca giunse al municipio e tenne un discorso, esprimendo al sindaco la sua indignazione per essere stato oggetto di un tentativo di attentato.

Inaspettatamente, però, e molto scioccamente, Francesco Ferdinando, finito l’impegno ufficiale decise di tornare per la stessa strada attraverso il centro della città. Uno dei suoi generali tentò di suggerire una strada alternativa, ma, per qualche ragione, il suo consiglio non fu comunicato all’autista. Così Princip, che oramai non ci pensava più e bighellonava vicino a una pasticceria, vide il corteo di ritorno e pensò che questa volta l’occasione era troppo ghiotta per essere lasciata. Oltre a ciò, il cambio della vettura arciducale si era bloccato e l’autista non poteva fare retromarcia. Il resto è storia.

Se l’attentato fu favorito da una incredibile serie di circostanze fortuite e di sbagli, anche dopo l’assassinio dell’Arciduca ebbe luogo una surreale commedia di errori, e un’ondata travolgente di idiozia da parte dei capi di stato europei e dei loro diplomatici, secondo Jogalekar, portò alla guerra.

Il racconto dell’attentato di Sarajevo è occasione per Jogalekar per illustrare l’assurdità di molte teorie complottiste, secondo le quali esistono grandi cospirazioni planetarie con scopi innominabili ordite dai vertici della politica o della finanza, o da organizzazioni più o meno segrete, e delle quali l’uomo della strada è tenuto all’oscuro. La storia di Princip, che allora come oggi diede il via a interpretazioni fantasiose (c’è chi giura che l’attentato fu ordinato dallo stesso Imperatore perché l’erede designato, in realtà un reazionario fin sopra i capelli, era troppo liberale!), ci insegnerebbe invece quanto sia caotica la realtà. L’uccisione dell’Arciduca d’Austria sarebbe il frutto più del caso che di ogni altra causa, caso che sembra governare gran parte degli affari umani e del mondo naturale. Così, secondo Jogalekar, un signor nessuno come Gavrilo Princip (o come, più tardi, Lee Harvey Oswald per l’assassinio di John Kennedy a Dallas nel 1963) può indirizzare la storia in una direzione invece che in un’altra.

Così come la storia e l’evoluzione del mondo naturale possono derivare da piccole cause iniziali che producono grandi effetti (il noto “effetto farfalla”, o, più propriamente, la dipendenza dei fenomeni naturali dalle condizioni iniziali che è alla base della teoria della complessità), anche la storia umana, sostiene Jogalekar, sarebbe il frutto delle conseguenze di variazioni iniziali minime, amplificate oggi dalla stretta interdipendenza tra le società dovuta alla globalizzazione e alla sempre più estesa rete di relazioni tra gli uomini e tra  l’uomo e la natura. Molti di questi eventi sarebbero imprevedibili, “davvero il prodotto del destino e del caso”

L’idea che i nostri destini individuali e collettivi possano dipendere da clinamen impercettibili, dal decadimento di una particella o da qualche accidente imprevedibile (c’è chi ha scritto un libro sull’attacco di emorroidi che avrebbe colpito Napoleone a Waterloo), è affascinante, ma denuncia una impressionante sottovalutazione della storia delle idee e di quella economica. Per restare al primo conflitto mondiale, nonostante lo stupore di Jogalekar e dei contemporanei di Princip, possiamo dire che se qualcuno accese la scintilla, questa fece divampare l’incendio perché si era accumulato tanto materiale infiammabile. Le politiche di potenza e gli interessi contrapposti delle nazioni europee, le crescenti ideologie nazionaliste e irredentiste che agivano in senso disgregante per gli antichi imperi sovranazionali, le nuove sfide economiche determinate dai progressi scientifici e tecnologici, e molto altro ancora, avevano raggiunto un livello tale che la crisi era inevitabile, direi che era intrinseca alla struttura.

La guerra fu anche il risultato di politiche incaute e di innumerevoli errori, ma ogni singolo evento va collocato all’interno di un processo storico, che lo conforma. E, come sempre succede, con buona pace dei finti irenisti vecchi e nuovi, i conflitti armati, oggi spesso travestiti da intervento umanitario, sono un’inevitabile conseguenza degli interessi economici e politici contrapposti tra le potenze. Se non piace l’analisi marxista, forse sarebbe utile almeno rileggere il buon vecchio von Clausewitz.