lunedì 11 aprile 2016

Matematica e pianeti (2)

La precessione del perielio di Mercurio 

La prima legge di Keplero stabilisce che i pianeti ruotano intorno al Sole percorrendo orbite ellittiche, con il Sole in uno dei fuochi. Essa è però esattamente verificata solo se non si considera l’azione gravitazionale degli altri pianeti. In effetti, come in seguito si dimostrò applicando al moto dei pianeti la legge gravitazionale di Newton, le masse dei pianeti si influenzano reciprocamente, generando quel fenomeno noto come precessione del perielio, che è l'avanzamento nel tempo del punto dell'orbita in cui il pianeta è più vicino al Sole. 

In pratica, la traiettoria del pianeta non si chiude in un'ellisse, ma compie un moto “a rosetta” con il quale l'asse maggiore dell'ellisse ruota lentamente rispetto all’ipotetica orbita kepleriana. L'effetto di questa precessione è minimo, anche tenuto conto del fatto che le ellissi descritte dalle orbite dei pianeti sono quasi dei circoli. 


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Di WillowW - Opera propria, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3416065

Si può esprimere questo leggero movimento dell'ellisse come una velocità angolare, che ha le dimensioni di un angolo piano diviso il tempo. Nel corso dell'Ottocento si effettuarono misurazioni sempre più precise di questa quantità e ci si accorse che, nel caso di Mercurio, la precessione del perielio è pari a 5600 secondi d’arco (ca. 1,6 gradi) per secolo. I calcoli fatti sulla base della teoria newtoniana prevedevano 5557 secondi d’arco per secolo, con una discrepanza di 43’’. 

Per spiegare questa differenza piccola ma intollerabile tra la teoria e la realtà, Le Verrier, sempre lui, osò, calcolò e ipotizzò l'esistenza di un nuovo pianeta vicino alla nostra stella e interno rispetto all’orbita di Mercurio: Vulcano, che si sarebbe rivelato non più reale dell'Anti-Terra. L'orologio celeste incominciava a rivelare qualche malfunzionamento. Non era colpa di Le Verrier (anche se una brutta figura in fondo se la meritava), ma del fatto che emergevano i limiti della gravitazione newtoniana e della natura stessa delle leggi fisiche. 

La spiegazione dell’anomala precessione del perielio di Mercurio fu uno dei grandi successi di Albert Einstein e della teoria della relatività generale. Essa prevede una precessione del perielio dei pianeti anche in assenza di interazione gravitazionale tra di essi. Einstein introdusse un termine correttivo nella formula in base alla quale si calcola la precessione del perielio. La correzione riguardava il quadrato del rapporto fra velocità del corpo e la velocità della luce. Le differenze rispetto alla gravità newtoniana sono apprezzabili solo quando la velocità del corpo è elevata; ora, fra tutti i pianeti, Mercurio è quello che ha la velocità maggiore e quindi risulta quello dove è stata riscontrata l'anomalia. La correzione apportata da Einstein per la precessione di Mercurio dava conto dello scarto precedentemente rilevato, anche se il suo valore più preciso è stato determinato con l'affinamento degli strumenti e dei metodi di misura solo negli anni '70 del secolo scorso. Per una trattazione matematica dell'intera vicenda si può fare riferimento a questo documento.

L'errore dell'astronomo francese dimostra che una legge fisica ha valore finché è compatibile con l'esperienza, cioè fino a quando emergono fatti che impongono il suo superamento o, almeno, una sua correzione. Anche nel caso della gravitazione newtoniana, una descrizione matematica dell'universo che sembrava inattaccabile e che aveva dimostrato una straordinaria capacità predittiva (come nel caso della scoperta di Nettuno), fu il vaglio della natura a rendere necessaria una nuova teoria, più efficace e precisa nel descrivere e prevedere determinati fenomeni. La relatività generale ha così sostituito la meccanica newtoniana come legge generale per descrivere i fenomeni celesti, almeno finché non emergeranno fatti in grado di mettere in luce i suoi limiti. 



Il sistema planetario di 55 Cancri-A 

Le osservazioni strabilianti dei nostri telescopi spaziali potrebbero far pensare che la scoperta di nuovi pianeti possa fare a meno del calcolo. A partire dal 1992, anno della scoperta dei primi pianeti extrasolari (i tre pianeti del sistema gravitante attorno alla pulsar PSR B1257+12 nella costellazione della Vergine), il numero degli esopianeti conosciuti è salito in modo rilevante: dai 20 pianeti scoperti nel 2000, ai 189 del 2011, ai quasi 2000 del 2015. La realtà è che mai come ora la matematica è indispensabile, senza tener conto delle raffinatissime equazioni che governano la progettazione e il funzionamento delle missioni spaziali di esplorazione come Kepler. 

A circa 40 anni-luce da noi si trova la stella doppia 55 Cancri, che, pur non essendo molto luminosa, è visibile con un buon binocolo, data la “vicinanza”. Il sistema stellare è composto da una nana gialla (A) di massa leggermente inferiore a quella del nostro Sole, con una magnitudine apparente di 5,95, e da una nana rossa di tredicesima magnitudine (B), visibile solo con il telescopio. Le due stelle distano tra loro circa mille unità astronomiche (U.A.), vale a dire mille volte la distanza media tra la Terra e il Sole. Attorno a 55 Cancri-A gravita un certo numero di esopianeti gassosi (che vengono indicati a partire dalla lettera b in base alla data della loro scoperta). 55 Cancri b fu scoperto nel 1996. Nel 2002 fu annunciata la scoperta di altri due pianeti, 55Cancri c e 55Cancri d, il più grande e più esterno. Nel 2004 si aggiunse 55 Cancri e, il più piccolo e più interno. 


La situazione del sistema planetario di 55 Cancri-A in quell’anno era la seguente, dall’interno verso l’esterno (le masse sono indicate in masse gioviane Mj, cioè in rapporto alla massa di Giove*; il semiasse maggiore delle orbite, tutte leggermente più eccentriche rispetto a quelle dei pianeti solari, in U.A.): 

e (Mj = 0,027; U.A. = 0.0156) 
b (Mj > 0,824; U.A. = 0,115)
c (Mj > 0,169; U.A. = 0,240) 
d (Mj > 3,835; U.A. = 5,77) 

Come si vede, si tratta di pianeti tutti molto vicini alla stella: basti pensare che b, di massa quasi come quella di Giove, descrive un’orbita che sarebbe interna a quella di Mercurio, mentre d, uno dei più grandi esopianeti conosciuti, ha un’orbita di poco esterna se paragonata a quella del nostro gigante gassoso. 

Molti sistemi esoplanetari sono assai vicini all’instabilità, e la situazione come si presentava nel 2004 portò gli astronomi a pensare che anche quello intorno a 55 Cancri-A lo fosse, in mancanza di una massa addizionale. Si provò allora a ripetere i calcoli di Le Verrier basati sulla legge di gravitazione universale e si fecero dei test teorici, noti come Test Particle Simulations, consistenti nel simulare la presenza di particelle senza massa in una determinata regione di un sistema planetario e calcolare se la loro presenza si può considerare stabile in un periodo di qualche milione d’anni. Si trovò che le ipotetiche particelle colloocate nell’ampia zona tra c e d mostravano una stabilità superiore ai 10 milioni d’anni e si concluse che era probabile l’esistenza di un pianeta, la cui posizione precisa dipendeva dalle masse degli altri pianeti e dall’eccentricità delle loro orbite. 

L’ipotesi fu confermata tre anni dopo, quando un gruppo di radioastronomi americani annunciò la scoperta di un nuovo membro del sistema planetario, collocato proprio tra c e d. Il quinto pianeta del sistema, 55Cancri f, possiede una massa gioviana > Mj e il semiasse maggiore della sua orbita è di circa 0,781 U.A. (che nel sistema solare orbiterebbe internamente alla Terra).

Lo studio del 2007, condotto dall’equipe di Debra Fischer, si basava sulle misurazioni dell’effetto Doppler di 55 Cancri-A per un periodo di diciotto anni. Come si sa, l’effetto Doppler consiste nell’apparente variazione di frequenza delle onde emesse da una sorgente in moto rispetto a un osservatore. Esso è riconoscibile quando le linee spettrali riferite a un oggetto celeste in movimento non si trovano alle frequenze ottenute in laboratorio, utilizzando una sorgente stazionaria. La differenza in frequenza può essere tradotta direttamente in velocità utilizzando apposite formule. Le misurazioni effettuate con lo spettroscopio, combinate con le formule dell'effetto Doppler relativistico, costituiscono il mezzo più affidabile per misurare le velocità radiali di stelle e galassie, rivestendo così un ruolo fondamentale nell'astronomia contemporanea. 

Il diagramma delle velocità radiali di 55 Cancri-A nel tempo mostra delle variazioni periodiche che dipendono dalla presenza delle masse dei pianeti che orbitano intorno alla stella. Essa sembra “danzare” nel tempo, descrivendo un orbita con un periodo di 14 anni, che corrisponde al periodo di rivoluzione del pianeta di massa maggiore, cioè 55Cancri d. Tuttavia, questa oscillazione principale è perturbata da altre più rapide, che corrispondono alle masse e ai periodi di rivoluzione degli altri pianeti.



La matematica fornisce uno strumento formidabile per scomporre un fenomeno ondulatorio: la trasformata di Fourier, con la quale è possibile trasformare un segnale generico in una somma infinita di sinusoidi con frequenze, ampiezze e fasi diverse; la formula inversa di sintesi (o "antitrasformazione") consente la costruzione di un segnale a partire dalle sue componenti. Ad esempio, l'oscillazione in blu (parte alta della figura) può essere ricondotta alle sue tre componenti colorate rispettivamente in arancione, nero e violetto.


Applicando la trasformata di Fourier all’oscillazione composta osservata per 55 Cancri-A si è potuto capire che il sistema comprendeva anche un quinto pianeta. Lo spettro della stella ha infatti rivelato dei picchi che corrispondono esattamente alle orbite dei pianeti. E questi picchi sono cinque.



*La massa gioviana equivale a 317,83 masse terrestri

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