Finito il ginnasio, lo slesiano Ferdinand Minding (1806 - 1885) aveva studiato filosofia, prima ad Halle e poi all'Università di Berlino, frequentando i corsi di Hegel e dello storico Leopold von Ranke. Dopo la laurea nel 1827, insegnò nelle scuole secondarie. Intanto studiava matematica da autodidatta, e riuscì a conseguire il dottorato a Halle con una tesi sugli integrali doppi, che pubblicò sul prestigioso Giornale di Crelle nel 1830. Nello stesso anno divenne professore di matematica all'Università di Berlino.
Nel 1843 lasciò la capitale tedesca e ottenne la cattedra di matematica all'Università di Dorpat (oggi Tartu, in Estonia), un incarico che ricoprì per 40 anni. Questa università, piuttosto periferica, si trovava allora nell'impero zarista, anche se l'insegnamento era in lingua tedesca, le sue inclinazioni accademiche erano rivolte alla Germania e la maggior parte dei professori era tedesca. Nel 1864 Minding diventò cittadino russo e fu eletto all'Accademia delle scienze di San Pietroburgo, proseguendo la sua lunga carriera scientifica di geometra con studi sulle superfici rigate, le superfici sviluppabili e quelle di rivoluzione.
Il suo lavoro principale continuò l’opera di Gauss del 1828 sulla geometria differenziale delle superfici, in particolare sui loro aspetti intrinseci (il Theorema Egregium). Nel 1830 pubblicò un articolo in cui definì una curva su una superficie come una geodetica se è intrinsecamente lineare, cioè se non vi è alcuna curvatura identificabile all'interno della superficie. Una geodetica è la curva più breve che congiunge due punti di uno spazio. Ad esempio, nel piano le geodetiche sono le linee rette, su una sfera sono gli archi di cerchio massimo, perché sono i percorsi con la minore curvatura.
Nel 1839 dimostrò quello che oggi è chiamato il teorema di Minding sull'invarianza della curvatura geodetica:
Due superfici lisce ("senza angoli") con la stessa costante curvatura gaussiana sono localmente isometriche.
Egli era particolarmente interessato alle superfici a curvatura negativa costante, e scoprì che, almeno localmente, una di esse è la superficie generata dalla rivoluzione della trattrice intorno il suo asintoto. La trattrice, o curva delle tangenti costanti, è la curva piana trascendente (non è una curva algebrica) caratterizzata dal fatto che il segmento di tangente condotto dal punto di tangenza a una retta fissa (che ne rappresenta l’asintoto) è costante per ogni suo punto. La trattrice ammette l’asse x come asintoto.
Detta k la lunghezza costante del segmento di tangente, facendo ruotare la trattrice attorno all’asse x, si ottiene la superficie detta “pseudosfera”, perché ha una curvatura costante come quella di una sfera, ma di segno negativo: ‒1/k2.
L'anno seguente Minding pubblicò un articolo che conteneva un altro risultato interessante, sebbene non ne percepì le implicazioni. Osservò che le relazioni trigonometriche in triangoli geodetici di una superficie di curvatura negativa costante potevano essere ottenute dalle corrispondenti formule di geometria sferica su una sfera di raggio R moltiplicando R per √-1. Nel 1837 Lobacevskij aveva pubblicato i risultati della sua “geometria immaginaria”, ma a entrambi sfuggì che le formule di Minding erano in accordo con quelle del piano iperbolico stabilito da Lobacevskij. Anche Delfino Codazzi, professore a Pavia, studiando la pseudosfera in un’opera del 1857 sulla geometria differenziale delle superfici, non si accorse che la trigonometria sulla pseudosfera era legata alla planimetria del matematico russo.
Questo fatto non sfuggì invece a Eugenio Beltrami (1835-1900), che si occupò attivamente di geometria differenziale. Egli era nato a Cremona e studiò a Pavia dal 1853 al 1856 con Brioschi, che era stato nominato professore di matematica applicata l'anno prima che Beltrami iniziasse gli studi. Beltrami avrebbe voluto continuare a studiare, ma le difficoltà finanziarie lo costrinsero nel 1856 a trovarsi un impiego come segretario di un ingegnere ferroviario. Questo lavoro lo portò prima a Verona e poi a Milano. Nella città lombarda, Beltrami tornò agli studi matematici e, nel 1862, pubblicò il suo primo articolo. La carriera universitaria lo portò prima a Bologna, poi a Pisa e di nuovo a Bologna. Dopo la presa di Roma del 1870, fu fondata nella nuova capitale italiana una nuova Università dove nel 1873 Beltrami fu nominato docente di meccanica razionale. Dopo tre anni a Roma, Beltrami si trasferì a Pavia per occupare la cattedra di fisica matematica., Tornò infine a Roma nel 1891 e vi insegnò fino al ritiro.
Influenzato da Luigi Cremona, Lobacevskij, Gauss e Riemann, Beltrami lavorò sulla geometria differenziale di curve e superfici. In una memoria del 1866, Risoluzione del problema di riportare i punti di una superficie sopra un piano in modo che le linee geodetiche vengano rappresentate su rette, considerò il problema di quando le geodetiche su una superficie potevano essere rappresentate come linee rette sul piano. Egli dimostrò che non tutte le geodetiche potevano essere rappresentate in questo modo, allora passò a considerare l’approccio inverso di quali superfici avessero la proprietà che le geodetiche sulla superficie potevano essere rappresentate come linee rette sul piano.
Fece questo nel Saggio di interpretazione della geometria non euclidea (1868), un manoscritto redatto qualche anno prima e messo da parte per paura delle aspre critiche che coinvolgevano chi si occupava di geometrie dette “astrali” o, come ebbe a dire Giusto Bellavitis, professore a Padova, “da manicomio”. Cremona infatti temeva che la geometria euclidea venisse utilizzata per descrivere la geometria non euclidea e vide in questo una possibile difficoltà logica. Le sue preoccupazioni costrinsero Beltrami ad accantonare il suo lavoro per un po', ma le opere di Riemann convinsero Beltrami che i suoi metodi erano solidi.
Nel Saggio la sua risposta fu che le superfici che cercava erano esattamente le superfici di curvatura costante. Egli non si proponeva di dimostrare la coerenza della geometria non euclidea o l'indipendenza dal postulato euclideo delle parallele, ma suggerì che Bolyai e Lobacevskij non avevano affatto introdotto nuovi concetti, ma avevano descritto la teoria delle geodetiche su superfici di curvatura negativa.
"Abbiamo cercato di trovare una base reale per questa dottrina, invece di dover ammettere per essa la necessità di un nuovo ordine di entità e concetti".
Beltrami dimostrò che, applicando l'interpretazione dei concetti della geometria del piano ai concetti della geometria delle superfici, si trova che sulla pseudosfera è possibile una geometria che soddisfa, almeno in regioni limitate, gli assiomi della geometria iperbolica, di cui costituisce un modello.
Una superficie con curvatura gaussiana negativa costante ha localmente la stessa geometria intrinseca di un piano iperbolico.
Nel modello di Beltrami, costituito da un disco (bordo escluso) nel piano usuale, detto cerchio limite, le geodetiche appaiono come porzioni di rette. Per il punto P esterno alla retta r passano almeno due rette, t e t', che non incontrano la retta r. Si determinano inoltre le seguenti corrispondenze:
• superficie pseudosferica ↔ regione di piano non euclideo;
• punto della superficie ↔ punto del piano;
• geodetica ↔ retta del piano;
• arco di geodetica ↔ segmento del piano;
• due punti determinano una geodetica ↔ due punti determinano una retta del piano;
• per un punto esterno a una geodetica passano infinite geodetiche che non si incontrano con quella data ↔ per un punto esterno a una retta passano infinite rette parallele alla retta data.
Questo risultato assicurava una non contraddittorietà relativa alla geometria iperbolica: se infatti essa fosse stata contraddittoria, ci sarebbe stata una contraddizione nella geometria della pseudosfera, la quale, a sua volta, era stata definita mediante concetti di geometria euclidea. Pertanto vi sarebbe stata una contraddizione nella geometria euclidea.
Per interpretare correttamente il modello è però necessario rendersi conto che la metrica sul cerchio non è quella usuale: le distanze divengono tanto più grandi, e gli angoli più piccoli, quanto più ci si avvicina al bordo del disco. Inoltre le geodetiche sono indefinitamente estese e hanno lunghezza infinita. Nel modello tutti gli assiomi della geometria euclidea sono soddisfatti, tranne quello delle parallele, che nel modello sono infinite.
Bisogna poi sottolineare che le considerazioni relative alla geometria di una superficie, dato il loro carattere locale, non sono conclusive dal punto di vista della non contraddittorietà delle nuove geometrie. Queste considerazioni valgono infatti solo nell'intorno di ogni punto, quindi in regioni limitate, e non sull'intera superficie. Beltrami aveva ottenuto la sua superficie dalla rotazione di una trattrice, e questa curva ha il difetto di avere un punto cuspidale, che ruotando dà origine a un cerchio di punti singolari della superficie: la superficie ottenuta dalla rotazione della trattrice, di cui si conosce l'espressione analitica solo di qualche caso particolare, non è quindi regolare e non può rappresentare interamente il piano non euclideo. Il modello ha valore solo locale. Il problema è allora se tra tutte le superfici, delle quali non si conosce l'espressione analitica, ne esiste almeno una che sia regolare. Beltrami ne era convinto. Il 13 marzo 1869 scriveva a Jules Hoüel, un matematico francese suo amico:
"Ho avuto nel frattempo un'idea bizzarra, che voglio comunicarle in quanto potrebbe essere per voi più facile che a me metterla in atto. Ho voluto tentare di costruire materialmente la superficie pseudosferica sulla quale si realizzano i teoremi della geometria non euclidea".
L'idea di Beltrami fu dunque quella di costruire un modello di geometria non euclidea prendendo come spazio una superficie di curvatura costante negativa e come rette le sue geodetiche. Il modello materiale costruito in cartone aveva il diametro di 1,04 m; oggi è custodito presso il dipartimento di matematica dell'Università di Pavia. Per la sua forma, l'oggetto fu battezzato "cuffia della nonna", e ancor oggi il modello è anche detto "cuffia di Beltrami".
Gli sforzi di Beltrami furono vani. Nel 1877 il piacentino Angelo Genocchi, professore di calcolo a Torino (sarebbe stato il maestro di Peano), che già aveva avanzato dubbi sulla legittimità della costruzione di Beltrami, ribadiva in un suo articolo pubblicato in francese che non era affatto dimostrato che l’equazione a derivate parziali della pseudosfera ammettesse un integrale soddisfacente alle richieste di Beltrami. Nel 1901 Hilbert avrebbe poi rigorosamente dimostrato che il modello descritto da Beltrami ha un valore esclusivamente locale e non può essere accettato come prova matematica. Un suo teorema afferma che:
Non esiste alcuna superficie regolare su cui valga nella sua completezza la geometria di Lobacevskij e Bolyai.
Inoltre:
Nello spazio euclideo non esiste alcuna superficie che soddisfi integralmente le geometrie non euclidee.
Il modello di Beltrami non era rigoroso, ma fu, accanto alla lezione di abilitazione di Riemann, il primo che cominciò a demolire le opposizioni preconcette verso i nuovi sistemi geometrici. Esso fornì la chiave per interpretare le nuove geometrie non euclidee. Il seme era gettato, e la pianta avrebbe presto incominciato a dare frutti. Tra il 1867 e il 1870 Hoüel tradusse le opere di Lobacevskij, Bolyai e di Beltrami in francese e notò come l'articolo di Beltrami dimostrasse l'indipendenza dal postulato delle parallele di Euclide. Beltrami aveva dato dignità alle “geometrie da manicomio”.
Beltrami si occupò anche di ottica, termodinamica, elasticità, elettricità e magnetismo. I suoi contributi a queste discipline furono raccolti nei quattro volumi delle Opere Matematiche (1902-20), pubblicato postumo. Alcuni dei suoi articoli su argomenti fisici si riferiscono alla geometria non euclidea: studiò come il potenziale gravitazionale descritto da Newton dovrebbe essere modificato in uno spazio di curvatura negativa e dimostrò che le equazioni di Maxwell conservavano la loro validità in uno spazio non euclideo. Dal punto vista storico, infine, portò all'attenzione del mondo matematico lo studio di Saccheri sul quinto postulato, riconoscendone il grande valore.
Nessun commento:
Posta un commento