lunedì 29 ottobre 2018

Parla il gatto di Schrödinger


Sono un gatto, ma non ho mai provato una poppata dalla mamma, a fare le fusa per una carezza umana, a saltare per cacciare una lucertola o un uccello. In realtà queste cose dovrebbero appartenermi, perché sono nato fornito di ricordi fittizi di un passato inesistente. La verità è che come gatto sono piuttosto strano, e non posso neanche lamentarmi di una sorte che mi consente di vivere senza lettiera, senza pappa e acqua, senza luce, o, meglio, illuminato dal debole bagliore fosforescente di una piccola macchina che contiene una scaglietta di chissà che cosa, ma che nel mio intimo felino trovo abbastanza sinistro. Sono il protagonista di un esperimento mentale, nato dai neuroni di Erwin e costretto a vivere in una scatola per un tempo indefinito, senza sapere se, quando qualcuno aprirà il coperchio, sarò ancora vivo oppure no. In ogni caso ci sarò, perché ciò che è, è per sempre, anche se è stato solo pensato. Sono come l’Ippogrifo di Orlando, come il grifone di Alessandro. Sono il gatto di Schrödinger. 

Il mio orizzonte è limitato: una scatola d’acciaio a forma di parallelepipedo, una parete quasi quadrata, dove è incastrata la macchinetta che vi dicevo, prossima a un congegno che la collega con un martelletto a una seconda fialetta dove è contenuto un gas di cui indovino, grazie ai miei occhi di gatto, un colore vagamente bluastro. Un coperchio come soffitto, saldamente serrato, perché resiste al rullare delle mie zampe artigliate. Null'altro. Erwin non ha neanche pensato a un foro per fare penetrare dell’aria per respirare, confidando che come gatto mentale non ne ho bisogno, ideandomi come immortale finché “morte” non sopravvenga. La cosa strana è che, finché penso, posso dire cartesianamente di esserci, ma, essendo il parto di una mente, potrei continuare a pensare anche senza essermi accorto di essere morto per questo mondo. Sono sempre e comunque il gatto di Schrödinger.

Non sono nato per un capriccio improvviso o per un’intuizione repentina. Erwin è giunto a me dopo una lunga corrispondenza con Albert, con il quale condivide lo scetticismo per la casualità che rimproverano alla meccanica quantistica. All'inizio aveva pensato a una fabbrica di esplosivi, il cui catastrofico scoppio doveva essere affidato al capriccio del caso. Poi gli sono venuto in mente io, magari, e lasciatemi scherzare, annunciato da un angelo soriano con le vibrisse e con le orecchie a triangolo. In fondo sono un gatto, anche se sono quello di Schrödinger. 

L’idea di Erwin è poi diventata famosa e io, che sono della stessa natura dei suoi neuroni e partecipo delle sue sinapsi, ve la posso brevemente esporre. «Si rinchiuda un gatto (che poi sarei io) in una scatola d'acciaio insieme alla seguente macchina infernale (che occorre proteggere dalla possibilità d'essere afferrata direttamente dal gatto): in un contatore Geiger si trova una minuscola porzione di sostanza radioattiva, così poca che nel corso di un'ora forse uno dei suoi atomi si disintegrerà, ma anche, in modo ugualmente probabile, nessuno; se l'evento si verifica il contatore lo segnala e aziona un relais di un martelletto che rompe una fiala con del cianuro. Dopo avere lasciato indisturbato questo intero sistema per un'ora, si direbbe che il gatto è ancora vivo se nel frattempo nessun atomo si fosse disintegrato, mentre la prima disintegrazione atomica lo avrebbe avvelenato. La funzione ψ dell'intero sistema porta ad affermare che in essa il gatto vivo e il gatto morto non sono degli stati puri, ma miscelati con uguale peso». Cioè, in pratica, la mia vita dipende dall'eventuale e casuale decadimento di un atomo radioattivo. Se l’evento si verifica, un dispositivo elettrico aziona il martelletto che rompe la fiala con l’acido cianidrico e io muoio. Se l’atomo non decade, io continuo a essere vivo, sebbene rinchiuso in questa scatola d'acciaio. Nel frattempo, nessuno al di fuori della scatola può dire, prima di aprire il coperchio, se sono vivo o morto: sono parte di un sistema caratterizzato da una sovrapposizione di stati, ugualmente probabili in un intervallo di tempo, che Erwin rappresenta con la funzione d’onda ψ. Sono contemporaneamente vivo e morto, anche se un animale non può essere contemporaneamente vivo e morto. È per questo paradosso che sono diventato famoso come “il gatto di Schrödinger”. 

Non ho ancora detto perché Erwin, invece di scrivere una poesia o risolvere un cruciverba, mi ha creato in funzione del suo esperimento mentale. Erwin, come ho già accennato, è un fisico, un fisico quantistico, uno dei più bravi. Ora, questi umani si occupano di ciò che accade ai costituenti più piccoli della materia, che possono essere considerati contemporaneamente delle particelle e delle onde. Mentre nella meccanica classica, quella di Galileo, di Newton e di Laplace, tutte le grandezze possono assumere un insieme di valori continuo, nella meccanica quantistica è possibile che alcune grandezze assumano solo un insieme discreto di valori multipli di un valore fondamentale, che non si può scomporre a sua volta e viene detto “quanto”. Ad esempio, se devo salire una scala, non posso fare i salti che voglio, ma devo rispettare l’altezza dei singoli gradini. Posso anche saltare due o tre gradini, ma mai mezzo gradino o un gradino e mezzo. L’altezza del gradino è il quanto dell’altezza della scala. Allo stesso modo, l’energia posseduta da un elettrone dentro un atomo può essere solo un multiplo intero di una determinata quantità, parola di gatto che lo sa perché è il gatto di Schrödinger.

Nel mondo dei quanti, poi, spesso non valgono le regole della fisica classica. Se, a livello macroscopico, nelle nostre case, nei laboratori, un oggetto può essere misurato in ogni suo aspetto fisico con la precisione resa possibile dagli strumenti, se ci sono due porte per andare in un’altra stanza, esso passa da una porta o dall'altra, ma non da tutte due (il suono, che è un’onda, può farlo, ma una pallina da tennis no), in quello dei quanti non succede così. Nel mondo dei quanti, dove le particelle sono anche onde, se voi umani sparate delle particelle verso uno schermo con due fenditure, non saprete mai dove una singola particella è passata, anche se esse alla fine disegnano su uno schermo bersaglio la stessa figura di interferenza che lascerebbe un’onda. Anche se mediamente certi fenomeni possono essere previsti con una buona accuratezza (entro certi limiti insuperabili), molte piccole cose avvengono per caso, e questa cosa di non poter prevedere l’esito di una certa misura effettuata in un dato momento in un dato sistema, a molti fisici non va giù. Albert, l’amico di Erwin, ha detto che Dio non gioca a dadi con l’universo. Io, da bravo gatto, non mi preoccupo di questo signor Dio, ma so che, nel nostro mondo, come ha scritto Henri Poincaré, “Una causa piccolissima che sfugga alla nostra attenzione determina un effetto considerevole che non possiamo mancare di vedere, e allora diciamo che l’effetto è dovuto al caso. (…) La previsione diventa impossibile e si ha un fenomeno fortuito”. La nostra incertezza sulla probabilità che si verifichi un evento è dovuta al fatto che non conosciamo il valore di tutte le variabili del sistema, è una probabilità soggettiva, «epistemica», cioè legata a una nostra mancanza di conoscenza. Se qualcuno si stupisce del fatto che io conosca Poincaré, si ricordi che non sono un gatto qualsiasi, ma sono il gatto di Schrödinger. 

Nel mondo dei quanti, invece, la descrizione completa dello stato di un qualunque sistema di particelle è data da una formula che si chiama equazione di Schrödinger, perché l’ha inventata proprio Erwin. Essa descrive la funzione d’onda ψ, un ventaglio di possibilità di cammini nel tempo di un vettore in uno spazio complesso e astratto (spazio di Hilbert), fatto di infinite dimensioni, che alcuni fisici definiscono "spazio delle possibilità". Il suo modulo, elevato al quadrato, rappresenta l’ampiezza di probabilità associata al sistema. La funzione d’onda non ha un significato fisico diretto, ma è solo uno strumento di calcolo. Come tutti i vettori, le funzioni d’onda si possono sommare e moltiplicare secondo regole conosciute. La funzione d’onda ci dà il massimo dell’informazione possibile sul sistema. Questa informazione può essere soltanto probabilistica, perché rispecchia un comportamento intrinsecamente casuale della natura. Si tratta allora di una probabilità «non epistemica», che non è dovuta ad una mancanza di nostra conoscenza dello stato iniziale del sistema, ma è connaturata alla realtà ultramicroscopica, che è casuale: se ripeto tre volte la stessa misura, in certe situazioni ottengo, correttamente, tre valori diversi, anche se tutti entro il campo di probabilità descritto dalla funzione d’onda. Questa idea ad Erwin non piace. Il comportamento casuale potrebbe, pensano lui e Albert, dipendere dalla nostra ignoranza di variabili nascoste, che noi non conosciamo. La nostra incertezza sarebbe epistemica, esattamente come nel mondo macroscopico. Questo è uno dei motivi per cui ha pensato a un esperimento (mentale) macroscopico per un evento microscopico, mescolando volutamente i due mondi tramite me e l’atomo radioattivo. Lui vuole deridere le conseguenze del supporre una casualità intrinseca e non epistemica, e chiede allora: prima di aprire il coperchio in che stato si trova il gatto? Io mi trovo all'interno di un sistema (atomo radioattivo + gatto) in sovrapposizione di stati. Il gatto in questione, che a livello macroscopico dipende da un evento microscopico aleatorio e, in pratica, lo misura, sarei poi io, il gatto di Schrödinger. 

Adesso sono qua dentro, in attesa che qualcuno apra il coperchio e controlli che fine ho fatto. In pratica, qualcuno deve effettuare una misura del sistema. Secondo i fisici, se un sistema quantistico si trova in una sovrapposizione A + B, una sua misura "costringe" il sistema a passare definitivamente nello stato A oppure B. Da quel momento, la sovrapposizione sparisce e si parla di "collasso della funzione d'onda". Quindi, io sarò vivo e morto finché l’apertura del coperchio non mi farà passare a vivo o morto. Ecco un’altra curiosità della meccanica quantistica: la misura può determinare l’esito dell’esperimento, perché il mondo macroscopico irrompe in quello microscopico, che potrebbe tranquillamente farne a meno. Onestamente non vedo l’ora che qualcuno si decida ad aprire la scatola e mi faccia uscire da questa condizione d’incertezza. Tanto mica muoio anche se muoio, perché sono un gatto mentale, il gatto di Schrödinger. 

Mi viene anche un dubbio: non è che questa storia dell’esperimento, creato per criticare alcuni aspetti della fisica dei quanti, sia talmente strana che alla fine faccia pubblicità alla teoria? Ho il sospetto che ora, mentre vi parlo, posso essere sia vivo che morto. Però questo a lui non lo dico, perché magari ci rimane male. Lui è Erwin. Ve l’avevo detto che sono il gatto di Schrödinger?

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[Ringrazio l’amico Giorgio Chinnici per aver scrupolosamente e severamente criticato la prima versione di questo raccontino, piena di errori concettuali. La sua review è stata preziosa, così come la lettura del suo Guarda caso. I meccanismi segreti del mondo quantistico (Hoepli, 2017). Può anche darsi che di errori ce ne siano ancora, ma non ho avuto il coraggio di disturbarlo ulteriormente. Chi ne riscontrasse, può segnalarlo nei commenti.]


1 commento:

  1. Ripercorrendo la questione del GATTO DI SCHRÖDINGER, ho l'impressione che certi pensano di iniziare ad interagire con l'esperimento solo dopo che, alla fine dello stesso, si mettono il camice bianco e vanno a vedere cosa è successo.

    L'interazione con l'esperimento avviene invece da subito.

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    Paradosso del Gatto di Schrödinger-1935 (da Wikipedia):

    “Si rinchiuda un gatto in una scatola d'acciaio insieme alla seguente macchina infernale (che occorre proteggere dalla possibilità d'essere afferrata direttamente dal gatto): in un contatore Geiger si trova una minuscola porzione di sostanza radioattiva, così poca che nel corso di un'ora forse uno dei suoi atomi si disintegrerà, ma anche, in modo parimenti probabile, nessuno; se l'evento si verifica, il contatore lo segnala e aziona un relais di un martelletto che rompe una fiala con del cianuro. Dopo avere lasciato indisturbato questo intero sistema per un'ora, si direbbe che il gatto è ancora vivo se nel frattempo nessun atomo si fosse disintegrato, mentre la prima disintegrazione atomica lo avrebbe avvelenato.”

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    Si discute sul fatto che, visto che è impossibile sapere, prima di aprire la scatola, se il gas sia stato rilasciato o meno, fintanto che la scatola rimane chiusa il gatto si trova in uno stato indeterminato: sia vivo sia morto!

    Eventuali errori concettuali nei ragionamenti svolti:

    1) La scatola d’acciaio non è perfettamente ermetica! Dunque, la scatola, agli “occhi” dell’osservatore, è sempre aperta!!!!! Non esistono scatole perfettamente ermetiche, a livello termico o gravitazionale.
    La funzione d'onda collasserebbe in tempo in ogni caso, in quanto è impossibile che la scatola che contiene gatto, fiala, contatore e sostanza radioattiva sia perfettamente ermetica. Io osservatore esterno interagisco da subito con l'esperimento, ad esempio con la forza di gravità che esercito sul gatto, sulla fiala, sul contatore e sulla e sostanza radioattiva (oppure col calore del mio corpo, che trasmetto verso di loro ed attraverso la scatola non perfettamente ermetica). Dunque, il gatto sarà sicuramente o vivo o morto e non un mix delle due cose. Non posso, tra l'altro, neppure negare di conoscere la sorte del gatto fino all'apertura della scatola, in quanto, sempre in virtù della impossibilità di una ermeticità perfetta della scatola, la morte eventuale del gatto da subito mi influenza, trasmettendomi meno calore (corpo freddo del gatto morto), cambiando, anche se in modo quasi impercettibile, il mio stato fisico di osservatore perenne e forzato. Altrettanto dicasi per il gatto vivo, più caldo, che mi trasmette inesorabilmente più calore, influenzandomi inesorabilmente e dunque trasmettendomi inesorabilmente informazioni (termiche) sul suo stato, anche se da me osservatore non consciamente richieste.

    2) La fisica quantistica concederebbe all'osservatore la possibilità di scegliere se osservare o meno. Assurdo!!! L'osservatore non è libero! Deve osservare! Sempre!
    Il Dio di Einstein, quello che non gioca ai dadi, per intenderci, non concede questa libertà. L'osservatore non è libero di astenersi dall'osservare. Se non guardo la Luna, la Luna esiste? La mia risposta è sì, corredata dalla osservazione secondo cui io non posso di fatto smettere di guardare la Luna, in quanto, anche se girato di schiena, interagisco forzatamente con essa a livello gravitazionale (è un guardarla anche quello). Io, sin dall’inizio, influenzo gli eventi all’interno della scatola di Schrödinger tramite, ad esempio, il campo gravitazionale generato dal mio corpo, o anche dal calore trasmesso dal mio corpo. E se anche io volessi stare con gli occhi chiusi, a fine esperimento, il maggior calore trasmesso dal gatto (eventualmente vivo), o minore, in caso di gatto morto, calore contro il quale la scatola d’acciaio non è perfettamente ermetica, informa forzatamente il mio corpo sullo stato del gatto!


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