giovedì 20 maggio 2021

Robert Frost e la scienza

Robert Frost (1874–1963), uno dei più grandi e influenti poeti americani, fu anche insegnante e, per molti anni, un agricoltore. La maggior parte delle sue poesie descrivono e commentano scene o avvenimenti collocati nello splendore pastorale della campagna del New England, descrivendo la sua bellezza e traendone ispirazione. Esse comprendono un repertorio di immagini e metafore che, poiché sono tratti da semplici fenomeni naturali (stagni, alberi, il tempo meteorologico, il ciclo delle stagioni), possono essere facilmente compresi e apprezzati.

Sebbene sia spesso associato al New England, Frost trascorse gran parte della sua infanzia in California. Quando aveva undici anni, suo padre morì e sua madre si trasferì con la famiglia nel Massachusetts. Dopo il liceo, frequentò l’università sia a Dartmouth sia a Harvard, ma non si è mai laureato: "Non potevano fare di me uno studente, ma hanno dato il massimo", ricordò più tardi. Prima di diventare un poeta di successo, il che avvenne quando era abbondantemente sulla trentina, lavorò in una fabbrica, allevò polli, si prendeva cura dei suoi frutteti, si sposò e ebbe sei figli. Quando divenne più noto come scrittore, insegnò all'Amherst College in Massachusetts e, d'estate, alla Breadloaf School of English del Middlebury College, nel Vermont.

Meno noti sono i riferimenti scientifici nella sua opera. Eppure, per tutta la vita, Frost fu attratto dalla scienza, anche se con essa ebbe un rapporto di curiosa diffidenza, soprattutto verso la pretesa di spiegare anche ciò che esula dalle sue competenze e possibilità. Da ragazzo vendeva abbonamenti a riviste per potersi comprare un telescopio. Per qualche tempo si abbonò allo Scientific American. Trovava affascinanti gli scritti di Darwin sull'evoluzione. Quando insegnava letteratura all’Amherst College, conobbe il premio Nobel Niels Bohr che vi tenne due conferenze nel 1923 sulla struttura atomica e la fisica quantistica. Scrisse allora For once, then, something ("Per una volta, allora, qualcosa") interpretando poeticamente l’evanescenza delle particelle atomiche, o della Verità stessa.

Others taunt me with having knelt at well-curbs
Always wrong to the light, so never seeing
Deeper down in the well than where the water
Gives me back in a shining surface picture
Me myself in the summer heaven godlike
Looking out of a wreath of fern and cloud puffs
Once, when trying with chin against a well-curb,
I discerned, as I thought, beyond the picture,
Through the picture, a something white, uncertain,
Something more of the depths—and then I lost it.
Water came to rebuke the too clear water.
One drop fell from a fern, and lo, a ripple
Shook whatever it was lay there at bottom,
Blurred it, blotted it out. What was that whiteness?
Truth? A pebble of quartz? For once, then, something.

(da New Hampshire, 1923)

Gli altri mi prendono in giro perché mi chino sulle vere dei pozzi
sempre in sfavore di luce, quindi senza mai vedere
più in profondità nel pozzo rispetto a dove l'acqua
mi restituisce un'immagine in una superficie splendente
di me, me stesso nell’estivo paradiso divino
che guarda fuori da una corona di felci e sbuffi di nuvole.
Una volta, spingendo con il mento contro una vera,
ho scorto, come pensavo, al di là dell'immagine,
attraverso l'immagine, qualcosa di bianco, incerto,
qualcosa di più profondo e poi l'ho perso.
Dell’acqua è giunta per rimproverare l'acqua troppo limpida.
Una goccia è caduta da una felce ed ecco che un'increspatura
ha scosso qualunque cosa fosse là in fondo,
l’ha offuscato, cancellato. Cos'era quel candore?
Verità? Un ciottolo di quarzo? Per una volta, allora, qualcosa*.

È possibile che gli scienziati che conosceva abbiano influenzato alcune delle sue poesie più famose. Harlow Shapley, un noto astronomo di Harvard, riferì che Frost gli aveva chiesto in due diverse occasioni i modi più probabili in cui il mondo sarebbe potuto finire. Shapley gli disse di due possibilità: il sole potrebbe trasformarsi in una gigantesca stella rossa e incenerire la Terra, oppure la Terra potrebbe allontanarsi dal sole, innescando un'era glaciale permanente. Qualche tempo dopo, Frost scrisse Fire and Ice:

Some say the world will end in fire,
Some say in ice.
From what I’ve tasted of desire
I hold with those who favor fire.
But if it had to perish twice,
I think I know enough of hate
To say that for destruction ice
Is also great
And would suffice.

(in Harper's Magazine, dicembre 1920)

Alcuni dicono che il mondo finirà in fiamme,
alcuni dicono nel ghiaccio.
Da quello che ho provato del desiderio
sto con coloro che prediligono il fuoco.
Ma se dovessi morire due volte,
penso di sapere abbastanza sull'odio
per dire che anche il ghiaccio distruttore
è fantastico
e sarebbe sufficiente.


Un'altra delle sue poesie, The Star-splitter, “Il classificatore di stelle”, racconta la storia di Brad McLaughlin, un fattore che brucia la sua casa per ottenere il denaro dell'assicurazione contro gli incendi, con il solo obiettivo di acquistare un telescopio:

To satisfy a life-long curiosity
About our places among the infinities.

Per soddisfare una curiosità di una vita
Sui nostri posti tra gli infiniti.

Nella poesia vediamo il personaggio narrante e il suo amico Brad, entrambi astrofili, che guardano attraverso lo strumento:

We spread our two legs as it spread its three,
Pointed our thoughts the way we pointed it,
And standing at our leisure till the day broke,
Said some of the best things we ever said.

(da New Hampshire, 1923)

Allarghiamo le nostre due gambe mentre allarga le sue tre,
Ha puntato i nostri pensieri nel modo in cui l'abbiamo puntato,
E stando a nostro piacimento fino allo spuntare del giorno
Abbiamo detto alcune delle cose migliori che abbiamo mai detto.


L'astronomia fa capolino anche nella breve Fireflies in the Garden, "Lucciole nel giardino",

Here come real stars to fill the upper skies,
And here on earth come emulating flies, 
That though they never equal stars in size,
(And they were never really stars at heart)
Achieve at times a very star-like start.
Only, of course, they can’t sustain the part.

(da The Poetry of Robert Frost, 1928)

Ecco giungere le vere stelle a riempire i cieli superiori,
E qui sulla terra vengono emulando le lucciole,
Anche se non eguagliano mai le dimensioni delle stelle,
(E in fondo non sono mai state veramente stelle)
Acquistano a volte un accensione da stella.
Solo, ovviamente, non possono sostenere la parte.

In quanto agricoltore, Frost era vicino alla terra e aveva una conoscenza pratica e teorica dei concetti di botanica e biologia che compaiono spesso nelle sue opere. Egli pubblicò anche una dozzina di articoli per due riviste del settore agricolo. Un buon esempio della sua perizia è Goodbye, and Keep Cold, "Arrivederci e tieniti al fresco", in cui ammonisce un meleto di ripararsi durante l'inverno, perché conosce i pericoli che potrebbero danneggiarlo:

I don’t want it girdled by rabbit and mouse,
I don’t want it dreamily nibbled for browse
By deer, and I don’t want it budded by grouse.

Non lo voglio scorticato da coniglio e topo,
Non lo voglio cibo mangiucchiato sognando
Dal cervo, e non lo voglio germogliato dal gallo cedrone.

Più oltre scrive:

But one thing about it, it mustn’t get warm.
“How often already you’ve had to be told,
Keep cold, young orchard. Good-bye and keep cold.
Dread fifty above more than fifty below.”

Ma una cosa importante è che non deve scaldarsi.
"Quante volte ti è già stato detto,
Mantieniti al fresco, giovane frutteto. Arrivederci e mantieniti fresco.
Temi i cinquanta [gradi °F] sopra più dei cinquanta sotto".

Frost conosce i nemici naturali degli alberi. Ma ancora una volta, prende in considerazione i misteri dell'universo, le cose che le persone non possono controllare. Umanizza sia la scienza degli alberi che la scienza degli esseri umani.

I wish I could promise to lie in the night,
And think of an orchard’s arboreal plight
When slowly (and nobody comes with a light)
Its heart sinks lower under the sod.
But something has to be left to God.

(da New Hampshire, 1923)

Vorrei poter promettere di giacere nella notte
E pensare ai difficili problemi arborei di un frutteto
Quando lentamente (e nessuno arriva con una luce)
Il suo cuore affonda più in basso sotto la zolla.
Ma qualcosa deve essere lasciato a Dio.

Come la scienza stessa, la poesia sulla natura di Frost è piena di scoperte. Le poesie di Frost ci portano oltre i fatti per esaminare le loro implicazioni. Il frutteto non è solo un frutteto. È qualcosa che ci fa pensare al nostro posto nell’Universo.

* Tutte le traduzioni sono mie: abbiate comprensione.

1 commento:

  1. Grande articolo, Marco.
    Ti ringrazio perché è un poeta che adoro... e poi si parla anche di scienza.

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