mercoledì 5 gennaio 2022

Storia della mandibola fossile del rettile di Haarlem


Nella seconda metà del ‘700 le scoperte paleontologiche avevano ormai provato che esseri vissuti in passato erano scomparsi e che le specie di organismi viventi non erano le stesse di quelle della creazione. L’immagine di un mondo immutabile e relativamente giovane era stata ormai definitivamente compromessa. Le collezioni naturalistiche di prìncipi e signori si arricchivano di fossili; le scoperte di animali “preadamitici” appassionavano chiunque avesse un minimo di cultura; ed anche nei salotti borghesi si seguiva con attenzione il dibattito filosofico che ne scaturiva. Ovunque gli appassionati diventavano cercatori e collezionisti. 

Particolare sensazione destò, nell’anno 1770, il ritrovamento di una enorme mandibola di un “mostro pre-adamitico” avvenuto in un delle cave di calcare del monte St. Pietersberg vicino a Maastricht in Olanda, a 450 m di profondità. Questo fossile ebbe una storia avventurosa. Fu scavato dal chirurgo Jean Hoffmann, un medico militare tedesco in pensione, collezionista e corrispondente del Museo Teyler di Haarlem. Per studiarlo, Hoffmann ricorse all’aiuto dell’anatomista olandese Pieter Camper. 

Pieter Camper, noto anche come Petrus Camprius, era anch’egli un appassionato collezionista di fossili e nel 1782 visionò la collezione di Hoffmann, compresa l'enorme mandibola dentata ritrovata dodici anni prima. Camper descrisse l'esemplare in una lettera alla Royal Society di Londra nel 1786 (figura 1) e azzardò che la mascella appartenesse a una grande balena dentata. Un altro esemplare, questa volta un teschio con entrambe le mascelle (figura 2), fu scoperto nella stessa cava e acquisito dal geologo francese, Barthélemy Faujas-de-St.-Fond, che non era d'accordo con l'identificazione di Camper, e pensava appartenesse a un grande coccodrillo. Dopo la morte di Camper nel 1789, Faujas pubblicò un bellissimo resoconto dei fossili di St. Pietersberg (Histoire naturelle de la montagne de Saint-Pierre de Maestricht, 1798), illustrando sia gli esemplari suoi che quelli di Camper con belle incisioni e aggiungendo una stampa fantasiosa (figura 3) che mostrava la presunta scoperta del cranio. 


Camper fu presto smentito dal suo stesso figlio Adrien Camper che, con grande scalpore, dichiarò che si trattava di una mostruosa lucertola marina oggi scomparsa: non era un coccodrillo, né una balena, come non poteva essere un cane o un orso. A interrompere le polemiche Intervenne allora il Canonico Godin, padrone del terreno sopra la cava, che, invocando i suoi diritti feudali, trascinò in giudizio Hoffmann e gli sottrasse il fossile, per esporlo in un’urna di vetro e mostrarlo ai curiosi, ovviamente a pagamento. Il fossile preadamitico era dunque sottratto alle elucubrazioni blasfeme degli scienziati, con vantaggio della Chiesa e, quel più conta, del Canonico Godin. 


Giustizia fu fatta dalla rivoluzione francese, quando i repubblicani invasero la città e il Cittadino Generale Pichegru promise 600 bottiglie di vino pregiato a quel soldato che gli avesse portato il famoso fossile. La qual cosa avvenne ben presto, così che il “mostro” fu portato a Parigi, dove il grande anatomista Cuvier poté esaminarlo e riconoscere la sua natura. Cuvier dimostrò che il cranio e le mascelle appartengono a un grande rettile marino mesozoico, ora noto come Mosasaurus hoffmanni, che era lungo oltre quaranta piedi e nuotava nei mari nell'era dei dinosauri. Tanto, dunque, le vecchie idee erano in crisi che perfino i soldati di un esercito rivoluzionario avevano la piena coscienza della importanza dei ritrovamenti paleontologici, del potenziale dirompente che essi costituivano nello scontro tra due diversi modi di vedere il mondo. 

Tuttavia, prima che nuove idee si affermassero in geologia e biologia, molti tentativi furono fatti per conciliare il vecchio ed il nuovo, senza che la sostanza del primo ne fosse intaccata. Ancora un secolo dopo, Darwin si sarebbe confrontato con analoghe resistenze. Oggi la mandibola di Hoffmann è tornata ad Haarlem, dove è esposta assieme al resto dello scheletro del Mosasauro, ritrovato nel frattempo.

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