domenica 1 maggio 2022

Introduzione all’elettronica dei semiconduttori

 

I semiconduttori 

I semiconduttori sono solidi cristallini che presentano una conduttività elettrica intermedia tra quella dei conduttori e quella degli isolanti. Sono semiconduttori i semimetalli come il silicio (Si), il germanio (Ge), o il selenio (Se), che possiedono quattro elettroni nel livello energetico più esterno (nella banda di valenza). Per le loro proprietà elettriche particolari questi materiali vengono largamente impiegati nell'industria elettronica; il silicio, per esempio, è l'elemento base dei chip degli elaboratori elettronici.

Immagine di Valerio Nappi

Se agli elettroni dell’orbita esterna (elettroni di valenza) si fornisce una determinata quantità di energia, essi possono passare in una banda avente energia superiore (banda di conduzione), dove possono essere utilizzati per il trasporto della carica elettrica se viene applicata una differenza di potenziale. 

Per i materiali conduttori questa energia è minima, anzi la banda di valenza dell’orbita esterna si sovrappone a quella dell’orbita di conduzione; è come se esistesse nel materiale conduttore una nube di elettroni sempre disponibili per la conduzione. Per i materiali isolanti esiste una banda proibita, che separa la banda di valenza da quella di conduzione, per superare la quale occorre fornire una notevole energia; è perciò quasi impossibile che elettroni disponibili per la conduzione si trovino nella banda di conduzione. Per quanto riguarda i semiconduttori, questa banda proibita è molto più piccola di quella degli isolanti e fornendo una determinata quantità di energia è possibile portare degli elettroni dalla banda di valenza a quella di conduzione. 


Questo spiega anche una caratteristica tipica dei semiconduttori, ovvero la dipendenza della loro conduttività elettrica dalla temperatura: fornendo calore, si fornisce ad alcuni elettroni l'energia necessaria per superare il dislivello tra le due bande ed essere così liberi di muoversi all'interno del materiale, soggetti alle forze elettriche. Nei semiconduttori, al contrario che nei metalli, la capacità di condurre corrente cresce al salire della temperatura. La conducibilità di un semiconduttore nelle condizioni normali di impiego rimane tuttavia inferiore a quella dei conduttori. A 50°C per ogni cm3 di materiale ci sono 1010 elettroni liberi, mentre nei metalli ce ne sono 1022. Inoltre, la conducibilità di un semiconduttore non può crescere all’infinito, perché a temperature elevate la struttura cristallina del materiale viene distrutta dalla rottura dei legami tra gli atomi (rottura termica). Un componente elettronico a semiconduttore può funzionare, ad esempio, fino a 90°C per il germanio o fino a 190°c per il silicio. 

Quando un elettrone passa dalla banda di valenza alla banda di conduzione, lascia libero un posto, che viene detto lacuna, che si comporta a tutti gli effetti come una carica positiva: in presenza di forze elettriche esterne, un elettrone va a occupare una lacuna (ricombinazione), formando quindi una nuova lacuna che viene occupata da un nuovo elettrone e così via, dando l'impressione che vi sia un moto delle lacune, uguale e contrario a quello degli elettroni. Nei semiconduttori si può dire che la corrente è trasportata sia dal moto degli elettroni negativi liberi sia da quello contrario delle lacune, che si comportano come fossero delle cariche positive libere

Il drogaggio 

Per aumentare la conduttività dei semiconduttori si usa introdurre a livello atomico delle quantità molto piccole di sostanze opportune, che vengono dette impurità; questa operazione è definita drogaggio (doping). Dosando opportunamente le impurità all'interno di un semiconduttore si può ottenere un semiconduttore con un numero fissato di portatori di carica, quindi regolarne molto precisamente la conduttività. Per ottenere un semiconduttore drogato si può agire in due modi: 
a) Aumentando il numero di elettroni liberi (semiconduttore N) 
b) Aumentando il numero delle lacune (semiconduttore P) 

Drogaggio N – Se si inseriscono in un cristallo semiconduttore, ad esempio di germanio, che ha quattro elettroni di valenza, degli atomi di elementi chimici con cinque elettroni di valenza, come ad esempio l’arsenico (As), il fosforo (P) o l’antimonio (Sb), solo quattro di questi elettroni formano legami con gli atomi di germanio vicini. Il quinto elettrone, rimasto libero dai legami, può venir staccato facilmente dall’atomo donatore e andare ad aumentare il numero degli elettroni liberi. Un cristallo semiconduttore drogato in questo modo si chiama semiconduttore N, perché la conducibilità è affidata soprattutto agli elettroni negativi

Drogaggio P – Se invece inseriscono nel cristallo semiconduttore degli atomi di elementi chimici con tre elettroni di valenza, come ad esempio l’indio (In), il Boro (B) o il gallio (Ga), questa volta manca un elettrone per formare i legami con gli atomi vicini. Si crea così una lacuna artificiale, che può catturare elettroni dagli atomi vicini per ricombinazione. Gli atomi inseriti sono detti accettori, perché possono accogliere elettroni liberi, ma il loro inserimento causa il formarsi di nuove lacune nella struttura del semiconduttore puro. Un cristallo semiconduttore drogato in questo modo si chiama semiconduttore P, perché la conducibilità è affidata soprattutto alle lacune positive


Riassumendo, possiamo dire che la conducibilità di un semiconduttore puro viene notevolmente aumentata dal drogaggio. Inserendo atomi donatori (5 elettroni di valenza) si ottiene un semiconduttore N, inserendo invece atomi accettori (3 elettroni di valenza) si ottiene un semiconduttore P. 

Il diodo a semiconduttore 

Se si mettono a contatto un cristallo P e un cristallo N, le lacune in eccesso di P attraversano la superficie di separazione tra i due cristalli (giunzione P-N) e vengono neutralizzate dagli elettroni liberi di N. Lo stesso avviene per gli elettroni liberi di N che, superata la giunzione, sono neutralizzati dalle lacune di P. A causa di questo movimento di diffusione, in prossimità della giunzione PN si crea una zona priva di portatori di carica liberi. 

In tale zona detta regione di svuotamento, dello spessore di alcuni millimetri, si crea una tensione di pochi decimi di volt tra le due aree a drogaggio differente, che impedisce che la diffusione si estenda a una parte più ampia dei due cristalli. 


Collegando una giunzione P-N a una tensione esterna, si ottiene un diodo, un componente fondamentale dei circuiti elettronici. Il triangolo nel simbolo del diodo sta a indicare la parte P, mentre il tratto indica la parte N. 


Se si collega a un generatore la coppia P-N in modo che il polo negativo sia collegato al cristallo P e quello positivo al cristallo N (opposizione di corrente), la regione di svuotamento si allarga, perché le lacune sono attratte dal polo negativo vicino e gli elettroni sono attratti dal polo positivo vicino. Perciò un diodo in opposizione di corrente impedisce il passaggio della corrente elettrica. Un diodo in opposizione di corrente si chiama diodo inverso e si comporta da isolante


Se invece si collega a un generatore la coppia P-N in modo che il polo negativo sia collegato al cristallo N e quello positivo al cristallo P (direzione di corrente), la regione di svuotamento si restringe, perché le lacune sono attratte dal polo negativo opposto e gli sono attratti dal polo positivo opposto. Se la tensione applicata è sufficiente a vincere la tensione di diffusione, la regione di svuotamento sparisce e nel diodo passa una corrente elettrica. Un diodo in direzione di corrente si chiama diodo diretto e si comporta come un conduttore


In pratica il diodo è un componente elettronico che può fungere da isolante o da conduttore a seconda di come è collegato. 

Il diodo come raddrizzatore 

Se colleghiamo il diodo a una corrente alternata, dove le polarità si invertono periodicamente, per ogni periodo esso si trova metà del tempo polarizzato in modo diretto e metà del tempo in modo inverso. Esso, quindi, agisce come un conduttore unidirezionale, che permette il passaggio della corrente solo in un senso, eliminando le semionde negative. In tal modo la corrente alternata viene trasformata in una corrente pulsante unidirezionale, condizione preliminare per la sua trasformazione (raddrizzamento) in una corrente continua. 


L’utilizzo dei diodi in appositi circuiti di raddrizzamento permette di trasformare la corrente alternata in una corrente pulsante unidirezionale di vario tipo. Agendo opportunamente sullo sfasamento di più correnti pulsanti, si può ottenere una corrente unidirezionale quasi continua. Altri circuiti, chiamati circuiti di livellamento e filtri, combinando diodi, condensatori e bobine, possono trasformare la corrente in uscita da un circuito di raddrizzamento in una corrente continua. 


Il transistor a giunzione bipolare (BJT) 

Se inseriamo un sottile strato di cristallo semiconduttore drogato (base) tra due strati di cristalli semiconduttori drogati diversamente dalla base (emettitore e collettore). Otteniamo un transistor. Si possono avere due tipi di transistor: PNP oppure NPN. Il transistor è in pratica formato da due diodi accoppiati, uno formato da emettitore e base e l’altro formato da base e collettore. Sotto l’azione di una tensione esterna applicata tra emettitore e collettore, uno dei diodi permette il passaggio della corrente (diodo diretto), mentre il secondo la ostacola (diodo inverso). Comunque siano applicate le polarità, poiché uno dei due diodi è inverso, attraverso il transistor non passa corrente. 


Se però applichiamo una piccola tensione ausiliaria tra emettitore e base, una corrente di portatori di carica (lacune nel PNP, elettroni nel NPN) riuscirà a penetrare nel secondo diodo, anche se è polarizzato inversamente e raggiungere il collettore. Questa corrente del collettore (IC) dipende (cioè può essere regolata) dalla tensione ausiliaria applicata alla base. L’applicazione della tensione ausiliaria al primo diodo produce nel complesso una corrente che attraversa tutto il transistor. 

Se la base è molto sottile e drogata molto meno che l’emettitore, solo pochi portatori di carica si dirigono verso la sorgente ausiliaria di tensione, costituendo la cosiddetta corrente di base (IB). In ogni istante la somma della corrente di base e corrente del collettore è uguale alla corrente dell’emettitore (IE). 

IE= IB+ IC 

La rappresentazione del transistor nelle due versioni PNP e NPN, con i loro simboli grafici, è rappresenta in figura. Come si vede, il primo diodo è sempre polarizzato direttamente e il secondo è polarizzato inversamente

I transistor di questo tipo sono detti bipolari perché il loro funzionamento coinvolge entrambi i portatori di carica (elettroni e lacune). La sigla inglese BJT sta proprio per bipolar junction transistor (transistor a giunzione bipolare). 

Il transistor come amplificatore

Analizzando il funzionamento del transistor si può notare che: 
  1. La variazione della corrente di base IB provoca una variazione della corrente del collettore IC. Un aumento di IB provoca un aumento di IC secondo un fattore AI chiamato amplificazione di corrente (da 50 a 100 volte). 
  2. La variazione della tensione ausiliaria tra base ed emettitore (VBE) provoca una variazione della tensione d’uscita tra emettitore e collettore (VEC). Il fattore di amplificazione è detto amplificazione di tensione (VI). 
  3. Se si confronta la potenza di ingresso (Pin = IB x VBE) con la potenza di uscita (Pout = IC x VEC) si nota che le amplificazioni di corrente e tensione provocano anche una amplificazione di potenza PA.
Possiamo quindi concludere che un transistor può amplificare correnti, tensioni (sia continue che alternate) e potenze


Le relazioni tra le varie correnti e tensioni sono rappresentate graficamente per ogni tipo di transistor dalle loro curve caratteristiche in entrata, in uscita e di comando. Esse sono riportate sulle istruzioni d’uso forniti dai produttori (data sheet), che contengono anche le informazioni sui valori limite di impiego di correnti e tensioni. 

Un transistor tende anche a riscaldarsi durante il funzionamento, in relazione alla potenza dissipata sotto forma di calore. Per evitare un eccessivo riscaldamento, il dispositivo va utilizzato a una potenza nettamente inferiore a quella massima indicata. 

Il Transistor a effetto di campo (FET) 

Il transistor a effetto di campo (Field Effect Transistor: FET) è un componente che offre, alla corrente che lo attraversa, un percorso di resistenza controllata mediante l’applicazione di un campo elettrico perpendicolare alla corrente stessa (da cui il nome). 

Esso è costituito da una barra di cristallo semiconduttore di tipo N (o P), nelle cui zone centrali delle facce opposte sono state introdotte delle impurità di tipo P (o N), così da formare delle giunzioni PN. Le due regioni laterali sono collegate tra di loro e con una sorgente di tensione; esse sono chiamate gate (porta), mentre la zona compresa tra di esse è chiamata channel (canale). 

Alle opposte estremità della barra sono ricavate due zone a bassissima resistenza: quella collegata alle tensioni di gate è detta source (sorgente), l’altra è detta drain (derivatore). 


La corrente di cariche libere che si instaura tra source e drain applicando tra essi una tensione è in ogni istante controllata dalla tensione tra gate e source, che determina un campo elettrico tra il gate e il channel. Ciò si verifica fino al raggiungimento della cosiddetta zona di pinch-off, in cui l’aumento della tensione di drain non corrisponde più a un aumento della corrente tra source e drain, poiché il canale è completamente occupato dalle cariche libere e il dispositivo è saturato. 

La principale differenza di funzionamento tra il transistor BJT e il FET a canale N o a canale P sta nel fatto che nel secondo i portatori di carica sono di un solo tipo (elettroni per N, lacune per P): esso è infatti un dispositivo unipolare. Il FET è meno usato che il transistor bipolare, anche se possiede alcune caratteristiche che ne fanno un ottimo componente per interruttori e amplificatori: esso, infatti, offre un minor consumo, che lo rende molto adatto per i circuiti integrati, perché produce meno calore rende possibile l’utilizzo anche di centinaia di FET sul medesimo chip di silicio. 

Ci sono due principali tipi di FET: il JFET (FET a giunzione), interamente realizzato con materiali semiconduttori, e il MOSFET (FET a ossido metallico), in cui un leggero strato di ossido metallico ricopre il gate. 

Particolari dispositivi a semiconduttori 

Il Diodo Zener 

Il diodo Zener, grazie alle particolarità di costruzione (drogaggio della giunzione P-N), è un componente importante dei circuiti elettronici, un quanto assicura, dove sia necessario, una tensione il più possibile stabile. Esso viene polarizzato inversamente e, fino a un certo valore di tensione inversa, non fa passare alcuna corrente. Tuttavia, superato un certo limite (tensione di Zener, VZ), nel diodo si crea un brusco e forte passaggio di corrente, che cresce all’aumentare, anche modesto, della tensione applicata. Inserendo tra il generatore e il diodo Zener una opportuna resistenza, per impedire che possano scorrere correnti troppo elevate, si realizza un circuito in cui le variazioni di tensione o di carico applicato sono assorbite sotto forma di variazione di corrente nel diodo stesso. Ai capi del diodo si mantiene una tensione più o meno costante. Questi tipi di diodi agiscono perciò come stabilizzatori di tensione, in un campo che va da pochi V fino a molte decine di V. 


Il generatore Hall 

Il generatore Hall è un dispositivo a semiconduttore in cui si produce una tensione per effetto di un campo magnetico. Viene utilizzato, ad es. per la misurazione del campo magnetico di correnti continue. Una corrente di comando, applicata tra due morsetti posti ai lati di una piastrina, genera una tensione di Hall tra gli altri due morsetti quando la piastrina è attraversata da un campo magnetico. 


Misurando la tensione di Hall è possibile risalire al valore B del campo magnetico. I dispositivi ad effetto Hall sono utilizzati come sensori di prossimità, posizionamento, rilevamento della velocità e della corrente. A differenza di un interruttore meccanico, è una soluzione di lunga durata in quanto non sussistono problemi di usura meccanica. 

In campo tecnico, i sensori a effetto Hall sono utilizzate per la misura della velocità di organi rotanti, o il numero di giri compiuti da questi: ogni volta l’organo rotante espone una tacca magnetizzata al sensore di Hall, questo ne registra il passaggio nel corso del tempo attraverso la generazione di una piccola tensione. 

Il fotoresistore 

Il fotoresistore è un dispositivo in cui la resistenza diminuisce con l’aumentare dell’intensità luminosa che lo colpisce. La conducibilità del materiale semiconduttore (in genere solfuro di cadmio, CdS) infatti aumenta, perché la luce fornisce l’energia sufficiente per staccare alcuni elettroni dalla banda di valenza, aumentando il numero dei portatori di carica liberi. I fotoresistori sono utilizzati per un controllo dipendente dalla luce, come ad esempio nelle lampade crepuscolari. La relazione tra luminosità e resistenza non è lineare (in figura la scala è logaritmica). 


Il diodo luminescente (LED) 

Il diodo luminescente è un diodo a semiconduttore che emette luce. I LED (Light Emitting Diode) sono costituiti da composti del gallio (arseniuro di Ga, fosfuro di Ga, ecc.) in cui avviene una forte ricombinazione di lacune ed elettroni che provoca la liberazione di energia sotto forma di luce visibile, il cui colore dipende dal composto. La ricombinazione avviene quando gli elettroni passano dalla banda di valenza a quella di conduzione, eliminando l’energia in eccesso sotto forma di radiazione luminosa. 

I LED vengono collegati in serie e polarizzati direttamente: la potenza di irraggiamento della luce generata è quasi proporzionale alla corrente di conduzione. La luminosità emessa è costante solo se il diodo è alimentato con corrente continua (pochi mA). I LED inizialmente erano utilizzati principalmente come indicatori ottici, ma lo sviluppo delle tecnologia li ha resi una fonte di illuminazione a basso consumo, alto rendimento, lunga durata, sempre più utilizzata e versatile. 


I diodi luminosi sono disponibili in diverse grandezze, forme e colori. Nella sua versione classica, il LED ha una forma vagamente cilindrica e presenta una semisfera nel punto di emissione della luce. I diodi luminosi semplici comprendono i seguenti componenti: 
Chip a LED 
• Vano riflettore (con contatto verso il catodo)
• Filo di collegamento (contatto verso l'anodo) 
• Lente in plastica (unisce e fissa i componenti).

Nessun commento:

Posta un commento