Nella seconda metà dell’Ottocento, le scienze in Russia erano associate ai movimenti progressisti, liberali o socialisti, perché la società (urbana) cercava dei sostitutivi per le idee marcescenti della chiesa ortodossa e dello zarismo. Nessuno avrebbe potuto essere più adatto per questi bisogni sociali e filosofici di Wilhelm Ostwald (1853-1932), famoso in tutto il mondo per essere stato uno dei fondatori della chimica fisica come disciplina, particolarmente per la sua opera pionieristica in elettrochimica, per la posizione di cofondatore (con Arrhenius e van’t Hof) e direttore della prestigiosa rivista Zeitschrift für physikalische Chemie, e come vincitore del Premio Nobel nel 1909 per le ricerche sui principi fondamentali che governano l'equilibrio chimico e la velocità di reazione. Nel 1900 brevettò un processo di produzione di acido nitrico, utilizzato ancora oggi nell’industria dei fertilizzanti, che sfrutta l'ossidazione dell'ammoniaca in presenza di catalizzatori metallici. Egli introdusse il concetto di mole in chimica. Ostwald formulò la legge delle diluizioni (1888), nota in suo onore come legge di Ostwald (dissociazione elettrolitica).
Ostwald era un tedesco del Baltico. Era nato a Riga, in Lettonia (allora nell’impero russo), si era laureato nel 1875 a Dorpat (ora Tartu, in Estonia) con Carl Schmidt come relatore, e aveva insegnato al Politecnico di Riga nel dipartimento di Chimica Teorica prima della nomina nel 1887 alla cattedra di Chimica Fisica a Lipsia, dove costruì dal nulla un prestigioso centro di ricerca stimato internazionalmente. I genitori di Ostwald erano tedeschi; suo padre era un mastro bottaio giunto a Riga poco prima della sua nascita, sua madre era figlia di un panettiere. Nonostante la sua origine, tuttavia, Ostwald fu sempre considerato un russo. Sia lui che sua moglie, un’altra tedesca di Riga, leggevano e parlavano il russo. Il suo libro di testo di chimica era utilizzato nelle università russe, dove era molto stimato. Tra il 1888 e il 1913, egli pubblicò una trentina di libri in russo, di cui alcuni molto popolari furono tradotti in numerose altre lingue.
Fino al 1885 Ostwald condivideva la visione atomica e molecolare. A partire da allora, tuttavia, divenne sempre più convinto che questi concetti erano basati su ipotesi arbitrarie, e che gli stessi risultati sperimentali potevano essere spiegati interamente dalle leggi della termodinamica (conservazione dell’energia, aumento dell’entropia), in quanto si adattavano all’energia e alla sue trasformazioni. A metà degli anni ‘90, Ostwald considerava l’energia come la sola realtà: “Tutto ciò che succede nel mondo non è altro che uno scambio di energia”. Fino alla sua morte Ostwald divulgò una visione monistica, unitaria, della scienza, che comprendeva non solo i vari rami della chimica e della fisica, ma anche biologia, psicologia e sociologia.
Le idee filosofiche di Ostwald, comparse in diverse pubblicazioni ai primi del Novecento, erano spesso esposte partendo dalla domanda: "Qual è il concetto più universale e completo impiegato in ambito scientifico, quello a cui tutti gli altri concetti possono essere riferiti?", la cui risposta era il concetto di energia. L’energia è il risultato del lavoro, o ciò che può trasformarsi in lavoro. Così, ridotti ai minimi termini, i concetti tradizionali della metafisica, quello di sostanza e quello di causalità, potevano essere più adeguatamente e precisamente espressi come varie manifestazioni del concetto fondamentale di energia. Il concetto di materia, da questo punto di vista, diventava superfluo, poiché l'energia non ha bisogno di alcun substrato per renderla di carattere più elementare, o più comprensibile. A parte le proprietà che possono essere espresse come forme di energia, la materia era per Ostwald una pura astrazione. Con la scomparsa della materia, la più ardua di tutte le difficoltà filosofiche, cioè il passaggio dai fenomeni fisici a quelli psichici, era molto semplificato, perché, sosteneva Ostwald, il concetto di energia è molto più mentale, o spirituale, di quello di materia. Era più facile considerare l'energia psichica come una specie di energia fisica trasformata che pensare alla coordinazione della materia e della mente. L'energia nervosa, in cui l'energia fisica della stimolazione esterna era trasformata dagli organi di senso, sembrava essere più vicina all'energia psichica. Il passaggio a questa energia nervosa centrale, con la caratteristica unica della coscienza, era così sollevato da molte delle sue tradizionali difficoltà.
Senza dubbio a causa dell’idea di equivalenza tra massa ed energia, Ostwald ammirava e sostenne entusiasticamente l’opera di Einstein sulla relatività speciale, che definì il più importante nuovo concetto dopo la scoperta del principio di energia e che paragonò all’opera di Copernico e Darwin. Fu il primo a proporre Einstein per il premio Nobel, e ripeté il suo nome altre due volte nei dodici anni che precedettero l’effettiva assegnazione dell'onorificenza al fisico di Ulm.
Come il movimento deve essere considerato come la caratteristica peculiare dell'energia cinetica, anche la coscienza poteva per Ostwald essere considerata come la caratteristica principale dell’energia nel cervello: “Quando arriviamo alle forme più complesse di questa energia centrale, come si manifestano nei fenomeni, per esempio, della volizione, troviamo che l'attività risultante in tutti i casi può essere riferita a qualche causa liberatoria sotto forma di energia nervosa che agisce sull’energia volitiva immagazzinata all'interno del cervello”. Ostwald insisteva sul fatto che non esiste difficoltà a effettuare il passaggio dalle varie forme di energia fisica esterna all'organismo fino all'energia nervosa al suo interno.
Queste teorie avvicinavano molto le idee di Ostwald a quelle di Ernst Mach e Richard Avenarius (che aveva coniato il termine empiriocriticismo). Secondo l’empiriocriticismo, la filosofia deve procedere come una scienza basata sull’esperienza, criticando ogni tentativo di metafisica e considerando la distinzione tra fenomeno fisico e fenomeno psichico come puramente convenzionale e di carattere pratico. Quella fallace differenza dipende dall'approccio che si ha nei confronti delle sensazioni, che sono gli elementi costitutivi e primitivi dell'esperienza. L'obiettivo era quello di trasformare il positivismo in qualcosa di più raffinato, eliminando le pretese di dare spiegazioni ultime e definitive della realtà, tipica esigenza della metafisica, che genera a sua volta dualismi contrapposti di materialismo e spiritualismo. Base della conoscenza scientifica deve essere dunque considerata la pura e semplice esperienza indifferenziata di fisico e psichico che si origina dal rapporto dell'organismo con l'ambiente e delle connessioni di adattamento ed evoluzione secondo le teorie darwiniane. Tutto deve procedere dalle sensazioni, elementi primi della conoscenza, né interni né esterni, né soggettivi né oggettivi.
Sul piano sociologico, la società, sosteneva Ostwald, era legata da un “imperativo energetico” per sprecare la minor quantità di energia possibile, e per utilizzare le sue trasformazioni per il beneficio delle comunità. I progressi nella scienza e nella tecnologia, predisse, avrebbero portato inevitabilmente a un’arte nuova ed evoluta.
L’energia, le leggi di conservazione e l’entropia erano i principi fondamentali delle elaborazioni di Ostwald di una energetica sociale e di una energetica culturale. Nella sua filosofia sociale, l’energia diventava la base dello scambio monetario, e la sua economia la misura morale di qualsiasi azione. Essa divenne lo standard di un’etica razionale e la base di una religione laica universale (egli era anche massone).
C’è da dire che queste speculazioni non ebbero un grande riscontro internazionale, e i suoi articoli “energetici” sulle riviste scientifiche come Nature ebbero numerose critiche. L’Energetica ebbe successo soprattutto in Russia, dove il clima culturale tra gli oppositori dello zarismo era pronto ad accogliere questo tipo di idee.
Negli ultimi trent’anni della sua vita, Ostwald si dedicò interamente all’elaborazione dell’energetica, alla metodologia e organizzazione delle scienze, alla propaganda delle lingue universali come l’esperanto, all’eugenetica (una passione di quegli anni), all’internazionalismo e al pacifismo. Dopo il suo ritiro dal mondo accademico (1906), Ostwald, che era un discreto pittore amatoriale, si interessò alla sistematizzazione dei colori, che avrebbe potuto essere utile sia scientificamente sia nelle arti. Ancora una volta applicò l'approccio multilivello caratteristico dei suoi primi lavori. Sviluppò strumenti per misurare i colori, elaborò una sofisticata classificazione dei colori al fine di derivare leggi matematiche dell'armonia, produsse campioni nel suo laboratorio chimico, fondò una fabbrica di scatole di colori, scrisse diversi libri sulla teoria del colore e la sua storia, e fu attivo in riforme dell'educazione artistica. Egli rappresentò i colori in una struttura tridimensionale, un solido costituito da due coni. Un apice del cono è bianco puro mentre l'altro è nero puro. Gli otto colori primari sono rappresentati lungo i lati dei due coni. In questa rappresentazione, ogni colore è una miscela di bianco, nero e degli otto colori primari. Gran parte del lavoro di Ostwald sui colori fu svolto in collaborazione con la Deutscher Werkbund, un'associazione di pittori e architetti. Le teorie di Ostwald sui colori influenzarono la Bauhaus e le avanguardie russe, soprattutto subito dopo la Rivoluzione del 1917.
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