In un precedente articolo ho presentato il volume La scienza in famiglia – Nozioni scientifiche sugli oggetti comuni della vita, del medico, insegnante di scienze e divulgatore scientifico francese Louis Figuier (1819-1894), pubblicato in Francia nel 1862 e in Italia nel 1876 da Treves, con la traduzione e le note di Carlo Anfosso. Opera divulgativa di merceologia, che illustrava i principi scientifici e tecnologici alla base di oggetti, sostanze, apparecchiature e tecniche di uso quotidiano nelle case, illustrata da 325 incisioni, La Scienza in famiglia ebbe un buon successo anche da noi, testimoniando che l’interesse per la scienza era allora assai diffuso nelle classi colte e sufficientemente benestanti da potersi comprare dei libri. I suoi destinatari erano persone da educare alle scienze positive (giovani o i loro famigliari), utilizzando un linguaggio formale ma semplice, non ammiccante, con ottime illustrazioni realizzate a china, e un formato grande in modo da consentire una lettura agevole, magari di un adulto accanto a un bambino.
Torno sull’argomento, su gentile richiesta, per parlare dei contenuti del capitolo dodicesimo, dedicato ai Medicamenti, del quale riporto quasi integralmente la parte relativa ai narcotici, corredata da alcune mie note esplicative. Qualora i lettori dimostrassero interesse, lo riprenderò in eventuali articoli successivi.
XII.
I MEDICAMENTI
Oggidì che la medicina assumendo i caratteri di una vera scienza positiva, si è spogliata di quanto aveva di misterioso nei tempi passati, che si sono posti in disparte i nomi stravaganti, la lingua latina, le formole multiple; oggi insomma che la medicina non teme più di palesare i suoi segreti, non sarà inutile l’esporre in brevi parole la storia chimica dei rimedi più comuni adoperati a combattere le malattie.
L’uomo collocato nella natura in mezzo agli agenti cosmici che ne attentano la salute, sprovveduto di riparo contro il freddo, l'umidità, le arsure, sotto l'azione delle passioni e delle esigenze della vita, si trova continuamente soggetto a malattie.
Chi ritorna colla fantasia all’uomo primitivo, chi cerca di ricomporre quadri snebbiati da migliaia di anni, non può a meno di domandarsi come la creatura umana abbia potuto resistere e reagire contro le forze naturali, come abbia potuto a poco a poco dominarle a suo vantaggio.
Nulla v'ha cosi essenzialmente buono in natura che non possa in certe circostanze riuscire causa di malattia; cibi, vestimento, aria, acqua calda e fredda, tutto può per condizioni intrinseche od estrinseche riuscire causa morbosa, cioè alterare il regolare funzionare degli organi. Allorché una delle funzioni del nostro organismo non si compie perfettamente in regola, allora si ha. la malattia, e secondo l'importanza sua, maggiore o minore ne è la gravità.
L' igiene è lo studio delle regole per conservare la sanità; si fonda quindi tutta sulla conoscenza delle vie per cui l'organismo passa dallo stato di sanità a quello di malattia.
Noi passeremo rapidamente in rivista le sostanze che sono usate il più spesso e il più generalmente come rimedii nel corso delle malattie. Faremo conoscere l'origine ed il carattere di queste sostanze. Potendo ognuno avere bisogno di medicamenti, giova sapere qual è la natura, quali sono le proprietà generali della sostanza medicinale che si prende.
Sarà necessario di stabilire una divisione per descrivere una dopo l’altra e con metodo un sì gran numero di materie diverse; noi classificheremo i medicamenti in dodici gruppi:
1. I narcotici.
2. I tetanici.
3. I sedativi.
4. I purganti.
5. Gli emetici.
6. I diuretici.
7. I sudorifici.
8. Gli emollienti.
9. Gli stimolanti.
10. Gli astringenti.
11. I tonici.
12. I modificatori.
RIMEDII NARCOTICI
II papavero, la belladonna, il giusquiamo, la datura, la cicuta, l'elleboro, l'aconito, sono piante velenose, che, adoperate in piccole dosi, danno alla medicina potenti rimedii (1). Bisogna notare infatti che i medicamenti più attivi non son altro che veleni, i quali, adoperati in piccola dose, esercitano una azione curativa. I rimedi narcotici agiscono sul sistema nervoso, e principalmente sul cervello, diminuendo o alterando la sua attività od anche interrompendo momentaneamente le sue funzioni.
OPPIO
Dicesì oppio il sugo inspessito dei frutti o capsule del papavero sonnifero (Papaver somniferum) appartenente alla famiglia delle Papaveracee.
L'oppio proviene sopratutto dall'Oriente, dalla Persia e dall'India. Ecco la maniera con cui lo si raccoglie nell'Asia Minore. Pochi giorni dopo che il fiore del papavero è caduto, degli operai uomini e donne, si recano nei campi e fendono orizzontalmente la capsula dei papaveri, avendo cura che il taglio non penetri all'interno. Ne esce subito un liquore bianco che scola in forma di lacrime dagli orli della sezione e presenta l’aspetto che si vede nella figura 298. Solamente l'indomani, col mezzo di larghi coltelli, poco taglienti, si va a raccogliere il sugo inspessito su ogni testa di papavero; esso si presenta allora sotto forma di una gelatina appiccaticcia e granulosa, che si depone in vasettini di terra e s'impasta con saliva. Finalmente viene avviluppato nei frutti del rumex (2), o nelle foglie del papavero; e quello è l'oppio.
L'odore dell'oppio è forte e vìroso, il suo sapore è amaro, nauseante, disaggradevole. Sottomesso all’analisi chimica, l'oppio ha fornito diversi alcaloidi cristallizzabili, di cui il principale e più attivo è la morfina, sostanza bianca, solida, amarissima, che è molto adoperata allo stato di sale (acetato di morfina) per calmare i dolori nervosi, e per procurare qualche sollievo ai malati che soffrono d'insonnia. La morfina è un veleno dei più violenti per cui non lo si amministra che a dosi minime. Esso rappresenta il più attivo di tutti i principi dell'oppio, di cui ha quasi tutte le virtù. Le proprietà narcotiche, stupefìcanti, dell'oppio furono conosciute dalla più remota antichità.
Amministrato a piccola dose, l'oppio diminuisce la sensibilità producendo uno stato di calma profonda, che porta al sonno. A dose più elevata, determina una specie di ebrietà che può produrre la morte. I Musulmani ed i Cinesi assorbono di questo narcotico quantità successivamente crescenti; a furia di abituarsi a questa esaltazione ed ebbrezza, che per loro è irresistibile incanto, finiscono per cadere in uno stato di completo abbrutimento fisico e morale. (…) Ma allontaniamoci da questo triste quadro, dell'uomo che per soddisfare ad un piacere sensuale si uccide con quella sostanza che dovrebbe solamente adoperare a combattere le malattie.
Sydenham (3) disse che l'oppio è un dono di Dio, e sosteneva che senza questo rimedio non sarebbe possibile alcuna medicina. “Fra tutti i rimedi che Dio onnipotente donò all'uomo, dice l'illustre medico inglese, non ve ne ha alcuno più universale e più efficace dell’oppio. Esso è cosi necessario alla medicina che questa non potrebbe assolutamente farne a meno, ed un medico che sappia adoperarlo opportunamente otterrà sorprendenti risultati”. L'oppio è infatti un agente eroico, come si dice in medicina. Combatte con successo tutto le infiammazioni. I suoi effetti sono veramente meravigliosi nelle nevralgie e nelle affezioni reumatiche; esso rende i più grandi servigi nella cura delle malattie infiammatorie del petto; calma l'irritazione e la tosse nelle.infiammazioni delle vie respiratorie; finalmente è un prezioso calmante in tutte le malattie acute, ed un agente che assopisce negli ultimi periodi delle malattie di cui non si trovò ancora il rimedio, come la tisi polmonare ed il cancro.
Fra i medicamenti a base d'oppio più usitati, noi ricorderemo il laudano di Sydenham, ed il laudano di Rousseau che sono due veri vini d'oppio (4), il siroppo diacodio e l'estratto d'oppio.
L'oppio rimase sino a questi ultimi anni un prodotto esotico, l'Oriente solo aveva il privilegio di procurarcelo; ma recentemente si sono fatti ottimi tentativi per raccogliere oppio in Francia (…) L’oppio indigeno è anche più ricco di morfina e per conseguenza più attivo dell’oppio esotico. (…)
Il siroppo diacodio si prepara coll’estratto alcolico delle teste di papavero bianco. È un medicamento molto adoperato come narcotico, più debole del siroppo d’oppio. (…)
La belladonna, il giusquiamo e lo stramonio sono le principali specie narcotiche fornite dalla famiglia delle solanacee.
BELLADONNA
La belladonna (Atropa belladona) è un’erba vivace, dal portamento elegante e dalla fisionomia sospetta. “Pianta d’aspetto melanconico” dicono i vecchi libri per definirla. Infatti il fogliame è cupo, lividi i fiori, neri i frutti. Il nome di atropa deriva da Atropos, quella delle tre Parche che teneva le fatali forbici; il nome di belladonna che desta idee più aggradevoli, ricorda l’uso che se ne faceva un tempo (5). L’acqua distillata di belladonna serviva a conservare la freschezza della pelle alle donne d’Italia.
I frutti della belladonna costituiscono un veleno violento tanto più pericoloso, in quanto che la loro rassomiglianza colle ciliegie invita spesso i ragazzi a mangiarne; il loro sapore dolciastro contribuisce ancora ad allontanare l’idea del pericolo.
I casi di avvelenamento accidentale per i frutti della bella donna (sic, Ndr) sono frequentissimi; per rimediarvi bisogna fare vomitare il malato, e poi fargli prendere bevande acidule.
Si amministra la belladonna in medicina pella cura delle nevralgie, dello spasimo, della tosse nervosa, per prevenire la febbre scarlatina, ecc. Un singolarissimo effetto è costantemente prodotto dall'ingestione di belladonna: è una grande dilatazione della pupilla dell'occhio; perciò si ebbe l'idea di valersi di questa singolare proprietà nell'operazione della cateratta. Alcuni istanti prima dell'operazione si applicano sull'occhio dei guancialini inzuppati d'una soluzione d'estratto di belladonna od alcune goccie del sugo fresco di questa pianta. Per l'influenza di questo sugo, la pupilla dell'occhio si apre notevolmente, e riesce più facile al chirurgo di attraversare quest'apertura per giungere al cristallino e ciò costituisce l'operazione della cataratta.
Le foglie, le radici, l'estratto, od il sugo fresco della pianta sono le forme in cui viene adoperata la belladonna in medicina.
GIUSQUIAMO E STRONOMIO (sic, Ndr)
II Giusquiamo (Hyosciarnus niger) è un'erba biennale, che si trova in differenti contrade di Europa. Cresce specialmente fra le rovine ed in vicinanza delle abitazioni. Il suo caule è, come le sue foglie, cotonaceo e vischioso, ed esala un odore ributtante. La sua corolla ha forma d'un imbuto, ed è di colore giallo pallido, venato di color rosso, il frutto è una capsula bilombare, che si apre in forma di scattola, per una specie di piccolo coperchio od opercolo. Il giusquiamo è un veleno energico, come la belladona. Si combattono gli effetti dell'avvelenamento cagionato da questa pianta coi vomitivi e poi colle bevande acidule.
Un medico tedesco racconta, che i frati di San Benedetto soffriron molto per aver mangiato una insalata di radice di giusquiamo raccolta in fallo per radice di cicoria. I frati andarono a dormire dopo il pasto. A mezzanotte uno di essi era completamente pazzo. Fra quelli che poterono discendere al coro all'ora di mattutino, alcuni non potevano aprir gli occhi per leggere, gli altri dicevano facezie fra le preghiere, o credevano di veder correre formiche nei breviari. Al mattino quello che faceva da sarto non poteva infilare il filo nella cruna; vedeva tre aghi.
Il giusquiamo costituisce in medicina una specie di succedaneo della belladonna.
Lo stramonio o pomo spino (Datura stramonium), è la più pericolosa delle solanacee velenose. È una pianta annua, che gli zingari portarono nel Medio Evo dalle regioni più lontane dell'Asia, e che si trova ora nei paesi incolti e presso le abitazioni. Il suo fogliame melanconico, il suo grande e magnifico fiore bianco o violaceo, la sua capsula guarnita di aculei acutissimi, il suo frutto diviso in quattro parti alla base ed in due solamente all'apice, con un gran numero di piccoli semi brunastri, lo fanno riconoscere facilmente. È un veleno, dei più pericolosi.
Benché tutte le parti del datura siano attive, si adoperano più specialmente in medicina le foglie e i semi. Il suo modo, d'agire e le sue proprietà sono analoghe a quelli della belladonna, ma d'un grado anche più energico. Le foglie del datura stramonium arrotolate e disseccate, servono a far sigari per gli asmatici; i vapori narcotici del datura scemano la violenza degli accessi di questa malattia spasmodica.
I semi del datura hanno proprietà, narcotiche fortissime. Or sono alcuni anni, una banda intiera di ladri conosciuti sotto il nome di addormentatori fu giudicata a Parigi. Si riconobbe che la polvere di semi di datura stramonium, mescolata nel tabacco o nel vino, serviva a quei miserabili a compiere i loro furti; potevano spogliare con comodo le loro vittime, grazie all'assopimento in cui venivano immerse da questa polvere.
CICUTA
La cicuta (Conium maculatum), o grande cicuta, è la più Comune delle Ombrellifere velenose. Il suo aspetto è ributtante; il suo fusto è picchiettato di lividure; essa espande un odore fetido che rammenta l'urina di gatto. La sua radice è bianca, in forma di fuso; le sue foglie sono grandi, frastagliatissime, i fiori bianchi e disposti ad ombrelle molto aperte. Il frutto è coperto di piccole asperità o di nocchi arrotonditi.
La cicuta si trova nei luoghi incolti e sassosi. E un veleno violento, per l'uomo, e per molti animali, eccetto l'asino. Per combattere gli accidenti cagionati dall'ingestione della cicuta, occorre prima di tutto provocare il vomito, e quindi amministrare bevande toniche.
La cicuta fu conosciuta nell'antichità più remota. I Greci col succo di questa pianta preparavano la bevanda mortifera dei condannati alla pena capitale. I nostri giovani lettori, sanno che la cicuta fu la ricompensa dei servigi che Socrate e Focione avevano reso alla Grecia.
Presa a piccola dose, la cicuta produce prima delle leggere vertigini, nausee, mali di capo, ecc. A dose più elevata genera assopimento, stupore, delirio, sincope e morte. Si prescrisse la cicuta nella tisi, nei tumori scrofolosi ed in alcune altre malattie. Si adoperò molto contro le malattie nervose, le tossi nervose, la tosse asinina. La polvere delle foglie disseccate è la preparazione di cicuta di cui si fa più spesso uso.
La piccola cicuta, che possiede le stesse proprietà deleterie della grande cicuta, è ancora più pericolosa. Infatti crescendo negli orti, la si può confondere facilmente col prezzemolo, a cui somiglia molto quando non è ancora sviluppata, o non è in fiore. Si distingue in questo caso dai seguenti caratteri: le foglio del prezzemolo son divise due volte, e le foglioline sono larghe, divise in tre lobi dentati; la piccola cicuta ha le foglie divise in tre parti, le sue foglioline sono più numerose, più strette, acute, incise e dentate. Inoltre l'odore del prezzemolo è aggradevole e aromatico, mentre quello della cicuta è nauseabondo e viroso. Se le due piante hanno i fiori, si distingueranno immediatamente, perché i fiori del prezzemolo sono giallastri, quelli della piccola cicuta bianchi. Il caule presenta pure caratteri differenti in queste due piante: quello della piccola cicuta è quasi liscio, rossastro interiormente, e un po' macchiato di rosso carico; quello del prezzemolo è al contrario cannellato e di colore verde.
La piccola cicuta vien detta Aethusa cynapium dai botanici; essa non appartiene allo stesso genere della grande cicuta.
ELLEBORO
L'elleboro e l'aconito appartengono alla famiglia delle Ranunculacee. L'elleboro nero (Elleborus niger) cresce nei luoghi freschi ed ombrosi delle montagne. I giardinieri lo dicono spesso rosa di Natale, dall'epoca in cui fiorisce ordinariamente. Le sue foglie sono divise in sette od otto lobi profondissimi, e i peduncoli florali sostengono due fiori rosei, molto grandi e penzolanti. La sua radice è molto acre ed ardente; applicata sulla pelle, desta infiammazione leggera. .
Preso all'interno, l'elleboro è un purgante energico e di uso pericoloso: a dose alquanto elevata è un vero veleno. Si adoperò l'elleboro contro diverse malattie della pelle. Un tempo era molto vantato contro le malattie mentali.
Del resto l'elleboro degli antichi sembra essere una specie distinta del nostro elleboro nero.
Celebre per l'abbondanza dell'elleboro era l'isola di Anticira (6); là mandavansi i mentecatti a cercare nelle ipotetiche virtù di questa pianta un rimedio che non si è ancora trovato.
Il pastore Melampo, che come tutti i pastori dell'Arcadia, era un dotto, un botanico, un filosofo, ecc., guarì con quest'erba dalla momentanea pazzia le figlie di Preto (7).
ACONITO
L'aconito napello (Aconitum napellus) è coltivato nei giardini pel fogliame elegante ed i fiori azzurri in forma di casco: Questa bella pianta, delizia dei viaggiatori nelle montagne del Giura e della Svizzera, produsse spesso terribili accidenti, essendo estremamente velenosa.
Tuttavia, applicato con discernimento, l’aconito fu un medicinale utilissimo. Si adopera contro le nevralgie, le paralisi, i reumatismi, la tosse convulsiva, nelle malattie degli occhi, nell’assorbimento purulente, ecc.
NOTE:
1) Si noti come si tratta di rimedi esclusivamente erboristici. L’uso dell’etere dietilico come anestetico per gli interventi chirurgici era stato introdotto una ventina d’anni prima della redazione francese della Scienza in famiglia, ma al Figuier interessava presentare i rimedi di uso domestico.
2) Il lapazio, o rumex, (“lancia”, per la caratteristica forma appuntita delle sue foglie), è una pianta erbacea che si trova comunemente lungo le strade, nei luoghi incolti e nei prati umidi, talvolta anche come infestante nei terreni coltivati. Il suo frutto è un achenio di forma trigonale rivestito dai sepali interni.
3) Thomas Sydenham (1624 –1689) è considerato uno dei padri della medicina inglese. Lo portarono alla notorietà le sue attività per il trattamento del vaiolo, l'uso del laudano, prima forma di tintura di oppio e per l'appoggio dato al trattamento della malaria tramite i principi della corteccia dell'albero della china.
4) Il laudano si ottiene facendo macerare l'oppio in vino o in una soluzione alcolica per alcuni giorni in presenza di aromatizzanti, quali per esempio zafferano, cannella e chiodi di garofano, che permettono di oscurare il cattivo sapore dell'oppio. Insomma è un vin brûlé un po’ particolare.
5) Le dame del Rinascimento usavano questa pianta per dare risalto e lucentezza agli occhi mediante le capacità dilatative della pupilla date dall’atropina contenuta.
6) Si tratta di una località turca dove in epoca classica si produceva l’elleboro. Ad essa è associato il nome di Macaone, figlio di Asclepio ed Epione. Celebre medico, imparò le sue arti guaritrici dal padre e dal maestro Chirone.
7) Melampo è una figura della mitologia greca che capiva il linguaggio degli animali e possedeva virtù profetiche. Guarì dalla pazzia le figlie di Preto, re di Tirinto, e sposò una di loro.
Grandee. Bellissimo, ora non posso leggere tutto ma stampo e conservo!
RispondiEliminagrazie grazie, Pop!
g
Stai attento, Popinga! Se Gollum Meloni passa di qui e si fa leggere da qualcuno tutte quelle buone parole sull'oppio, quella è capace, dopo essersi fatta spiegare che dall'oppio si ottiene l'eroina, di chiuderti il blog per incitazione all'uso di droghe!
RispondiEliminaPuò essere che l'eroina si chiama così perché l'oppio è definito "un agente eroico"?
Salumi.
Per la serie mala tempora currunt: "Il pastore Melampo, che come tutti i pastori dell'Arcadia, era un dotto, un botanico, un filosofo, ecc.,": non ci sono più i pastori di una volta, da noi sono in genere leghisti, anche se superano frequentemente il livello intellettivo del Trota o del Cota.
RispondiEliminaPer il resto mi associo a Giovanna.
Hi Tagskie, thanks for your visit, but I don't need nor Thai women for love and marriage and a Scientology connection.
RispondiEliminaColapesce, secondo me la Meloni nominerebbe Popinga Gran Ciambellano di Corte per diventarci lei, eroina ("Fu battezzata commercialmente eroina (dal tedesco "heroisch", eroico, giacché inizialmente la si credeva priva degli spiacevoli effetti collaterali di dipendenza e assuefazione palesati dalla morfina", che l'ho cercato per vizio, come faccio sempre, magari lo sapevi già, scusa..).
RispondiEliminaJuhan, io mi ricordo Melampo di Collodi (il cane meraviglioso che, invece di fare il cane da guardia, si accordava con le faine per spartirsi le galline). Ecco, Melampo è sempre ultracontemporaneo, come personaggio, secondo me.
E niente, mi son divertita anche oggi qui, Popinga
B
Sì B Melampo di Collodi è tosto ma il preferito, sia mio che del mio cane Pico, è Gaspode.
RispondiEliminaChi è Gaspode? Quello che porta il nome del famoso Gaspode, ovviamente.
Ho dovuto googlare per sapere di Gaspode. Non dico nulla per non togliere ad altri il gusto della scoperta.
RispondiEliminaOh ma che bello cercare! Io son fissata con le fonti.
RispondiEliminahttp://en.wikipedia.org/wiki/Greyfriars_Bobby
Ecco la fonte: lo sapevate? Però adesso chi mi dice da cosa deriva il nome, proprio il nome, il suo significato, che non l'ho trovato??
Beh fa niente vah, che qui si parlava della Fata Verde. A proposito Popinga, lo sai che a Rimini c'è un caffè letterario che si chiama L'Assenzio e lì lo puoi bere come vuoi. Ma di bello ci sono solo i bicchieri, di vetro lunghi coi cucchiaini di peltro credo. Ci sono stata perchè mi piaceva l'idea che nella città delle discoteche ci fosse anche un posto come questo ed ero curiosa per via della Parigi bohemienne ecco. Sa di anice da matti e non mi ha ispirato nessun componimento per i posteri. E poi c'era uno che faceva anche i quadri con la varichina, lì. Era per dire...
B
B, perché il ministro Cucurbitacee diventerebbe un'eroina nominando Popinga Gran Ciambellano?
RispondiEliminaAnd poi non ti scusare per avere cercato al posto mio la storia del nome dell'eroina, in segno di riconoscenza a novembre sarò io a cercare qualcosa per te: un tartufo.
Intanto attenzione che qui la istigazione a delinquere è chiarissima, secondo me il sito è già segnalato , spera solo nella sollecita approvazione di una sana legge che elimini ogni genere di intercettazioni.
RispondiEliminaPoi io sono stato in una distilleria francese specializzata nell'assenzio tradizionale, per rientrare nei parametri legali hanno abbassato la percentuale di Tuyone, alla fine sembra un normale Pastis.
Diavolo, Enrico, mi hai fatto fare un'altra ricerca in rete, per scoprire che l'assenzio è un Pastis o un Pernod solo un po' più romantico!
RispondiEliminaMa dai che mi rovinate l'epopea del Moulin Rouge! ... Però è vero: è solo Pastis, ma c'era da fare delle facce assorte un bel po' a berlo, mentre il poeta declamava i suoi distici on ze rod e il pittore illustrava la sua varichina incompresa. Ho rivisto un sacco di eskimi e gioielli etnici, menu bio-riciclato e tutti fuori corso, nostalgici delle occupazioni e dei sit...com.
RispondiEliminaColapesce, non parlavi della Giovane Saputa che giovane non fu giammai? Forse non ho capito, però intendevo che ci tiene tanto, lei, a fare l'eroina, e la parola Gran Ciambellano mi è sempre piaciuta: mi ricorda i gatti acciambellati e i colli di polistirolo, immensi. Ho comprato del tartufo in una gita di recente (che c'era un sito archeologico tanto carino e un castello chiuso, ma fa niente... che il Molise è bellissimo e deserto... per dire), che ho pensato Mi impuzza tutto il frigo adesso! Invece niente: le tagliatelle sapevano solo di tagliatelle, secondo me era una patata colorata di nero. Però suggestiva lo stesso.
Scusa Popinga, ma qui oggi c'hanno tutti voglia di chiaccherare,, io mi sono solo adeguata, ecco.
B
B, che la Meloni (cucurbitacee) sia giovane non c'è dubbio, ma col cavolo (brassicacea) che è saputa!
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