I poliedri, in particolare i solidi platonici, sono oggetto di interesse dei geometri da più di duemila anni. Anche lo studio delle possibili applicazioni di queste figure è assai antico: Platone era così affascinato dalle forme perfette dei cinque solidi regolari che nel suo dialogo Timeo li associò a quelli che, ai suoi tempi, erano ritenuti gli elementi di base del mondo, vale a dire, la terra, il fuoco, l’aria l’acqua e l’etere. L'interesse per i solidi platonici fu assai vivo tra i matematici e gli artisti rinascimentali: ne studiarono le proprietà Piero della Francesca, Luca Pacioli (il suo De Divina Proportione fu illustrato con i celebri disegni di poliedri eseguiti da Leonardo), Niccolò Tartaglia e Rafael Bombelli.
Anche Keplero, nel Mysterium Cosmographicum (1597), immaginò un sistema solare come un complesso nidificato di solidi platonici, in cui i raggi delle sfere concentriche associate determinavano le orbite dei sei pianeti allora conosciuti: «La Terra è la sfera che misura tutte le altre. Circoscrivi ad essa un dodecaedro: la sfera che lo comprende sarà Marte. Circoscrivi a Marte un tetraedro: la sfera che lo comprende sarà Giove. Circoscrivi a Giove un cubo: la sfera che lo comprende sarà Saturno. Ora iscrivi alla Terra un icosaedro: la sfera iscritta ad essa sarà Venere. Iscrivi a Venere un ottaedro: la sfera iscritta ad essa sarà Mercurio. Hai la ragione del numero dei pianeti». Queste idee sono state superate da tempo, ma i poliedri, compresi i solidi platonici, hanno mantenuto una certa importanza nello studio di fenomeni anche in campi diversi dalla matematica, come la fisica, la chimica e la biologia.
Un solido platonico, o regolare, è un poliedro le cui facce sono poligoni regolari identici, con tutti gli angoli al vertice uguali. I cinque solidi platonici sono il tetraedro, l’ottaedro, il cubo, l’icosaedro e il dodecaedro. La tabella riporta per ciascuno di essi il numero di vertici, facce e spigoli.
Il tetraedro, l’ottaedro e l’icosaedro hanno tutti facce triangolari e costituiscono pertanto esempi di deltaedri. Un deltaedro è un poliedro con facce tutte costituite da triangoli, ed è regolare se tutti i triangoli sono equilateri. Esistono solo 8 deltaedri regolari convessi, e il numero dei loro vertici è compreso tra 4 e 12, con l’esclusione di 11. Il cubo ha facce quadrate e quelle del dodecaedro sono pentagoni regolari. Il tetraedro, il cubo e il dodecaedro sono poliedri trivalenti, che significa che in ogni vertice si incontrano esattamente tre spigoli.
Per ogni poliedro il numero di vertici V, facce F e spigoli S deve soddisfare la formula di Eulero, secondo la quale:
V + F − S = 2
Dato un poliedro è possibile costruire il suo duale, che è un poliedro in cui sono scambiati i posti dei vertici e dei centri delle facce. L’ottaedro e il cubo sono reciprocamente duali, così come lo sono l’icosaedro e il dodecaedro. Il duale del tetraedro è un altro tetraedro. Dalle definizioni fin qui date, risulta chiaro che il duale di un deltaedro è un poliedro trivalente.
Una prima interessante applicazione dei poliedri a campi esterni alla matematica riguarda la fisica, in particolare lo studio della disposizione di particelle puntiformi su una superficie sferica. Le particelle possiedono forze che interagiscono tra di loro e tendono a raggiungere stati d’equilibrio in cui si dispongono secondo i vertici di alcuni poliedri.
Il problema è spesso denominato problema di Thomson, perché fu formulato per la prima volta da J.J. Thomson, lo scopritore dell’elettrone, quando nel 1904 propose il suo modello atomico “a panettone”, secondo il quale l'atomo sarebbe stato costituito da una distribuzione di carica positiva diffusa, all'interno della quale erano inserite le cariche negative come i canditi in un panettone. Nel complesso l'atomo risultava elettricamente neutro. Il modello fu confutato dall'esperimento di Geiger e Marsden nel 1909, che spinse Ernest Rutherford nel 1911 a proporre un proprio modello alternativo, nel quale la carica positiva era concentrata in un nucleo.
Il problema di Thomson consiste infatti nel determinare la configurazione di minima energia, sulla superficie di una sfera unitaria, di n elettroni che respingono vicendevolmente con una forza data dalla legge di Coulomb. L’energia totale è data dalla sommatoria delle energie degli elettroni, che va minimizzata per ogni loro disposizione. Nel caso di due elettroni, la configurazione ottimale è ovviamente quella in cui essi si dispongono su due punti disposti agli antipodi. Per n = 3 la configurazione di minima energia è data da tre punti equidistanti su un cerchio massimo della sfera, quindi ai vertici di un triangolo equilatero. Nel caso di quattro punti, essi si dispongono sui vertici di un tetraedro regolare inscritto nella sfera. Per n = 6 la migliore soluzione è data dai vertici dell’ottaedro regolare inscritto, così come per n = 12 la configurazione di minima energia è data dai vertici dell’icosaedro regolare. Contrariamente alle aspettative, i vertici dei poliedri regolari non costituiscono sempre la configurazione di minima energia: le configurazioni più simmetriche non sono di per sé le soluzioni migliori. Per n = 8, ad esempio, non si ottengono i vertici di un cubo e per n = 20 non si ottiene un dodecaedro. Per tutti gli altri n fino a 200 la configurazione di minima energia globale è stata identificata rigorosamente solo con l’ausilio del computer, in quanto il problema presenta calcoli assai complessi, a causa della rapida crescita delle configurazioni minime locali all’aumentare di n, al punto che il problema di Thomson viene utilizzato per testare l’efficacia di nuovi algoritmi di calcolo. Un’ottima illustrazione dei poligoni che consentono le configurazioni minime di energia per diversi valori di n è fornita nella pagina web di Martin Trump.
Sebbene l’evidenza sperimentale abbia portato all’abbandono del modello atomico di Thomson, il suo problema ha da allora giocato un ruolo importante nello studio di altri modelli fisici. Tra questi le cosiddette bolle multi–elettroniche e l’ordinamento superficiale di gocce di metallo liquido confinate nelle trappole di Paul.
Gli elettroni al di sopra della superficie piatta dell’elio liquido sono soggetti a una forza attrattiva verso la superficie, ma sono ostacolati nel penetrarla da una barriera di potenziale di 1 eV. Essi allora formano una pellicola carica sulla superficie. Disponendo una griglia con potenziale positivo sotto la superficie si raggiungono alte densità. Esiste una densità critica di elettroni sopra la quale la superficie carica diventa instabile, e gli elettroni entrano nel volume dell’elio con la formazione di una bolla multielettronica (MEB). Queste bolle hanno raggi che vanno da decine di nanometri a qualche centinaio di micron e contengono da pochi fino a più di 108 elettroni. Tra di essi agiscono forze colombiane di repulsione, per le quali l’energia è minima quanto più sono distanti l’uno dall’altro, e la tensione superficiale, per la quale l’energia è funzione del raggio. Ne risulta una MEB sferica stabile quando queste forze si bilanciano e gli elettroni formano un gas bidimensionale sulla superficie interna della bolla: le configurazioni di energia minima sono altrettante soluzioni del problema di Thomson.
Una trappola ionica è invece una combinazione di campi elettrici o magnetici in grado di catturare ioni in una regione di un sistema sotto vuoto o in un tubo. Le trappole di ioni sono utilizzate in molte applicazioni scientifiche come la spettrometria di massa, la creazione di orologi atomici ad alta precisione, e sembra imminente il loro uso nei computer quantistici: la più comune trappola ionica è quella studiata da Wolfgang Paul, che gli valse il Premio Nobel per la fisica nel 1989. La posizione degli ioni all’interno del sistema è anch’essa studiata attraverso il problema di Thomson.
Un’ovvia estensione del problema di Thomson è di sostituire la legge di Coulomb con una più generale, in cui ad esempio sulla sfera si collochino non punti ma dei cerchi. In questo caso la generalizzazione corrisponde al cosiddetto problema di Tammes, che prende il nome dal botanico olandese che pose la questione nel 1930 in relazione allo studio dei pori sui granelli sferici di polline. In pratica si tratta di stabilire come impacchettare un dato numero di cerchi sulla superficie di una sfera, in modo tale da massimizzare la minima distanza tra di essi, il che è equivalente a chiedersi come riempire la superficie di una sfera con n cerchi identici in modo tale che il loro diametro sia il più grande possibile. Si ottengono di nuovo soluzioni con punti disposti sui vertici di poliedri, ma, forse sorprendentemente, per n ≥ 6 i risultati numerici indicano che l’unica configurazione che è una soluzione comune ai problemi di Thomson e di Tammes è la disposizione a icosaedro per n = 12.
Un ultimo caso di disposizione di punti sulla superficie di una sfera è costituito dal problema che fu posto per la prima volta nel 1943 dal matematico ungherese Fejes Toth, uno dei padri della geometria discreta, o geometria combinatoria. Il problema di Toth consiste nel disporre n punti su una sfera unitaria in modo da massimizzare la distanza minima tra ogni coppia di essi (che è come dire minimizzare l’energia). Questa distanza massima è stata chiamata raggio di copertura, e la configurazione prende il nome di codice sferico. Toth calcolò la distanza per sistemi composti da n = 3, 4, 6 e 12 punti, ma il problema generale non è stato tuttavia risolto.
Le generalizzazioni del problema di Thompson entrano in gioco, ad esempio, nel determinare le disposizioni delle unità proteiche che costituiscono gli involucri dei virus sferici, come ad esempio l’HIV, che si basa su un poliedro trivalente con simmetria icosaedrale. Altri campi d’indagine comprendono le disposizioni regolari delle particelle nei colloidosomi, proposti per l’incapsulamento di principi attivi come farmaci, nutrienti o cellule viventi, oppure la disposizione degli atomi di carbonio nei fullereni.
I colloidosomi sono microcapsule con involucri costituiti di particelle colloidali coagulate o parzialmente fuse. Le particelle si auto–assemblano sulla superficie delle goccioline delle sostanze contenute, in modo da minimizzare l’energia totale. Recentemente si è scoperto che le membrane dei colloidi offrono una grande capacità di controllare la permeabilità delle sostanze intrappolate. Il loro principale vantaggio è che la dimensione dei pori della membrana può essere variato, scegliendo particelle di dimensioni opportune e controllando il loro grado di fusione. In questo modo è possibile utilizzare le membrane dei colloidosomi come filtri selettivi per il rilascio o la ritenzione delle sostanze desiderate, che possono trovare numerose applicazioni nella progettazione di nuovi veicoli di somministrazione di nuovi farmaci e vaccini e per il lento rilascio di cosmetici e integratori alimentari.
I fullereni sono una classe particolarmente interessante di poliedri trivalenti che si ha quando le facce sono F ≥ 12. Essi sono composti da 12 pentagoni e F–12 esagoni. La proprietà trivalente considerata assieme alla formula di Eulero determina allora che il numero di spigoli e vertici è dato da V = 2F − 4 e S = 3F − 6. Il primo poliedro di tale tipo ha F = 12 facce pentagonali ed è il dodecaedro. Un interessante fullerene con simmetria icosaedrale si ha per F = 32, cioè per l’icosaedro troncato , che si può ottenere da un icosaedro “tagliando” ciascuno dei suoi 12 vertici, in modo da ottenere 12 pentagoni e 20 esagoni. Il numero dei fullereni combinatoriamente diversi aumenta rapidamente al crescere di F. Ad esempio, se per F = 12 l’unico fullerene è il dodeacaedro, per F = 22 ne esistono già 40. Una delle principali ricerche oggi in corso riguarda proprio la catalogazione e lo studio delle caratteristiche di tutti i possibili fullereni, così come prevedere, sulla base della minimizzazione dell’energia, quali si possano effettivamente trovare negli esperimenti. Il duale di un fullerene è un deltaedro nel quale 5 oppure 6 triangoli circondano un vertice (rispettivamente si parla di pentameri ed esameri). Chi volesse approfondire le conoscenze sulla geometria dei fullereni può fare riferimento alle pagine preparate da Slavik Jablan
I poliedri fullerenici sono divenuti di grande interesse negli anni recenti a causa della loro inaspettata comparsa nella chimica del carbonio. Il carbonio in natura può presentarsi in forme allotropiche molecolari diverse, come la grafite e il diamante, ma anche come fullereni. Si tratta di grandi molecole di forma approssimativamente sferica (denominate a volte buckyball, abbreviazione di buckminster-fullerene, con riferimento alle cupole geodetiche progettate dall'architetto Richard Buckminster Fuller), oppure cilindrica (buckytube).
La forma più frequente è quella sferoidale cava, come ad esempio nella fullerite, C60, la cui scoperta fu premiata con il Premio Nobel per la chimica nel 1996 a Kroto, Curl e Smalley. Gli atomi di carbonio si collocano ai vertici di un poliedro fullerenico, con i legami rappresentati dai suoi spigoli. Sebbene l’atomo di carbonio sia quadrivalente, il poliedro è trivalente, perché ogni atomo di carbonio è legato a due altri da un legame singolo e a un terzo da un legame doppio. La differenza di lunghezza tra i legami singolo e doppio è così piccola da essere trascurabile. Ad esempio, i 60 atomi nella fullerite sono collocati ai vertici di un icosaedro troncato. Altri fullereni sono comuni, come il C70, il C76e il C84. I fullereni sono stati individuati quest’anno anche nello spazio (in una nebulosa planetaria chiamata Tc1, a 6.500 anni luce dalla Terra) e in formazioni geologiche terrestri.
La forma più frequente è quella sferoidale cava, come ad esempio nella fullerite, C60, la cui scoperta fu premiata con il Premio Nobel per la chimica nel 1996 a Kroto, Curl e Smalley. Gli atomi di carbonio si collocano ai vertici di un poliedro fullerenico, con i legami rappresentati dai suoi spigoli. Sebbene l’atomo di carbonio sia quadrivalente, il poliedro è trivalente, perché ogni atomo di carbonio è legato a due altri da un legame singolo e a un terzo da un legame doppio. La differenza di lunghezza tra i legami singolo e doppio è così piccola da essere trascurabile. Ad esempio, i 60 atomi nella fullerite sono collocati ai vertici di un icosaedro troncato. Altri fullereni sono comuni, come il C70, il C76e il C84. I fullereni sono stati individuati quest’anno anche nello spazio (in una nebulosa planetaria chiamata Tc1, a 6.500 anni luce dalla Terra) e in formazioni geologiche terrestri.
[La fonte principale ma non esclusiva di questo articolo è Polyhedra in Physics, Chemistry and Geometry di Michael Atiyah and Paul Sutcliffe, comparso sul Milan Journal of Mathematics vol. 71 (2003), 33–58 DOI 10.1007/s00032-003-0014-1].