martedì 22 novembre 2011

Einstein e i reazionari

Einstein nel 1921
Nel 1919 Albert Einstein (1879-1955) aveva ottenuto il suo primo grande trionfo, con la conferma della previsione, basata sulla teoria generale della relatività, che la luce viene deviata dal campo gravitazionale di una grande stella come il Sole. La verifica di tale fatto, ottenuta dalla spedizione inglese nell'isola di Principe per lo studio dell’eclisse solare condotta da Arthur Eddington (1882-1944), aveva colpito l’immaginazione del pubblico attraverso una grande copertura dei giornali di tutto il mondo, dando a Einstein una notorietà internazionale e un prestigio che irritarono i circoli più reazionari della Repubblica di Weimar.

Il fatto infastidì infatti gli accademici conservatori, in particolare Philipp Lenard (1862-1947), premio Nobel nel 1905 per gli studi sui raggi catodici, che, come si vedrà, manifestò in questa occasione tutte le sue tendenze ultra-reazionarie, che lo avrebbero portato ad aderire molto presto al partito nazista. Durante il nazismo, ormai professore emerito, Lenard sarebbe stato un convinto sostenitore dell'idea che la Germania dovesse appoggiarsi solo sul lavoro dei fisici tedeschi, ignorando le ingannevoli idee dei fisici ebrei. Consigliere di Hitler, egli divenne guida della fisica ariana sotto il regime, finché nel 1945, conclusa la guerra, fu privato del titolo di professore emerito ed espulso dall'Università di Heidelberg.

Philipp Lenard
Einstein sperimentò le amare conseguenze della fama planetaria recentemente acquisita nell’estate del 1920: in agosto, nel grande auditorium della Filarmonica di Berlino (che poteva contenere più di 1600 persone), fu organizzata una serie di conferenze che lo denunciavano come impostore e propagandista, in settembre, in un convegno della Società degli Scienziati e Fisici Tedeschi a Bad Nauheim, fu coinvolto in un acceso dibattito con Lenard su alcuni aspetti fondamentali della teoria della relatività.

Tra i due eventi, il 27 agosto 1920, la prima pagina del Berliner Tageblatt, un quotidiano di ampia diffusione della capitale, riportava un amaro giudizio di Albert Einstein: “Sotto il pomposo nome di Arbeitsgemeinschaft deutscher Naturforscher [Società di Lavoro degli Scienziati Tedeschi], si è organizzato un variegato insieme di persone il cui scopo sembra quello di screditare, agli occhi dei profani, la teoria della relatività e me in quanto suo assertore… Ho buone ragioni per credere che motivi diversi dalla ricerca della verità siano all’origine dell’affare. (Se fossi un nazionalista tedesco, con o senza svastica, invece di un ebreo con idee liberali cosmopolite, allora…)”.

Paul Weyland
La campagna contro Einstein era iniziata il 6 agosto, con un ingiurioso articolo sul quotidiano berlinese Tägliche Rundschau: “Il signor Alberto Magno è risorto, ha rubato il lavoro di altri e ha matematizzato la fisica a un livello tale che i colleghi fisici sono stati resi ignoranti”. Inoltre, continuava l’articolo, “Einstein ha intrapreso una campagna che ha gettato un incantesimo sia sul pubblico sia sui circoli accademici, ma in realtà la relatività non è altro che frode e fantasia”. L’autore dell’articolo era Paul Weyland (1888-1972), oscuro pubblicista di estrema destra e abile agitatore politico, uno dei più loschi prodotti della Berlino del dopoguerra.

Gran parte delle accuse di Weyland non erano nuove, ma erano state mosse per primo da Ernst Gehrcke (1878-1960), fisico ottico e spettroscopista di spicco del prestigioso Istituto Imperiale Fisico-Tecnico, che aveva già criticato la teoria di Einstein nel 1911. Weyland aveva attinto anche alle obiezioni più sostanziali di Lenard contro la teoria di Einstein, che erano state pubblicate nel 1918. Einstein aveva risposto immediatamente alle critiche di Lenard, ma Weyland sosteneva che erano rimaste senza replica.

La copertina agiografica del Berliner Illustrirte Zeitung
In realtà di nuovo c’erano il tono oltraggioso dell’articolo di Weyland e il carattere pubblico delle sue accuse. Nuova era anche la loro natura sottilmente antisemita: Weyland dichiarava che Einstein godeva di “una stampa particolare, una comunità particolare” che continuava ad alimentare storie in suo favore presso il pubblico. Un’allusione abbastanza chiara. Il liberale Berliner Tagblatt era pubblicato da Rudolf Mosse, un ebreo assai conosciuto, ed era chiamato nei circoli antisemiti Judenblatt, il “giornale degli ebrei”. Nel 1919 aveva pubblicato un articolo in cui annunciava i risultati della spedizione inglese condotta da Eddington con un iperbolico elogio che giungeva al punto di dichiarare che “una verità più alta, oltre Galileo e Newton, oltre Kant”, era stata rivelata “da un oracolo che parla dalla profondità dei cieli”. Il suo autore, Alexander Moszkowski, era anch’egli ebreo e buon conoscente di Einstein. Oltre a ciò, lo stesso Einstein aveva pubblicato una breve nota sui risultati della spedizione inglese in Die Naturwissenschaften, un noto periodico diretto da un altro ebreo, Arnold Berliner. Infine, il 14 dicembre 1919, la copertina del Berliner Illustrirte Zeitung portava una grande fotografia in primo piano di Einstein, con la didascalia “Una nuova eminenza nella storia del mondo: Albert Einstein, le cui ricerche rappresentano una completa rivoluzione della nostra comprensione della natura e le cui intuizioni uguagliano in importanza quelle di Copernico, Keplero e Newton”. Questa rivista era stata fondata da Leopold Ullstein, un altro ebreo berlinese. A Weyland tutto ciò bastava per rivelare i metodi di Einstein: se la “Scienza tedesca” aveva deciso di serrare i ranghi e di mobilitarsi contro Einstein, di “regolare i conti”, egli doveva rimproverare solo se stesso. Come si vede, i toni e le argomentazioni della propaganda reazionaria e fascista non cambiano con il passare degli anni e delle stagioni politiche, potendo ritrovarsi anche nell’Italia del secondo millennio.

L’11 agosto 1920, cinque giorni dopo che l’articolo di Weyland era comparso sul Tägliche Rundschau, Max von Laue (1879-1960), un altro premio Nobel, amico e collega di Einstein a Berlino, rispose allo stesso giornale smentendo categoricamente che Einstein avesse plagiato il lavoro di altri e sostenendo con forza che egli meritava pienamente la stima accordatagli dai suoi colleghi fisici. Von Laue espresse le sue obiezioni personali alle critiche di Lenard sulla teoria della relatività che Weyland aveva riportato. Lo stesso Weyland gli rispose immediatamente, annunciando che si sarebbe tenuta una serie di conferenze che avrebbero smascherato Einstein. In effetti, il Der Tag e il Tägliche Rundschau annunciarono venti conferenze, organizzate dalla Società di Lavoro degli Scienziati Tedeschi per la Salvaguardia della Pura Scienza, che si sarebbero tenute nel grande salone della Filarmonica di Berlino a partire dal 24 agosto, con Weyland and Gehrcke come primi conferenzieri. A quanto pare, la fantomatica associazione di scienziati poteva contare come unico aderente lo stesso Weyland, che l’aveva chiaramente inventata per dare una patina di autorevolezza scientifica alle sue idee.

Berlino, 1920
Tali tattiche meschine non sono sorprendenti alla luce delle credenziali politiche di Weyland. Egli era un attivista del Partito Nazionale del Popolo Tedesco (Deutschnationale Volkspartei, DNVP), un partito di estrema destra i cui membri andavano da conservatori nazionalisti a veri e propri esaltati razzisti. Più tardi, in ottobre, Weyland pubblicò un articolo sul giornale di destra Deutsche Zeitung, nel quale criticava la posizione del partito sulla “questione ebraica”, che a suo giudizio era troppo moderata. Lo storico e fisico Hubert Goenner ritiene che Weyland intraprese la sua campagna contro Einstein proprio per propiziarsi l’appoggio dei diversi gruppi della destra più estrema con i quali era in rapporto. Ad ogni modo egli riuscì a far credere a Einstein di avere l’appoggio di un certo numero di fisici.

Come annunciato da Weyland, il 24 agosto 1920, egli tenne la sua sfuriata demagogica nella sede della Filarmonica: “Meine Damen und Herren! Difficilmente nella scienza un sistema scientifico è stato più fondato da una campagna di propaganda come nel caso del principio della relatività generale, che a un esame più approfondita rivela di aver bisogno di prove”. Egli proseguiva fornendo una serie di esempi di quella che chiamava la Einsteinpress, scagliandosi soprattutto contro la relazione dei risultati della spedizione di Eddington fatta dal Naturwissenschaften e sbeffeggiando gli azzardati paragoni con Copernico, Keplero e Newton fatti dagli altri giornali della “cricca” di Einstein. Lo stesso scienziato veniva criticato per non aver detto una parola per porre fine a questa “ondata di glorificazione e ammirazione” fomentata dalla stampa in “certe mani”. Tutto ciò provava che la teoria della relatività era solo moda e propaganda.

Weyland sostenne che Einstein era ricorso ai metodi della propaganda quando la critica accademica si era fatta troppo spavalda. Tutto ciò era una conseguenza del declino morale e intellettuale della società tedesca, che era favorito e condizionato da “una certa stampa”. Questa decadenza aveva “attirato ogni tipo di avventurieri, non solo nella politica, ma anche nelle arti e nelle scienze”. Infatti, la teoria di Einstein era stata “gettata alle masse” nello stesso identico modo in cui i “signori dadaisti” promuovevano i loro prodotti, che, come la relatività, ben poco avevano a che fare con l’osservazione della natura. Weyland concludeva dicendo che nessuno doveva sorprendesi, pertanto, della nascita di un movimento per combattere questo “dadaismo scientifico”.

Einstein era presente alla conferenza di Weyland e sembrò tranquillo, anche se in realtà era rimasto fortemente turbato. Ernst Gehrcke parlò dopo Weyland. Anch’egli sostenne che la relatività non era altro che “ipnosi scientifica di massa”, era inconsistente, portava al solipsismo e non era confermata dall’osservazione, ma almeno lo fece senza inveire e infiammarsi. Ad Einstein fu completamente chiaro che i suoi oppositori erano motivati politicamente. Secondo una testimonianza, in sala furono distribuiti opuscoli antisemiti, e secondo un’altra, si vendevano spille con la svastica. Era in vendita anche il libretto anti-relativistico di Lenard che, non stranamente, era previsto come uno dei venti futuri conferenzieri della serie. Weyland era andato a trovare Lenard all’Università di Heidelberg ai primi d’agosto, e la corrispondenza di Lenard rivela che egli era affascinato da questo giovane focoso che “vuole combattere [Einstein] sistematicamente come non-tedesco”. Alla fine, tuttavia, Lenard decise di non farsi troppo coinvolgere da Weyland e la sua conferenza alla Filarmonica di Berlino fu annullata.

Immagine del tentato Putsch di Kapp

L’attacco a Einstein non era affatto un incidente isolato, ma faceva parte di un disegno molto più vasto nella Germania del tempo. La nuova Repubblica di Weimar era in una situazione incerta. Nel marzo 1920, il fallito Putsch del reazionario Kapp aveva tentato di abbattere il governo del socialdemocratico Friedrich Ebert, e aveva dato origine a un’ondata di violenze della destra estrema che nell’estate si indirizzò non solo contro i militanti dell’estrema sinistra, ma più in generale contro i pacifisti e tutti quanti erano accusati di essere “traditori della Germania”. Così, velate minacce di morte furono indirizzate sulla stampa di estrema destra contro il fisico fisiologo e pacifista Georg Friedrich Nicolai (1874-1964). Einstein aveva preso posizione in favore di Nicolai, ma le lezioni di entrambi all’università di Berlino erano state interrotte dagli squadristi.

L’iniziativa contro Einstein alla Filarmonica di Berlino aveva avuto una grande eco sulla stampa berlinese. Il 27 agosto Einstein rispose indignato alla campagna di Weyland nell’articolo sopra citato sul Berliner Tageblatt, dirigendo la sua penna affilata non solo contro Weyland, ma anche contro Gehrcke e Lenard. Circolarono immediatamente voci sulla volontà di Einstein di abbandonare Berlino e la Germania.

Nei giorni successivi giunsero al giornale da tutta la Germania molte lettere di sdegno per la campagna diffamatoria di Weyland e in favore di Einstein, deprecando che la scienza fosse coinvolta in basse manovre politiche e testimoniando che la teoria della relatività godeva del favore della maggioranza della popolazione. Einstein, in quanto “scienziato tedesco”, era invitato a non abbandonare la patria, anche perché la nazione non si trovava nella stessa agitata situazione della capitale.

Einstein aveva pensato di lasciare la Germania perché riteneva che Weyland godesse di un grande sostegno presso i circoli scientifici. Al contrario, molti colleghi gli si strinsero attorno. I giornali di Berlino già avevano riportato dichiarazioni in suo favore da parte di colleghi e amici come il premio Nobel del 1914 Max von Laue. Altri, come Max Planck, gli avevano scritto personalmente per invitarlo a non abbandonare il paese. Paul Ehrenfest, amico stretto di Einstein e professore a Leida, gli assicurò che, in caso di abbandono della Germania, per lui era pronta una cattedra in Olanda. Ehrenfest disse anche che la nota di risposta sul Berliner Tageblatt era stata un errore, così poco einsteniana nello stile da fargli pensare che “quei maiali” erano riusciti a turbarlo profondamente.

Arnold Sommerfeld
Anche Arnold Sommerfeld (1868-1971), presidente della Società Tedesca di Fisica (DPG), scrisse ad Einstein, pregandolo di non “ammainare la bandiera“ e informandolo dei suoi progetti per l’imminente congresso della Società degli Scienziati e Fisici Tedeschi a Bad Nauheim. Egli intendeva chiedere al presidente, il medico internista di Monaco Friedrich von Müller, di prendere posizione contro la demagogia nel suo discorso introduttivo. Inoltre, stava cercando di mediare tra Einstein e Lenard, condizione indispensabile dati gli attriti nella DPG tra i liberali membri di Berlino e coloro che non risiedevano nella capitale, in particolare, oltre a Lenard, gli altri premi Nobel, l’ultranazionalista Johannes Stark, e il conservatore Wilhelm Wien. Il congresso, diceva Sommerfeld, avrebbe dovuto discutere anche di una riforma della Società.

Stark e Lenard erano di estrema destra e decisamente contrari alla Repubblica di Weimar, Wien era assai critico, mentre Einstein era favorevole e in rapporti personali con il Ministro dell’Educazione Konrad Haenisch. Il dibattito sulla riforma della DPG era alimentato sia dalle tensioni tra il centro e la periferia, sia dalle divisioni politiche, rappresentate ai due estremi da Lenard e Einstein.

Einstein prese tempo prima di rispondere agli inviti a rimanere, finché si decise. Haenisch ricevette l’8 settembre la lettera di Einstein che gli comunicava che non lasciava Berlino. A Sommeferld confessò due giorni più tardi che forse sarebbe stato meglio non scrivere la nota sul Berliner Tageblatt, ma egli non aveva voluto dare l’impressione che il suo silenzio fosse considerato come ammissione di colpa. Einstein espresse il suo rammarico anche a Ehrenfest, con la stessa motivazione. Egli era convinto che la campagna contro la relatività stava fallendo e disse che non aveva “alcuna intenzione di ammainare la bandiera”, come Sommerfeld aveva temuto. In effetti, delle venti promesse da Weyland, si tenne una sola altra conferenza alla Filarmonica, il 2 settembre, tenuta dall’ingegnere Ludwig Glaser, mentre il secondo discorso della serata, che doveva essere tenuto dal filosofo Oskar Kraus, era stato annullato. Stava diventando palese a Einstein e ai suoi amici che la Società di Weyland non doveva poi contare su tanti aderenti. Fallì anche il tentativo di coinvolgere nell’iniziativa anti-relativistica l’olandese Willem Julius, un conoscente di Einstein che all’inizio dell’anno aveva presentato un articolo in cui metteva in dubbio le osservazioni del redshift gravitazionale.

L’insuccesso di Weyland non deve tuttavia ingannare sulla reale consistenza del movimento di opinione contro la relatività in Germania. Esso poteva contare, oltre che sugli accademici conservatori che criticavano l’abbandono dell’etere o della natura assoluta del tempo, sui filosofi che trovavano nell’edificio eretto da Einstein troppo poco spazio per le loro prospettive metafisiche, anche su un numero consistente di dilettanti e invasati “scientifici”, che ritenevano di avere una loro soluzione per i misteri dell’universo e consideravano Einstein un rivale. Per questi gruppi, tra i quali erano numerose le persone che, secondo lo spirito del tempo, avevano abbracciato dottrine esoteriche, la politica non era la motivazione fondamentale, anche se poteva diventare uno stimolo alla mobilitazione contro colui che consideravano una minaccia per il loro sistema di pensiero. Come aveva detto Weyland con fini inconfessabili, era stato Einstein ad attaccarli, e non viceversa.

L’esperienza vissuta aveva convinto con ragione Einstein che il pericolo più grande per lui veniva dalla politica. In una lettera del 12 settembre 1920 all’amico e collaboratore Marcel Grossmann, si lamentava della situazione con queste parole: “Il mondo è una gabbia di matti. Al giorno d’oggi, ogni vetturino, ogni cameriere, discute se la teoria della relatività è corretta. L’opinione in proposito dipende dall’affiliazione a un partito politico oppure a un altro”.
La sede del congresso della DPG a Bad Nauheim
La provvisoria serenità del fisico di Ulm sarebbe durata ben poco. Il 20 settembre 1920, il presidente Friedrich von Müller aprì l’86° congresso della Società Tedesca di Fisica a Bad Nauheim e, sebbene criticasse “le assemblee popolari con slogan demagogici” che erano state organizzate contro Einstein a Berlino, egli diede sfogo ai suoi sentimenti fortemente nazionalisti, che furono calorosamente accolti dalla platea. Né fu von Müller il solo ad esprimere le sue opinioni reazionarie. I dibattiti sulla riorganizzazione della DPG, durante i quali si distinse Wien, contribuirono a creare un’atmosfera tesa e decisamente sfavorevole a Einstein.

Nella sua nota pubblicata sulla stampa egli aveva sfidato i suoi oppositori al dibattito in quella sede. E, nei mesi precedenti la campagna organizzata da Weyland contro di lui, aveva proposto di tenere una discussione generale sulla relatività a Bad Nauheim invece di tenervi una lectio. Ora, tuttavia, dopo gli avvenimenti di Berlino, tutti, compresi i giornalisti di tutto il paese, si aspettavano un sensazionale Einsteindebatte. Dalle cinque alle seicento persone affollavano la sala congressi, che era già piena un’ora prima dell’inizio dei lavori, previsto per le nove, e fu difficile poter accogliere i partecipanti di diritto. Il pubblico dovette aspettare almeno altre quattro ore prima che il dibattito vero e proprio iniziasse e che durò soltanto quindici, infuocati minuti.

Principio di equivalenza
Sfortunatamente non esiste un verbale completo del “duello” tra Einstein e Lenard. Non si fece alcuna trascrizione letterale e i resoconti, per quanto abbastanza dettagliati, sono talvolta contraddittori e spesso carenti in più punti. Ad ogni modo, le diverse fonti concordano nel dire che la più importante obiezione mossa da Lenard fu la contestazione che Einstein avesse bisogno di campi gravitazionali fittizi per assicurare la validità del suo principio di equivalenza, secondo il quale un osservatore solidale con una massa in moto non è in grado di distinguere un'accelerazione dovuta a una forza esterna da quella prodotta da un campo gravitazionale. Per illustrare questo principio, Einstein aveva proposto l'esperimento mentale di immaginare un ascensore spaziale che trasporta l'osservatore e altri oggetti. Se l'ascensore è spinto da una forza esterna, l'osservatore e gli oggetti sentiranno un'accelerazione e inizieranno a muoversi verso l'alto o verso il basso. Analogamente, in presenza di un campo gravitazionale fuori dall'ascensore, le loro masse saranno spinte in qualche direzione, esattamente come accade quando sono accelerate da una forza esterna. Dall'interno dell'ascensore, l'osservatore non può stabilire se al di fuori c'è una forza che determina un’accelerazione sui corpi o una massa in quiete che li attrae.

Lenard contrappose il caso di un treno in frenata. Se, secondo il principio di equivalenza, il rallentamento del treno è equivalente all’effetto di qualche campo gravitazionale, allora quali masse avrebbero generato tale campo? Einstein rispose che il campo gravitazionale responsabile del rallentamento del treno è una soluzione perfettamente valida delle equazioni di campo per una certa configurazione di masse distanti, vale a dire per un insieme appropriato di condizioni limite. Lenard replicò che ciò dava una spiegazione di una valida ragione con un argomento puramente formale. Egli riteneva che la relatività violasse la comprensione intuitiva dei fisici, principalmente perché aveva abbandonato il concetto di etere. Einstein allora sottolineò che le intuizioni dei fisici erano sempre cambiate nel corso del tempo.

Bad Nauheim oggi

Alcuni articoli di quotidiani evidenziarono che i punti di vista erano stati scambiati in modo del tutto obiettivo. Un giornalista ritenne persino che una “calma esemplare” era prevalsa durante il dibattito. Malgrado ciò, le tensioni stavano salendo. Paul Weyland era presente, ma mantenne un basso profilo. Einstein e sua moglie Elsa furono profondamenti scossi dalla tensione della polemica: Elsa cadde in una forma di depressione. Il fisico sperimentale viennese Felix Ehrenhaft affermò in seguito che dovette accompagnare per una passeggiata nel parco un Einstein assai scosso dopo la disputa. Più tardi in serata essi non se la sentirono di affrontare la compagnia degli altri fisici.

Sia Einstein che Lenard abbandonarono la conferenza fortemente turbati. Lenard rinunciò alla sua iscrizione alla DPG (e più tardi negò l’ammissione nel suo ufficio all’Università di Heidelberg agli iscritti). Più tardi dichiarò che Einstein era in stretto contatto con Mosca, e che aveva tentato di intimidire gli oppositori della relatività con lettere minatorie. Tutti i tentativi di riconciliazione fallirono e anzi, da quel momento, l’antagonismo di Lenard verso Einstein crebbe fino alla sua scelta nazionalsocialista e all’ideologia razzista della Deutsche Physik.

Dopo gli eventi di quella fine estate, Einstein e il suo gruppo di amici divennero assai attenti alle conseguenze negative del successo e dell’esposizione mediatica. Quando Alexander Moszkowski, il giornalista del paragone con i grandi della fisica, annunciò l’imminente pubblicazione di un libro basato sulle sue conversazioni con Einstein, egli, Max Born e la moglie di questi tentarono senza successo di fermarne l’uscita, perché esso avrebbe potuto ridare fiato alle accuse di Weyland di vergognosa autopromozione.

Tuttavia, a dispetto di tutte le difficoltà, Einstein rimase in Germania, rifiutando le possibilità che gli venivano offerte di trasferirsi all’estero. Lo fece nonostante la pubblicità sui giornali, nonostante le idee reazionarie e nazionaliste della maggioranza degli accademici tedeschi, nonostante l’inflazione galoppante del dopoguerra, nonostante la situazione politica molto incerta e la povertà crescente del paese. Einstein rimase soprattutto perché sentiva intorno a sé il calore degli amici ed estimatori, temendo che una sua partenza fosse considerata come un tradimento. Così scriveva all’amico Marcel Grossmann: “Qui la gente farà ogni tentativo per trattenermi. In parte perché mi vogliono qui per ragioni personali e per il mio prestigio, ma soprattutto perché sono diventato un idolo a causa del clamore della stampa. Ho un ruolo simile a quello delle ossa di un santo nella chiesa di un convento. La mia partenza sarebbe percepita come una battaglia perduta”.

Jeroen van Dongen (2011). Reactionaries and Einstein's Fame: "German Scientists for the
Preservation of Pure Science," Relativity, and the Bad Nauheim Meeting Physics in Perspective, 9 (2007), 212-230 arXiv: 1111.2194v1


Jeroen van Dongen (2011). On Einstein's opponents, and other crackpots Studies in History and Philosophy of Modern Physics, 41 (2010), 78-80 arXiv: 1111.2181v1

7 commenti:

  1. Bellissimo e interessantissimo articolo.

    Solo una piccola osservazione: Nicolai mi risulta fosse un fisiologo, non un fisico.

    Saluti,

    Mauro.

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  2. Mauro: ho corretto, grazie. E' un lapsus calami dovuto alla fretta.

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  3. Un vero e proprio saggio!!!

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  4. Mica mio. Io riporto e traduco i due studi di van Dongen.

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  5. Ma riporti e traduci benissimo ;-)

    Saluti,

    Mauro.

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  6. complimenti per la traduzione.
    sarebbe interessante qualche articolo tradotto dal sito su ArXiv..sui neutrini
    saluti
    Claudio

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  7. Ottimo, da conservare.

    Saluti.
    Claudio

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