lunedì 2 luglio 2012

Il viaggio sentimentale della signora Kurdyukòva



Il Grand Tour, la letteratura di viaggio e la reazione di Sterne 

A partire dalla fine del Seicento e fino all’Ottocento inoltrato, con la sola pausa del periodo della Rivoluzione Francese e delle guerre napoleoniche, con il nome di Grand Tour (introdotto dall’inglese Richard Lassels nel 1670 nel libro Voyage to Italy) si indicò il viaggio di istruzione, intrapreso dai rampolli delle case aristocratiche di tutta Europa, che aveva come fine la formazione del giovane gentiluomo attraverso l’esperienza di genti, tradizioni e culture diverse. Questo viaggio poteva durare da pochi mesi fino ad alcuni anni. Le mete principali erano Francia, Italia e Grecia, ma Il traguardo prediletto e irrinunciabile di tale lungo viaggio era il nostro paese, considerato terra dell’arte e della cultura, ma ambito anche per le sue bellezze naturali e paesaggistiche. 

Gli eredi delle nobili casate europee (inglesi in prevalenza, ma anche francesi, tedeschi, russi) videro ben presto affiancarsi i facoltosi figli della classe borghese in ascesa, che vedevano nel viaggio di istruzione una forma di consacrazione culturale. I giovani che percorrevano le strade italiane erano spesso accompagnati da guide-tutori forniti d'anni e di esperienza, spesso scelti tra gli artisti, i letterati, gli uomini di cultura che, privi di mezzi materiali, erano provvisti del senno e delle conoscenze adatti per guidare i loro giovani signori. 

Il viaggio in Italia spesso si traduceva in una serie di resoconti e opere letterarie, il cui numero è talmente vasto da essere considerato un genere a sé stante, anche se enormemente eterogeneo per stile, forma e temi. Il testo più famoso tra tutti è senz’altro il Viaggio in Italia (Italienische Reise) pubblicato da Goethe in due volumi nel biennio 1816-17, che è il resoconto di un viaggio compiuto dall'autore tra il 1786 e il 1788. 

A metà del Settecento in Inghilterra la travel literature era, dopo i romanzi, il genere letterario di maggiore successo tra il pubblico. La letteratura di viaggio costituiva una parte importante del mercato editoriale: le opere di questo genere erano usate come libri guida per chi aveva intenzione di partire per il continente, ma erano anche diffuse tra chi non aveva i mezzi per farlo ed era comunque curioso di sapere qualcosa del mondo al di là della Manica. Quasi per reazione naturale, soprattutto dopo l’uscita del lamentoso e ipocondriaco Travels through France and Italy di Tobias Smollet (1766), il genere fu oggetto dell’intelligente parodia del Viaggio Sentimentale (A Sentimental Journey through France and Italy) di Laurence Sterne, pubblicato nel 1768, pochi mesi prima della morte dell’autore. 

Sterne stravolse le due norme principali del genere, che doveva in primo luogo descrivere le bellezze naturali e artistiche, le tradizioni e le attività economiche dei luoghi visitati, e in secondo luogo concedere uno spazio minimo all’autore, che doveva parlare il meno possibile di sé e degli effetti del viaggio sulla sua persona, secondo una pretesa di massima oggettività. Al contrario, Yorick, protagonista e alter-ego di Sterne, che compì effettivamente il viaggio descritto, si concentra sui particolari, sulle trivialities, sugli episodi piccoli che tuttavia danno la cifra dei popoli visitati, e, soprattutto, parla continuamente delle sue reazioni durante il viaggio, diventando l’assoluto protagonista delle vicende narrate, talvolta paradossali e volutamente incredibili. Il viaggio sentimentale è così un nuovo tipo di viaggio di formazione, non tanto interessato all’erudizione, quanto all’ampliamento della comprensione della natura umana, che avviene attraverso il contatto con gli altri. Il libro di Sterne ebbe un grande successo in tutta Europa, e fu tradotto in italiano nel 1813 da Ugo Foscolo, che al Viaggio sentimentale si ispirò anche per creare il personaggio di Didimo Chierico, suo alter-ego come Yorick lo era stato di Sterne. 

La signora Kurdyukòva dan l’etranžé


La fama di Yorick raggiunse anche la lontana Russia, come sostiene Cesare G. De Michelis nel breve saggio L’Italia nello specchio deformante della signora Kurdyukòva, contenuto nel volume Il comico nella letteratura italiana. Teorie e poetiche (2005), curato da Silvana Cirillo per Donzelli Editore. L’esame di De Michelis è rivolto al bizzarro poema Sensàcii i zamečanija gospožì Kurdjukòvoj za graniceju, dan l’etranžé, “Sensazioni e osservazioni della signora Kurdyukòva all’estero, dan l’etrangé”, pubblicato tra il 1840 e il 1844 da Ivan Mjatlev, forse il più buffo resoconto di un “viaggio sentimentale” compiuto in Europa e in Italia che sia mai stato scritto. 

Ivan Petrovič Mjatlev (1796-1844) era un poeta, nato da una ricca famiglia aristocratica di San Pietroburgo, che, più che per le sue raccolte di poesie “serie”, è noto proprio per la stravagante descrizione in rima del tour che egli stesso compì tra il 1836 e il 1839 in Germania, Svizzera, Italia e Francia, dopo essere andato in pensione con il prestigioso grado di Consigliere effettivo di Stato. Scritta in un curioso linguaggio che mescola il russo della provincia e un francese maccheronico (dopo l’imperatrice Caterina la Grande, ammiratrice dei Philosophes, che aveva invitato a S. Pietroburgo Voltaire e Diderot, la lingua francese era allora lo strumento comunicativo e di studio dei russi colti e aristocratici), l’opera ha per protagonista una signora della provincia russa, curiosa mescolanza tra una bottegaia e uno Yorick che assomiglia più al clown di Shakespeare che all’omonimo personaggio di Sterne. I moduli di Sterne sono portati al loro estremo: la signora Kurdyukòva si imbatte in ogni genere d’avventura ordinaria, che per lei assume il fascino dell’esotico e del pittoresco, mentre per ogni cosa c’è il suo commento, detto con l’aria di saperla lunga. La satira verso i canoni romantici del resoconto di viaggio non poteva essere più pungente. 

Oggi il poema e il suo autore sono pressoché dimenticati (Wikipedia in russo dedica a Mjatlev una striminzita paginetta), ma grande fu il successo negli ambienti di corte, anche perché l’arguto e salottiero Consigliere era molto bravo a leggere e improvvisare in pubblico versi comici, al punto che la sua casa divenne un ambito salotto mondano e si realizzò anche una versione teatrale con musica della Sensàcii, che fu rappresentata al Teatro Alexandrinsky dell’allora capitale. Le reazioni della critica furono controverse: se vi fu chi parlò di divertente farsa, altri giudicarono il poema eccessivamente prolisso e banale. Penso che l’atout fondamentale dell’opera risiede nel suo linguaggio, tradotto in italiano con maestria da De Michelis nei brani presentati nel suo saggio. Il francese maccheronico, reso secondo la pronuncia e non l’ortografia nella traslitterazione russa (dove il marciapiede è Тротуар, trotuàr), raggiunge i massimi livelli del comico. La signora Kurdyukòva si presenta così al lettore: 

Akulina Kurdyukòv’ 
Rjuss, proviene da Tambòv, 
benestante, proprietér
sono in viaggio pur afér

Già nella prefazione la signora di Tambov rivela un entusiasmo di natura posticcia e libresca, splendidamente stonato rispetto ai canoni della letteratura di viaggio allora di moda anche in Russia: 

In Italia, ovvio, è tutto
pittoresco e interessante. 
Qui bisogna darci sotto 
per descriverlo all’istante. 

Tra gli scopi dichiarati del viaggio c’e la cultura italiana del passato: 

In Italia siamo tosto! 
E voi Tasso, Dante, Ariosto! 
Sembra proprio di sentirvi, 
provo anch’io un’extaz che dirvi, 
vorrei mettermi a cantar! 


Ma anche quella contemporanea, come appare nel capitolo dedicato ai laghi lombardi: 

Con la barca son tornata, 
pei dintorni son passata: 
sempre splendidi peisaži 
monti boschi e che vilaži
Lecco: qui Manzoni ha presi
i modelli per gli Sposi

Manzoni è anche lo spunto per ricordare il Cardinal Borromeo (ma il Federigo dei Promessi Sposi viene confuso con il cugino, San Carlo) con un elogio oltre le righe in uno dei capitoli milanesi: 

Dietro il mètr otèl (cammina) 
C’è una specie di cantina: 
ci son lampade aljumé
s’è San-Carlo Borromé! 
Protettore di Milano, 
fu tal quale un talismano. 
Quivi al tempo della peste 
eran tutti nelle peste. 
Rabbia, odio, agitazione, 
chiasso grande confusione, 
(…) 
Ogni cosa rifiorì! 
Un miracol si compì! 
E così salvò Milano! 
Un romanzo molto strano 
ci ha poi scritto su Manzoni. 


Il viaggio della Kurdyukòva prosegue a Venezia, dove vede Piazza San Marco, le chiese principali, ammira i capolavori di Tiziano e Tintoretto, ma si entusiasma per il caffè Florian, cuore pulsante della vita culturale e mondana della città: 

Io discesi sjur la plas 
ed andai a prandr jun glas 
(…) 
Famosissimo Florian! 
Tutti i popoli d’Orian
turchi, greci, persiani, 
son suoi ospiti, e i villani, 
pagan solo in redevans
Qui a Venezia è l’elegans 
al Florian stare e sorbire 
cioccolato, glas, e udire 
quel che suonan sjur la plas

Al culmine del luogo comune libresco, non perdona ai gondolieri di non cantare le ottave del Tasso, secondo il topos inaugurato da Madame da Staël (sempre meglio di adesso, quando i connazionali della signora Kurdyukòva pretendono dai rematori le canzoni napoletane): 

e dipoi è una fortuna 
passeggiare con la luna, 
fare come il gran poeta: 
la “Blondin’in Gondolèta”

Visitata Firenze e i suoi capolavori artistici e architettonici, naturalmente immune per costituzione dalla sindrome di Stendhal, la Kurdyukòva giunge finalmente a Roma, interessante per il patrimonio artistico e culturale, ma anche sede del papato, verso il quale l’ortodossa signora usa accenti critici che a Cesare G. De Michelis ricordano quelli del Belli: 

Era un popolo potente, 
il romano, ed eminente, 
mentre adesso è molto fiacco: 
ha per capo il pap, un vecchio, 
cappuccini – son legioni, 
anzi interi battaglioni, 
religiosi blanz e nuàr

Il fascino di Città Eterna non lascia tuttavia immune la russa, persino di fronte al centro del cattolicesimo: 

Per vedermi un po’ Sèn Pièr
se matén, senz’antiquèr 
io volevo andar da sola. 
(…)
Che edificio da giganti! 
Come quello di “Kazan’” 
ha due lunghi colonnati 
ai due lati sistemati. 

Qui il talento comico di Mjatlev gioca con l’ignoranza della Kurdyukòva, che non sa che la chiesa della Deipara di Kazan’, a San Pietroburgo, fu costruita a imitazione di San Pietro. Anche le altre chiese di Roma suscitano ammirazione e rispetto, come il patrimonio archeologico, testimone dei fasti della Roma imperiale. Ma quei tempi sono passati, e le rovine sono oramai meta solo di turisti stranieri accompagnati dalle loro guide: 

E la gluàr, dov’è finita? 
I Neroni, i Cincinnati? 
Ciceroni son restati.



8 commenti:

  1. A le la signora ricorda la Santanché. Sicuri che non ci siano legami tra San Pietroburgo e Cuneo?

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  2. Mjatlev aveva anche fatto il militare di carriera. Uomo di mondo qual era, l'avrà fatto a Cuneo.

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  3. La Santanchè preferirei dimenticarla, anzichè ricordarla... ahimè, anche que.
    (ok, ok, la smetto subito 8-))

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  4. E' un po' la signora Cecioni di Franca Valeri ... comunque complimenti davvero perché questi post sono fenomenali.

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  5. margherita spanedda05/07/12, 00:10

    Bello e divertente. complimenti!

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  6. In questo post ti sei superato ! davvero godibilissimo!

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