lunedì 10 settembre 2012

La Stella di Ratner, oltre l'orizzonte della matematica

Ho letto La Stella di Ratner di Don DeLillo (Einaudi, 2011) su consiglio del matematico Roberto Natalini e pensavo di trovare un testo che fosse “matematico” nei contenuti e nella struttura, in modo lineare. Al contrario questo romanzo, scritto nel 1976 e tradotto in italiano solo l’anno scorso, singolare e progressivamente interessante, è un’opera assai complessa, che mescola diversi generi e percorsi narrativi. La Stella di Ratner può essere considerato infatti una meditazione sul rapporto tra scienza e sacro, una storia allegorica della matematica, una biografia del quattordicenne genio matematico Billy Twillig, un romanzo di fantascienza, una riscrittura in chiave moderna dei libri di Alice di Lewis Carroll, una satira della scienza come istituzione, un racconto onirico sui mondi sconosciuti che esistono al di sotto della nostra realtà quotidiana. Anche lo stile è mutevole: a volte esiste un narratore esterno, lo scrittore, a volte è il protagonista che parla in prima persona, a volte ancora è un coro di voci, talvolta dissonante, scritto secondo i canoni del flusso di coscienza. 

Il protagonista è Billy Twillig, l’adolescente, minuto, genio matematico specialista in zorg, inventore del twilligon stellato e dell’elemento twillig nilpotente, concetti tanto elevati e astratti da essere compresi solo da pochi matematici in tutto il mondo, gli stessi che hanno fatto in modo che per lui fosse istituito il premio Nobel per la matematica. Billy incarna il filo conduttore del romanzo, l’unico in grado di dare coerenza a una serie di storie e idee che compaiono, scompaiono e ricompaiono in modo altrimenti indecifrabile (solo a lettura ultimata si colgono le numerose simmetrie, e il gioco estremamente raffinato di incastri di strutture congegnato da DeLillo). Il twilligon stellato è un quadrilatero che rappresenta una struttura profonda, simile a un boomerang, che potrebbe anche avvolgere una tetraktys o essere inscritto in un pentagramma mistico pitagorico. 


Billy deve decifrare un messaggio radio che sembra provenire dallo spazio profondo. Altri hanno fallito dove solo lui potrebbe riuscire. Il messaggio consiste in una serie di impulsi che non può essere casuale e che indica un mittente consapevole, una qualche forma di vita intelligente: 14 – 28 – 57. Che cosa significa il messaggio? La somma degli impulsi dà 101 bit, numero palindromo. Ma i decimali 14, 28 e 57 si ripetono in ordini diversi nei numeri irrazionali ottenuti dividendo per 7 (ad esempio, 1/7 = 0,(142857); 2/7 = 0, (285714)) e anche nel limite superiore dell’approssimazione archimedea di π: 22/7 = 3,(142857). Billy verso la fine si rende conto che i tre numeri possono anche indicare un’istante preciso, alle 14:28’57”, in cui potrebbe succedere qualcosa di importante. Ma in quale giorno? E se fossero tutte strade sbagliate? La sequenza, che giungerà identica una seconda volta, costituisce l’elemento di costante angoscia e disturbo per tutti i personaggi del libro. 

Da dove arriva il messaggio? Da una lontana stella nana di classe G, che poi sembra essere un sistema binario, poi ancora una stella singola in rapida espansione, sul punto di diventare una gigante rossa, chiamata stella di Ratner in onore del suo scopritore. In realtà non può neanche escludere che le onde radio abbiano subito una qualche deviazione lungo il cammino a causa di fenomeni gravitazionali o altro ancora. Chi sono i mittenti o, meglio, chi furono? La zona di provenienza della serie di impulsi sembra posta a decine di milioni di anni-luce. Anche se si riuscisse a decifrare il codice e a inviare una risposta, quando arriverà? Ci sarà ancora qualcuno in grado di riceverla? 

Il racconto è strutturato in due parti distinte. La prima, Avventure, è divisa in dodici episodi che avvengono nel Campo Numero Uno, un’enorme struttura di ricerca posta in punto indeterminato dell’Asia, costruita a forma di cicloide, a sua volta sovrastata da un osservatorio rotante simile a una sfera armillare. Nella struttura convengono scienziati e decine di premi Nobel da tutto il mondo con l’ambizioso progetto, finanziato da cento paesi, di definire e sistematizzare la scienza, che deve dare dignità anche a nuove discipline o ad antichi saperi. Così come l’ambientazione avviene all’interno di una struttura chiusa, piuttosto claustrofobica, lo sviluppo narrativo è chiuso, popolato da strani personaggi, ognuno dei quali rappresenta una distinta specializzazione scientifica, che Billy conosce e con i quali intrattiene discorsi spesso surreali. Le uniche digressioni compaiono nella forma di flashback improvvisi, che portano all’infanzia del ragazzino in un Bronx violento e disperato. In questa parte, che è quella che più da vicino ricorda le avventure di Alice, compaiono anche riflessioni che denunciano lo spirito dei tempi in cui l’opera fu scritta, con il boom delle culture orientali e i tentativi di molti di inquadrare le più recenti scoperte della scienza in un contesto impregnato di misticismo induista, buddista o taoista (erano i tempi del Tao della fisica di Fritjof Capra e dei fisici psichedelici alla Nick Herbert). 

I personaggi incontrati da Billy costituiscono un vero repertorio circense dell’incapacità di comunicare di certa scienza: tutti o quasi interrogano, insegnano, istruiscono, pontificano, vogliono utilizzare il ragazzo come cavia, ma nessuno sembra voler instaurare un dialogo paritario con lui. E, così come molti tra loro soffrono della mancanza di un qualche organo, chi di un braccio, chi addirittura del ventre, la loro menomazione fisica è la menomazione stessa della loro attitudine a rapportarsi con gli altri: in fondo nessuno sa decifrare il messaggio. L’intento satirico e parodistico di DeLillo è evidente. 

Incontriamo così, nella strana galleria, U.F.O. Schwarz, il responsabile del Cervello Spaziale, grasso da far fatica a muoversi dalla sedia; l’astrofisico e matematico Henrik Endor, che, incapace di decifrare il messaggio dei ratneriani (o perché ne ha scoperto il significato?), si è ritirato a vivere in una buca dove si ciba di larve di insetti; Elux Troxl, responsabile di una multinazionale onduregna che vuole controllare la curva monetaria mondiale; il gesuita Armand Verbene, che trova la prova dei piani di Dio nelle secrezioni delle formiche rosse. Nella strana rassegna di personaggi compare anche il matematico, astronomo e ora mistico Shazar Lazarus Ratner, l’uomo che scoprì stella, ormai uno zombie in decomposizione che vive in una capsula asettica, dove è tenuto in vita solo da sofisticate apparecchiature mediche. 

Il personaggio più interessante per gli sviluppi della storia è senza dubbio Orang Mohole*, due volte vincitore della medaglia Cheops Feeley per la fisica alternativa, spacciatore impasticcato, teorizzatore di una relatività più radicale di quella einsteniana, quella dello spazio oscuro-dimensionale, somma totale dei mohole, oggetti vuoti non-dimensionali in cui le leggi della fisica variano a seconda dell’osservatore. Secondo questa teoria, l’universo è un insieme di insiemi vuoti, molto cantoriano. Da Mohole, Billy scopre che lo schema del suo universo è rappresentabile come un twilligon stellato. 
La seconda parte, che non a caso si intitola Riflessi, è simmetrica alla prima. Essa si svolge nell’enorme struttura vuota sotto l’edificio, di cui replica la forma in negativo. Si tratta di un enorme scavo nella roccia, buio e umido, con le pareti perforate da numerose gallerie in cui vivono migliaia di pipistrelli. In fondo allo scavo è stato organizzato un campo di fortuna, dove un gruppo di scienziati decide di isolarsi per realizzare un progetto che ricorda i sogni lulliani o leibniziani di una lingua perfetta: il Logicon, una “struttura logica universale in grado di parlare di se stessa in termini metalogici”, talmente sofisticata da non ammettere contraddizioni interne o equivoci. Il Logicon, che rivoluzionerà il linguaggio delle scienze, sarà anche il solo mezzo con il quale comunicare con i mittenti del misterioso messaggio, una volta interpretato. 

In Riflessi lo stile della scrittura cambia completamente: pensieri, discorsi e vicende si mescolano senza apparente soluzione di continuità, scompaiono l’autore e l’io narrante di Billy, o meglio, entrano in una narrazione corale di tutti i personaggi, al punto che alcuni critici hanno parlato di passaggio dal discreto al continuo. Tutto sembra fluire senza pause, fino alla fine, fino all’emersione di questa corrente eraclitea sotterranea nell’inaspettato finale. 

Accanto al giovane Twillig, che in realtà si rivela in queste pagine piuttosto indolente e depresso fin quasi alla fine, emerge come coprotagonista Robert Hopper Softly, esperto di strutture, il mentore di Billy, colui che ne aveva scoperto anni prima lo straordinario talento e che aveva fatto in modo che il ragazzo fosse coinvolto nei progetti del Campo Numero Uno. Anche Softly soffre di un’anomalia fisica: è un nano quasi albino, leggermente zoppicante, cui la natura ha fornito in cambio uno straordinario membro virile (e in questo l’autore pecca di adesione a uno stereotipo). Softly organizza la missione nel buco, coordina e supervisiona il lavoro degli altri volontari, tra i quali non tutti si occupano della ideazione del Logicon. 

C’è ad esempio l’archeologo sino-americano Maurice Wu, che esplora le caverne e le gallerie dello scavo, piene di pipistrelli, per trovare conferme a una teoria nata dopo alcune scoperte in Cina: “Scavando fino a una certa profondità e oltre, lo sviluppo mentale dell’uomo presenta segni di incremento. Strato dopo strato, gli indizi di una complessità crescente vanno accumulandosi”. Esistevano uomini di capacità intellettuali come le nostre in un tempo remoto, prima che un qualche evento catastrofico o un graduale declino avessero riportato indietro l’evoluzione umana a uno stadio primitivo? Tra i reperti cinesi più antichi c’è una pietra sulla quale con una punta di quarzo era stato inciso questo disegno. Pipistrelli in volo? O altro?  


Verso la fine si viene a sapere che un mohole si comporta come uno specchio verso le radiazioni emesse al suo interno. Gli impulsi attribuiti ai ratneriani potrebbero essere giunti di rimbalzo, come un boomerang, dalle profondità del tempo, da un luogo interno a un mohole. E se il sistema solare, con la Terra e gli altri pianeti fosse dentro un mohole? Lascio al lettore il piacere di scoprire la risposta a queste domande. 

E la matematica? Essa permea il libro, anche quando non è espressamente citata, oppure è solo accennata. La matematica è presente nella Stella di Ratner a molteplici livelli: affiora espressamente nel ricordo delle scoperte dei Sumeri, delle figure di matematici antichi e moderni, nelle considerazioni sui numeri primi o sull’utilità del metodo assiomatico, nel bellissimo ricordo di Archimede. Compare ad esempio in episodi insignificanti come quando Billy, nel bagno dell’aereo che lo sta portando al Campo Numero Uno, si toglie un cerotto che copre una ferita sul pollice, lo getta nel pozzo asettico “immaginando per un attimo che un’identica striscia di plastica stesse affiorando sulla superficie dell’acqua che riempiva un lavandino d’acciaio inossidabile nel bagno di un aereo di linea in volo sopra un punto degli antipodi”. Ciò nonostante, La Stella di Ratner non è un libro matematico o di fiction matematica, ma molto di più. Questo è il suo pregio e il motivo per cui lo consiglio ai miei lettori. 

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(*) Specchio dei tempi anche questo nome. Mohole era il nome di un progetto statunitense dei primi anni ’60 per raggiungere il mantello perforando la crosta terrestre dove è meno spessa, cioè sotto gli oceani, attraversando la discontinuità di Mohorovicic (da cui il nome: Mohole = buco nella Moho). Il progetto, che doveva portare prove ulteriori alla teoria della tettonica a placche, abortì per insormontabili difficoltà tecniche e finanziarie.

6 commenti:

  1. hai acceso in me una curiosita'...

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  2. sono le 2 di notte e m'è venuto in mente che forse c'è un errore nel terno: 14 – 28 – 57 = 99 e non 101
    forse si tratta di 59 e non 57. vorrei certezza entro il pomeriggio perché li gioco ad ambo e terno sulla ruota di Marte.
    :-)


    scritta bene la recensione, letta d'un fiato e mi è rimasta la curiosità. sinceramente di don delillo ho letto un solo romanzo, penso il primo, e non mi è piaciuto. ma chissà, forse questo è proprio bello. oppure è bella solo la recensione? mistero. non resta che leggerlo.

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  3. Olympe, sono 101 perché anche i due 0 tra i numeri sono bit di informazione. Su Marte il 28 non esce da 104 settimane.

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    1. già, "somma degli impulsi", ASINO.
      infatti, mi sembrava strano.
      e allora 28 come ambata, poi dividiamo!!

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  4. Mohole era anche il nome del personaggio che avrebbe dovuto fare da contraltare a Palomar di Calvino.

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  5. mi hai convinto!!!!!!! devo proprio trovarlo (dove????) e leggerlo!!!!!!!

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