A torto si ritiene che la libertà di pensiero sia una conquista recente, almeno per il mondo occidentale. Essa è invece stata sempre presente nell'uomo, anche se, di volta in volta, ha dovuto combattere contro nemici potenti e crudeli: la religione, la dittatura, l’ignoranza. Oggi la libertà di pensiero deve combattere contro un nemico diventato meno visibile e identificabile, sfuggente e pertanto assai pericoloso: il conformismo, moltiplicato dai mezzi di comunicazione di massa e dagli esperti di pubblicità, marketing e propaganda. Da questo punto di vista, il pensiero ribelle o semplicemente eterodosso ha vissuto la sua epoca d’oro non dopo la seconda guerra mondiale o negli anni della contestazione (dove a un conformismo se ne opposero altri), ma nell'epoca a cavallo tra Ottocento e Novecento, quando l’intellettuale, libero da vincoli materiali, o ad essi indifferente, poteva liberare tutto il suo potenziale creativo per indicare agli uomini nuove possibili strade, nuove utopie, provocazioni artistiche o di costume, persino una certa dose di sapiente idiozia, o di imbecillità inconsciamente penetrante.
Così, nell'epoca di Alfred Jarry e della patafisica, di Sorel, del socialismo e dell’anarchia, della scienza che scopriva nuove dimensioni e geometrie diverse, della nascita dell’arte astratta, visse un pensatore che è ora di rimuovere dall'oblio in cui l’hanno rinchiuso il tempo e le sue stesse idee. Si tratta di Gelindo Mario Mazzacurati (1871-1914), nobiluomo e filosofo nato e vissuto a Russi (RA), curiosamente lo stesso luogo natale del misterioso scrittore Elia Spallanzani. Dopo la laurea in Filosofia presso l’Alma Mater e una breve esperienza di insegnamento in un liceo bolognese, il Nostro si ritirò nella sua tenuta dedicandosi solo all'agricoltura e al pensiero.
Mazzacurati pubblicò a proprie spese nel dicembre 1912, proprio cent’anni fa, un libello dal contenuto assai bizzarro, in cui esponeva l’idea che la matematica, ovvero la scienza quantitativa, è il principale errore dell’umanità. Ateo, lettore distratto di Marx e di pensatori teosofici e gnostici come Helena Blavatsky e Fabre des Essarts, egli vedeva nella matematica l'edificio costruito dagli uomini colti, che per lui corrispondevano a quelli ricchi, per assoggettare il popolo ignorante. Egli auspicava una scienza della qualità e non della quantità, scivolando, da socialista quale si riteneva, verso le posizioni di un certo esoterismo allora di moda.
L’opera aveva il significativo titolo di Contro la matematica (1912). In una quarantina di pagine, Mazzacurati sosteneva che la scienza non è più sapienza da quando ha smesso di cercare l’essenza delle cose per ridursi a pura misura, puro calcolo quantitativo:
L’essenza della velocità si prova, direi si vive, su una locomotiva lanciata a bomba contro l’ingiustizia sociale, non certo pensandola come un rapporto tra due altre grandezze.
All’origine della separazione tra scienza ed essenza c’è un distacco ancor più doloroso, quello che ha infranto la solidarietà sociale per creare lo sfruttamento dell’uomo sull'uomo. La classe dominante ha fatto del numero uno degli strumenti per perpetuare il suo dominio.
Senza la proprietà privata non sarebbe nata la misura dei terreni, quindi la geometria. Senza la conta delle sue pecore da parte del pastore non sarebbe nata l’aritmetica. La matematica è scienza borghese e reazionaria per eccellenza e il popolo istintivamente la rifiuta.
Tutto l’edificio matematico costruito sin dai tempi della Grecia classica è pertanto un imbroglio perpetrato dal ricco contro il povero, dal dotto contro l’ignorante:
Il punto e la retta sono inesistenti in natura, pure astrazioni di menti folli per impedire l’osservazione partecipata della realtà così come è. Euclide era un criminale.
Se la Terra è rotonda e i progetti delle case si fanno su un piano, logicamente quelle case prima o poi crolleranno. L’errore di Euclide è stato quello di considerare la realtà piatta come le sue idee.
Invece di costruire quadrati sui cateti e sull'ipotenusa, Archimede [sic] avrebbe fatto bene ad andare a lavorare nella bottega di un fabbro, per provare il sapore salato del proprio sudore sulle labbra.
Non è certo studiando questa matematica, questa scienza, che lo sfruttato potrà affrancarsi da una schiavitù che è più morale che materiale, di cui soffre persino il suo sfruttatore. Anche quest’ultimo è vittima dell’imbroglio millenario perpetrato dai suoi avi e vive talmente immerso nella sua costruzione artificiale da non poter più essere in grado di cogliere la realtà essenziale. Chi conta e chi misura si separa dall'oggetto che vuole conoscere, rinunciando all'osservazione partecipata della natura. L’astrazione tipica della matematica non è lontana dall'alienazione dell’uomo di fronte al suo proprio lavoro di cui parlava Marx:
Astrarre vuol dire portare verso gli astri, dimenticando che noi viviamo sulla Terra, con i piedi piantati su terra e roccia, le uniche cose che ci sorreggono. Lasciamo che degli astri si occupino gli astronomi: quaggiù abbiamo il problema di nutrirci, coprirci e avere un tetto.
Che cosa deve fare dunque l’uomo di fronte alla sofferenza che nasce dalla separazione tra lui e le cose? Per Mazzacurati bisogna smettere di pensare in termini quantitativi, distruggere la matematica e tornare alla solidarietà primordiale, alla vera e propria qualità che è l’essenza della conoscenza e della felicità:
Isidoro di Siviglia diceva che la parola numero deriva da “nummus”, il denaro. Si tratta di un’etimologia fantasiosa, ma che rende l’idea di come il numero sia la causa prima della mercificazione delle nostre vite.
Come si può raggiungere tale stato? Non certo attraverso la via democratica. Il potere degli sfruttatori e del numero è troppo pervasivo per poter essere abbattuto con il confronto delle idee, anche perché:
Le elezioni borghesi presumono una conta, cioè un imbroglio. I numeri non sono in grado di esprimere la qualità delle idee.
Contro la matematica si conclude perciò con un appello rivoluzionario in forma di poesia:
Compagni dai campi
E dalle officine
Prendete la falce
E portate il martello,
Spaccate il compasso:
È tutto un tranello.
A morte le cifre,
uccidete il teorema.
Non sappiamo quante copie di Contro la matematica furono stampate, né quante circolarono effettivamente. Forse la Grande Guerra e i grandi fatti storici che le succedettero accelerarono il suo oblio. Di certo il suo pensiero merita di essere rivalutato.
"locomotiva lanciata a bomba contro l’ingiustizia" ? Ma và?
RispondiEliminaSingolare, il Gelindo. Thanks Pop.
Sapete, Contessa, che cosa vi dico?
RispondiEliminaSingolare? Lungimirante, il Gelindo!
Con un secolo d'anticipo aveva già previsto i guai che avrebbe portato agli ellenici aver voluto dare a una semplice lettera come la P, un valore numerico, per di più con un visibilio di cifre sparate una dietro l'altra alla rinfusa. Guardate, per confronto, come se la gode la Merkel, per la quale P è solo l'iniziale di Panzer.
E quel bischero Archimede cosa s'era messo a giocare con i quadrati dei cateti costruiti da Pitagora?
E, a proposito, quell'altro bischero di Pitagora, se s'era messo a contemplare i triangoli, perché poi confondeva i suoi discepoli tirando fuori dal cilindro i quadrati?
Una domanda finale: "religione, dittatura, ignoranza" non sono tre sinonimi?
F.Nonimo
Sì, sono sinonimi. Ti si accorto/a che Mazzacurati ha attribuito il teorema di Pitagora ad Archimede. Non è il solo errore, ma l'essenza delle cose qualitativa può prescindere dal numero e dalla precisione.
RispondiEliminaQuindi, prescindendo, e parafrasando il fatto che i quattro evangelisti erano tre, Luca e Matteo, possiamo affermare che i sinonimi fra "religione", "dittatura" e "ignoranza" sono due: "religione".
RispondiEliminaF.Nonimo
Ho come l'impressione che stavolta ti sei inventato tutto, vero Pop?
RispondiEliminaMi correggo, anche questo è un esperimento di patafisica, credo.
RispondiEliminaSì. Mi piace tanto fare il verso ai folli letterari e inventarne di nuovi!
RispondiEliminaGiuro, confesso. C'ero cascato. Ma "lanciata a bomba contro" mi ha aperto gli occhi. Per il resto, sono flabbergasted e in awe
RispondiEliminasì, ammetto che anche per me c'è voluta la citazione gucciniana...
EliminaSapete cosa? Chissà quante volte ci avrà fregato. Ora mi scorro tutti i post degli ultimi due anni in cerca di magagne.
RispondiEliminaSono onesto: per le balle c'è l'accoppiata di etichette: Popinga e racconti.
RispondiEliminaLe etichette! Ecco la chiave! Vabbè, tanto per me sei un super blogger sia quando crei che quando divulghi.
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