lunedì 27 dicembre 2021

George Price e la matematica della selezione naturale


 

Per Darwin, la selezione naturale è un processo lungo e complesso che coinvolge molteplici cause interconnesse. La selezione naturale richiede variazioni in una popolazione di organismi. Perché il processo funzioni, almeno parte di quella variazione deve essere ereditabile e trasmessa in qualche modo ai discendenti degli organismi. Su tale variazione agisce la lotta per l'esistenza, un processo che in effetti “seleziona” le variazioni favorevoli alla sopravvivenza e alla riproduzione dei loro portatori. Proprio come gli allevatori scelgono quale dei loro animali si riprodurranno e quindi creeranno le varie razze di cani domestici, piccioni e bovini, la natura effettivamente "seleziona" quali animali si riprodurranno e crea un cambiamento evolutivo proprio come fanno gli allevatori. Tale “selezione” per natura, la selezione naturale, avviene come risultato della lotta per l'esistenza e, nel caso delle popolazioni con riproduzione sessuata, della lotta per le opportunità di accoppiamento. Quella lotta è essa stessa il risultato dei controlli sull'aumento geometrico della popolazione che si verificherebbe in assenza dei controlli. Tutte le popolazioni aumentano di numero in assenza dei limiti alla crescita imposti dalla natura. Questi controlli assumono forme diverse in popolazioni diverse. Tali limitazioni possono assumere la forma di scorte di cibo limitate, siti di nidificazione limitati, predazione, malattie, condizioni climatiche avverse e molto altro ancora. In un modo o nell'altro, solo alcuni dei riproduttori nelle popolazioni naturali si riproducono effettivamente, spesso perché altri semplicemente muoiono prima della maturità. A causa delle variazioni tra i riproduttori potenziali, alcuni hanno maggiori possibilità di inserirsi nel gruppo di riproduttori effettivi rispetto ad altri. Se tali variazioni sono ereditabili, è probabile che la progenie di quelli con i tratti "più adatti" produca molti altri discendenti. Per usare uno degli esempi di Darwin, i lupi con zampe particolarmente lunghe che consentono loro di correre più velocemente avranno maggiori probabilità di catturare prede e quindi evitare la fame e quindi produrre prole con zampe più lunghe che gli consente, a sua volta, di riprodursi e generare discendenti con zampe più lunghe e così via. Per mezzo di questo processo iterativo, un tratto favorevole alla riproduzione che si trova inizialmente in uno o pochi membri della popolazione si diffonderà attraverso la popolazione.

 

Le molteplici fasi del processo di Darwin che coinvolgono tratti diversi, agendo in sequenza o in concerto, possono quindi spiegare sia come la speciazione sia l'evoluzione di adattamenti complessi avvengono attraverso l'evoluzione graduale (cambiamento nel tempo) delle popolazioni naturali. Darwin mirava a convincere il suo pubblico che anche strutture complicate come l'occhio dei vertebrati, che a prima vista sembrano spiegabili solo come il prodotto di un progetto, potrebbero invece essere giustificate con una evoluzione incrementale, un processo complesso ma ancora naturale. Quella che inizialmente è una chiazza fotosensibile può trasformarsi in un occhio attraverso moltissimi momenti di selezione che progressivamente ne migliorano e ne accrescono la sensibilità. Mostrare che qualcosa è spiegabile è molto diverso dallo spiegarlo, tuttavia, una teoria deve essere esplicativa per svolgere entrambi i compiti. Dopo Darwin, la comparsa di nuove specie nella documentazione geologica e l'esistenza di adattamenti che sembrano frutto di progetti non possono essere utilizzati come motivi per invocare cause soprannaturali come ultima risorsa esplicativa.

 

I teorici hanno sviluppato approcci formali e quantitativi per modellare i processi descritti da Darwin (con buona pace degli “scienziati di dio” che si ostinano a chiedere una “formula globale dell’evoluzione”, che non può avere carattere predittivo dati gli enormi lassi di tempo coinvolti). Uno dei primi approcci di tipo mirato fu senza dubbio quello che George Price fornì in un articolo di due sole pagine su Nature nel 1970 intitolato Selection and Covariance.

 

George Price (1922-1975) era uno scienziato americano la cui breve ma produttiva carriera come teorico dell'evoluzione tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70 è uno degli episodi più affascinanti della storia della disciplina. Price si formò come chimico e aveva lavorato al Progetto Manhattan, poi all’IBM, prima di diventare uno divulgatore di scienze con alcuni articoli su Science. Autofinanziato da un grande rimborso assicurativo dopo un'operazione medica fallita per un tumore alla tiroide, si trasferì a Londra alla fine del 1967 e iniziò a imparare da solo le basi della teoria evoluzionistica, lavorando prima nelle biblioteche e poi al Galton Laboratory presso l'University College di Londra.

 

Portando una nuova prospettiva alla disciplina, Price scoprì un approccio completamente nuovo alla genetica delle popolazioni e la base per una teoria generale della selezione: l'equazione di Price. Essa è utilizzata in diverse aree chiave della teoria dell'evoluzione e sta iniziando a chiarire questioni difficili in altre discipline.

 

L'equazione di Price è una equazione sul cambiamento: è un teorema matematico vero e proprio, di cui egli fornì la dimostrazione (che qui non trattiamo). Nella sua formulazione abituale, descrive come il valore medio di qualsiasi carattere fenotipico - peso corporeo, dimensioni delle corna, propensione all'altruismo - cambia in una popolazione biologica da una generazione all'altra. Essa rappresenta l'estensione dell'evoluzione in un sistema rispetto a un dato carattere attraverso una singola generazione utilizzando funzioni statistiche. Price indicò il valore del carattere dell'individuo come z, il numero dei suoi figli come w e la discrepanza tra i valori dei suoi caratteri e quelli della sua prole come ∆z, e mostrò che il cambiamento nel valore medio della popolazione del carattere tra le generazioni dei genitori e dei figli vale:

 

WΔZ = cov(wi,zi) + E(wiΔzi)        (1)

 

dove:

 

W è il numero medio di figli (offspring) prodotti dai membri della popolazione;

 

∆Z è la variazione del valore medio del carattere nella popolazione;

 

cov è la covarianza, cioè il valore numerico che fornisce una misura di quanto due variabili statistiche varino assieme, ovvero dipendano reciprocamente; 

 

wi indica il numero della prole prodotta dall’ i-esimo membro della popolazione (la sua fitness, il successo riproduttivo);

 

zi indica il valore del carattere nell'i-esimo membro della popolazione;

 

E è il valore atteso, cioè il numero che formalizza l'idea di valore medio di un fenomeno statistico. In generale il valore atteso di una variabile discreta è dato dalla somma dei possibili valori di tale variabile, ciascuno moltiplicato per la probabilità di essere assunto (ossia di verificarsi), quindi è la media ponderata dei possibili risultati. 

 

Nell'equazione di Price, la selezione è associata alla prima quantità di destra, mentre la seconda rappresenta la distorsione di trasmissione. La prima parte è il cambiamento ascrivibile all'azione della selezione, e ciò assume la forma di una covarianza statistica tra i valori dei caratteri degli individui (zi) e il loro successo riproduttivo relativo (wi). Ad esempio, se gli individui con valori più grandi del carattere di interesse tendono ad avere più figli, allora la covarianza è positiva e la selezione agisce per aumentare il valore medio del carattere della popolazione. Il secondo termine a destra assume la forma di un'aspettativa E, che descrive come la prole differisce dai suoi genitori, che è il cambiamento dovuto alla trasmissione. Se i figli sono copie identiche dei loro genitori, allora l'effetto di trasmissione è zero e la selezione è l'unico fattore coinvolto nell'evoluzione del carattere. Tuttavia, la prole sarà spesso diversa dai genitori, forse a causa di una mutazione, o perché i loro geni sono combinati in un modo nuovo, o a causa di un cambiamento nel loro ambiente fisico, biologico o culturale, e in questo caso l'effetto di trasmissione non è nullo.

 

Sebbene l'equazione di Price sia stata introdotta utilizzando la terminologia biologica, essa si applica a qualsiasi gruppo di entità che subisce una trasformazione. Ma, nonostante la sua vasta generalità, ha qualcosa di interessante da dire. Separa e impacchetta ordinatamente il cambiamento dovuto alla selezione rispetto alla trasmissione, dando una definizione esplicita per ogni effetto e, così facendo, fornisce le basi per una teoria generale della selezione naturale. In una lettera a un amico, Price spiegò che la sua equazione descrive la selezione delle stazioni radio con la rotazione di una manopola con la stessa facilità con cui descrive l'evoluzione biologica.

 

L'equazione di Price è un risultato molto generale, a causa del modo in cui segue direttamente dalle definizioni e quindi è relativamente priva di ipotesi limitanti la generalità. L'equazione emerge dalla riorganizzazione della notazione piuttosto che, diciamo, dalle leggi fisiche; quindi, non è una previsione del cambiamento che avviene tra i due aggregati, ma piuttosto un'identità matematica che mostra un modo in cui tale cambiamento può essere espresso. Per la sua generalità e semplicità, l'equazione di Price è stata utilizzata per rappresentare processi fondamentali nell'evoluzione e, come meta-modello, consente di tracciare confronti e contrasti tra diversi modelli e metodologie. In quanto tale, è un importante aiuto concettuale che ha portato alla scoperta di connessioni inaspettate tra diversi corpi teorici, ha risolto controversie di lunga data e ha contribuito a risolvere alcune confusioni semantiche.

 

L'equazione di Price è stata applicata più frequentemente all'evoluzione biologica e l'equazione (1) sembra catturare l'idea darwiniana della "sopravvivenza del più adatto". Effetti di trasmissione a parte, la selezione opera per favorire quei caratteri che sono positivamente correlati con il successo riproduttivo individuale. Tuttavia, la moderna teoria della selezione naturale è inquadrata in termini di cambiamenti nelle frequenze geniche, e Price ha formulato ciò concentrandosi sulla componente genetica additiva (g) del carattere, piuttosto che sull'effettivo valore fenotipico (z). Scartando il cambiamento genetico dovuto alla trasmissione, l'equazione di Price può essere utilizzata per fornire un enunciato formale della selezione naturale:

 

WΔg = cov(wi,gi) = βwi,gi var(g)     (2)

 

dove:

 

∆g è la variazione del valore medio della componente genetica additiva nella popolazione;

 

gi denota il valore della componente genetica additiva dell'i-esimo membro della popolazione;

 

β è il coefficiente angolare della retta di regressione delle variabili wi,gi

 

var indica la varianza, cioè la funzione che fornisce una misura della variabilità dei valori assunti dalla variabile stessa; nello specifico, la misura di quanto essi si discostano quadraticamente dalla media aritmetica o dal valore atteso E. 

 

Price trovava illuminante esprimere la selezione naturale come un prodotto dei suoi fattori componenti: la regressione (pendenza) del successo riproduttivo relativo rispetto al valore genetico dell'individuo (βwi,gi); e la variazione genetica nella popolazione (var(g)). Ciò mette in evidenza il fatto che la selezione naturale opera quando vi sono differenze ereditarie tra gli individui rispetto a qualche carattere correlato al successo riproduttivo. Inoltre, poiché le varianze non sono mai negative, qualsiasi risposta alla selezione naturale deve essere nella direzione di un aumento del successo riproduttivo (avente lo stesso segno di βwi,gi). L'equazione di Price coglie quindi l'effetto migliorativo (nel senso di adattamento) che la selezione naturale ha sulle popolazioni biologiche.

 

Darwin sosteneva che poiché la selezione naturale fa sì che quei caratteri che migliorano l'idoneità individuale si accumulino nelle popolazioni biologiche, gli organismi appariranno di conseguenza come se fossero progettati per massimizzare la loro idoneità. Questa ambiguità apparente tra disegno e azione rende la biologia unica tra le scienze naturali, ed è la ragione per cui la letteratura evoluzionista abbonda di linguaggio intenzionale: egoismo, strategie, conflitti di interesse. Ma la questione di questa apparenza quasi magica di capacità di intervento sul reale è stata a lungo trascurata dai genetisti della popolazione, che hanno avuto la tendenza a oscurare il ruolo del singolo organismo concentrandosi invece su geni e genotipi. L'equazione di Price, al contrario, mette in evidenza l'individuo e la sua fitness e collega questo ai cambiamenti nella frequenza genica. Per questo motivo, il teorico evoluzionista Alan Grafen ha utilizzato l'equazione di Price per stabilire collegamenti matematici tra la genetica delle popolazioni e la teoria dell'ottimizzazione, che giustificano formalmente la visione dei singoli organismi come agenti economici che massimizzano la fitness. Catturando sia il processo che lo scopo dell'adattamento, l'equazione di Price è un buon approccio alle basi matematiche del darwinismo.

 

Darwin sosteneva che gli individui sono incoraggiati a comportarsi in modo da migliorare il loro successo riproduttivo personale. Tuttavia, il comportamento altruistico è comune nel mondo naturale, e questo è difficile da conciliare con "la sopravvivenza del più adatto". Riconoscendo questo problema, Darwin spiegò come alcuni caratteri potrebbero essere favoriti perché migliorano il successo riproduttivo dei propri consanguinei (selezione parentale), oppure perché forniscono un beneficio complessivo al gruppo sociale (selezione di gruppo). 

 

Come ha scritto Oren Harman nella biografia di Price intitolata The Price of Altruism (2010), “perché le amebe costruiscono steli dai loro stessi corpi, sacrificandosi nel processo, in modo che alcune possano arrampicarsi ed essere portate via dalla carestia all'abbondanza sulle gambe di un insetto innocente o sulle ali di un vento propizio? Perché i pipistrelli vampiri condividono il sangue, bocca a bocca, alla fine di una notte di preda con i membri della colonia che hanno avuto meno successo nella caccia? Perché le gazzelle sentinella saltano su e giù quando un leone viene avvistato, mettendosi in modo precario tra il branco e il cacciatore affamato? E cosa ha a che fare tutto questo con la moralità negli esseri umani: c'è, infatti, un'origine naturale per i nostri atti di gentilezza? Le virtù delle amebe, dei pipistrelli, delle gazzelle e degli umani provengono dallo stesso luogo?

 

L'altruismo era un enigma. Si opponeva apertamente ai fondamenti della teoria, un'anomala spina nel fianco di Darwin. Se la Natura era sanguinante nei denti e negli artigli [come aveva scritto Tennyson], una battaglia spietata combattuta ferocemente sotto le onde e attraverso i cieli e nei deserti e nelle giungle, come potrebbe essere selezionato un comportamento che riducesse la fitness? Sopravvivenza del più adatto o sopravvivenza del più generoso: era un enigma che i darwiniani avrebbero dovuto risolvere. E così, partendo da Darwin, è iniziata la ricerca per risolvere il mistero dell'altruismo”.

 


Oggi, l'equazione di Price fornisce il fondamento formale sia della selezione parentale che delle teorie della selezione di gruppo, e ha chiarito che queste non sono ipotesi in competizione, ma piuttosto due modi diversi di guardare allo stesso processo evolutivo.

 

L'approccio della selezione parentale, sviluppato da Bill Hamilton negli anni '60, ritiene che un gene possa essere favorito dalla selezione naturale aumentando il successo riproduttivo del suo portatore e anche aumentando il successo riproduttivo di altri individui portatori dello stesso gene. Tutto ciò che conta è che il gene porti avanti copie di sé stesso nelle generazioni future: da dove provengono queste copie è irrilevante. La condizione per cui un comportamento altruistico è favorito dalla selezione, chiamata regola di Hamilton, è 

 

rb > c

 

dove c è il costo di fitness per l'attore, b è il beneficio di fitness per il destinatario, r è la relazione genetica tra attore e destinatario. Pertanto, l'altruismo è favorito a condizione che l'attore e il destinatario siano parenti sufficientemente stretti. La quantità rb – c è stata definita l'effetto di "idoneità inclusiva" del comportamento e descrive l'impatto dell'attore sul successo riproduttivo di tutti i suoi parenti (incluso sé stesso), ponderato dalla parentela genetica di ciascuno. È l'idoneità inclusiva, piuttosto che il successo riproduttivo personale dell'attore, a essere massimizzata dalla selezione naturale. 

 

Hamilton dimostrò matematicamente che era possibile che l'altruismo si evolvesse come tratto finché i benefici degli atti altruistici cadevano su individui che erano geneticamente imparentati con il donatore. In altre parole, sarebbe vantaggioso per un animale lanciare un grido d'allarme, e quindi mettersi in pericolo, per avvertire un gruppo di parenti, poiché anche i suoi parenti portano copie dei suoi geni. La regola di Hamilton è stata originariamente sviluppata utilizzando un modello genetico di popolazione semplificato che faceva ipotesi piuttosto restrittive ed è stata a lungo criticata dai genetisti della popolazione come inesatta ed euristica. Tuttavia, Hamilton in seguito ha fornito una prova molto più precisa della regola utilizzando l'equazione di Price, chiarendo la definizione dei termini e dimostrando la generalità della regola. Molti sviluppi successivi della teoria della selezione parentale hanno anche utilizzato l'equazione di Price come base.

 

Una visione alternativa dell'evoluzione sociale suggerisce che la selezione che opera per favorire un gruppo sociale rispetto a un altro può contrastare la selezione che opera all'interno dei gruppi sociali, così che i comportamenti che danno agli individui uno svantaggio rispetto alle loro parti sociali possono evolvere attraverso la selezione di gruppo. Tali idee erano piuttosto confuse fino a quando Price, e più tardi Hamilton, mostrarono che l'equazione di Price può essere espansa per comprendere più livelli di selezione che agiscono simultaneamente. Ciò consente di definire e separare esplicitamente la selezione ai vari livelli e fornisce la base formale della teoria della selezione di gruppo. È importante sottolineare che consente la quantificazione di queste forze separate e fornisce previsioni precise su quando sarà favorito il comportamento vantaggioso per il gruppo. Si scopre che queste previsioni sono sempre coerenti con la regola di Hamilton. Inoltre, poiché la selezione parentale e la teoria della selezione di gruppo sono entrambe basate sulla stessa equazione di Price, è facile dimostrare che i due approcci sono matematicamente equivalenti, e sono semplicemente modi alternativi di suddividere la selezione totale operando sul carattere sociale. Indipendentemente dall'approccio adottato, ci si aspetta che i singoli organismi massimizzino la loro idoneità inclusiva, sebbene questo risultato segua più facilmente da un'analisi di selezione parentale, poiché rende più esplicito l'elemento chiave della relazione.

 

È un fatto storico che ha portato l'equazione di Price ad essere associata alla teoria evoluzionistica, e negli ultimi anni l'equazione ha iniziato a fare la sua comparsa all'interno di altre discipline. I biologi Troy Day e Sylvain Gandon hanno recentemente applicato l'equazione di Price all'epidemiologia, nel contesto dell'evoluzione della virulenza dei parassiti, compreso il virus SARS-CoV-2 (The Price equation and evolutionary epidemiology, 2020). In questo campo è stata utile per concettualizzare e approfondire la comprensione dei risultati teorici esistenti. Essa fornisce anche una via per una migliore comprensione delle corse co-evolutive “agli armamenti” dei parassiti e dei loro ospiti, in cui la selezione naturale porta al miglioramento di una specie, che viene controbilanciato da qualsiasi miglioramento (naturale o indotto dall’esterno, ad esempio dai vaccini) nel suo nemico. Il risultato netto di queste forze può essere difficile da capire quando vengono prese insieme, ma l'equazione di Price fornisce un mezzo per separarle in modo che possano essere considerate e comprese isolatamente.

 

Nella letteratura ecologica, l'equazione di Price ha fornito approfondimenti sull'impatto delle estinzioni locali sulla produttività della comunità. C'è qualche controversia sul fatto che la ricchezza di specie di per sé sia importante, in particolare quando la ridondanza nella funzione significa che nicchie vuote possono essere occupate da altre specie che sono già presenti nella comunità. Il biologo evolutivo ed ecologo dell’Università di Calgary Jeremy Fox, fondatore della “ecologia dinamica”, ha utilizzato l'equazione di Price per separare i vari fattori causali che possono dare origine a effetti sulla produttività della comunità e per fornire un meta-modello che generalizza e consente facili confronti tra i modelli piuttosto complicati e restrittivi che sono stati ideati per affrontare questo problema. Fox ritiene infatti che l’ecologia sia una scienza soprattutto quantitativa.

 

Dopo lo sviluppo della sua equazione, Price continuò a dare altri importanti contributi alla teoria dell'evoluzione. Il primo di questi era quello di dimostrare formalmente e fornire un'interpretazione per il cosiddetto teorema fondamentale della selezione naturale che il genetista e statistico britannico Ronald Fisher aveva presentato in The Genetical Theory of Natural Selection (1930), un risultato che aveva lasciato perplessi i genetisti delle popolazioni per decenni. Il teorema afferma che, in presenza di selezione naturale, la fitness media di una popolazione tende ad aumentare. Fisher affermò che essa coglieva l'azione direzionale e migliorativa della selezione naturale come costruttore di adattamenti dell'organismo. Price dimostrò che il teorema di Fisher era un risultato parziale, una descrizione dell'azione dell'effetto della selezione naturale con l’eliminazione di tutti gli altri effetti evolutivi, e dimostrò il teorema utilizzando la sua equazione. 

 

Il contributo finale di Price è stata la prima esplicita applicazione della teoria dei giochi alla biologia evolutiva, in un fondamentale articolo scritto insieme al biologo inglese John Maynard Smith intitolato The Logic of Animal Conflict (1973), che è considerato come uno degli sviluppi più importanti della teoria dell'evoluzione e ha lanciato un programma di ricerca di grande successo. È Maynard Smith a cui di solito viene attribuita questa svolta, e in effetti ha svolto il ruolo principale nel suo sviluppo. Ma l'idea era nata con Price, in un manoscritto inedito che Maynard Smith aveva recensito per Nature.

 

Quando due maschi si affrontano, in competizione per una compagna o per un territorio, possono comportarsi come "falchi" - combattendo fino a quando uno viene ferito, mutilato, ucciso o fugge - o come "colombe" - posando un po' ma andandosene prima che avvenga un danno grave. Nessuno dei due tipi di comportamento, a quanto pare, è ideale per la sopravvivenza: una specie contenente solo falchi avrebbe un alto tasso di mortalità; una specie contenente solo colombe sarebbe vulnerabile a un'invasione di falchi o a una mutazione che produce falchi, perché il tasso di crescita della popolazione dei falchi competitivi sarebbe inizialmente molto più alto di quello delle colombe.

 

Pertanto, una specie con maschi costituiti esclusivamente da falchi o da colombe è vulnerabile. Maynard Smith mostrò che un terzo tipo di comportamento maschile, che chiamò "borghese", sarebbe più stabile di quello dei falchi o delle colombe. Un maschio “borghese” può agire sia come un falco che come una colomba, a seconda di alcuni segnali esterni; per esempio, può combattere tenacemente quando incontra un rivale nel proprio territorio, ma cedere quando incontra lo stesso rivale altrove. In effetti, gli animali “borghesi” sottopongono il loro conflitto all'arbitrato esterno per evitare una lotta prolungata e reciprocamente distruttiva. Naturalmente in questa applicazione della teoria dei giochi la domanda non è quale strategia sceglie un giocatore razionale (non si presume che gli animali facciano scelte consapevoli, sebbene i loro tipi possano cambiare attraverso la mutazione), ma quali combinazioni di tipi siano stabili e quindi suscettibili di evolversi.

 


L'incapacità di Price di concentrarsi sulla pubblicazione delle sue intuizioni teoriche era dovuta a un'improvvisa esperienza religiosa il 6 giugno del 1970 e a un cambiamento di priorità nella sua vita. Non si sa cosa in particolare abbia portato Price, un ex ateo intransigente, a percorrere questa strada, sebbene abbia menzionato ad Hamilton che una serie di coincidenze lo aveva convinto dell’esistenza di Dio. Arrivò a considerare la sua equazione come un dono divino e, adottando un'interpretazione molto letterale del Nuovo Testamento, rinunciò alla scienza per dedicare la sua vita ad aiutare gli altri (Telmo Pievani ha detto che il suo fu quasi un esperimento su sé stesso per provare la propensione evolutiva all’altruismo). Ospitò i senzatetto nel suo appartamento e donò tutti i suoi soldi e beni ai poveri e ai bisognosi di North London, e la sua vita andò fuori controllo. Sfrattato dalla sua casa, divenne profondamente depresso poco dopo il Natale del 1974, e la mattina del 6 gennaio 1975 fu trovato morto in un appartamento occupato vicino a Soho Square. Si era tagliato la gola con delle forbici. È sepolto in una tomba anonima nel cimitero di St. Pancras, dove un cippo lo ricorda.




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