Per Darwin, la selezione naturale è un
processo lungo e complesso che coinvolge molteplici cause interconnesse. La
selezione naturale richiede variazioni in una popolazione di organismi. Perché
il processo funzioni, almeno parte di quella variazione deve essere ereditabile
e trasmessa in qualche modo ai discendenti degli organismi. Su tale variazione
agisce la lotta per l'esistenza, un processo che in effetti “seleziona” le
variazioni favorevoli alla sopravvivenza e alla riproduzione dei loro
portatori. Proprio come gli allevatori scelgono quale dei loro animali si
riprodurranno e quindi creeranno le varie razze di cani domestici, piccioni e
bovini, la natura effettivamente "seleziona" quali animali si
riprodurranno e crea un cambiamento evolutivo proprio come fanno gli
allevatori. Tale “selezione” per natura, la selezione naturale, avviene come
risultato della lotta per l'esistenza e, nel caso delle popolazioni con
riproduzione sessuata, della lotta per le opportunità di accoppiamento. Quella
lotta è essa stessa il risultato dei controlli sull'aumento geometrico della
popolazione che si verificherebbe in assenza dei controlli. Tutte le
popolazioni aumentano di numero in assenza dei limiti alla crescita imposti
dalla natura. Questi controlli assumono forme diverse in popolazioni diverse.
Tali limitazioni possono assumere la forma di scorte di cibo limitate, siti di
nidificazione limitati, predazione, malattie, condizioni climatiche avverse e
molto altro ancora. In un modo o nell'altro, solo alcuni dei riproduttori nelle
popolazioni naturali si riproducono effettivamente, spesso perché altri
semplicemente muoiono prima della maturità. A causa delle variazioni tra i
riproduttori potenziali, alcuni hanno maggiori possibilità di inserirsi nel
gruppo di riproduttori effettivi rispetto ad altri. Se tali variazioni sono
ereditabili, è probabile che la progenie di quelli con i tratti "più
adatti" produca molti altri discendenti. Per usare uno degli esempi di
Darwin, i lupi con zampe particolarmente lunghe che consentono loro di correre
più velocemente avranno maggiori probabilità di catturare prede e quindi
evitare la fame e quindi produrre prole con zampe più lunghe che gli consente,
a sua volta, di riprodursi e generare discendenti con zampe più lunghe e così
via. Per mezzo di questo processo iterativo, un tratto favorevole alla
riproduzione che si trova inizialmente in uno o pochi membri della popolazione
si diffonderà attraverso la popolazione.
Le molteplici fasi del processo di
Darwin che coinvolgono tratti diversi, agendo in sequenza o in concerto,
possono quindi spiegare sia come la speciazione sia l'evoluzione di adattamenti
complessi avvengono attraverso l'evoluzione graduale (cambiamento nel tempo)
delle popolazioni naturali. Darwin mirava a convincere il suo pubblico che
anche strutture complicate come l'occhio dei vertebrati, che a prima vista
sembrano spiegabili solo come il prodotto di un progetto, potrebbero invece
essere giustificate con una evoluzione incrementale, un processo complesso ma
ancora naturale. Quella che inizialmente è una chiazza fotosensibile può
trasformarsi in un occhio attraverso moltissimi momenti di selezione che
progressivamente ne migliorano e ne accrescono la sensibilità. Mostrare che
qualcosa è spiegabile è molto diverso dallo spiegarlo, tuttavia, una teoria
deve essere esplicativa per svolgere entrambi i compiti. Dopo Darwin, la
comparsa di nuove specie nella documentazione geologica e l'esistenza di
adattamenti che sembrano frutto di progetti non possono essere utilizzati come
motivi per invocare cause soprannaturali come ultima risorsa esplicativa.
I teorici hanno sviluppato approcci
formali e quantitativi per modellare i processi descritti da Darwin (con buona
pace degli “scienziati di dio” che si ostinano a chiedere una “formula globale
dell’evoluzione”, che non può avere carattere predittivo dati gli enormi lassi
di tempo coinvolti). Uno dei primi approcci di tipo mirato fu senza dubbio
quello che George Price fornì in un articolo di due sole pagine su Nature nel
1970 intitolato Selection and Covariance.
George Price (1922-1975) era uno
scienziato americano la cui breve ma produttiva carriera come teorico
dell'evoluzione tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70 è uno
degli episodi più affascinanti della storia della disciplina. Price si formò
come chimico e aveva lavorato al Progetto Manhattan, poi all’IBM, prima di
diventare uno divulgatore di scienze con alcuni articoli su Science.
Autofinanziato da un grande rimborso assicurativo dopo un'operazione medica
fallita per un tumore alla tiroide, si trasferì a Londra alla fine del 1967 e
iniziò a imparare da solo le basi della teoria evoluzionistica, lavorando prima
nelle biblioteche e poi al Galton Laboratory presso l'University College di
Londra.
Portando una nuova prospettiva alla
disciplina, Price scoprì un approccio completamente nuovo alla genetica delle
popolazioni e la base per una teoria generale della selezione: l'equazione di
Price. Essa è utilizzata in diverse aree chiave della teoria dell'evoluzione e
sta iniziando a chiarire questioni difficili in altre discipline.
L'equazione di Price è una equazione sul
cambiamento: è un teorema matematico vero e proprio, di cui egli fornì la
dimostrazione (che qui non trattiamo). Nella sua formulazione abituale,
descrive come il valore medio di qualsiasi carattere fenotipico - peso
corporeo, dimensioni delle corna, propensione all'altruismo - cambia in una
popolazione biologica da una generazione all'altra. Essa rappresenta
l'estensione dell'evoluzione in un sistema rispetto a un dato carattere
attraverso una singola generazione utilizzando funzioni statistiche. Price
indicò il valore del carattere dell'individuo come z, il numero
dei suoi figli come w e la discrepanza tra i valori dei suoi
caratteri e quelli della sua prole come ∆z, e mostrò che il cambiamento
nel valore medio della popolazione del carattere tra le generazioni dei
genitori e dei figli vale:
WΔZ = cov(wi,zi) + E(wiΔzi) (1)
dove:
W è il numero medio di figli (offspring) prodotti dai
membri della popolazione;
∆Z è la variazione del valore medio del carattere nella
popolazione;
cov è la covarianza, cioè il valore numerico
che fornisce una misura di quanto due variabili statistiche varino assieme,
ovvero dipendano reciprocamente;
wi indica il numero della prole prodotta dall’ i-esimo
membro della popolazione (la sua fitness, il successo riproduttivo);
zi indica il valore del carattere nell'i-esimo membro della
popolazione;
E è il valore atteso, cioè il numero che formalizza l'idea di
valore medio di un fenomeno statistico. In generale il valore atteso di una
variabile discreta è dato dalla somma dei possibili valori di tale variabile,
ciascuno moltiplicato per la probabilità di essere assunto (ossia di
verificarsi), quindi è la media ponderata dei possibili risultati.
Nell'equazione di Price, la selezione è
associata alla prima quantità di destra, mentre la seconda rappresenta la
distorsione di trasmissione. La prima parte è il cambiamento ascrivibile
all'azione della selezione, e ciò assume la forma di una covarianza statistica
tra i valori dei caratteri degli individui (zi) e il loro successo riproduttivo relativo (wi). Ad esempio, se gli individui con valori più grandi del
carattere di interesse tendono ad avere più figli, allora la covarianza è
positiva e la selezione agisce per aumentare il valore medio del carattere
della popolazione. Il secondo termine a destra assume la forma di
un'aspettativa E, che descrive come la prole differisce dai suoi
genitori, che è il cambiamento dovuto alla trasmissione. Se i figli sono copie
identiche dei loro genitori, allora l'effetto di trasmissione è zero e la selezione
è l'unico fattore coinvolto nell'evoluzione del carattere. Tuttavia, la prole
sarà spesso diversa dai genitori, forse a causa di una mutazione, o perché i
loro geni sono combinati in un modo nuovo, o a causa di un cambiamento nel loro
ambiente fisico, biologico o culturale, e in questo caso l'effetto di
trasmissione non è nullo.
Sebbene l'equazione di Price sia stata
introdotta utilizzando la terminologia biologica, essa si applica a qualsiasi
gruppo di entità che subisce una trasformazione. Ma, nonostante la sua vasta
generalità, ha qualcosa di interessante da dire. Separa e impacchetta
ordinatamente il cambiamento dovuto alla selezione rispetto alla trasmissione,
dando una definizione esplicita per ogni effetto e, così facendo, fornisce le
basi per una teoria generale della selezione naturale. In una lettera a un
amico, Price spiegò che la sua equazione descrive la selezione delle stazioni
radio con la rotazione di una manopola con la stessa facilità con cui descrive
l'evoluzione biologica.
L'equazione di Price è un risultato
molto generale, a causa del modo in cui segue direttamente dalle definizioni e
quindi è relativamente priva di ipotesi limitanti la generalità. L'equazione
emerge dalla riorganizzazione della notazione piuttosto che, diciamo, dalle
leggi fisiche; quindi, non è una previsione del cambiamento che avviene tra i
due aggregati, ma piuttosto un'identità matematica che mostra un modo in cui
tale cambiamento può essere espresso. Per la sua generalità e semplicità,
l'equazione di Price è stata utilizzata per rappresentare processi fondamentali
nell'evoluzione e, come meta-modello, consente di tracciare confronti e
contrasti tra diversi modelli e metodologie. In quanto tale, è un importante
aiuto concettuale che ha portato alla scoperta di connessioni inaspettate tra
diversi corpi teorici, ha risolto controversie di lunga data e ha contribuito a
risolvere alcune confusioni semantiche.
L'equazione di Price è stata applicata
più frequentemente all'evoluzione biologica e l'equazione (1) sembra catturare
l'idea darwiniana della "sopravvivenza del più adatto". Effetti di
trasmissione a parte, la selezione opera per favorire quei caratteri che sono
positivamente correlati con il successo riproduttivo individuale. Tuttavia, la
moderna teoria della selezione naturale è inquadrata in termini di cambiamenti
nelle frequenze geniche, e Price ha formulato ciò concentrandosi sulla
componente genetica additiva (g) del carattere, piuttosto che
sull'effettivo valore fenotipico (z). Scartando il cambiamento genetico
dovuto alla trasmissione, l'equazione di Price può essere utilizzata per
fornire un enunciato formale della selezione naturale:
WΔg = cov(wi,gi) = βwi,gi var(g) (2)
dove:
∆g è la variazione del valore medio della componente
genetica additiva nella popolazione;
gi denota il valore della componente genetica additiva dell'i-esimo
membro della popolazione;
β è il coefficiente angolare della retta di regressione
delle variabili wi,gi
var indica la varianza, cioè la
funzione che fornisce una misura della variabilità dei valori assunti dalla
variabile stessa; nello specifico, la misura di quanto essi si discostano
quadraticamente dalla media aritmetica o dal valore atteso E.
Price trovava illuminante esprimere la
selezione naturale come un prodotto dei suoi fattori componenti: la regressione
(pendenza) del successo riproduttivo relativo rispetto al valore genetico
dell'individuo (βwi,gi); e la variazione genetica nella
popolazione (var(g)). Ciò mette in evidenza il fatto che la selezione naturale
opera quando vi sono differenze ereditarie tra gli individui rispetto a qualche
carattere correlato al successo riproduttivo. Inoltre, poiché le varianze non
sono mai negative, qualsiasi risposta alla selezione naturale deve essere nella
direzione di un aumento del successo riproduttivo (avente lo stesso segno di βwi,gi). L'equazione di Price coglie quindi l'effetto
migliorativo (nel senso di adattamento) che la selezione naturale ha sulle
popolazioni biologiche.
Darwin sosteneva che poiché la selezione
naturale fa sì che quei caratteri che migliorano l'idoneità individuale si
accumulino nelle popolazioni biologiche, gli organismi appariranno di
conseguenza come se fossero progettati per massimizzare la loro idoneità.
Questa ambiguità apparente tra disegno e azione rende la biologia unica tra le
scienze naturali, ed è la ragione per cui la letteratura evoluzionista abbonda
di linguaggio intenzionale: egoismo, strategie, conflitti di interesse. Ma la
questione di questa apparenza quasi magica di capacità di intervento sul reale
è stata a lungo trascurata dai genetisti della popolazione, che hanno avuto la
tendenza a oscurare il ruolo del singolo organismo concentrandosi invece su
geni e genotipi. L'equazione di Price, al contrario, mette in evidenza
l'individuo e la sua fitness e collega questo ai cambiamenti nella frequenza
genica. Per questo motivo, il teorico evoluzionista Alan
Grafen ha
utilizzato l'equazione di Price per stabilire collegamenti matematici tra la
genetica delle popolazioni e la teoria dell'ottimizzazione, che giustificano
formalmente la visione dei singoli organismi come agenti economici che
massimizzano la fitness. Catturando sia il processo che lo scopo
dell'adattamento, l'equazione di Price è un buon approccio alle basi
matematiche del darwinismo.
Darwin sosteneva che gli individui sono
incoraggiati a comportarsi in modo da migliorare il loro successo riproduttivo
personale. Tuttavia, il comportamento altruistico è comune nel mondo naturale,
e questo è difficile da conciliare con "la sopravvivenza del più
adatto". Riconoscendo questo problema, Darwin spiegò come alcuni caratteri
potrebbero essere favoriti perché migliorano il successo riproduttivo dei
propri consanguinei (selezione parentale), oppure perché forniscono un
beneficio complessivo al gruppo sociale (selezione di gruppo).
Come ha scritto Oren Harman nella
biografia di Price intitolata The Price of Altruism (2010), “perché le amebe
costruiscono steli dai loro stessi corpi, sacrificandosi nel processo, in modo
che alcune possano arrampicarsi ed essere portate via dalla carestia
all'abbondanza sulle gambe di un insetto innocente o sulle ali di un vento
propizio? Perché i pipistrelli vampiri condividono il sangue, bocca a bocca,
alla fine di una notte di preda con i membri della colonia che hanno avuto meno
successo nella caccia? Perché le gazzelle sentinella saltano su e giù quando un
leone viene avvistato, mettendosi in modo precario tra il branco e il
cacciatore affamato? E cosa ha a che fare tutto questo con la moralità negli
esseri umani: c'è, infatti, un'origine naturale per i nostri atti di
gentilezza? Le virtù delle amebe, dei pipistrelli, delle gazzelle e degli umani
provengono dallo stesso luogo?
L'altruismo era un enigma. Si opponeva
apertamente ai fondamenti della teoria, un'anomala spina nel fianco di Darwin.
Se la Natura era sanguinante nei denti e negli artigli [come aveva scritto Tennyson], una
battaglia spietata combattuta ferocemente sotto le onde e attraverso i cieli e
nei deserti e nelle giungle, come potrebbe essere selezionato un comportamento
che riducesse la fitness? Sopravvivenza del più adatto o sopravvivenza del più
generoso: era un enigma che i darwiniani avrebbero dovuto risolvere. E così,
partendo da Darwin, è iniziata la ricerca per risolvere il mistero
dell'altruismo”.
Oggi, l'equazione di Price fornisce il fondamento formale sia della selezione parentale che delle teorie della selezione di gruppo, e ha chiarito che queste non sono ipotesi in competizione, ma piuttosto due modi diversi di guardare allo stesso processo evolutivo.
L'approccio della selezione parentale,
sviluppato da Bill Hamilton negli anni '60, ritiene che un gene possa essere
favorito dalla selezione naturale aumentando il successo riproduttivo del suo
portatore e anche aumentando il successo riproduttivo di altri individui
portatori dello stesso gene. Tutto ciò che conta è che il gene porti avanti
copie di sé stesso nelle generazioni future: da dove provengono queste copie è
irrilevante. La condizione per cui un comportamento altruistico è favorito
dalla selezione, chiamata regola di Hamilton, è
rb > c
dove c è il costo di fitness per
l'attore, b è il beneficio di fitness per il destinatario, r è la
relazione genetica tra attore e destinatario. Pertanto, l'altruismo è favorito
a condizione che l'attore e il destinatario siano parenti sufficientemente stretti.
La quantità rb – c è stata definita l'effetto di "idoneità
inclusiva" del comportamento e descrive l'impatto dell'attore sul successo
riproduttivo di tutti i suoi parenti (incluso sé stesso), ponderato dalla
parentela genetica di ciascuno. È l'idoneità inclusiva, piuttosto che il
successo riproduttivo personale dell'attore, a essere massimizzata dalla
selezione naturale.
Hamilton dimostrò matematicamente che
era possibile che l'altruismo si evolvesse come tratto finché i benefici degli
atti altruistici cadevano su individui che erano geneticamente imparentati con
il donatore. In altre parole, sarebbe vantaggioso per un animale lanciare un
grido d'allarme, e quindi mettersi in pericolo, per avvertire un gruppo di
parenti, poiché anche i suoi parenti portano copie dei suoi geni. La regola di
Hamilton è stata originariamente sviluppata utilizzando un modello genetico di
popolazione semplificato che faceva ipotesi piuttosto restrittive ed è stata a
lungo criticata dai genetisti della popolazione come inesatta ed euristica.
Tuttavia, Hamilton in seguito ha fornito una prova molto più precisa della
regola utilizzando l'equazione di Price, chiarendo la definizione dei termini e
dimostrando la generalità della regola. Molti sviluppi successivi della teoria della
selezione parentale hanno anche utilizzato l'equazione di Price come base.
Una visione alternativa dell'evoluzione
sociale suggerisce che la selezione che opera per favorire un gruppo sociale
rispetto a un altro può contrastare la selezione che opera all'interno dei
gruppi sociali, così che i comportamenti che danno agli individui uno
svantaggio rispetto alle loro parti sociali possono evolvere attraverso la
selezione di gruppo. Tali idee erano piuttosto confuse fino a quando Price, e
più tardi Hamilton, mostrarono che l'equazione di Price può essere espansa per
comprendere più livelli di selezione che agiscono simultaneamente. Ciò consente
di definire e separare esplicitamente la selezione ai vari livelli e fornisce
la base formale della teoria della selezione di gruppo. È importante
sottolineare che consente la quantificazione di queste forze separate e
fornisce previsioni precise su quando sarà favorito il comportamento
vantaggioso per il gruppo. Si scopre che queste previsioni sono sempre coerenti
con la regola di Hamilton. Inoltre, poiché la selezione parentale e la teoria
della selezione di gruppo sono entrambe basate sulla stessa equazione di Price,
è facile dimostrare che i due approcci sono matematicamente equivalenti, e sono
semplicemente modi alternativi di suddividere la selezione totale operando sul
carattere sociale. Indipendentemente dall'approccio adottato, ci si aspetta che
i singoli organismi massimizzino la loro idoneità inclusiva, sebbene questo
risultato segua più facilmente da un'analisi di selezione parentale, poiché
rende più esplicito l'elemento chiave della relazione.
È un fatto storico che ha portato
l'equazione di Price ad essere associata alla teoria evoluzionistica, e negli
ultimi anni l'equazione ha iniziato a fare la sua comparsa all'interno di altre
discipline. I biologi Troy Day e Sylvain Gandon hanno recentemente applicato
l'equazione di Price all'epidemiologia, nel contesto dell'evoluzione della
virulenza dei parassiti, compreso il virus SARS-CoV-2 (The Price equation and evolutionary epidemiology, 2020). In questo campo è stata utile
per concettualizzare e approfondire la comprensione dei risultati teorici
esistenti. Essa fornisce anche una via per una migliore comprensione delle
corse co-evolutive “agli armamenti” dei parassiti e dei loro ospiti, in cui la
selezione naturale porta al miglioramento di una specie, che viene
controbilanciato da qualsiasi miglioramento (naturale o indotto dall’esterno,
ad esempio dai vaccini) nel suo nemico. Il risultato netto di queste forze può
essere difficile da capire quando vengono prese insieme, ma l'equazione di
Price fornisce un mezzo per separarle in modo che possano essere considerate e
comprese isolatamente.
Nella letteratura ecologica, l'equazione
di Price ha fornito approfondimenti sull'impatto delle estinzioni locali sulla
produttività della comunità. C'è qualche controversia sul fatto che la
ricchezza di specie di per sé sia importante, in particolare quando la
ridondanza nella funzione significa che nicchie vuote possono essere occupate
da altre specie che sono già presenti nella comunità. Il biologo evolutivo ed
ecologo dell’Università di Calgary Jeremy Fox, fondatore della “ecologia
dinamica”, ha utilizzato l'equazione di Price per separare i vari fattori
causali che possono dare origine a effetti sulla produttività della comunità e
per fornire un meta-modello che generalizza e consente facili confronti tra i
modelli piuttosto complicati e restrittivi che sono stati ideati per affrontare
questo problema. Fox ritiene infatti che l’ecologia sia una scienza soprattutto
quantitativa.
Dopo lo sviluppo della sua equazione,
Price continuò a dare altri importanti contributi alla teoria dell'evoluzione.
Il primo di questi era quello di dimostrare formalmente e fornire
un'interpretazione per il cosiddetto teorema fondamentale della selezione
naturale che il genetista e statistico britannico Ronald Fisher aveva
presentato in The Genetical Theory of Natural
Selection (1930),
un risultato che aveva lasciato perplessi i genetisti delle popolazioni per
decenni. Il teorema afferma che, in presenza di selezione naturale, la fitness
media di una popolazione tende ad aumentare. Fisher affermò che essa coglieva
l'azione direzionale e migliorativa della selezione naturale come costruttore
di adattamenti dell'organismo. Price dimostrò che il teorema di Fisher era un
risultato parziale, una descrizione dell'azione dell'effetto della selezione
naturale con l’eliminazione di tutti gli altri effetti evolutivi, e dimostrò il
teorema utilizzando la sua equazione.
Il contributo finale di Price è stata la
prima esplicita applicazione della teoria dei giochi alla biologia evolutiva,
in un fondamentale articolo scritto insieme al biologo inglese John Maynard
Smith intitolato The Logic of Animal Conflict (1973), che è considerato come uno degli sviluppi più importanti
della teoria dell'evoluzione e ha lanciato un programma di ricerca di grande
successo. È Maynard Smith a cui di solito viene attribuita questa svolta, e in
effetti ha svolto il ruolo principale nel suo sviluppo. Ma l'idea era nata con
Price, in un manoscritto inedito che Maynard Smith aveva recensito per Nature.
Quando due maschi si affrontano, in
competizione per una compagna o per un territorio, possono comportarsi come
"falchi" - combattendo fino a quando uno viene ferito, mutilato,
ucciso o fugge - o come "colombe" - posando un po' ma andandosene
prima che avvenga un danno grave. Nessuno dei due tipi di comportamento, a
quanto pare, è ideale per la sopravvivenza: una specie contenente solo falchi
avrebbe un alto tasso di mortalità; una specie contenente solo colombe sarebbe
vulnerabile a un'invasione di falchi o a una mutazione che produce falchi,
perché il tasso di crescita della popolazione dei falchi competitivi sarebbe
inizialmente molto più alto di quello delle colombe.
Pertanto, una specie con maschi
costituiti esclusivamente da falchi o da colombe è vulnerabile. Maynard Smith
mostrò che un terzo tipo di comportamento maschile, che chiamò
"borghese", sarebbe più stabile di quello dei falchi o delle colombe.
Un maschio “borghese” può agire sia come un falco che come una colomba, a
seconda di alcuni segnali esterni; per esempio, può combattere tenacemente
quando incontra un rivale nel proprio territorio, ma cedere quando incontra lo
stesso rivale altrove. In effetti, gli animali “borghesi” sottopongono il loro
conflitto all'arbitrato esterno per evitare una lotta prolungata e
reciprocamente distruttiva. Naturalmente in questa applicazione della teoria
dei giochi la domanda non è quale strategia sceglie un giocatore razionale (non
si presume che gli animali facciano scelte consapevoli, sebbene i loro tipi
possano cambiare attraverso la mutazione), ma quali combinazioni di tipi siano
stabili e quindi suscettibili di evolversi.
L'incapacità di Price di concentrarsi sulla pubblicazione delle sue intuizioni teoriche era dovuta a un'improvvisa esperienza religiosa il 6 giugno del 1970 e a un cambiamento di priorità nella sua vita. Non si sa cosa in particolare abbia portato Price, un ex ateo intransigente, a percorrere questa strada, sebbene abbia menzionato ad Hamilton che una serie di coincidenze lo aveva convinto dell’esistenza di Dio. Arrivò a considerare la sua equazione come un dono divino e, adottando un'interpretazione molto letterale del Nuovo Testamento, rinunciò alla scienza per dedicare la sua vita ad aiutare gli altri (Telmo Pievani ha detto che il suo fu quasi un esperimento su sé stesso per provare la propensione evolutiva all’altruismo). Ospitò i senzatetto nel suo appartamento e donò tutti i suoi soldi e beni ai poveri e ai bisognosi di North London, e la sua vita andò fuori controllo. Sfrattato dalla sua casa, divenne profondamente depresso poco dopo il Natale del 1974, e la mattina del 6 gennaio 1975 fu trovato morto in un appartamento occupato vicino a Soho Square. Si era tagliato la gola con delle forbici. È sepolto in una tomba anonima nel cimitero di St. Pancras, dove un cippo lo ricorda.
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