martedì 21 dicembre 2021

Niccolò Stenone e il Prodromo a una dissertazione sui solidi naturalmente contenuti in altri solidi


Nonostante una carriera scientifica relativamente breve, il lavoro di Niccolò Stenone (1638-1686) sulla formazione degli strati rocciosi e dei fossili che vi sono contenuti è stato cruciale per lo sviluppo della geologia moderna. I principi che ha affermato continuano ad essere utilizzati oggi da geologi, paleontologi e archeologi.

Stenone nacque come Niels Steensen, ma è meglio conosciuto con le forme latinizzate del suo nome, Nicolas Stenonis o Nicolas Steno. Nato a Copenaghen, in Danimarca, lasciò la patria nel 1660 per studiare medicina presso il principale centro di educazione medica del suo tempo nell’Europa settentrionale, l'Università di Leida nei Paesi Bassi. Dopo brevi soggiorni a Parigi e Montpellier, si trasferì a Firenze, in Italia, nel 1666. I suoi studi di anatomia attirarono l'attenzione del Granduca di Toscana, Ferdinando II de' Medici, che fu un grande mecenate delle scienze. La corte del Granduca, e in particolare l’Accademia del Cimento fondata nel 1657 assieme al fratello Leopoldo, erudito e collezionista, poi cardinale, era allora punto di incontro di alcuni dei più importanti scienziati del tempo, tra cui il matematico Vincenzo Viviani, allievo di Galileo, il medico e naturalista Francesco Redi, l’erudito e diplomatico Lorenzo Magalotti e il medico, fisiologo e anatomista Marcello Malpighi. Fu soprattutto con Viviani e Redi che Stenone strinse rapporti di amicizia. Il duca Ferdinando lo nominò a un incarico che gli lasciò molto tempo per i suoi studi. I suoi studi anatomici si concentrarono inizialmente sul sistema muscolare e sulla natura della contrazione muscolare: ad esempio, utilizzò la geometria per dimostrare che un muscolo in contrazione cambia la sua forma ma non il suo volume. 

Tuttavia, nell'ottobre 1666, due pescatori catturarono un enorme squalo vicino a Livorno e il duca Ferdinando ordinò che la sua testa fosse inviata a Stenone. Egli la sezionò e pubblicò le sue scoperte nel 1667. Mentre esaminava i denti dello squalo, Steno fu colpito dalla loro somiglianza con alcuni oggetti di pietra, chiamati glossopetrae o "lingue di pietra", che si trovavano in alcune rocce. Gli Antichi, come Plinio il Vecchio, avevano ipotizzato che queste pietre cadessero dal cielo o dalla luna. Altri erano dell'opinione che i fossili crescessero naturalmente nelle rocce. Il contemporaneo di Stenone, Athanasius Kircher, ad esempio, attribuiva i fossili a una "virtù lapidante diffusa attraverso l'intero corpo del geocosmo". Stenone, tuttavia, sostenne che le glossopetrae, comprese quelle che “potevano esser raccolte a barili, soprattutto a Malta”, sembravano denti di squalo perché erano denti di squalo, che provenivano dalla bocca di squali un tempo viventi e venivano sepolti nel fango o nella sabbia che ora erano terraferma. C'erano differenze nella composizione tra le glossopetrae e i denti di squali viventi, ma Stenone sostenne che i fossili potevano essere alterati nella composizione chimica senza cambiare la loro forma.


La conclusione di Stenone può sembrare così palesemente ovvia da essere insignificante. Inoltre, egli non fu il primo a collegare le "lingue di pietra" con i denti di squalo. Anche i suoi contemporanei inglesi Robert Hooke e John Ray sostenevano che i fossili erano i resti di organismi un tempo viventi. Il naturalista italiano Fabio Colonna aveva affermato che le "lingue di pietra" erano denti di squalo in un libro pubblicato nel 1616, e altri avevano notato la somiglianza anche prima. Tuttavia, è importante ricordare che i denti di squalo e alcuni altri fossili come bivalvi e gasteropodi relativamente giovani sono "fossili facili" - assomigliano molto agli organismi viventi. Moltissimi fossili non sembrano affatto organismi viventi comuni. Possono essere conservati in un modo insolito; possono rappresentare solo una parte o un frammento di un organismo; possono appartenere a taxa estinti, oppure le loro parti molli, andate distrutte, possono essere sconosciute. Ai tempi di Stenone, infatti, la parola "fossile" poteva significare praticamente qualsiasi cosa scavata dalla Terra. I naturalisti non sempre distinguevano tra "fossili" che assomigliavano a organismi viventi e "fossili" come cristalli e minerali che si erano formati all'interno della Terra. Per tutte queste ragioni, la distinzione tra quali oggetti trovati nelle rocce erano o non erano organismi viventi un tempo non era per niente ovvia nel diciassettesimo secolo.

Il lavoro di Stenone sui denti di squalo lo portò alla questione più generale di come un oggetto solido potesse trovarsi all'interno di un altro oggetto solido, come una roccia o uno strato di roccia. I "corpi solidi nei solidi" che attirarono l'interesse di Stenone erano non solo i fossili come li definiremmo oggi, ma minerali, cristalli, incrostazioni, vene e persino interi strati di roccia. Le idee di Stenone su come questi avrebbero potuto formarsi furono pubblicate nel 1669 a Firenze, con il titolo De solido intra solidum naturaliter contento dissertationis prodromus, ovvero “Discorso preliminare a una dissertazione su un corpo solido naturalmente contenuto in un solido”. 


In quest'opera Stenone pone in modo sostanzialmente nuovo il problema della classificazione dei fossili, e della ricostruzione della storia geologica in base al modo in cui questi, e altre rocce, sono contenuti all'interno di rocce più grandi. Stenone interpretò correttamente la natura dei fossili come resti di animali vissuti precedentemente. Il caso rimasto più famoso è quello da cui egli era partito, quello delle glossopetrae, identificate come denti di squali. Un altro principio introdotto fu quello della formazione a stampo. Essa stabilisce che, quando un solido naturale è racchiuso in un altro, è possibile dedurre quale dei due si sia indurito per primo osservando l'impronta dell'uno sull'altro. Un terzo principio, che stabilisce un criterio di somiglianza tra cause a partire dalla somiglianza tra effetti, è formulato con grande chiarezza all’inizio della seconda parte del Prodromus:

“Se una sostanza solida è in ogni aspetto simile ad un’altra tale sostanza, non soltanto per le condizioni della sua superficie, ma anche per l’organizzazione interna delle sue parti e componenti, essa sarà simile all’altra anche riguardo al modo e al luogo della sua produzione”.

Il Prodromus è spesso considerato come una delle pietre miliari della letteratura geologica. I chimici e gli esperti in scienze dei materiali conoscono quest’opera come il luogo in cui è stata formulata la prima legge della cristallografia, la cosiddetta Legge di Stenone, ovvero il fatto che gli angoli diedri di cristalli dello stesso tipo sono indipendenti dalle dimensioni assolute dei cristalli stessi. 

Supponendo che tutte le rocce e i minerali fossero stati un tempo fluidi, Stenone pensò che gli strati rocciosi e depositi simili si fossero formati quando le particelle sospese in un fluido come l'acqua cadevano sul fondo. Questo processo avrebbe generato strati orizzontali. Così il principio di orizzontalità originaria di Stenone afferma che gli strati rocciosi si depositano in posizione orizzontale, ed eventuali deviazioni da questa posizione sono dovute al successivo movimento delle rocce. Steno ha affermato un altro principio più generale in questo modo:

Se un corpo solido è racchiuso da tutte le parti da un altro corpo solido, dei due corpi quello prima si è indurito il quale, nel reciproco contatto, esprime sulla propria superficie le proprietà dell'altra superficie.

In altre parole: un oggetto solido farà sì che tutti i solidi che si formeranno intorno ad esso si conformino alla propria forma. Steno riuscì a dimostrare con questo ragionamento che fossili e cristalli dovevano essersi solidificati prima che si formasse la roccia ospite che li contiene. Se una "lingua di pietra" fosse cresciuta all'interno di una roccia, sarebbe stata distorta dalla roccia circostante, più o meno allo stesso modo in cui una radice di un albero viene distorta crescendo in una fessura nella terra. La "lingua di pietra" doveva invece essere sepolta in sedimenti molli che si sono successivamente induriti. Vene (fessure riempite di minerali) e molti cristalli, d'altra parte, devono essersi formati dopo che la roccia circostante era già solida, perché spesso mostravano irregolarità di forma causate dal doversi conformare alla roccia solida circostante. Questi, sosteneva Stenone, dovevano essere cresciuti dai fluidi che percolavano all'interno della Terra, nello stesso modo in cui si potevano far crescere i cristalli negli esperimenti di chimica. Infine, nel caso degli strati, quelli superiori si conformano alla forma degli strati inferiori. e quindi, in un insieme di strati, gli strati più giovani devono essere quelli della sommità, e i più vecchi devono giacere sul fondo. Questa conclusione segue anche dal ragionamento di Stenone che gli strati rocciosi si formano quando le particelle cadono dalla sospensione in un fluido, ma si applica anche alle rocce che non si formano in questo modo, come molte rocce ignee. Questo è ora denominato principio di sovrapposizione di Stenone: gli strati di roccia sono disposti in una sequenza temporale, con il più vecchio in basso e il più giovane in alto, a meno che processi successivi non disturbino questa disposizione. Stenone accennò anche al principio di continuità laterale, per il quale gli strati di sedimenti inizialmente si estendono lateralmente in tutte le direzioni; in altre parole, essi sono lateralmente continui se non incontrano altri corpi solidi che bloccano la loro deposizione. Di conseguenza, rocce che sono simili sotto altri aspetti, e che oggi sono separate da una valle o da altra caratteristica erosiva, possono essere considerate originariamente continue.


Stenone si rese conto che altri processi geologici potevano creare apparenti eccezioni alle sue leggi di sovrapposizione e orizzontalità. Pensava che la formazione di grotte potrebbe rimuovere parte di uno strato inferiore e che il crollo di una grotta potrebbe trasportare grandi pezzi di uno strato superiore verso il basso. Riconobbe che le rocce potevano essere sollevate da forze sotterranee. I geologi ora riconoscono che inclinazioni, pieghe e faglie possono anche complicare l'analisi di una sequenza stratigrafica. La roccia fusa può farsi strada attraverso le rocce circostanti e talvolta può infilarsi tra gli strati rocciosi più vecchi, formando un'eccezione alla legge di Stenone. Tuttavia, tali anomalie lasciano prove fisiche nelle rocce disturbate; ad esempio, gli strati rocciosi fagliati possono essere fessurati, rotti o trasformati lungo la linea di faglia o metamorfosati dal contatto con un’intrusione di magma caldo in risalita. 

Va inoltre ricordato che la legge di Stenone considera un tempo relativo, non assoluto: due strati rocciosi, in linea di principio, potrebbero essersi formati a distanza di milioni di anni o di poche ore o giorni l'uno dall'altro. Stenone stesso non vide difficoltà nell'attribuire la formazione della maggior parte delle rocce al diluvio menzionato nella Bibbia. Tuttavia, notò che, dei due principali tipi di roccia dell'Appennino vicino a Firenze, gli strati inferiori non avevano fossili, mentre quelli superiori erano ricchi di fossili. Suggerì che gli strati superiori si fossero formati nel Diluvio, dopo la creazione della vita, mentre quelli inferiori si fossero formati prima che la vita esistesse. Questo è stato il primo uso della geologia per cercare di distinguere diversi periodi di tempo nella storia della Terra, un approccio che si sarebbe sviluppato in modo spettacolare nel lavoro degli scienziati successivi. 

Stabilendo tali criteri, di fatto, Stenone gettò le basi per la stratigrafia e della geologia come una scienza storica, vale a dire, una disciplina che riguarda sequenze di eventi nel tempo, le quali possono essere ricostruite grazie alle tracce (“vestigia”) che quegli eventi hanno lasciato. Stenone accomuna esplicitamente la geologia come scienza storica alla storia come studio del passato dell’umanità, affermando che entrambe le discipline trovano la loro guida nella deduzione logica della migliore spiegazione possibile in base ai dati in nostro possesso, grazie alla quale è possibile proporre cause passate per tracce rinvenute nel presente. Stenone aggiunge poi che il tipo di tracce su cui si può costruire la geologia (vale a dire, “solidi dentro solidi”) sono di gran lunga più affidabili delle tracce (cioè, documenti o artefatti di umana produzione) da cui si può ricostruire la storia. Queste ultime, infatti, sono solo “segni”, che possono anche essere prodotti con inesattezze intrinseche, volute ambiguità, o anche per ingannare; le prime, al contrario, sono “vestigia”, tracce delle cose stesse esenti, per così dire, da mediazioni o convenzioni umane.

Stenone abbandonò essenzialmente la scienza dopo la sua conversione al cattolicesimo romano nel 1667, con grande sgomento di alcuni dei suoi colleghi filosofi naturali. Fu ordinato sacerdote nel 1675. Nel 1677 divenne vescovo titolare in partibus infidelium e trascorse il resto della sua vita assistendo le minoranze cattoliche della Germania settentrionale, della Danimarca e della Norvegia. Nel 1680 si spostò ad Amburgo e nel 1685 a Schwerin, dove rinunciò alla dignità episcopale e visse come semplice sacerdote fino alla morte, avvenuta l’anno successivo. Per volere di Cosimo III la salma fu trasportata a Firenze; gli furono tributate solenni esequie e fu sepolto nella cripta della Basilica di San Lorenzo.

Non scrisse mai l'opera più grande per la quale il suo Prodromus doveva servire solo come introduzione. Eppure, il suo breve testo è stato riconosciuto come un importante contributo a sé stante, che fu ampiamente diffuso, tradotto, al punto che Stenone viene oggi definito il "padre della stratigrafia". Fu proclamato beato da papa Wojtyła nel 1988 ed è dal 15 ottobre 1921 il patrono dei geologi italiani. Ma questa non è colpa sua.

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