lunedì 14 marzo 2022

La travagliata storia della parola “scienziato”

 


La parola “scienziato”, che usiamo correntemente come se fosse sempre esistita, ha in realtà una storia relativamente recente e contrastata. Anche se si trova (assai raramente) in italiano sin dai tempi del Boccaccio come sinonimo di esperto (“Noi, e gli altri uomini idioti, e non letterati, siamo a comparazione di lui, e degli altri uomini scienziati peggio, che uomini morti”, nel Decameron, nov. 59.6), essa, nel suo significato attuale (“Chi ha acquisito profonda conoscenza di una o più scienze, attraverso studî intensi e costanti, e con serietà di metodo e d’indagine” secondo la Treccani) fu infatti coniata nel 1833 dal mineralogista, filosofo e storico della scienza William Whewell (1794-1866), che in seguito fu rettore del Trinity College a Cambridge e mentore di Darwin e Faraday. 

Whewell presentò il termine durante il terzo incontro annuale della British Association for the Advancement of Science “in risposta alla forte obiezione di Samuel Taylor Coleridge [il grande poeta romantico] al fatto che gli uomini di scienza usino la parola filosofo per definirsi”. In quel periodo non esisteva una designazione generale per i vari ricercatori e sperimentatori nelle diverse aree che si stavano sviluppando sempre più velocemente dopo i progressi della Rivoluzione Scientifica del secolo precedente: geologi, mineralogisti, botanici, paleontologi, zoologi, chimici, naturalisti, fisiologi, fisici, anatomisti, ecc.: tutti operavano in quel campo onnicomprensivo definito come “filosofia naturale”. “Una curiosa illustrazione di questo fatto - scriveva - si può osservare nel desiderio di qualsiasi nome che possa designare collettivamente gli studiosi del mondo materiale”. Proponeva allora “scientist”, in analogia con “artist”, come la parola che poteva fornire unità linguistica a coloro che investigavano le varie branche delle scienze. 

Subito dopo averlo proposto nella riunione del 1833, Whewell lo mise per iscritto nella recensione anonima che fece del fortunato On the Connection of the Phisical Sciences di Mary Sommerville nel numero di marzo del 1834 del Quarterly Review. Whewell sosteneva che la scienza stava diventando troppo divisa, che i chimici e i matematici e i fisici avevano sempre di meno cose in comune. 

“Siamo informati che questa difficoltà è stata avvertita in modo molto opprimente dai membri della British Association for the Advancement of Science, nei loro incontri (…) Non c'era un termine generico con cui questi gentiluomini potessero descriversi con riferimento alle loro occupazioni. Filosofo era ritenuto un termine troppo esteso e troppo alto, e il signor Coleridge lo aveva giustamente proibito, sia nella sua qualità di filologo sia di metafisico; savans era piuttosto presuntuoso, oltre ad essere francese invece che inglese; qualche ingegnoso gentiluomo propose che, per analogia con artist, potessero dire scientist, e aggiunse che non poteva esserci scrupolo a sentirsi liberi di questa scelta quando abbiamo parole come sciolist, economist e atheist - ma questo non era generalmente appetibile; altri hanno tentato di tradurre il termine con cui si sono descritti i membri di associazioni simili in Germania, ma non è stato facile trovare un equivalente inglese per natur-forscher”. 


Curiosamente, mentre la maggior parte dei ricercatori scientifici in Gran Bretagna continuarono a rifiutare il termine, preferendo “uomo di scienza” in modo parallelo a “uomo di lettere”, una designazione considerata prestigiosa, in America la reazione fu esattamente quella opposta. Dagli anni ‘70 del secolo, “scienziato” aveva soppiantato “uomo di scienza” negli Stati Uniti, dove era riferito specificatamente alla persona dedita alla scienza “pura”, per amore della conoscenza, in opposizione a chi usava la conoscenza scientifica per scopi commerciali. Oltreoceano, “scienziato” divenne così largamente usato che molti osservatori britannici, tra i quali Alfred Russel Wallace, pensavano che la parola fosse stata coniata negli Stati Uniti. 

Questo ci porta alla figura che è, per molti versi, il secondo eroe della storia: Fitzedward Hall (1825-1901), l'orientalista e filologo americano che difese il termine "scienziato" contro i suoi critici inglesi. Hall aveva iniziato la sua vita lavorativa come laureato in Ingegneria Civile. Apparentemente alla ricerca di un fratello perduto, andò in India, dove divenne professore di sanscrito e inglese al college governativo a Benares e ricoprì altri importanti incarichi pubblici. Stabilitosi in Inghilterra nel 1862, fu nominato alla cattedra di sanscrito, hindi e giurisprudenza indiana al Kings College di Londra. Fu anche nominato bibliotecario presso l'India Office. Hall fu un prolifico autore di molti libri e diede un contributo straordinario al progetto dell’Oxford English Dictionary sulla base di una vita passata a raccogliere citazioni che illustrano l'uso di parole, frasi e modi di dire. 

Hall era un appassionato studioso di americanismi e preoccupato per quella che chiamava la "sciattezza" della lingua nella sua terra natale. Tuttavia, era anche critico nei confronti della tendenza di molti inglesi a condannare come americanismo qualsiasi parola o idioma che non piaceva loro. In effetti, Hall passò molti decenni a raccogliere esempi di questo tipo di disprezzo e gli esempi relativi a "scienziato" avevano un posto di rilievo nella sua collezione. Nel 1895 Hall pubblicò privatamente un'opera che attingeva a questo archivio personale. Oltre a esplorare le origini del termine "scienziato", Hall raccolse i vari argomenti a favore e contro di esso e organizzò un dibattito immaginario e divertente tra Huxley e il fantasma di Whewell (Whewell’s Ghost) sull’origine della parola. 


Ancora sessant’anni dopo che Whewell aveva proposto il termine, iniziò in Gran Bretagna un dibattito serrato, iniziato da J. T. Carrington, editore della popolare rivista scientifica Science-Gossip, che trovò per una volta l’antidarwinista Duca d’Argyll e Thomas Huxley, il “mastino di Darwin”, concordi nel rifiutarlo. Carrington aveva notato la diffusione di “scientist”, che, a suo giudizio, “non era soddisfacente" e scrisse a otto eminenti scrittori e scienziati per chiedere se lo ritenevano legittimo. Risposero in sette. Huxley e Argyll facevano parte della maggioranza di cinque contro due che condannavano il termine. "Lo considero con grande avversione", proclamò Argyll. Huxley commentò con spirito che la parola in questione "deve essere piacevole quanto Elettrocuzione”

Naturalmente non si trattava solo di una polemica terminologica, ma il rifiuto o l’accettazione di “scientist” comportava anche il posto che la scienza stessa e i suoi praticanti dovessero avere nella società. 

Il pregiudizio contro “scientist” rimase ancora nel XX secolo inoltrato, come risulta dal nuovo dibattito avviato nel 1924 dal principale giornale scientifico britannico, Nature, con alcuni che rifiutavano la sua adozione sostenendo il giudizio espresso dal naturalista E. Ray Lancaster, secondo il quale “scienziato ha acquisito (forse ingiustamente) il significato di un trucco da ciarlatani”. Non è difficile leggere i residui di paternalismo e pregiudizio classista in questo giudizio, condiviso da un numero di membri della comunità scientifica britannica così significativo da tenere la parola ostracizzata sulla rivista, da quasi tutte le istituzioni scientifiche inglesi e dalla Cambridge University Press. Fu solo dopo la Seconda Guerra Mondiale che la stessa Nature avrebbe usato “scientist” come “il termine britannico accettato per una persona che faccia ricerca scientifica”.

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