giovedì 8 ottobre 2009

Gli immaginari di Törless


Nel 1906 fu pubblicato il primo romanzo di Robert Musil (1880-1942), I turbamenti del giovane Törless. Musil aveva 26 anni e studiava filosofia e psicologia sperimentale a Berlino dopo essersi precedentemente laureato in ingegneria a Brno, seguendo le tradizioni famigliari. Scrisse il romanzo, come più tardi avrebbe scritto, per colmare i vuoti di noia cui lo induceva l’attività tecnica. La vicenda narrata si svolge in prevalenza all’interno di un collegio militare, dove, accanto alla descrizione di un clima di violenze psicologiche e fisiche tra compagni, si assiste alla crisi esistenziale del protagonista, cui l’autore ha attribuito alcuni elementi autobiografici. I turbamenti di Törless sono sessuali, morali e intellettuali. Tra questi ultimi c’è il rapporto con alcuni concetti matematici. Egli si interroga sulla nozione di infinito e si inquieta a causa dei numeri immaginari. Lo spirito giovanile di Törless, in cerca di certezze, non è in grado di comprendere come, partendo da cifre “solidissime”, reali, per arrivare ad altre simili, si debba passare per “qualcosa che non esiste”:

Durante la lezione di matematica, a Törless venne un'idea improvvisa.
Negli ultimi giorni, aveva seguito con interesse particolare le lezioni, perché pensava: «Se questa deve essere davvero la preparazione alla vita, come dicono loro, dovrà contenere almeno qualche cenno intorno a quello che sto cercando ».
Pensava alla matematica, perché aveva ancora in mente quei pensieri sulla natura dell'infinito.
L'idea gli era balenata a metà lezione. Appena finita l'ora, sedette accanto a Beineberg, l'unico con cui potesse discorrere di certe cose.
« Hai capito tutto? »
« Cosa? »
« La storia dei numeri immaginari. »
« Sì. Che c'è di difficile? Basta pensare che l'unità di calcolo è data dalla radice quadrata di meno uno. »
« È questo il punto. Quell'unità, non esiste. Ogni numero, positivo o negativo, elevato a quadrato, da qualcosa di positivo. Quindi non ci può essere un numero reale che sia la radice quadrata di qualcosa di negativo. »
« Giusto. Ma perché non si dovrebbe provare a estrarre una radice quadrata anche da un numero negativo? Il numero negativo, naturalmente, non può produrre nessun valore reale, per questo si dice che il risultato è immaginario. È come se uno dicesse: qui si sedeva sempre una persona, mettiamo la seggiola al solito posto; anche se la persona è morta, facciamo come se dovesse venire. »
« Ma come, quando si sa con sicurezza, con sicurezza matematica, che è impossibile? »
« Si fa lo stesso, come se non fosse così. Un risultato, ci sarà sempre. E non è lo stesso, coi numeri irrazionali? Una divisione che non finisce mai, una frazione di cui mai, mai e poi mai riesci a stabilire il valore, per quanto a lungo calcoli. E cosa s'intende, secondo te, quando si dice che due linee parallele si debbono intersecare, all'infinito? Io credo che, se uno badasse troppo al sottile, la matematica non esisterebbe. »
« Hai ragione. Anche a considerarla così, è già buffa abbastanza. Ma lo strano è proprio che, nonostante tutto, si possono eseguire calcoli reali con questi valori immaginari o impossibili, che alla fine si ottiene un risultato concreto! »
« Vuoi dire che i fattori immaginari, durante l'operazione, s'annullano a vicenda, perché il risultato sia possibile. »
« Sì, sì, lo so anch'io. Ma, nonostante tutto, la faccenda non ha lo stesso qualcosa di strano? Come posso spiegarmi? Pensa dunque: in una data operazione, cominci con numeri solidissimi, che possono rappresentare metri o pesi o qualunque altra cosa concreta, insomma, con numeri reali. Alla fine del calcolo, ritrovi numeri reali. Ma i due gruppi sono legati da qualcosa che non esiste. Non è come un ponte che ha solo i piloni delle estremità e che noi, tuttavia, traversiamo come se fosse intero? Per me, un calcolo simile ha del trucco, come se un pezzo di strada andasse Dio sa dove. Quello che più mi sgomenta, è la forza che possiede, capace di reggerti e di farti arrivare dall'altra parte. »
Beineberg ghignò: « Parli quasi come il cappellano: "Vedi una mela? Sono le onde luminose, l'occhio, eccetera. Se tendi la mano per rubarla, sono i muscoli e i nervi che mettono la mano in movimento. Ma tra la mela e la mano, è un terzo elemento, che fa nascere una dall'altra, e tale elemento è l'anima immortale, che in quell'operazione commise peccato... Sì, ciò vuoi dire che nessuna vostra azione è spiegabile senza l'anima, che suona su di voi come sui tasti d'un piano..." ». E imitò le cadenze con cui il catechista era solito esporre la vecchia immagine. « Ma debbo dire che tutta questa storia m'interessa poco. »
« Pensavo che dovesse interessare proprio una persona come te, perché, se essa è davvero così inspiegabile, sarebbe quasi una conferma della tua fede. »
« E perché non potrebbe essere inspiegabile? Non è detto che, in questo caso, gli inventori della matematica non abbiano inciampato sui loro piedi. Perché, dopo tutto, quello che si trova oltre i limiti dell'intelletto non avrebbe potuto fare questo tiro allo stesso intelletto? Ma non voglio mescolarmi in simili faccende che, del resto, non fanno approdare a nulla. »

La sfera degli interessi matematici di Musil era estremamente vasta e articolata, andando dalla teoria dei numeri di Peano alla relazione tra logica e matematica. Per lo scrittore austriaco gli esploratori dello spirito del XX secolo sono gli scienziati quanto e forse di più dei filosofi e degli artisti: “Tutta l’audacia intellettuale risiede oggi nelle Scienze esatte. Non è da Goethe, Hebbel o Hölderlin che impariamo, ma da Mach, Lotentz, Einstein, Minkowski, de Couturat, Russell e Peano”.

In un saggio del 1911, L’uomo matematico, Musil fa un’interessante riflessione sul lavoro del matematico “analogia dell’uomo spirituale dell’avvenire”, con parole che collocano l’autore de L’uomo senza qualità in una posizione unica all’interno del panorama letterario europeo:

La matematica è un'ostentazione di audacia della pura ratio; uno dei pochi lussi oggi ancora possibili. Anche i filologi si dedicano spesso ad attività nelle quali essi per primi non intravedono il minimo utile, e i collezionisti di francobolli o di cravatte ancora peggio. Ma questi sono passatempi inoffensivi, ben lontani dalle cose serie della vita. La matematica, invece, proprio in esse abbraccia alcune delle avventure più appassionanti e incisive dell'esistenza umana. Alleghiamo un piccolo esempio. Si può dire che in pratica tutta la nostra vita dipenda dai risultati di questa scienza, a essa ormai piuttosto indifferenti. Grazie alla matematica cuociamo il nostro pane, costruiamo le nostre case e facciamo andare avanti i nostri mezzi di locomozione. Prescindendo dai pochi mobili, dagli abiti e dalle calzature fatte a mano, nonché dai bambini, tutto ciò che abbiamo è ottenuto attraverso calcoli matematici. Tutto ciò che esiste intorno a noi, che si muove, corre o se in sta immobile, non soltanto sarebbe incomprensibile senza la matematica ma è effettivamente nato dalla matematica, e ne è sostenuto nella realtà concreta della propria esistenza. I pionieri della matematica ricavarono da certi principi delle idee utilizzabili. Da quelle idee nacquero deduzioni, tipi di calcolo, risultati. I fisici ci misero su le mani e ne ricavarono nuovi risultati. Alla fine arrivarono i tecnici, accontentandosi spesso di questi risultati, ci fecero su dei nuovi calcoli e crearono le macchine. Ma a un tratto, quando ogni cosa era stata realizzata per il meglio, saltan su i matematici - quelli che si lambiccano il cervello più vicino alle fondamenta - e si accorgono che nelle basi di tutta la faccenda c'è qualcosa che non torna. Proprio così, i matematici guardarono giù al fondo e videro che tutto l'edificio è sospeso in aria. Eppure le macchine funzionano! Insomma, siamo costretti ad ammettere che la nostra esistenza è un pallido fantasma. Noi la viviamo, ma soltanto sulla base di un errore; senza di esso non esisterebbe. Solo il matematico, oggigiorno, può provare sensazioni così fantastiche.

14 commenti:

  1. D'altra parte chi potrebbe credere che funziona davvero un affare come quello con cui stiamo giocando. Io batto su dei tasti e in Australia uno legge e mi manda una foto ....mah? non sarà tutto un sogno? Domani ci si sveglia e al governo c'è qualcuno che fa provvedimenti per il bene della gente.... ecc.

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  2. Ma non c'è già? (qui ci vorrebbe una faccina tonta con gli incisivi in fuori, ma non l'ho ancora trovata).

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  3. Aah, mi piace "l'uomo matematico" di Musil! :)
    E che bella la pagina sugli immaginari.
    dai "numeri solidissimi" allo sconcerto...
    che bella la matematica è! :-))
    ciao Pop
    g

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  4. Salve Popinga,
    osservi sempre le scienze ( qualunque ramo di una disciplina scientifica) con un approccio moderno, ma allo stesso tempo "rinascimentale", e magari uso il termine impropriamente. Penso non ci si possa avvicinare allo studio di una materia senza prescindere da filosofia, storia, lingue : non sarebbe una meraviglia poter davvero rendere l'insegnamento di una materia realmente "interdisciplinare"? Ciao, Greenemer

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  5. Ho letto quel romanzo pochi anni fa, ma devo ammettere, cenere sul capo, che il brano da te citato non ha sconvolto più di tanto la mia solida, crassa ignoranza in fatto di matematica. :-D
    Ciao

    LPN

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  6. non conoscevo questo aspetto di Musil, mi è bastato il tentativo di lettura dell' "Uomo senza qualità", un pò troppo vasto per il mio gusto, comunque scritto molto bene, sicuramente un ottimo attore, vedrò di cimentarmi con l'uomo matematico.
    saluti
    Blas

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  7. Il saggio L'uomo matematico si trova in Saggi e altri scritti, Einaudi, Torino 1995 (traduzione di Andrea Casalegno). Io l'ho trovato in chiusura della bella antologia di autori vari Racconti matematici curata da Claudio Bartocci, Einaudi, Torino 2006. L'introduzione di Bartocci è da incorniciare.

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  8. Pop
    da sempre esiste questa querelle se la matematica rappresenti meglio di ogni altro linguaggio il mondo o se il mondo sia effettivamente matematico. Propendo per la prima ipotesi. Stante la difficoltà di solamente concepire la vastità del reale, nel quale possono trovare posto perfettamente realtà come i numeri immaginari, pure ritengo essere queste approssimazioni del reale, utilizzando un linguaggio che meglio di quelli finora utilizzati 'descrive' il mondo. Dalle caratteristiche del linguaggio matematico possiamo indirettamente trarre che il mondo ha una certa coerenza, ben individuata dalla matematica, anche laddove è costretto a usare artifici. Però Musil sbaglia quando ritiene di doversi imparare solo dagli scienziati. Ora come sempre, direttamente o indirettamente, l'artista cerca e trova qualcosa (fosse pure il suo personale metodo di ricerca) che lo scienziato può (e deve) utilizzare per cercare di spiegare
    il mondo in forma decriptata.
    Musil è da sempre uno dei miei scrittori preferiti. Good done master!
    Bye

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  9. Dunque, vediamo se ho capito...
    Si tenta di giustificare la matematica per un non-matematico, che magari non trova nulla di strano nell'idea della Trinità e della transustanziazione ma non gli piace il concetto di numero immaginario.
    Che funziona, eccome! E se si entra nel campo della fisica quantistica di concetti "strani" ne trovi ogni momento; e hanno fatto vittime illustri (AE, per esempio).
    È stato un post molto utile, parlo per me: posso continuare a ignorare Musil :-D c'è ben altro lì fuori.

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  10. Juhan: il tuo parere gode del fatto di essere stato espresso 98 anni dopo quello di Musil. E giudicare uno scrittore da un paio di periodi riportati non è affatto "scientifico", ma conosco il tuo amore per i giudizi tranchant!

    Paopasc: questo blog è troppo piccolo per affrontare una discussione sulla natura della matematica. Il mio amato Queneau aveva una posizione platonica: la matematica esiste indipendentemente da noi e attende di essere scoperta. I grandi matematici sarebbero allora più degli esploratori di continenti lontani che non degli inventori di nuovi strumenti. Più dei Magellano che dei Volta. Trovo questa idea estremamente affascinante, anche se magari non è quella giusta.

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  11. ehi Pop
    sembra tanto il margine di Fermat questo tuo blog, però io, fossi in te, non mi sottovaluterei...;)
    bye

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  12. in "Una pinta di inchiostro irlandese" O'Brien dice che "God is the root of minus one".

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  13. in "Noi", di Evegenij Zamjatin, si parla di numeri immaginari, ma nella traduzione vengono erroneamente resi con "irrazionali": Ad ogni equazione, ad ogni formula del nostro mondo superficiale corrisponde una curva o un solido. Per le formule irrazionali, la mia √-1, non conosciamo solidi corrispondenti, non li abbiamo mai visti. Ma la cosa terribile, è che questi solidi sicuramente esistono ma sono invisibili; perché in matematica, ci passano davanti come su uno schermo le loro ombre strane, irritanti — le formule irrazionali; e la matematica e la morte non sbagliano mai. Se questi solidi non li vediamo nel nostro mondo, in superficie, per loro ci sarà — e deve esserci per forza — un intero enorme mondo, oltre la superficie".

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