domenica 25 aprile 2010

Elogio della brevità


Per sviscerare il tema della brevità in letteratura, una delle forme magiche che assumono le parole, bisognerebbe avere a disposizione uno spazio lunghissimo, tanto l’argomento è vasto. Si pensi solo agli aforismi, micro-testi di un’espressività fulminante, come questo, che si addice bene al caso nostro, tratto dai Pensieri spettinati di Stanislaw Jerzy Lec: «L'uomo nasce, vive e muore nello spazio di una frase».

Perciò ci limiteremo a qualche breve (elementare, no!) indicazione, cominciando da Italo Calvino che, volendo mettere insieme una collezione di racconti d'una sola frase, o d'una sola riga, affermava di non averne trovato nessuno che superava quello dello scrittore guatemalteco Augusto Monterroso: «Al suo risveglio, il dinosauro era ancora lì».

Nel 1906 comparvero sul Matin dei «romanzi in tre righe» di questo tono: «Il signor Jules Kerzerho era presidente di una società di ginnastica. Il che non gli ha impedito di sfracellarsi tentando di saltare su un tram in corsa, a Rueil». Il bizzarro romanziere era Félix Fénéon.

A volte già nel titolo appare l’omaggio esplicito alla brevità: Racconti in un palmo di mano (Kawabata Yasunari), Novelle da un minuto (István Örkény), Racconti brevi e straordinari (Jorge L. Borges e Adolfo Bioy Casares), Centuria. Cento piccoli romanzi fiume (Giorgio Manganelli), Tragedie in due battute (Achille Campanile).

Discorrendo di brevità, viene naturale chiedersi, per quel gusto un po’ infantile dei primati, quale sia il testo letterario più breve. Nel campo degli epigrammi è considerato il più breve epigramma mai concepito quello di Franco Fortini che dice: «Carlo Bo: No». Poiché Carlo Bo è il titolo, ne consegue che l’epigramma in questione è composto dal monosillabo «No» (1).

Ha fatto di meglio però l’ingegnere francese François Le Lionnais, grande amico di Duchamp con cui giocava a scacchi, fondatore insieme a Raymond Queneau dell’Oulipo (Ouvroir de Littérature Potentielle), gruppo di scrittori e matematici dedito a escogitare bizzarre invenzioni partendo da regole ben precise. Le Lionnais ha scritto una poesia, Reduction d'un poème à une seule lettre, formata da una sola lettera: «T...............», che certo risente dello spirito dadaista.

Luis Felipe Pineda scrive poesie di un solo verso: «Amo il twist della mia sobrietà», «Non dirò che un rospo sia», come riferisce Enrique Vila-Matas in Bartleby e compagnia. (2)

Il poeta Saverio Ascari di Canossa, un paese vicino a Reggio Emilia, ha composto poesie tutte rigorosamente di una sola parola. Ce n’è una che s’intitola Colore e fa: «Blu». (3) Notizie su Ascari si trovano in Silenzio in Emilia di Daniele Benati, scrittore che ha curato, fra le altre cose, le Opere complete di Learco Pignagnoli, personaggio unico, inedito e fuori misura, autore di opere di una brevità sconvolgente, come la n. 1: «Conoscevo uno che sbagliava sempre le parole. Una volta voleva dire polipo, ha detto fluido», o la n. 67: «Cosa mi son venuti a dire l’altro giorno, che non mi ricordo più».


Questo articolo è stato scritto dall’amico Paolo Albani (di cui ho parlato più volte: qui la biografia che compare sul suo sito), per la rivista di letteratura per ragazzi Andersen, libri & idee - scuola & biblioteca, n. 266, gennaio 2010. Al testo ho aggiunto come note integrative alcuni brani tratti da Una divagazione sulla brevità con la quale lo stesso Albani ha concluso il suo intervento sull’epigramma in occasione degli incontri della Scuola di retorica 2 tenutisi a Bologna nell’aprile 2004.

NOTE:
(1) Giorgio Bertone scrive: «Carlo Bo in realtà è il titolo; dunque il monosillabo "No" è la più breve poesia italiana e forse il più breve epigramma mai concepito; che sia inoltre una negazione su rima tronca, 'comica', s'addice perfettamente alla struttura e al genere in questione» (Breve dizionario di metrica italiana, Torino, Einaudi, 1999).

(2) Una volta Pineda scrisse su una cartina questa poesia: «La stupidità non è il mio forte»; poi arrotolò la cartina trasformandola in una sigaretta che si fumò tranquillamente. Quando ebbe terminato di fumarsi la sua poesia disse sorridendo: «L'importante è scriverla».

(3) Un’altra poesia, che ha per titolo «Cavallo», recita così: Animale. In un’altra ancora, intitolata «Elettrodomestico», si legge: Frigorifero oppure Televisione.

48 commenti:

  1. ci inchiniamo ai maestri ed ai maestri dei maestri

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  2. oh, elogio della brevità, amen :-)
    Mi è piaciuta molto la poesia "Colore" :-)

    g

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  3. "Velo"
    Bacio muto

    "Baci velati"
    Noi

    Emh, avrei ecceduto nella brevità scontate, e anche nelle romanticherie d'appendice, ma certe volte mi viene così, a me (spesso).
    La prima cosa che faccio quando torno, Popinga, io apro sempre te. E allora ti regalo ciò:

    "Popinga"
    Veduta

    (Sarebbe da immaginare in una di quelle foto in bianco e nero dell'Intervallo con l'arpa, di quando eravamo piccoli, oppure nel cruciverba con la foto della Settimana Enigmistica, oppure da un finestrino dell'aereo, appena dopo una nuvola, bassa).

    B

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  4. Spero che nessun programmatore Unix/Linux interpreti male il commento. Potrebbero infatti pensare che "!" possa, al solito, essere interpretato come "not". Dal contesto dovrebbe essere chiaro che non è il caso. Avevo anche pensato di fare una versione per i programmatori stessi del commento: "\!" ma si perde parecchio nella brevità (aumento del 100%).

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  5. laperfidanera26/04/10, 19:00

    A questo gioco non parteciperò mai, sono per natura prolissa, inoltre l'unico modo per battere il Profeta sarebbe:

    Hai letto qui sopra, dopo i due punti? meno di così ....
    LPN

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  6. "Per sviscerare il tema della brevità in letteratura (...) bisognerebbe avere a disposizione uno spazio lunghissimo, tanto l’argomento è vasto".

    Eheh, paradossale quanto vero!

    Sull'argomento c'è questo bel saggetto, per chi volesse:
    http://www.golemindispensabile.it/index.php?_idnodo=6439&_idfrm=61

    Complimenti per il blog.

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  7. Grazie ignoto commentatore, sia per i complimenti sia per l'articolo di Umberto Eco che segnali, arguto e colto come sempre (faccio parte di coloro che non hanno il vezzo ora di moda di criticare Eco). Seguivo Golem ai tempi della direzione di Bartezzaghi, ma penso che sia giunta l'ora di tornare a frequentarlo.

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  8. Sulla moda di criticare, vero, Popinga. Nella formazione del perfetto intellettuale - giovane promessa, stronzo (pardon) in carriera, vate riconosciuto - aggiungerei un quarto stadio: revisione ab ovo. Almeno Eco è furbo alquanto da stroncarsi prima da sé, e sulle critiche degli altri ci ricava pure bei lavori (mi ricordo ad esempio la polemica sull'iconicità con Maldonado).
    La butto là: non saranno certo scienziati, ma almeno non si dica che per gli umanisti vale il principio di autorità.

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  9. Vero, almeno finché esisterà qualcuno che scriverà "Carlo Bo. No"!

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  10. Però sai che c'è Popinga? Esempi come quello che hai riportato tu ora non ti sembra che funzionino soprattutto per chi l'ha detto più che per quello che dicono e per come lo dicono? Voglio dire, la rima è banalotta, il contenuto in sé non c'è, almeno che uno non conosca già la storia dietro. Molte di queste trovate colpiscono più per il potere evocativo, per il fatto di incuriosire, perché chi legge è portato a cercare di completare, e si chiede: "cosa c'è dietro?". Invece, una massima, un proverbio sono già conclusi e si tramandano spesso senza nemmeno si sappia chi sia l'autore.
    Se guardo questa differenza alcune delle forme brevi che hai menzionato tu sono quasi un genere a sé, più "interattive", direi.
    Tipo: «Al suo risveglio, il dinosauro era ancora lì».
    Sarebbe curioso chiedere a ognuno cosa fa venire in mente una frase del genere!

    Grazie Popinga, è un piacere partecipare a questo blog.

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  11. Grazie all'Anonimo si è smesso di fare commenti sui commenti. Che poi che senso ha inseguire la brevità a scapito della chiarezza e completezza?

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  12. laperfidanera27/04/10, 09:28

    Ho capito, perché mi si prenda sul serio devo dare un titolo alla mia opera, eccolo: "Presenze inquietanti".
    LPN

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  13. Il dinosauro era ancora lì, interpretazioni:
    1) l'autore è un creazionista, per cui la Terra ha 6000 anni; uomini e grandi rettili hanno convissuto, come negli Antenati.
    2) L'uomo ha sognato un dinosauro e se lo ritrova al risveglio.
    3) Il dinosauro è la brutta e grassa moglie dell'uomo.
    4) I dinosauri si sono estinti alla fine del Cretaceo solo in quanto corpi: come idee, come archetipi, continuano a vivere tra gli uomini. Loro sono i draghi medievali, sono i custodi del tesoro, sono le immonde creature di Cthulu, sono tutto ciò che ci fa paura e allo stesso tempo ci attira.
    Avanti gli altri.

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  14. Consiglio "favole, apologhi e bestiari" a cura di Gino Ruozzi, edito da Bur. E' un compendio della brevità nella letteratura dal 1200 a oggi. C'è anche il Pignagnoli, ovviamente.

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  15. Popinga, ho trovato questo, non lo so se puoi essere d'accordo con la traduzione.
    http://guildenstern.splinder.com/

    Per me (seguendo la tua traduzione) forse è anche un archetipo di solitudine: l'immobilità come solitudine.
    «Al suo risveglio, il dinosauro era ancora lì»
    Nessuno aveva spostato il dinosauro addormentato: i dinosauri non hanno mamme accudenti o amanti possenti.

    Se mi viene in mente un'interpretazione così, devo preoccuparmi, secondo te?

    B

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  16. "Al suo risveglio, il dinosauro era ancora li'." Secondo me, la prima cosa da capire e' a chi (o cosa) si riferisca quel "suo". Magari si intende il risveglio della primavera. O di una bella dinosaura innamorata, che contempla il suo dinosauro del cuore dormire tranquillo. O magari si riferisce a un dinosauro piu' piccolo, cacciato da quello piu' grande, andato a nascondersi in un anfratto e messosi a dormire aspettando che il predatore si stancasse. O magari potrebbe trattarsi della storia di quel Repenomamo a cui vennero trovati i resti di un Psittacosauro nello stomaco, e del perche' fosse messo - lui, un mammifero, tradizionale preda dei dinosauri - a divorarne uno egli stesso (magari solo per il gusto di vedere gli scienziati arrovellarsi milioni di anni dopo). Oppure si tratta di un piccolo triconodonte, che racconta il momento in cui assistette all'agonia dell'ultimo dinosauro esistente - un ultimo passo per un dinosauro, un grande passo per l'umanita'.

    Anche se in quanto alla fine dei dinosauri sono assolutamente convinta che le cose siano andate come in questo fumetto dei fondamentalisti cristiani americani: http://www.chick.com/reading/tracts/1038/1038_01.asp
    (consiglio a tutti di leggere i loro fumetti, alcuni sono di un'idiozia davvero esilerante) :D
    Gavagai

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  17. Mattia: grazie del consiglio, lo seguirò.

    B.: la traduzione non è mia. Immagino sia dell'edizione italiana del libro di Augusto Monterroso, se c'è mai stata. Grazie del link. No, non ti devi preoccupare di quello che ti suscitano frasi come questa (tenera l'idea che i dinosaurini non hanno la mamma).

    Grazie Gavagai del link. I folli di Dio americani hanno persino i loro musei di scienze naturali in chiave creazionista. Come se io costruissi una chiesa atea.

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  18. @ Gavagai
    Jack Chick è un mito, consiglio di googlare per "jack chick pharingula".
    E a proposito PZ Myers consiglia di riferirsi al "museo" dei creazionisti con le virgolette. Che comunque merita una deviazione, se passate nei paraggi: si può cavalcare un vero dinosauro, PZ l'ha fatto e ha le foto.

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  19. molto bello. unica cosa. il Pignagnoli dice flauto, non fluido.

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  20. Alessandro: Grazie Zio, io il libro di Benati non l'ho (ancora) letto, perché vado in ordine alfabetico: Albani, Baldini, Benati, Bonino, Cornia, ecc. Sulla citazione del Pignagnoli ho seguito Paolo Albani, che può anche darsi che abbia voluto giocarmi un tiro.

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  21. Ti facevo più avanti, devo dire. Almeno alla F.

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  22. Dalla silloge mancano gli esemplari Personaggi Precari di Vanni Santoni:
    http://sarmizegetusa.wordpress.com/

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  23. laperfidanera27/04/10, 18:45

    Ma è semplice, il "suo risveglio", di lui, del dinosauro. A me piacerebbe a volte, al mio risveglio, NON essere ancora lì, ma che ci si può fare?
    LPN

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  24. Less is more(ma che non mi senta il mio datore di lavoro!)

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  25. Il link c'è. Aitan è blogger da molto più tempo di me (e il blog, che scopro oggi, è bello). La questione che pongo, se non mi risponde lui, è: chi mai sarà il suo datore di lavoro? E soprattutto: chi è Aitan?

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  26. Gaetano Vergara
    http://www.itcfilangieri.frattamaggiore.scuolaeservizi.it/organi.htm

    Mi piacciono le ricerche, mi scuso se possono risultare fastidiose, ma io quello che ci dici di fare tu Popinga io lo faccio sempre e non me ne pento mai. L'avevo già visto perchè mi piace tanto Massimo Troisi, E' un bel blog, sì. E fa lo stesso se era uno scherzo e tu lo sapevi già, è bravo secondo me.

    B

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  27. Ebbene sì, sono un dipendente della Pubblica Amministrazione, e in questo clima di tagli...

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  28. Aitan, scusa, ma qui ci sono metodi da KG-B. :-)
    Ci risentiamo di sicuro.

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  29. Vado sfacciatamente OT, ma è un po' di tempo che mi gira in testa una domanda e questo mi sembra il posto giusto per farla:
    informazioni su come funziona il peer review?
    Non in termini tecnici e metodologici, ma stilistici. Ci sono delle regole di scrittura, stilemi, e differenze in questi da una disciplina all'altra?
    Sono riuscita a raccogliere qualcosa dal web man mano che mi capitava, ma mi piacerebbe saperne di più da chi il peer review lo pratica.
    Quindi rivolgo la mia richiesta sia al master del blog che ai suoi frequentatori.
    grazie a chi avrà pazienza e voglia di rispondere. :)

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  30. Aitan: ho inoltrato il quesito a chi ne sa più di me. Se mi risponde te lo faccio sapere.

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  31. Il buon Popinga mi ha inoltrato il commento e ho pensato bene di rispondere qui direttamente. Vediamo un po'...
    Non dovrebbero esserci grosse differenze a parte la terminologia. La struttura è fondamentalmente analitica, partendo da un esame generale (più o meno lungo e approfondito) e poi la descrizione dei punti più critici.
    Personalmente ho ricevuto solo un paio di peer review, anche se ne ho letto un paio su PlosOne, dove, incredibile a dirsi, a volte pubblicano anche le revisioni, e alcuni revisori addirittura le firmano anche! Però, senza divagare, fondamentalmente anche quelle revisioni avevano la stessa struttura e lo stesso stile analitico.

    Si più non so...

    Saluti a tutti e ad Aidel in particolare che ha voluto proporre a tutti questa sua curiosità!

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  32. Popinga, grazie in anticipo! magari ci scappa pure un post.

    p.s.: penso sia solo un errore di assonanza, comunque sono Aidel, ovvero l'anonimo di cui sopra, prima o poi un nome me lo sarei dovuto dare. :)

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  33. In effetti c'è stato un problema di assonanza. La mia risposta era ovviamente per l'ex anonima Aidel. Sorry. ;-(

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  34. Grazie Gianluigi, cortese e veloce: due qualità sempre più rare. Sei sicuro di essere italiano? Favorisca i documenti! :-)

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  35. Rispondo all'appello. Ordunque: tu, ricercatore, ottenuti i risultati della tua ricerca, scrivi un articolo e lo invii alla rivista che ritieni sia quella giusta per i contenuti ed il livello del tuo lavoro. Un editor prende in consegna il file, valuta grossolanamente se il lavoro ha un senso e lo invia ad uno o più referee (che sono ricercatori di altre università ed istituti sparsi per il mondo e di cui lui possiede un elenco). Ogni singola rivista ha la sua politica editoriale. Ad esempio, Physical Review Letters punta su lavori di "fisica di frontiera" ma di vasto interesse. Inviando il manoscritto, l'autore certifica che il documento rappresenta il proprio lavoro originale e riporta correttamente i risultati scientifici e che tutti gli eventuali altri autori hanno dato un contributo significativo alla ricerca. I Referee sono invitati a commentare criticamente la validità e l'importanza dell'articolo ed è chiesto il loro parere anche sul grado di interesse per i lettori. Se presentano una relazione favorevole sul lavoro devono fornire i motivi concreti per raccomandarne la pubblicazione. Gli editor apprezzano anche i suggerimenti dei Referee su eventuali miglioramenti nello stile, grammatica, la completezza dei riferimenti. Insomma, fanno una radiografia del papero (paper) e poi possono dire: non pubblicatelo, pubblicatelo ma con queste correzioni che suggerisco e dopo che l'autore ha risposto a queste mie domande, pubblicatelo così com'è! L'editor raccoglie i giudizi dei referee e decide. Se tutti i referee sono d'accordo, ne segue il consiglio (positivo o negativo che sia). Se la faccenda è più complicata (un referee è contrario alla pubblicazione e l'altro è favorevole o se entrambi pongono questioni a cui bisogna dare una risposta) invia all'autore le osservazioni dei referee. L'autore DEVE rispondere e sperare che le risposte e le modifiche soddisfino i Refeeree. Se così non è non ha (in genere) un'altra possibilità se non quella di provare con un'altra rivista (di solito meno prestigiosa) quella di provare con un'altra rivista (di solito meno prestigiosa).
    N.B. Per quanto riguarda l'aspetto linguistico dei commenti dei referee, questi in genere contengono tutto il campionario che suggerisce Popinga (per via privata) a seconda del caso: uso di condizionali (the author should), di giri di parole (this relation can be better described as) o sentenze inappellabili (ah ah ah, this paper is so stupid! oddio, non scrivono proprio così ma quasi)?

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  36. ... e grazie anche a Peppe, il quale dovrebbe anch'egli favorire i dogumenda.

    Ora attendo il commento risolutivo di Renzo Bossi.

    (Per non so quale motivo, oggi i commenti per la pubblicazione non mi arrivano in ordine cronologico, ma a capocchia: boh?)

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  37. Grazie a tutti!
    E circoscrivo meglio la domanda con un esempio: se tu ricercatore vuoi che il tuo studio sia pubblicato su un rivista, quali accorgimenti stilistici adotti, e con quale criterio? modifichi il tuo stile a seconda della rivista per cui ti candidi? quali sono gli appunti più frequenti che un referee può fare da un punto di vista stilistico? (grammatica e sintassi a parte).

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  38. Penso che gli appunti dal punto di vista "stilistico" possano essere dettati dal rispetto o meno degli standard che le varie riviste indicano per l'invio degli articoli, che dipendono dal settore della pubblicazione. In rete ho trovato, con la ricerca peer rewiew style, diversi siti di riviste scientifiche che dedicano una pagina alla spiegazione del formato e dell'articolazione dei contenuti degli articoli che si vogliono sottoporre. Ovviamente tali indicazioni tecniche si riflettono sullo "stile" della pubblicazione, che mi sembra venga piuttosto vincolato già in partenza dalla rivista, indipendentemente dal suo prestigio.
    Nello "stile" di questo sito concludo con un haiku dedicato all'argomento, intitolato Referee's Report dall'autore, J. L. Alperin della Chicago University:

    Beautiful theorem
    The basic lemma is false
    Reject the paper.

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  39. Ottimo Pop, vado a farmi una gooooglata anch'io! :)

    Solo per curiosità linko queste due cose che trovai a suo tempo:

    http://www.emwa.org/JournalArticles/JA_V18_I2_Langdon_Neuner1.pdf

    http://vixra.org/abs/0907.0020

    Diciamo che del primo qualcosa non mi torna; il secondo è piuttosto curioso (anche considerando la rivista in cui è stato pubblicato...), ma chissà mai che a qualche ricercatore sia capitato di trovarsi in qualcuno dei casi di rifiuto descritti?

    Ciao!

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  40. Aidel: ho visto i due pdf che consigli e li ho salvati (non si sa mai). Hai guardato la voce Peer Rewiew su Wikipedia inglese (tradotta anche in italiano come Revisione paritaria)?
    Sul linguaggio scientifico e lo stile delle pubblicazioni accademiche esiste la indimenticabile parodia di Georges Perec di cui mi sono occupato in un articolo di un anno fa: lo conoscevi?

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  41. Trovato Perec frugando nelle tasche del tuo sito (il link non funziona, Pop, almeno a me: solo per informazione, con il motore di ricerca l'ho trovato comunque :)
    Divertente come sempre!

    Metto nelle mie note anche la voce Peer Review wikipediana; prima o poi tirerò fuori qualcosa dalle raccolte a-sistematiche che faccio? (interrogativa dubitativa).

    Rinnovo il "grazie" per lo spazio concesso.

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  42. Aidel: grazie a te per la partecipazione, che ha sollevato argomenti interessanti e riflessioni non scontate. Fatti viva! :-)

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  43. Se si giudicasse un post in base al numero di ricerche in Rete che esso induce, questo sarebbe senza dubbio ai vertici.

    Sparpaglio tre considerazioni.

    Uno. Non resisto a non citare l'originale: "Cuando despertó, el dinosauro todavía estaba allí".

    Due. Uno dei risultati dei miei ravanamenti googlici è stato quello di imbattermi nel lavoro di Paul Signac: Portrait of Félix Fénéon in Front of an Enamel of a Rhythmic Background of Measures and Angels, Shades and Colors. Riporto il link: http://www.abcgallery.com/S/signac/signac1.html

    Tre. Mi è sembrato di scorgere su questo blog preoccupazione per le tesi creazioniste. Mia nonna avrebbe risposto: "le bugie hanno le gambe corte". Qualcuno di più famoso avrebbe invece detto: "potrete ingannare tutti per un po'. Potrete ingannare qualcuno per sempre. Ma non potrete ingannare tutti per sempre".

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  44. Nautilus, una bella immagine, molto psichedelica con sessant'anni d'anticipo. Sul terzo punto vorrei poter condividere il tuo ottimismo (e lo condivido sui tempi molto lunghi), ma i dati sul successo del creazionismo in paesi assai "sviluppati" come USA e GB li trovo sconfortanti.

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