domenica 4 aprile 2010

Paulin Gagne, il più grande folle letterario

Paulin Gagne (1808–1876), avvocato, letterato e profeta, fu una delle più singolari personalità mai comparse sul suolo francese, in un secolo che, diversamente dal nostro, permetteva agli uomini liberi di manifestarsi. Nato a Montoison (Drôme), fece gli studi classici nei collegi di Montélimar e Valence, dove, grazie alla sua eccezionale memoria, ricevette numerosi premi. Studiò diritto a Grenoble e a Parigi. Divenuto avvocato, esercitò la professione a Montélimar, una piccola città non lontana da Avignone. A Parigi fu in tribunale una volta sola, quando difese un giovane di 23 anni accusato di trentadue furti e di un tentato omicidio. Lo difese con quest’arringa:

“Signori giurati, il triangolo rigeneratore del progresso, di cui la carriola fosforescente ha già trionfato sull’ascesa dell’archimelodia, trova nei vostri cuori gli echi perpendicolari d’un sacro omnibus che esplode in clamori fraterni… L’innocenza dello Stretto di Gibilterra, terrazzato dai pontieri della celeste omelette di Pietro l’Eremita, innalza gli spiriti; e gli accenti divini dell’apocalisse che rinforza l’arcielogio della revalescienza hanno oltrepassato gli spazi del triumvirato redentore della fede–vermicella–immortalità! …

Nonostante l’elegante discorso, il suo cliente fu condannato al massimo della pena, allora Gagne si stancò dell’avvocatura e divenne poeta. Pubblicò in seguito diverse opere di qualche migliaio di versi ciascuna, tutti formalmente inappuntabili. Il tema dominante di queste poesie così accurate e terribilmente confuse può essere agevolmente compreso da qualsiasi persona che abbia frequentato l’enigmistica per almeno trenta–quarant’anni. I suoi primi poemi, usciti tra il 1841 e il 1843, furono dedicati al tema delle catastrofi (ferroviarie, in mare, terremoti, incendi) avvenute in varie parti del mondo.

Nel 1843 pubblicò il Monopanglotte, opera nella quale propugnava la creazione di una lingua universale artificiale. Questo progetto era allora assai di moda, al punto che tra la metà del Settecento e quella dell’Ottocento furono inventate così tante lingue universali che il loro numero superava quello di tutte le lingue naturali. E rimaneva il problema di scegliere quale di esse potesse superare la soglia di un solo parlante, cioè l’autore. Il progetto di Gagne consisteva di una lingua composta di parole prese da venti idiomi diversi (tedesco, inglese, arabo, cinese, danese, spagnolo, francese, greco, ebraico, indostano, italiano, latino, malgascio, persiano, polacco, portoghese, russo, sanscrito, svedese e turco) proporzionalmente all’importanza dei popoli che le hanno parlate o le parlano. Così diceva il Gagne, insolitamente parco nel lessico:

“La lingua universale sarà formata dalla riunione o dalla mescolanza delle radici delle principali lingue madri, morte o viventi, impiegate in una giusta utilità, vale a dire che ciascuna delle lingue madri fornirà una parte proporzionale delle parole che rappresentano le nostre idee per comporre la lingua unica e universale, il che fornirà il vantaggio di non ferire in alcun modo la suscettibilità dei popoli, poiché essi daranno così una parte della loro ricchezza all’edificio universale, e di formare una nuova lingua, la quale sola comprendendole tutte, per una giusta scelta delle parole radici ed etimologiche, sarò assai più ricca e meno verbosa che ciascuna di esse”.

Nel Monopanglotte i verbi sono all’infinito, sono abolite le declinazioni (viene solo aggiunta una “s” per indicare il plurale dei nomi), gli aggettivi sono al maschile, esiste una pronuncia uniforme per tutte le lettere e le sillabe delle lingue, l’alfabeto universale è quello francese. L’opera si conclude con una lunga poesia celebrativa, con versi come questi:

Et voulez de ce monde expulser l'égoïsme,
Au nom de la science et de l'humanité,
Au nom des dogmes purs de la divinité,
Venez, dignes soutiens de là philanthropie,
Propagateurs des lois de la philosophie;
Apportez, apportez votre noble tribut
A l'œuvre dont je viens de tracer le début,
Et bientôt, rayonnant et dominant le monde,
Surgira l'édifice à la clarté féconde
Où comme en un grand phare au monde consacré
Chaque peuple viendra puiser le feu sacré...

Dopo la rivoluzione del 1848 fu nominato consigliere municipale nel suo paese natale. Dicono i maligni che in quella veste propose alcune stravaganti riforme, come la sostituzione di tutti i sentieri poderali con una strada unica che avrebbe dovuto servire tutto il dipartimento. I suoi colleghi del Consiglio, gente un po’ rustica e di vedute limitate, non compresero il suo progetto e Gagne dovette rinunciarvi, non senza promettere di trasformarlo in un poema di cinquemila versi.

Il 28 aprile 1853 Gagne sposò Elise Moreau, già autrice lei stessa di numerosi romanzi e che in seguito avrebbe collaborato a quasi tutte le opere del marito. L’opera più voluminosa della signora Gagne fu l’Omegar, proso–poesia drammatica della fine dei tempi. Chi ha avuto il piacere di leggere quelle 460 pagine si è davvero convinto che la teofobia, muovendosi verso la filosofluidità, deve, per forza di cose, combinarsi con il latronum della bestialorgia e, passando naturalmente per il demounas dell’auriteocreazia, della socialforza, della vinicoltivrezza e dell’arcimondeade, confondersi e immergersi nella panteolatria e la concubigamoratoria. Una volta che tutti avranno appreso questa suprema verità l’umanità sarà assai felice, perché c’è sempre soddisfazione nell’aver qualcosa da rispondere alla lettura di qualche circolare ministeriale.

Nel 1857 Gagne annunciò l’arrivo di una “donna messia”, che chiamò la Philosofluide, e la rigenerazione dell’umanità sviata dai suoi fini per le mene di Satana (A tous les peuples du monde. L’Unitéide ou la Femme Messie). L’Uniteide, poema in 60 atti e venticinquemila versi, fu definita dai contemporanei come “il più bizzarro agglomerato di nomi fantastici e di versi strampalati che possa inventare il cervello umano”. Tra le centinaia di personaggi che vi figurano, si trovano anche la Pataticultura, “figlia della natura e del secolo in frittura”, e la Caroticultura, che intona una parodia della Marsigliese intitolata La Carotte universelle:

Allons enfants de la carotte
Le jour de gloire est arrivé,
Contre nous du blé qui marmotte
L'étendard sanglant est levé;
Ils viennent jusque dans nos bras
Égorger nos carottes compagnes !
Aux armes, carottiers, formez vos bataillons,
Marchons, que la carotte inonde nos sillons.
Amour sacré de la carotte
Conduis, soutiens nos bras vengeurs,
Liberté chérie en compote
Combats avec tes défenseurs.
Des peuples fiers de leur victoire
Viens parfumer le pot-au-feu
Pour qu'ils puissent faire en tout lieu
Éclater la carotte en gloire.

Dopo aver pubblicato un gran numero di volumi e di opuscoli, Gagne fondò numerosi giornali dai titoli assai fantasiosi, come L’Espérance, L’Archi-Soleil e L’Unité, “journal universel et pantoglotte, organe de l’archi-congrès de l’unité universelle, religeuse, littéraire, scientifique”. Nel 1860 subì un attacco, frequente ai quei tempi, di spiritismo e fu internato per qualche tempo in manicomio, dove si rivelò il migliore aiutante dei medici, che lo dimisero con un referto in cui affermavano: “lenisce, tranquillizza e allieta tutti gli altri dementi”. Il Nostro li ringraziò con questa quartina:

Savez-vous bien pourquoi docteurs aliénistes,
Vous êtes presque tous, dit-on, des aliénés?
C'est parce que Dieu fuit les matérialistes
Qui dans les inspirés voient des hallucinés.

Guarito, tentò di entrare nella vita politica, presentandosi nel maggio 1863 alle elezioni parlamentari come candidato “soprannaturale, universale, perpetuo e inamovibile”. Gli elettori non compresero affatto che questo progetto avrebbe loro assicurato la riconquista della libertà di stampa e di riunione, e Gagne ebbe il dolore di veder considerare la sua candidatura ultrarinnovatrice come uno scherzo di carnevale. Avrebbe ripetuto il tentativo nel 1869, ma con lo stesso risultato, dimostrando per l’ennesima volta come i cittadini non siano mai pronti a scelte coraggiose, accontentandosi di governi incapaci e di blande opposizioni. I parigini e l’opposizione di sinistra non seppero neanche apprendere l’insegnamento del poeta–filosofo–politico quando egli, il 26 ottobre dello stesso anno, andò tutto solo, con il suo ombrello arci–umanitario, a protestare ai piedi dell’obelisco contro la proroga illegale della legislatura.

Una creazione acutissima di Gagne fu la filantropofagia, proposta nel 1867 sul numero 5 de l’Unitè. Egli ebbe quest’idea dopo una terribile carestia che aveva colpito l’Algeria, colpito dalla notizia delle migliaia di morti provocati da questo flagello. Nella filantropofagia, “l’amore dell’uomo per l’uomo dato in alimento”, cioè il sacrificio volontario di uomini e donne che si danno fraternamente e religiosamente in nutrimento alle vittime della fame che divora il mondo, Gagne individuò la definitiva soluzione del “problema sociale”. Di questa iniziativa si occuparono i principali giornali parigini. Coloro che non volevano darsi in sacrificio avrebbero potuto almeno farsi amputare una gamba o un braccio. Da parte sua, Gagne affermò di preferire di “diventare il sacro alimento dei miei simili, che mi venereranno, piuttosto che essere la stupida e ignobile pastura dei vermi”. Così si disse pronto a inviare una delle sue gambe in Algeria, un’altra in America, un braccio in Irlanda, il tronco del suo corpo al mondo intero. Durante l’assedio di Parigi nel 1870 da parte delle truppe prussiane riprese la sua proposta, dicendo di iniziare con il sacrificio filantropofago dei vecchi e dei giornalisti.

Dopo queste filantropiche iniziative, Gagne si ritirò dalla vita pubblica. Vecchio, con una lunga barba bianca, sempre vestito di nero, fece parlare di sé un’ultima volta quando, in occasione della visita in Francia dello scià di Persia, annunciò di voler diventare persiano, preferendo un paese barbaro in via di civilizzazione a un paese civilizzato in via di imbarbarimento.

Lo sguardo magnetico, la voce tonante, alto ed emaciato, Gagne non si curava che le sue parole fossero oggetto di derisione. Quando diceva, come illuminato e con aria da profeta, “La saluteide è nella teofobia del comunismoratorio della schiavitù vampiro!” qualcuno incominciò a chiedersi se non fosse lui a prendere in giro l’umanità intera.

Chiese allo stato francese una pensione perpetua per i suoi meriti e per far fronte ai morsi della fame. Inascoltato, morì in povertà.

Auguro una serena Pasqua a tutti miei lettori, fedeli od occasionali.

9 commenti:

  1. Non male certe idee (quella di utilizzare diversamente i giornalisti sarebbe oltremodo utile da noi, e ci guadagneremmo a leggere la stampa di fuori, garantito!) ma fin da subito mi è venuta un'idea che potrebbe rendere il mondo migliore. E voglio regalarla a questo blog e all'umanità tutta.
    Se noi prendiamo l'opera omnia del Paulin (dal nome si direbbe piemontese) e la regaliamo a Giorgio Faletti avremo immediatamente ampie ricadute positive. Senza pretesa di essere esaustivo ne elenco qualcuna:
    1) il Nostro si troverà occupato per un lungo lasso di tempo e non produrrà un altro "romanzo";
    2) il Nostro potrà dedicarsi all'approfondimento della lingua francese (che se avessi tempo farei anch'io, è la mia preferita, davvero);
    3) il Nostro capirebbe che scrivere non è il suo mestiere; qui la cosa si fa un tantino ambigua perché potrebbe seguire l'esempio di Grillo;
    4) il Nostro diventerebbe seguace della filantropofagia, e tenterebbe di convertire il Cota: metti che ci riesce, ad Asti ci fanno il monumento e anche a Torino, credo.

    Per chi non ha lo stomaco delicato auguri. Ma padre Raniero in primis e i protettori dei pretofili tutti rendono difficile dire di cosa. Possa FSM toccarli con le Sue Pastose Appendici e invogliarli a chiedere scusa, l'ha fatto anche Balotelli, RAmen.

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  2. Potrebbe tranquillamente far parte della piccola antologia dei poeti inesistenti. In ogni caso, in molti casi, se un tempo l'impotenza generava poeti ora genera blogger ("parla per te" mi sento sussurrare). Buone, serene, feste.

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  3. Béh, contraccambi con un altra ...follia!:-)
    Però ancora non ho letto... vado un po' di fretta..
    Buonissima Pasqua, Pop!
    g

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  4. laperfidanera04/04/10, 14:46

    Dì a Bacillus che si dedica alla "vinicoltivrezza" e ti spara a pallettoni!
    Ciao, auguri (di che?) anche a te.
    LPN

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  5. A me è venuta in mente l'arringa di quell'avvocatessa strapagata e molto nota che ha paragonato la condannata statunitense ad Amèlie (sulla faccenda dell'omicidio di Perugia), che io ho pensato, non conoscendo le carte, ma ho pensato lo stesso: Ma Amelie no, no, no, ma dai! Anche la finta Amelie è stata condannata, ma non credo che l'avvocatessa morirà in povertà, inascoltata.
    Domani è ancora festa e tutti hanno tante cose da fare e io ho pensato che nessuno avrebbe trascorso questo giorno di festa a fare le cose che fa sempre, compreso leggere te, Popinga. Beh, io non lo so se sono una lettrice occasionale, oppure una fedelissima, ma oggi io ti ho letto, come tutti gli altri giorni. Ti auguro così un buon lunedì, che non ho mai capito che festa fosse, domani, esattamente. A me non sono mai piaciute le feste sai, mi sento sempre triste e non vedo l'ora che finiscano, però lo so che non è colpa di nessuno e così non lo dico mai a nessuno. Tanto qui non c'è nessuno, oggi.
    B

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  6. Piove sull'esercito dei vacanzieri.
    Alcuni consigli per il menù di Pasqua.
    Code sulla Firenze-Mare.
    Pasquetta a rischio alluvioni.
    Rovinata la tradizionale gita fuori porta.
    Rientro sotto il sole.

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  7. un vero blogger ante litteram! come me lo sento vicino!
    auguri a tutti

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  8. Non riesco a capire come non abbiano assolto il ladruncolo dopo quell'arringa così convincente.
    Riguardo la carriera politica strano che Gagne non l'abbia tentata in Italia, dove come politico "universale, perpetuo e inamovibile" avrebbe indubbiamente prosperato.

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  9. Ci presenti (o mi, non lo so) dei personaggi decisamente originali e stravaganti, Pop! grazie:-)

    @B:: mi sento molto "vicina" a te!:-)

    g

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