Sofia Krukovsky Kovalevskaya (1850-1891) fu non solo una grande matematica, ma anche una scrittrice dotata e una sostenitrice dei diritti delle donne. La sua battaglia per farle accedere a ogni grado dell’istruzione iniziò ad aprir loro le porte delle università. Inoltre, i suoi innovativi risultati in matematica fecero in modo che i colleghi cominciassero a riconsiderare le loro prevenzioni riguardo al ruolo femminile in campo scientifico.
Sofia Krukovsky nacque nel 1850 a Mosca da una famiglia della piccola nobiltà russa. Aveva otto anni quando suo padre, che era generale dell’artiglieria, andò in pensione e si trasferì con la famiglia in una tenuta a Palibino, presso il confine lituano. Fu lì che Sofia iniziò molto presto il suo rapporto con la matematica. Sofia avrebbe poi raccontato di essere rimasta colpita nell’intimo dalle vecchie note di calcolo differenziale e integrale di suo padre, incollate sulle pareti nella stanza dei bambini a causa della scarsità di tappezzeria. Indicò anche nello zio Piotr, che si fermava spesso a discutere con lei di numerosi concetti relativi ai numeri, come colui che trasformò la sua prima fiammella in un incendio. Nella sua autobiografia, Sofia avrebbe poi scritto: “Il significato di quei concetti non lo potevo di sicuro cogliere, ma essi agirono sulla mia immaginazione, instillandomi una venerazione per la matematica come scienza esaltante e misteriosa che apre ai suoi iniziati un nuovo mondo di meraviglie, inaccessibile ai comuni mortali”. All’età di quattordici anni imparò da sola la trigonometria per comprendere la sezione dedicata all’ottica di un libro di fisica che stava leggendo. Il professor Tyrtov, autore del libro e vicino di casa dei Krukovsky, rimase assai impressionato dalle capacità della giovane e convinse suo padre a permetterle di frequentare la scuola a San Pietroburgo per continuare gli studi di calcolo.
Dopo aver concluso le scuole secondarie, Sofia era determinata a continuare la propria formazione a livello universitario. Le università più vicine aperte alle donne erano tuttavia in Svizzera, e alle donne giovani e nubili le convenzioni sociali non consentivano di viaggiare da sole. Per risolvere il problema, nel settembre 1868, Sofia fece un matrimonio di convenienza, maturato negli ambienti politici radicali frequentati da lei e dalla sorella maggiore Anja, con il ventiseienne Vladimir Kovalevsky. Per i primi mesi dopo il matrimonio la coppia rimase a San Pietroburgo, dove Sofia frequentava i corsi universitari quasi in incognito, poi si spostò a Heidelberg, dove Sofia si fece una piccola fama per la sua competenza, mentre Vladimir studiava geologia. La sua richiesta di essere ammessa a seguire i corsi costrinse il senato accademico della città universitaria tedesca alla risoluzione di consentire ai singoli insegnanti di accettare donne tra i loro studenti, purché in modo non ufficiale: un primo timido passo verso la parità. Contemporaneamente seguiva i corsi di fisica di Kirchoff e Helmholtz, potendo così apprezzare le possibili applicazioni della matematica.
Nel 1870 Sofia decise di voler seguire il corso tenuto da Karl Weierstrass all’Università di Berlino, mentre Vladimir avrebbe proseguito gli studi a Jena. Weierstrass era considerato uno dei più celebri matematici del tempo, e inizialmente non prese la giovane russa nella dovuta considerazione. Solo perchè Sofia portava con sè una lettera di presentazione di Leo Koeninsberg, il suo docente di Heidelberg, Weierstrass accettò di metterla alla prova, dandole da risolvere alcuni problemi sulle funzioni iperellittiche che aveva appena spiegato ai suoi studenti. Le brillanti soluzioni di Sofia lo fecero ricredere. Immediatamente iniziò a tenere per lei delle lezioni private due volte la settimana, perché l’università di Berlino ancora non consentiva l’iscrizione alle donne, né permetteva loro di seguire i corsi in forma non ufficiale. Sofia studiò con Weierstrass per quattro anni. Commentando questo periodo, la Kovalevskaya avrebbe scritto: “Questi studi ebbero la più profonda influenza possibile sulla mia intera carriera matematica. Essi determinarono in modo decisivo e irrevocabile la direzione che avrei dovuto seguire nel mio successivo lavoro scientifico: tutta la mia attività è stata condotta precisamente nello spirito di Weierstrass”.
Alla fine di quei quattro anni Sofia aveva prodotto tre opere, tutte controllate e accettate dal suo insegnante, nella speranza di ottenere il diritto a discutere una tesi di laurea. La prima di queste, Sulla teoria delle equazioni differenziali parziali, fu persino pubblicata nel 1875 sull’autorevole rivista Journal für die reine und angewandte Mathematik, “Giornale di matematica pura e applicata”, un onore grandissimo per un matematico sconosciuto. Nell’articolo, la Kovalevskaya aveva generalizzato un problema che era stato posto da Cauchy. Egli aveva esaminato un teorema di esistenza per le equazioni differenziali parziali, e Sofia aveva generalizzato i risultati di Cauchy a sistemi di ordine r contenenti derivate rispetto al tempo di ordine r. Henry Poincaré commentò il lavoro dicendo che “La Kovalevskaya ha semplificato in modo significativo la dimostrazione e fornito al teorema la sua forma definitiva”. La sua generalizzazione oggi è nota come teorema di Cauchy-Kovalevskaya.
Nel 1874 ottenne la laurea all’università di Gottinga. Nonostante questo riconoscimento, il fatto di aver pubblicato un lavoro assai prestigioso, e l’aiuto di Weierstrass, che era ora entusiasta (e un po’ innamorato) della sua allieva, ella non riuscì a trovare un lavoro. Allora Sofia e il marito decisero di ritornare presso la famiglia di lei a Palobino. Ma l’unica occasione di lavoro che le si presentò in Russia fu quella di docente di aritmetica presso una scuola elementare femminile, offerta che declinò dicendo di essere “sfortunatamente assai debole con le tabelline”. A complicare la situazione, poco dopo il suo ritorno, il padre morì improvvisamente, lasciando una piccola eredità che Vladimir investì in alcune speculazioni finanziarie. Fu in questo periodo di dolore e difficoltà che Sofia e Vladimir si innamorarono per davvero. Dal loro matrimonio nacque una figlia, Sofia Vladimirovna, nell’ottobre 1878.
Durante il suo soggiorno a casa, Sofia abbandonò temporaneamente la matematica, sviluppando invece il suo talento letterario. Si dedicò al racconto, alle critiche letterarie e teatrali e agli articoli scientifici per la rivista Tempi Nuovi. All’origine di questa nuova passione c’è anche la frequentazione di Dostoijevsky, amico di famiglia. In una lettera scritta verso la fine della sua vita, la Kovalevskaya spiega efficacemente la sua doppia vocazione: “Chi non ha mai avuto occasione di approfondire la conoscenza della matematica, la confonde con l'aritmetica e la considera un'arida scienza. In realtà è una scienza che richiede molta immaginazione. Uno dei matematici più eminenti del nostro secolo osserva giustamente che sarebbe impossibile essere un matematico senza avere anche l’anima di un poeta. E' necessario rinunciare all'antico pregiudizio secondo il quale il poeta deve inventare qualcosa che non esiste, che immaginazione e invenzione sono la stessa cosa. A me pare che il poeta deve soltanto percepire qualcosa che gli altri non percepiscono, vedere più lontano degli altri. E il matematico deve fare la stessa cosa. Quanto a me, non sono mai stata capace di scegliere tra la mia passione per la matematica e quella per la letteratura”. Una prova di questo intersecarsi di passioni è la curiosa prosa che si trova in una lettera al cognato: “Data una funzione (la felicità, nel nostro caso) che dipende da numerose variabili (come le nostre risorse economiche, la possibilità di vivere in bel posto e di frequentare amici piacevoli, ecc.), come determinare le variabili in modo che la funzione raggiunga il suo massimo? Inutile dire che siamo incapaci di risolvere matematicamente questo problema”.
Nel 1880 Sofia ritornò alla matematica con nuovo entusiasmo. Su invito del matematico russo Cebyshev, presentò un suo lavoro sugli integrali di Abel a una conferenza scientifica a San Pietroburgo, ottenendo giudizi molto positivi. Ancora una volta si trovava di fronte al dilemma se dedicarsi alla famiglia oppure trovare un incarico per dedicarsi a ciò che più amava: la matematica. Decise di tornare da sola a Berlino presso Weierstrass, mentre il rapporto con Vladimir era praticamente finito. Non era là da molto tempo quando fu raggiunta dalla notizia della morte del marito, che si era suicidato a causa di un improvviso tracollo finanziario. Il dolore spinse Sofia a dedicarsi alla matematica con una passione ancora più grande di prima.
Per fortuna, nel 1883 le cose per Sofia ebbero una svolta positiva. Ricevette infatti un invito come professore incaricato alla nuova Università di Stoccolma da parte di un conoscente e vecchio studente di Weierstrass, lo svedese Gosta Mittag-Leffler, nel frattempo divenuto capo dell’appena istituito dipartimento di matematica. All’inizio si trattava di un incarico temporaneo (il primo anno neppure retribuito), ma alla fine dei cinque anni previsti, Sofia aveva dimostrato ampiamente il suo valore, smentendo i critici come il drammaturgo August Strindberg, che aveva accolto sferzante la sua nomina con le parole “Sofia Kovalevsky dimostra, in modo lampante, come due più due fa quattro, che un professore femmina è un fenomeno pernicioso e sgradevole, direi persino una mostruosità”. Giunsero allora alcune soddisfazioni.
Ottenne la cattedra di Analisi Superiore nel luglio 1884, divenne editor della nuova rivista Acta Mathematica, pubblicò uno studio di cristallografia scritto anni prima a Berlino (nel quale l’italiano Vito Volterra nel 1916 avrebbe tuttavia trovato un grave errore) e, nel 1885, le fu assegnata anche la cattedra di Meccanica. Nello stesso periodo fu autrice con l’amica Anna Leffler, sorella di Gosta, attivista femminista e futura sua biografa, di un'opera teatrale intitolata La lotta per la felicità. Fu l’inizio di una collaborazione letteraria che si concretizzò in articoli di viaggio, poesie (dominate dai temi della morte, del sacrificio, dell’amore sfortunato e dell’emancipazione femminile) e progetti falliti, come quello del dramma Quando la morte non ci sarà più, che fu rifiutato da tutti i teatri svedesi e stroncato dalla critica. A turbare questo periodo furono anche le accuse di scarso senso materno: sua figlia la raggiunse a Stoccolma solo quando aveva otto anni.
Nel 1887 l’attendeva la notizia drammatica della morte della sorella Anja, alla quale era molto legata, che provocò la sua prima crisi depressiva. Fortunatamente, poco tempo dopo Sofia ottenne il suo più grande trionfo personale. L’anno successivo, infatti, vinse il Premio Bordin dell’Accademia Francese delle Scienze per il suo lavoro Sulla rotazione di un corpo solido intorno a un punto fisso. Prima di quelle fornite dalla Kovalevskaya, le uniche soluzioni note sulla rotazione di un corpo rigido attorno a un punto riguardavano solo due casi in cui esso è simmetrico. Nella sua pubblicazione, Sofia sviluppò la teoria per un corpo asimmetrico, in cui il centro di massa non è sul suo asse. Lo studio fu così apprezzato che il premio previsto fu portato dai 3000 previsti a 5000 franchi.
Intanto un nuovo amore entrava nella sua vita: l’avvocato Maxim Kovalevsky, lontano parente del marito. Egli era stato allontanato dall’incarico all’Università di Mosca a causa delle sue idee politiche liberali ed era giunto a Stoccolma per un ciclo di lezioni. Conobbe Sofia e i due ebbero una chiacchierata relazione. La professione portava via Maxim da Stoccolma ed egli pretendeva che Sofia lasciasse la posizione guadagnata a fatica per seguirlo ed essere semplicemente sua moglie. Sofia rifiutò quest’idea, ma non poteva sopportare la perdita dell’amato. Il problema fondamentale era che entrambi erano troppo appassionati del loro lavoro per sacrificarlo all’amore. Sofia cadde in una nuova crisi depressiva, alla quale reagì con la scrittura.
In Francia, nella villa di Maxim, che periodicamente lei andava a trovare, concluse Ricordi d’infanzia in russo. Si tratta di un racconto autobiografico in cui Sofia fornisce una descrizione assai dettagliata della sua infanzia fino ai diciotto anni. Il quadro della vita di una famiglia agiata dell’aristocrazia è assai accurato, e non mancano giudizi severi su una vita “noiosa, oziosa e isolata”. Dal racconto emergono le aspirazioni d’indipendenza di Sofia e della sorella e i loro contrasti con il padre. Vengono descritti anche gli incontri con Dostoijevsky, al quale ella mostra le poesie che aveva composto. Afferma anche di aver lungamente studiato la sonata per pianoforte Patetica di Beethoven per suonarla davanti all’uomo di lettere. Lo stile di Dostoijevsky emerge in certe pagine in cui Sofia descrive l’assassinio di una zia, massacrata dai servi a causa della sua tirannia, oppure quando ricorda una giovane domestica ingiustamente frustata e licenziata per un furto che non aveva commesso.
Nel 1889 tentò di ritornare in Russia, ma, nonostante i matematici del suo paese fossero riusciti a far accettare, con uno strappo alle rigide convenzioni maschiliste, la sua domanda di divenire corrispondente esterna dell’Accademia Imperiale delle Scienze, non le fu offerto alcun incarico accademico. Nell’autunno dello stesso anno si rassegnò ad accettare il rinnovo del suo incarico a Stoccolma. Era ancora in crisi per la perdita di Maxim, anche se ogni tanto si recava in Francia per trovarlo. Nel 1890 scrisse in svedese il romanzo Una ragazza nichilista. Nell’opera Sofia sviluppa ampiamente le sue idee ribelli. L’eroina, Vera Voronzov, è assai simile a lei e i suoi ideali traspaiono sotto quelli del personaggio principale. Il testo mette in luce il contesto politico e sociale degli anni 1860-1870 e presenta chiaramente i motivi che porteranno la Russia verso un epilogo rivoluzionario. La descrizione e l’analisi dei sentimenti è sottile, testimoniando una grande sensibilità dell’autrice. Lo stile piacevole è reso ancor più vivo dai frequenti cambiamenti del soggetto narrante (l’autrice si alterna all’eroina). Sofia aveva in mente altri progetti letterari, come l’opera teatrale Fino alla morte, dopo la morte, iniziato a scrivere da sua sorella Anja prima di morire e che neanche lei riuscirà a concludere, oppure una biografia del padre. Ma tutti questi programmi sarebbero rimasti tali.
La Kovalevskaya morì improvvisamente il 10 febbraio 1891, di ritorno da un viaggio in Francia per vedere Maxim, durante il quale aveva contratto una polmonite diagnosticata troppo tardi. La comunità scientifica pianse la sua perdita, mentre il ministro russo dell’interno commentò astiosamente che si dedicava troppa importanza a una donna che, in fondo, era stata una nichilista.
Durante la sua vita aveva pubblicato dieci lavori scientifici che contenevano teorie innovative o lo spunto per nuove scoperte. Il presidente dell’Accademia delle Scienze francese, che le aveva assegnato il premio Bordin, ebbe a dire: “Tutti noi abbiamo riscontrato che il suo lavoro è la testimonianza non solo del suo sapere vasto e approfondito, ma di una mente di grande inventiva”.
Sofia Kovalevskaya aveva avuto due amori: più di Vladimir e Maxim, essi furono la matematica e la letteratura.
Sofia Krukovsky nacque nel 1850 a Mosca da una famiglia della piccola nobiltà russa. Aveva otto anni quando suo padre, che era generale dell’artiglieria, andò in pensione e si trasferì con la famiglia in una tenuta a Palibino, presso il confine lituano. Fu lì che Sofia iniziò molto presto il suo rapporto con la matematica. Sofia avrebbe poi raccontato di essere rimasta colpita nell’intimo dalle vecchie note di calcolo differenziale e integrale di suo padre, incollate sulle pareti nella stanza dei bambini a causa della scarsità di tappezzeria. Indicò anche nello zio Piotr, che si fermava spesso a discutere con lei di numerosi concetti relativi ai numeri, come colui che trasformò la sua prima fiammella in un incendio. Nella sua autobiografia, Sofia avrebbe poi scritto: “Il significato di quei concetti non lo potevo di sicuro cogliere, ma essi agirono sulla mia immaginazione, instillandomi una venerazione per la matematica come scienza esaltante e misteriosa che apre ai suoi iniziati un nuovo mondo di meraviglie, inaccessibile ai comuni mortali”. All’età di quattordici anni imparò da sola la trigonometria per comprendere la sezione dedicata all’ottica di un libro di fisica che stava leggendo. Il professor Tyrtov, autore del libro e vicino di casa dei Krukovsky, rimase assai impressionato dalle capacità della giovane e convinse suo padre a permetterle di frequentare la scuola a San Pietroburgo per continuare gli studi di calcolo.
Dopo aver concluso le scuole secondarie, Sofia era determinata a continuare la propria formazione a livello universitario. Le università più vicine aperte alle donne erano tuttavia in Svizzera, e alle donne giovani e nubili le convenzioni sociali non consentivano di viaggiare da sole. Per risolvere il problema, nel settembre 1868, Sofia fece un matrimonio di convenienza, maturato negli ambienti politici radicali frequentati da lei e dalla sorella maggiore Anja, con il ventiseienne Vladimir Kovalevsky. Per i primi mesi dopo il matrimonio la coppia rimase a San Pietroburgo, dove Sofia frequentava i corsi universitari quasi in incognito, poi si spostò a Heidelberg, dove Sofia si fece una piccola fama per la sua competenza, mentre Vladimir studiava geologia. La sua richiesta di essere ammessa a seguire i corsi costrinse il senato accademico della città universitaria tedesca alla risoluzione di consentire ai singoli insegnanti di accettare donne tra i loro studenti, purché in modo non ufficiale: un primo timido passo verso la parità. Contemporaneamente seguiva i corsi di fisica di Kirchoff e Helmholtz, potendo così apprezzare le possibili applicazioni della matematica.
Nel 1870 Sofia decise di voler seguire il corso tenuto da Karl Weierstrass all’Università di Berlino, mentre Vladimir avrebbe proseguito gli studi a Jena. Weierstrass era considerato uno dei più celebri matematici del tempo, e inizialmente non prese la giovane russa nella dovuta considerazione. Solo perchè Sofia portava con sè una lettera di presentazione di Leo Koeninsberg, il suo docente di Heidelberg, Weierstrass accettò di metterla alla prova, dandole da risolvere alcuni problemi sulle funzioni iperellittiche che aveva appena spiegato ai suoi studenti. Le brillanti soluzioni di Sofia lo fecero ricredere. Immediatamente iniziò a tenere per lei delle lezioni private due volte la settimana, perché l’università di Berlino ancora non consentiva l’iscrizione alle donne, né permetteva loro di seguire i corsi in forma non ufficiale. Sofia studiò con Weierstrass per quattro anni. Commentando questo periodo, la Kovalevskaya avrebbe scritto: “Questi studi ebbero la più profonda influenza possibile sulla mia intera carriera matematica. Essi determinarono in modo decisivo e irrevocabile la direzione che avrei dovuto seguire nel mio successivo lavoro scientifico: tutta la mia attività è stata condotta precisamente nello spirito di Weierstrass”.
Alla fine di quei quattro anni Sofia aveva prodotto tre opere, tutte controllate e accettate dal suo insegnante, nella speranza di ottenere il diritto a discutere una tesi di laurea. La prima di queste, Sulla teoria delle equazioni differenziali parziali, fu persino pubblicata nel 1875 sull’autorevole rivista Journal für die reine und angewandte Mathematik, “Giornale di matematica pura e applicata”, un onore grandissimo per un matematico sconosciuto. Nell’articolo, la Kovalevskaya aveva generalizzato un problema che era stato posto da Cauchy. Egli aveva esaminato un teorema di esistenza per le equazioni differenziali parziali, e Sofia aveva generalizzato i risultati di Cauchy a sistemi di ordine r contenenti derivate rispetto al tempo di ordine r. Henry Poincaré commentò il lavoro dicendo che “La Kovalevskaya ha semplificato in modo significativo la dimostrazione e fornito al teorema la sua forma definitiva”. La sua generalizzazione oggi è nota come teorema di Cauchy-Kovalevskaya.
Nel 1874 ottenne la laurea all’università di Gottinga. Nonostante questo riconoscimento, il fatto di aver pubblicato un lavoro assai prestigioso, e l’aiuto di Weierstrass, che era ora entusiasta (e un po’ innamorato) della sua allieva, ella non riuscì a trovare un lavoro. Allora Sofia e il marito decisero di ritornare presso la famiglia di lei a Palobino. Ma l’unica occasione di lavoro che le si presentò in Russia fu quella di docente di aritmetica presso una scuola elementare femminile, offerta che declinò dicendo di essere “sfortunatamente assai debole con le tabelline”. A complicare la situazione, poco dopo il suo ritorno, il padre morì improvvisamente, lasciando una piccola eredità che Vladimir investì in alcune speculazioni finanziarie. Fu in questo periodo di dolore e difficoltà che Sofia e Vladimir si innamorarono per davvero. Dal loro matrimonio nacque una figlia, Sofia Vladimirovna, nell’ottobre 1878.
Durante il suo soggiorno a casa, Sofia abbandonò temporaneamente la matematica, sviluppando invece il suo talento letterario. Si dedicò al racconto, alle critiche letterarie e teatrali e agli articoli scientifici per la rivista Tempi Nuovi. All’origine di questa nuova passione c’è anche la frequentazione di Dostoijevsky, amico di famiglia. In una lettera scritta verso la fine della sua vita, la Kovalevskaya spiega efficacemente la sua doppia vocazione: “Chi non ha mai avuto occasione di approfondire la conoscenza della matematica, la confonde con l'aritmetica e la considera un'arida scienza. In realtà è una scienza che richiede molta immaginazione. Uno dei matematici più eminenti del nostro secolo osserva giustamente che sarebbe impossibile essere un matematico senza avere anche l’anima di un poeta. E' necessario rinunciare all'antico pregiudizio secondo il quale il poeta deve inventare qualcosa che non esiste, che immaginazione e invenzione sono la stessa cosa. A me pare che il poeta deve soltanto percepire qualcosa che gli altri non percepiscono, vedere più lontano degli altri. E il matematico deve fare la stessa cosa. Quanto a me, non sono mai stata capace di scegliere tra la mia passione per la matematica e quella per la letteratura”. Una prova di questo intersecarsi di passioni è la curiosa prosa che si trova in una lettera al cognato: “Data una funzione (la felicità, nel nostro caso) che dipende da numerose variabili (come le nostre risorse economiche, la possibilità di vivere in bel posto e di frequentare amici piacevoli, ecc.), come determinare le variabili in modo che la funzione raggiunga il suo massimo? Inutile dire che siamo incapaci di risolvere matematicamente questo problema”.
Nel 1880 Sofia ritornò alla matematica con nuovo entusiasmo. Su invito del matematico russo Cebyshev, presentò un suo lavoro sugli integrali di Abel a una conferenza scientifica a San Pietroburgo, ottenendo giudizi molto positivi. Ancora una volta si trovava di fronte al dilemma se dedicarsi alla famiglia oppure trovare un incarico per dedicarsi a ciò che più amava: la matematica. Decise di tornare da sola a Berlino presso Weierstrass, mentre il rapporto con Vladimir era praticamente finito. Non era là da molto tempo quando fu raggiunta dalla notizia della morte del marito, che si era suicidato a causa di un improvviso tracollo finanziario. Il dolore spinse Sofia a dedicarsi alla matematica con una passione ancora più grande di prima.
Per fortuna, nel 1883 le cose per Sofia ebbero una svolta positiva. Ricevette infatti un invito come professore incaricato alla nuova Università di Stoccolma da parte di un conoscente e vecchio studente di Weierstrass, lo svedese Gosta Mittag-Leffler, nel frattempo divenuto capo dell’appena istituito dipartimento di matematica. All’inizio si trattava di un incarico temporaneo (il primo anno neppure retribuito), ma alla fine dei cinque anni previsti, Sofia aveva dimostrato ampiamente il suo valore, smentendo i critici come il drammaturgo August Strindberg, che aveva accolto sferzante la sua nomina con le parole “Sofia Kovalevsky dimostra, in modo lampante, come due più due fa quattro, che un professore femmina è un fenomeno pernicioso e sgradevole, direi persino una mostruosità”. Giunsero allora alcune soddisfazioni.
Ottenne la cattedra di Analisi Superiore nel luglio 1884, divenne editor della nuova rivista Acta Mathematica, pubblicò uno studio di cristallografia scritto anni prima a Berlino (nel quale l’italiano Vito Volterra nel 1916 avrebbe tuttavia trovato un grave errore) e, nel 1885, le fu assegnata anche la cattedra di Meccanica. Nello stesso periodo fu autrice con l’amica Anna Leffler, sorella di Gosta, attivista femminista e futura sua biografa, di un'opera teatrale intitolata La lotta per la felicità. Fu l’inizio di una collaborazione letteraria che si concretizzò in articoli di viaggio, poesie (dominate dai temi della morte, del sacrificio, dell’amore sfortunato e dell’emancipazione femminile) e progetti falliti, come quello del dramma Quando la morte non ci sarà più, che fu rifiutato da tutti i teatri svedesi e stroncato dalla critica. A turbare questo periodo furono anche le accuse di scarso senso materno: sua figlia la raggiunse a Stoccolma solo quando aveva otto anni.
Nel 1887 l’attendeva la notizia drammatica della morte della sorella Anja, alla quale era molto legata, che provocò la sua prima crisi depressiva. Fortunatamente, poco tempo dopo Sofia ottenne il suo più grande trionfo personale. L’anno successivo, infatti, vinse il Premio Bordin dell’Accademia Francese delle Scienze per il suo lavoro Sulla rotazione di un corpo solido intorno a un punto fisso. Prima di quelle fornite dalla Kovalevskaya, le uniche soluzioni note sulla rotazione di un corpo rigido attorno a un punto riguardavano solo due casi in cui esso è simmetrico. Nella sua pubblicazione, Sofia sviluppò la teoria per un corpo asimmetrico, in cui il centro di massa non è sul suo asse. Lo studio fu così apprezzato che il premio previsto fu portato dai 3000 previsti a 5000 franchi.
Intanto un nuovo amore entrava nella sua vita: l’avvocato Maxim Kovalevsky, lontano parente del marito. Egli era stato allontanato dall’incarico all’Università di Mosca a causa delle sue idee politiche liberali ed era giunto a Stoccolma per un ciclo di lezioni. Conobbe Sofia e i due ebbero una chiacchierata relazione. La professione portava via Maxim da Stoccolma ed egli pretendeva che Sofia lasciasse la posizione guadagnata a fatica per seguirlo ed essere semplicemente sua moglie. Sofia rifiutò quest’idea, ma non poteva sopportare la perdita dell’amato. Il problema fondamentale era che entrambi erano troppo appassionati del loro lavoro per sacrificarlo all’amore. Sofia cadde in una nuova crisi depressiva, alla quale reagì con la scrittura.
In Francia, nella villa di Maxim, che periodicamente lei andava a trovare, concluse Ricordi d’infanzia in russo. Si tratta di un racconto autobiografico in cui Sofia fornisce una descrizione assai dettagliata della sua infanzia fino ai diciotto anni. Il quadro della vita di una famiglia agiata dell’aristocrazia è assai accurato, e non mancano giudizi severi su una vita “noiosa, oziosa e isolata”. Dal racconto emergono le aspirazioni d’indipendenza di Sofia e della sorella e i loro contrasti con il padre. Vengono descritti anche gli incontri con Dostoijevsky, al quale ella mostra le poesie che aveva composto. Afferma anche di aver lungamente studiato la sonata per pianoforte Patetica di Beethoven per suonarla davanti all’uomo di lettere. Lo stile di Dostoijevsky emerge in certe pagine in cui Sofia descrive l’assassinio di una zia, massacrata dai servi a causa della sua tirannia, oppure quando ricorda una giovane domestica ingiustamente frustata e licenziata per un furto che non aveva commesso.
Nel 1889 tentò di ritornare in Russia, ma, nonostante i matematici del suo paese fossero riusciti a far accettare, con uno strappo alle rigide convenzioni maschiliste, la sua domanda di divenire corrispondente esterna dell’Accademia Imperiale delle Scienze, non le fu offerto alcun incarico accademico. Nell’autunno dello stesso anno si rassegnò ad accettare il rinnovo del suo incarico a Stoccolma. Era ancora in crisi per la perdita di Maxim, anche se ogni tanto si recava in Francia per trovarlo. Nel 1890 scrisse in svedese il romanzo Una ragazza nichilista. Nell’opera Sofia sviluppa ampiamente le sue idee ribelli. L’eroina, Vera Voronzov, è assai simile a lei e i suoi ideali traspaiono sotto quelli del personaggio principale. Il testo mette in luce il contesto politico e sociale degli anni 1860-1870 e presenta chiaramente i motivi che porteranno la Russia verso un epilogo rivoluzionario. La descrizione e l’analisi dei sentimenti è sottile, testimoniando una grande sensibilità dell’autrice. Lo stile piacevole è reso ancor più vivo dai frequenti cambiamenti del soggetto narrante (l’autrice si alterna all’eroina). Sofia aveva in mente altri progetti letterari, come l’opera teatrale Fino alla morte, dopo la morte, iniziato a scrivere da sua sorella Anja prima di morire e che neanche lei riuscirà a concludere, oppure una biografia del padre. Ma tutti questi programmi sarebbero rimasti tali.
La Kovalevskaya morì improvvisamente il 10 febbraio 1891, di ritorno da un viaggio in Francia per vedere Maxim, durante il quale aveva contratto una polmonite diagnosticata troppo tardi. La comunità scientifica pianse la sua perdita, mentre il ministro russo dell’interno commentò astiosamente che si dedicava troppa importanza a una donna che, in fondo, era stata una nichilista.
Durante la sua vita aveva pubblicato dieci lavori scientifici che contenevano teorie innovative o lo spunto per nuove scoperte. Il presidente dell’Accademia delle Scienze francese, che le aveva assegnato il premio Bordin, ebbe a dire: “Tutti noi abbiamo riscontrato che il suo lavoro è la testimonianza non solo del suo sapere vasto e approfondito, ma di una mente di grande inventiva”.
Sofia Kovalevskaya aveva avuto due amori: più di Vladimir e Maxim, essi furono la matematica e la letteratura.
Questa Sofia di K elementi di classe K ha avuto a che fare con un sacco di celebrità.
RispondiEliminaColapesce
In effetti ciò che affermi è derivabile dalla biografia tra t1=1850 e t2=1891. Che ci vuoi fare, dopo Weierstrass non aveva più limiti.
RispondiEliminabelin che personaggio , molto russo nell'essere e probabilmente sentirsi inseguito dalle sfighe!
RispondiEliminaenrico
Un personaggio molto interessante. Un bel post, Pop, come al solito...
RispondiEliminaAnch'io ho scritto di Sofia Kovalevskaya in un pot dedicato a dieci eccellenze matematiche al femmininile:)
Accidenti, non sentivo parlare di Augustino Strindberg dai tempi del liceo! Complimenti per la bella foto di Riddarholmen, tack så mycket!
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