venerdì 25 settembre 2009

DNA e poesia

Tre poesie sul DNA di tre poeti di nazionalità diverse.

DNA

DNA o ADN, poco importa
si en castellano o en inglés: el caso
es que me muero por tus proteínas,
por tus aminoácidos, por todo
lo que fuiste una vez, cuando tus padres
vinieron de cenar algo achispados
y, después de tirar de la cadena,
hicieron una nueva con tu nombre,
con tus curvas y con tus fantasías.
Dame una foto de tu DNA
tamaño DNI, que me retuerzo
de ganas de mirarla a todas horas.


DNA
DNA o ADN, poco importa
se in spagnolo o inglese: il fatto
è che muoio per le tue proteine;
per i tuoi aminoacidi, per tutto
ciò che fosti un tempo, quando i tuoi genitori
finita la cena abbastanza sbronzi
dopo aver tirato la catena,
ne fecero una nuova con il tuo nome,
le tue curve e le tue fantasie.
Dammi una tua foto DNA
formato tessera, che mi struggo
dalla voglia di guardarla tutto il tempo.

Luis Alberto de Cuenca, da Animales Domésticos (1995)

Luis Alberto de Cuenca y Prado (Madrid, 1950), è un poeta, traduttore e saggista spagnolo. Laureato in filologia classica nel 1976, è stato Segretario di Stato alla cultura nel governo di José María Aznar. In quella carica ha dato il via alla BLU (Biblioteca de Literatura Universal, creata sul modello della celebre collezione francese di classici La Pléyade). Ha tradotto tra gli altri Omero, Euripide, Callimaco, Charles Nodier e Gérard de Nerval. Le sue opere sono state tradotte in diverse lingue, tra cui l’italiano.

Nella sua poesia si fondono l’erudizione e la creatività, dando vita a quella che è stata chiamata una «poética transculturalista»: una lírica ironica e elegante, a volte scettica e disincantata, nella quale il trascendente convive con il quotidiano e il libresco si intreccia con il popolare. Tra i suoi interessi anche la musica: scrive i testi per il gruppo rock Orquesta Mondragón.

--- OOO---

Lode al DNA

Lode a te
DNA
serpente
che risali a spirale
l’albero del tempo
pallottoliere dei noumeni
per computare l’algoritmo
della vita
sullo spartito del carbonio
coro a tre voci dei geni
nell’oratorio della cellula
tipografia clandestina
che stampi anatomie
sull’arcolaio delle forme
e subdole patologie
come bisturi nelle cliniche
dell’evoluzione
che hai scritto sul libro dell’eone
la storia fatta corpo dalle origini
senza volermi
hai sognato di me
me nell’ameba
me negli echinodermi
me negli pterodattili
me in quel remoto scimpanzé
che abitava un tempo sugli alberi
tu che governi l’uovo nel nido
e l’ovulo nell’utero
che fai danzare l’ape nel suo bugno
che hai suggerito a Platone
nell’età greca dei miracoli
quei Dialoghi
che tu hai scritto di suo pugno
tu che hai aperto un orecchio
alla sordità dell’universo
che hai dischiuso delle pupille
alla cecità siderale delle stelle
che hai ispirato
col ritmo del respiro
i poeti e con le nostre dieci dita
i primi matematici
che hai piantato nei mitocondri d’Eva
il seme di senape
della nostra umanità
che hai piegato il caso alla norma
l’informe alla forma
l’anomia all’identità
ti dobbiamo questa mano che scrive
con la penna o il computer
eredi della selce scheggiata
ti dobbiamo questa intelligenza
Pegaso che si impenna
tra la memorie e l’inferenza
tra il fossile e l’utopia
tra il mito e la scienza.

Giorgio Celli, in Percorsi (2006)

Etologo, naturalista, professore universitario e noto divulgatore scientifico (è stato il conduttore della fortunata trasmissione televisiva di Rai3 Nel regno degli animali), Giorgio Celli (1935) possiede anche una lunga carriera letteraria. Ha fatto parte della neoavanguardia con il Gruppo 63, assieme a poeti e scrittori del calibro di Alberto Arbasino, Nanni Balestrini, Umberto Eco, Antonio Porta, Angelo Guglielmi, Giorgio Manganelli, Elio Pagliarani, Edoardo Sanguineti e Sebastiano Vassalli. Interessato al teatro e all'arte, nel 1975 ha vinto il premio Pirandello con l'opera Le tentazioni del professor Faust (Feltrinelli 1976); due sue opere teatrali sono state rappresentate al Festival dei due mondi di Spoleto. Nel 1986 ha curato l'audiovisivo Arte e biologia nel Novecento per la sezione "Arte e scienza" della Biennale di Venezia.

La poesia di Celli è originale sia sul piano stilistico sia per le connessioni con il lavoro del ricercatore e del pubblicista, impegnato ad indagare gli ambiti del sapere scientifico e i suoi possibili legami con la letteratura, il teatro, le arti figurative. La sua parola poetica, al pari dello sguardo scientifico, coglie e riflette le pieghe segrete del reale e della materia. L’Ode al DNA (che Matteo Veronesi ritiene “non indegna, per vigoria di concezione e d’immagini, di stare accanto all’Ode all’atomo di Pablo Neruda”) unisce in un solo respiro poetico la visione dell’universo e della storia "fatta corpo dalle origini", un’epopea della vita che procede dal "caso" alla "norma", dall’ameba all’impresa scientifica.

--- OOO---

Code, Memory

Alcman, they say, called Mnemosyne big-eyed, since we see the past by our thinking

Walk in, to a Ticino alp's
wild strawberry midsummer,
see the blues flit, conjure up
a young Russian with a net.
Elsewhere, by lamplight,
one you loved can look
at the old photos and say
"you smile like your father
he also wore a cap."
The way lit up in '53,
two young men just willing
a model into being. Walk,
toward them, past a monk
tending peas, on to stains,
agar plates and centrifuges,
come, walk by the light
of signals from within, past
x-shaped diffraction patterns;
on, past '53, heady
with the logic of splice
and heal, the profligate
wonder of polymerases,
into denominable bounty,
down this biochemical
rope trick of a molecule,
its rings' sticky signposts
tied to a backbone (chain,
chain, chain, she sings)
run -- of sugars, unsweet,
and phosphate triads.
There, there's memory's lair,
the inexpungable trail
of every enzyme that worked,
and those that did but
for a while, every affair
the senses had with a niche,
the genes turned off
as we came out of water,
what worked, what nearly killed –
the insinuating virus, code
immured in coiled softness,
coopted symbiotes. Move,
for here wiggling and collision
gauge shape, down necklaces
of meaning interrupted
by stutters, the ons, offs,
intent, a tinkerer's means
to function (that escapes us),
on, to difference, earthy life,
its dendral arms hazarding
berry and you, to the butterfly
that lights on torn up earth
in Srebrenice and Złoczów,
that flies to the far place
love obstinately chose.
An Alp… is to be climbed;
they did, our mid-century
helixeers. But oh, an alp
is also a sweet shoulder
of a mountain, that meadow
reaching for snowline, the place
where men drive cattle, rest,
move higher. An alp is clover,
a place to feed, and watch
another blue, now the morning
glory's winding grasp and
climb. The word sings, in alp
and alkaline phosphatase
and DNA, in nuanced refrain;
this side of memory, of a world
that was; and one that will be.

Codice, memoria

Dicono che Alcmane definisse Mnemosyne “dai grandi occhi”, perché vediamo il passato attraverso il nostro pensiero.

Cammina, verso una mezza estate
di fragola selvatica sull’Alpe del Ticino,
guardale volteggiare azzurre, evoca
un giovane russo con una rete.
Altrove, alla luce d’una lampada,
chi hai amato può guardare
le vecchie foto e dire:
“sorridi come tuo padre:
anch’egli portava un berretto”.
La via si accese nel ’53,
due giovani che solo volevano
un modello nell’esistenza. Cammina
verso di loro, supera un monaco
che si interessa di piselli, verso le colorazioni,
colture sotto vetro e centrifughe,
vieni, cammina alla luce
di segnali dall’interno, vecchie
figure di diffrazione a forma di X;
avanti, superato il ’53, intontito
dalla logica di unione
e di salute, la libertina
meraviglia di polimerasi,
in profusione quantificabile,
giù verso questa biochimica
ingannevole corda di una molecola,
i suoi segnaposti adesivi di anelli
legati a una spina dorsale (chain,
chain. chain
, lei canta)
corri – di zuccheri, non dolci,
e triadi di fosfati.
Là, c’è il rifugio della memoria,
l’ineliminabile traccia
di ogni enzima che agì,
e quelli che lo fecero ma solo
per un po’ di tempo, ogni affare
che i sensi hanno avuto con una nicchia,
che i geni si sono spenti
quando uscimmo dall’acqua,
ciò che funzionò, ciò che quasi uccise –
il virus insinuante, codice
imprigionato in morbidezza a spirale,
cooptati simbionti. Affrettati,
che qui prendono forma ondeggianti
indicatori di collisione, giù verso collane
di significato interrotte
da balbuzie, gli on, gli off,
intenti, un disegno da saldatore
(che ci sfugge) per funzionare,
avanti, verso la differenza, la vita terrestre,
le sue arborescenti braccia che azzardano
la fragola e te, verso la farfalla
che riluce sulla terra straziata
di Srebrenice e Złoczów,
che vola al luogo remoto
che l’amore ostinatamente scelse.
Un Alpe... va scalata;
essi lo fecero, i nostri scopritori
di metà secolo. Ma oh, un’alpe
è anche una dolce spalla
di una montagna, quel pascolo
che si allunga per cogliere la linea delle nevi,
il posto dove l’uomo conduce il bestiame,
si ferma, si sposta più in alto. Un alpe
è trifoglio, un posto che nutre, e guarda
un altro azzurro, che ora la gloria
del mattino sta afferrando
e scalando. La parola canta, nell’alpe
e nella fosfatasi alcalina
e nel DNA, in sfumato ritornello;
questo lato della memoria, di un mondo
che fu, e di uno che sarà.

Roald Hoffmann è nato nel 1937 a Złoczów, in Polonia (ora Zolochiv, in Ucraina) da famiglia ebrea. Sopravvissuto alla guerra, è emigrato negli Stati Uniti nel 1949, dove ha studiato chimica conseguendo il dottorato nel 1962. Dal 1965 insegna alla Cornell University, dove oggi è professore emerito di Lettere. Per la sua attività scientifica ha ricevuto molti ambiti riconoscimenti, tra cui il Premio Nobel per la chimica nel 1981 (assieme a Kenichi Fukui).

Come scrittore, Hoffmann ha esplorato il terreno tra scienza, poesia e filosofia, con molti articoli e saggi. Egli è anche un esperto poeta e drammaturgo. Ha cominciato a scrivere poesie alla metà degli anni ’70, pubblicando numerose raccolte, l’ultima delle quali è Soliton (2002). Il suo terzo lavoro teatrale, We Have Something That Belongs to You, è stato rappresentato per la prima volta nel 2009.

A proposito di questa poesia, Hoffmann ha raccontato che fu scritta quando Nature gli commissionò un’opera per il cinquantesimo anniversario della pubblicazione della ricerca di Watson e Crick sul DNA (1953). Dopo alcune prove infruttuose, l’ispirazione giusta gli venne durante una gita con un amico nel Canton Ticino, durante la quale, nel corso di una passeggiata in montagna, vide alcune meravigliose farfalle blu che gli ricordarono la passione entomologica di Nabokov. L’opera, piuttosto complessa, mescola la descrizione dell’ascensione, che suggerisce all’autore sensazioni e spunti per una riflessione sullo sviluppo della genetica da Mendel (il monaco che si sta interessando ai piselli) fino al modello del DNA, con i ricordi d’infanzia (la caccia alle farfalle con il retino), e riflessioni sulla guerra (Srebrenice e la sua Złoczów). Hoffmann trova pure il modo di fare cenno a Chain of Fools di Aretha Franklin.

Nota per il lettore: le traduzioni dallo spagnolo e dall’inglese sono mie, perciò sono sicuramente affette da imprecisioni ed errori che il lettore saprà perdonare o, auspico, correggere.
Grazie per i preziosi suggerimenti alla Perfida Nera (spagnolo) e a Michela (inglese)

12 commenti:

  1. Fantastiche, Pop!
    La "Lode" di Celli in particolare. quella che preferisco! :-)
    "coro a tre voci dei geni
    nell’oratorio della cellula
    tipografia clandestina
    che stampi anatomie
    sull’arcolaio delle forme
    ....."
    ma stupendo!
    g

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  2. Grazie per avermele fatte leggere. Io, se per te non è un problema, le stampo e lunedì le metto una (Lode al DNA, quella che preferisco) sullo sportello del sequenziatore, una (Code, Memory/Codice, memoria) sopra la macchina da PCR e una attaccata al muro vicino al bancone dove corriamo i gel. Delle mie colleghe non mi preoccupo, mi conoscono, una poi secondo me se le legge volentieri.
    michela
    Va bene se aggiungo due: traduzione di Popinga?

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  3. Ci sono persone con una doppia personalità (ahem...) che non avrei mai immaginato! E poi gli "aridi" scienziati (addirittura un chimico) che invadono il sacro regno delle muse! Grazie a Pop (posso usare anch'io questo nome vero?) oggi non è stata una giornata infruttuosa (va beh, esagero un cicinin).
    Solo una curiosità: non parlando lo spagnolo (si intuisce e quindi non l'ho mai studiato) cos'è il DNI?

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  4. Michela: va bene. Ma un'adetta ai lavori come te non ha davvero trovato errori di traduzione? Ci ho messo ore per capire che cos'era un agar plate!

    Juhan: DNI è il Documento Nacional de Identidad, la carta d'identità spagnola.

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  5. Mi hanno conquistata la raffinata ironia di Luis Alberto de Cuenca e la musicalità enfatica di Celli.

    Il grande premio Nobel mi perdoni, ma la sua lirica non mi ha emozionato in modo particolare.

    Pop la tua traduzione dall'inglese è superba...per lo spagnolo non posso esprimermi conoscendolo poco, ma la resa in italiano è coinvolgente.

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  6. A me la tua traduzione piace e se non c’era non avrei mai letto l’originale, fondamentalmente sono una pigra, anche mentalmente, e l’inglese non mi piace e poi lo collego troppo al lavoro.
    Non so se queste mie considerazioni ti possano interessare, se/quando ti stufi pianta lì tranquillamente.

    see the blues flit (io l’ho inteso come senti il battito del blues, ma non si incastra con la fine della poesia e lo confesso solamente per dare l’idea che io e l’inglese non siamo grandi amici)

    two young men just willing/ a model into being. Da quel che mi risulta Watson e Crick passavano anche molto tempo corteggiando donne e giocando a tennis, oltre a fregare idee a Pauling, non li vedo molto a farsi pensieri sull’esistenza e poi c’è quel just, no so, forse è più essere vivente, creatura che esistenza)

    Walk,/toward them, past a monk/tending peas, (io ci ho visto Mendel in quel monaco, e ho visto il suo orto e i suoi incroci tra i piselli e lo studio della trasmissione dei i caratteri dominanti e recessivi, le leggi di Mendel insomma. Mi sembra più: che si interessa di piselli)

    on to stains (colorazioni),/agar plates (sono piastre d’agar anche in italiano ma colture sotto vetro è molto bello) and centrifuges,
    come, walk by the light/of signals from within, past/x-shaped diffraction patterns;/on, past '53, heady/with the logic of splice/and heal, the profligate/wonder of polymerases,/into denominable bounty, (la mia è deformazione, lo ammetto, ma la scoperta del codice genetico ha avuto un grande impatto non solo in campo scientifico, ha dato una prova dell’uguaglianza tra gli uomini a me sembra: intontito dalla logica dell’unione e della salute/ il prodigio libertino delle polimerasi (sono enzimi, le DNA polimerasi sono quelle che duplicano il DNA)/ verso una bontà quantificabile
    down this biochemical/rope trick of a molecule,( giù verso questa biochimica/ ingannevole corda di una molecola/ its rings' sticky signposts (qua sono in forte difficoltà ci ha messo di tutto in tre parole, io ci ho visto le basi e purine e pirimidine sono ad anelli, mi sento ridicola a dirtelo, e si appaiano tra loro e sono loro che portano l’informazione ma come si può mettere? I suoi indicatori o forse cartelli ad anelli appiccicosi?)

    There, there's memory's lair,the inexpungable trail/of every enzyme that worked,/and those that did but
    for a while, every affair/the senses had with a niche,/the genes turned off/as we came out of water,
    (altra bellezza del DNA: la memoria, la nostra storia, l’evoluzione e lui la prende ben alla lontana, niente scimmie ma anfibi. A me nicchia piace anche in italiano e rende l’idea dell’adattarsi a posti e situazioni differenti. Gli ultimi due versi potrebbero essere: i geni che si sono spenti quando uscimmo dall’acqua. Mi rendo conto che è un pensiero privato ma ho visto mio fratello che entusiasta mi faceva vedere un’ecografia, la prima foto della sua futura figlia: un girino.)

    what worked, what nearly killed /the insinuating virus, code/immured in coiled softness (in una morbidezza a spirale forse richiama di più il DNA),/coopted symbiotes.

    Move,/ for here wiggling and collision/ gauge shape, down necklaces/ of meaning interrupted/ by stutters, the ons, offs,/ intent, a tinkerer's means/ to function (that escapes us), (questi versi mi piacciono molto. Il DNA organizzato intorno agli istoni sembra proprio una collana. La balbuzia degli on e off come ripetizione di esoni-codificanti e introni-non codificanti e il meccanismo dello splicing come lavoro di un saldatore sono, a mio avviso geniali. a tinkerer's means lo vedo più come disegno di un saldatore)

    Pianto qua che è meglio e prometto solennemente di tornarmene nella mia postazione di lettrice silenziosa del blog.
    Buona domenica
    michela

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  7. Pop hai un blog fantastico che produce commenti mooolto interessanti, quelli non miei ovviamente. Un plauso a Michela (a cui non piace l'inglese?)

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  8. a Juhan
    il DNI è il Documento de Identidad Nacional, l'equivalente della nostra carta di identità, con la (stupenda) differenza che il suo numero resta uguale per tutta la vita, come il nostro codice fiscale, pertanto non è legato al comune di residenza, e solo occorre rinnovare la tesserina alla scadenza quinquennale, per aggiornare la foto.
    a Popinga
    "Padres" sono i genitori.
    Ciao
    LPN

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  9. LPN e Michela: Grazie, ho fatto tesoro dei vostri consigli (non di tutti però). Michela, so che il suffisso -asi indica gli enzimi. Ad esempio, secondo gli Indù, Varanasi (Benares) è la città enzima che scioglie la materia in puro spirito. :-)

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  10. bella poesia, bello il post che ci rende poetica la genetica.
    saluti
    Blas

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  11. grazie a te,
    ristampate, pronte per domani ;-)

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  12. DNA
    (Deoxiribo Nucleic Acid)
    …giusto in vena per inscenare un’idea,
    FANTASTICA…

    Con la fantasia
    Procedo a passo di ali
    Protetto dal monte in un riposo di mente ed ego
    “d’un tratto la scogliera dell’infanzia comincia a sciogliermi dentro”

    E penso di inventare una scusa già invecchiata

    Mi siedo a parlare con lei
    Per far posto alla casa con le ali
    Cerco di ignorare i battiti accelerati del mio cuore
    E catturo la sua attenzione
    E il mio orgoglio

    E penso che la vita sia troppo bella per avere incertezze

    Con il resto di un tramonto
    Sai com'è il trovarmi ignoto
    Sai dov'è il portato mio destino
    Sai perchè
    Con un paio di ali la tua espressione sembra più dolce ed intensa
    Come quando fuori piove
    Come quando erediti nei tuoi occhi nostro figlio
    Il vento addestratore della buonanotte

    "mostra di me ogni carro pieno di rinforzi per Mondi"

    E penso che una bugia vera e propria oggi sia purtroppo verità

    Fanta e fanta e fanta
    Tanta è tanta è tanta
    FANTA, TANTA, FANTASIA

    Cerco un modo per spiarmi mentre spigolo sulle mie ali
    L’immaginario racconto che prenda il largo
    Per ingannare il tempo in spianto
    Per un infinito
    Dove manchi per terra la terra sotto i piedi
    Dove guardare giù è il linguaggio per guardare sù

    Con la fantasia
    Procedo a passo di ali
    E penso che ogni giorno siamo i custodi del nostro sangue
    “la soglia del DNA è il nostro punto
    è il nostro a capo…
    e c’è una fuga curiosa per la libertà caratteriale”

    Con la fantasia
    Procedo a passo di ali
    Protetto dal monte in un riposo di mente ed ego
    “d’un tratto la scogliera dell’infanzia comincia a sciogliermi dentro,
    perché tutto questo significa…
    VIVENTI-


    ©2011
    Maurizio Spagna
    e il giro del mondo poetico-
    www.ilrotoversi.com
    info@ilrotoversi.com
    L’ideatore creativo,
    paroliere, scrittore e poeta al leggìo-

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