Che piatto il mondo letterario italiano di questi tempi! Sì, si pubblicano romanzi, alcuni anche belli, ci sono ogni tanto le comparsate in TV (sempre più rare e/o confinate in orari proibitivi), si assegnano ancora i premi (Bancarella, Campiello, Strega, Viareggio, in ordine rigorosamente alfabetico per non fare arrabbiare nessuno, ecc.), ma le polemiche dove sono finite? Quelle belle, feroci e intelligenti polemiche tra scrittori o tra loro e i critici che finivano magari anche sulla terza pagina dei quotidiani (altra illustre defunta, R.I.P.)? Non sto parlando delle polemiche e dei litigi dell’era televisiva, che pure rimpiango faute de mieux (memorabile quella tra Dario Bellezza e Aldo Busi a Mixer cultura su Rai 2 nel 1987), ma di quelle che con gran classe gli uomini di lettere facevano utilizzando la loro stessa arte, la loro capacità di manipolatori di parole. Senza tirare in ballo le polemiche degli antichi, ne cito una per tutte, entrata nei manuali, quella di Ugo Foscolo contro i letterati milanesi e in particolare Vincenzo Monti, che non aveva tradotto l’Iliade direttamente dal greco e fu destinatario del noto distico:
“Questi è Vincenzo Monti cavaliero
gran traduttor dei traduttor d'Omero”,
e rispose con acredine:
“Questi, rosso di pel, Foscolo è detto
che per tutto falsar falsò se stesso
quando in Ugo cangiò ser Nicoletto.
Guarda la borsa se ti viene appresso”.
Ancora negli anni ’60 del Novecento l’epigramma tagliente tra scrittori era un genere praticato, con risultati artistici di tutto rilievo. La polemica tra Carlo Bo e Franco Fortini, indusse il secondo a scrivere la più breve poesia italiana di ogni tempo, vero capolavoro di icasticità:
Carlo Bo
No.
Tra gli intellettuali italiani che si distinsero nel genere dell’epigramma in quegli anni, prima che anche questo conoscesse un declino che sembra inesorabile, c’è il napoletano Luigi Compagnone (1915–1988), narratore, poeta, saggista e giornalista dallo stile spesso ironico e pungente, a torto considerato “di destra” negli anni ’70 per la sua decisione di pubblicare con Rusconi e per le critiche che non risparmiò a certi luoghi comuni della critica militante. Della sua vasta produzione letteraria oggi mi occupo di una piccola perla, difficilmente ricordata nelle biografie. Si tratta di un libretto di un centinaio di pagine, pubblicato in duemila copie numerate da Vanni Scheiwiller nel 1973, dal curioso titolo di Che Puzo! Epigrammi e nonsense, del quale mi sono procurato la copia n. 886. Compagnone, che praticava anche l’enigmistica, rivela qui le sue doti mordaci, muovendosi liberamente dall’epigramma contro critici, colleghi e premi letterari (e il crescente potere del denaro su tutti i suddetti), a qualche irriverente commento su alcuni capolavori letterari, al nonsense (soprattutto nella forma del limerick).
Il titolo è un evidente riferimento al successo che in quegli anni stava avendo Il padrino, scritto dall’italo–americano Mario Puzo, che evidentemente non gli piaceva:
In treno la incontrai
che leggeva Il Padrino;
le mormorai: “Che Puzo!”
e apersi il finestrino.
Ma i suoi strali sono rivolti particolarmente contro obiettivi domestici (nell’ordine: Umberto Eco, Giuseppe Berto, Carlo Cassola, i premi letterari, Marcel Proust, ancora i premi letterari, Domenico Rea, Aldo Palazzeschi, un critico a me ignoto, Pablo Neruda)
Perché l’intellettuale
prima schifa l’industria culturale
e poi c’ingrana?
L’Eco risponde: grana.
Se virgole non usi, sta’ sicuro:
hai il Male oscuro!
E la barca affondò sola
coi romanzi di Cassola.
Al lettore
Dei premi letterari
non insultar la giostra,
ché mica è cosa tua
ma solo Cosa Nostra.
Il masochista
I suoi istinti degeneri
gli divennero chiari
a furia di concorrere
ai premi letterari.
Proustiana
Del mio Tempo Perduto
il ricordo più grosso
é quando da bambino
me la facevo addosso.
“Lei piange, cocco bello!
Fatto fuori allo Strega?
Escluso dal Campiello?”
“No, signora, assai peggio:
mi hanno dato il Viareggio!”
Per mistica idea
Domenico Rea
dinanzi l’altare
si mise a pregare.
Concluse col dire:
“Gesù, fate lire!”
A Palazzeschi che ancora
a ogni stagione
un nuovo libro propone
vada tutta la nostra
rassegnata ammirazione.
A un critico funereo
Il tuo stile è così funebre
che ho paura del tuo elogio,
hanno sempre le tue critiche
un sapor di necrologio.
La verità
nuda e cruda
non la chiedere
a Neruda.
I limerick di Compagnone, che costituiscono quasi interamente la seconda parte del testo, sono assai poco nonsensical e confermano la vena epigrammatica dell’autore. Sulla scansione metrica e sulla rima ci sarebbe qualche cosa da dire, ma quel che conta è osservare l’insolito e innovativo utilizzo, per quei tempi, di questa forma poetica.
C’era un lettore di Torino
che leggeva soltanto Arbasino;
ma un giorno disse: “Sono un cretino
se non la smetto con Arbasino”,
quel sagace lettore di Torino.
C’era un ilare vecchio di Campetti
che s’allietava d’ingenui diletti;
un giorno prese un merci e tre diretti
e andò a vedere Arrigo Benedetti;
poi come niente ritornò a Campetti.
C’era un rapido vecchio di Romagna
che notte e dì correva la campagna;
saltava siepi fino alla montagna,
urlando: “Ho Bevilacqua alle calcagna!”
Al che rabbrividiva la Romagna.
Popinga, leggi qui, di Compagnone =
RispondiEliminaC'era un vecchio lettore di Ferrara
che la sua città aveva assai cara.
Lesse Bassani e la sentì più cara.
Se lo rilesse, e si ordinò la bara
stufo ormai di Bassani e di Ferrara.
Finalmente mi sono sentita meno cretina, perchè a me Bassani mi era sembrato di non averlo come dire più "colto", compreso, a parte la quasi folgorazione delle atmosfere del film visto dopo aver letto il libro, da ragazzina. E a distanza di tempo, rileggendolo per ritrovare la Ferrara da spiegare alle mie amiche non emiliane (eravamo state a una mostra di pittura lì), mi sono accorta che non mi piaceva più così tanto, a me, mentre a loro, che lo leggevano per la prima volta, stava piacendo moltissimo. E' che forse Ferrara è tanto cambiata, dai tempi del Giardino, non saprei... O forse è proprio Bassani, che la racconta troppo e viene voglia di cambiare repentinamente argomento, e città, come dice Compagnone.
Mi è piaciuto tanto il tuo post, Popinga, e così ho anche ripassato un po' Compagnone, che conoscevo solo per le sue ultime cose. Su "Il Padrino" devo dissentire però, o meglio: i film a me piacciono sempre moltissimo, molto più del libro di Puzo. E a te?
Che immagine è quella del mostriciattolo che hai messo? Scusa, ma io non lo so e a me ricorda il BaBau di Buzzati. Me lo diresti?
Ciao.
B
Scusa Popinga, volevo dire il Colombre, di Buzzati, non il Babau (che è un'altra cosa).
RispondiEliminaQuesto =
http://www.colombre.it/UserFiles/Image/colombre_bianco(1).gif
B
B.: Il mostriciattolo è uno dei tanti che ha dipinto o disegnato Enrico Baj. Si tratta dell'opera Al fuoco! Al fuoco! (1963-64), acrilico e meccano (?) su tela.
RispondiEliminaLuttazzi
RispondiEliminaDove lo porta il clito?
All'inizio alla sbarra,
da una querela colpito,
sporta dalla Tamarra.
A proposito di Puzo e de "Il Padrino", forse Compagnone è stato troppo ingeneroso a meno che il suo giudizio fosse solo morale.
Invece non ho capito quella di Cassola e della barca.
Salutoni!
Posso andare OT, come al solito? Grazie.
RispondiEliminaBello il poema su Carlo Bo.
B ma Ferrara è in Emilia o in Romagna? Questo per dire che dissento, di solito sono molto più belli i libri. Fa eccezione il Gatopardo dove c'è un ex aequo.
Compagnone mi è sconosciuto, a me nessuno dice mai niente!
Ma vengo al dunque: tanto tempo fà mi hai parlato di Arto Paasilinna. È bellissimo, e anche i libri di Iperborea sono belli, quasi come quelli di Sellerio.
Il riferimento è al successo melodico E la barca tornò sola di Gino Latilla, che vinse il festival di Sanremo nel 1954. Come capitò ad altre persone che si guadagnvano da vivere cantando, il nome di Latilla fu trovato sugli elenchi degli appartenenti alla P2 trovati nella villa di Gelli a Castiglion Fibocchi.
RispondiEliminaJuhan, il tuo commento su Paasilinna mi fa gongolare di soddisfazione. Grazie. Ferrara è in Emilia.
RispondiEliminaDi sicuro non ci sarà una polemica come quella con Bellezza, ma crediamo che seguire l'Isola dei famosi questa volta valga davvero la pena: con Aldo Busi come concorrente ne vedremo di belle. D'altra parte, le polemiche di e fra scrittori non rischiano di essere troppo autoreferenziali? Dove si collocano gli scrittori oggi, rispetto all'Italia?
RispondiEliminaNoi della redazione di Altriabusi.it, sito dedicato appunto all'opera dello Scrittore, seguiremo con attenzione lo svolgimento del programma e faremo anche un'analisi attenta degli interventi di Busi. Senza trascurare, ovviamente, le iniziative del sito, come "Recensisci Aldo Busi", rivolta ai lettori.
Saluti.
"Dove si collocano gli scrittori oggi, rispetto all'Italia?" Azzardo una risposta: al largo del Nicaragua? che non è troppo polemica, visto che continuo a considerare Busi uno scrittore. Ma il mio parere conta poco: sono un povero prof. di scienze di una professionale.
RispondiEliminaAhem, scrittori 'tagliani? Io ne conosco uno solo, viene da Asti e bazzica Monte Carlo. Vende tantissimo e potrebbe/dovrebbe investire una piccola parte del malloppo per frequentare un corso elementare di come si scrive. Ma serve poi?
RispondiEliminaPer quanto mi riguarda ne ho letto solo uno (praticamente costretto), ho ancora incubi e conati di vomito se ci penso (come adesso).
Faletti alias Vito Catozzo? E da chi lo manderesti a fare un corso di scrittura? Da Baricco? Lassa stà, Juhan, per piasé. All'egocentrico scrittore di consumo ho dedicato un limerick che ho pubblicato nell'articolo Persone. Lo riporto:
RispondiEliminaOceano mare
Il libro di Baricco fu un successone,
ma che commerciale fosse l’operazione
era chiaro sul risvolto, al centro:
“Consumare di preferenza entro
(vedi data sul retro della confezione)”
Scusate, io non avrei capito la domanda: Cosa significa, dove si collocano gli scrittori rispetto all'Italia? In che senso? E' una cosa ironica e io non l'ho capita, o nel senso di aderenza alla situazione politico-sociologica eccetera? Ho letto nel blog Altriabusi l'intervista a Busi dove si parla di Vittorini e del ruolo degli scrittori nella società eccetera, per cercare di capire la domanda, e magari se avevo anche una mia risposta (per me), ma non ho capito lo stesso, quindi la risposta io non ce l'ho. Mi ricordo una volta un'intervista a Busi dove lui, parlando di sè, diceva di non essere uno scrittore omosessuale, come invece lo era Arbasino, ad esempio, e allora ammetto di aver iniziato a leggerlo per curiosità, perchè Arbasino non è che io lo sopportassi molto, ad esempio. Busi mi era piaciuto tanto e in quel periodo c'era anche qualche studente che iniziava a progettare di fare tesi di laurea su di lui, e io pensavo che ci voleva del coraggio, però, anche solo a intervistarlo (che si doveva fare magari, essendo un "vivente"). E che se magari poi la tesi veniva che secondo lui non avevi capito niente, si rischiava di diventare famosi all'incontrario, perchè lui se la prendeva con te in qualche tv, facendo molta confusione. Però erano solo pensieri, perchè io non ho mai pensato di fare una tesi su Busi e ho scelto un morto per non avere paura, anche. Però mi piace come scrive, ecco. Se tacesse poi. Che scriva, ecco. Popinga, spero che Busi non ti legga, che altrimenti viene ad insultarmi qui da te e ti devasta il tuo blog bellissimo. Così faccio un proclama: Busi, tu sei bravo, ma c'hai un carattere così così, ma lo dico io, non Popinga.
RispondiEliminaBaricco è uno scrittore da autostrada, secondo me, Di quelli che all'autogrill, tu dici, ma Toh Oceano mare ma Toh Seta e alla fine dici prendo un caffèspremutad'aranciacornettoBaricco: un kit, ecco. Però è carino e telegenico e anche bravo a fare gli aforismi, ma guarda...
B
Mi sa che devo risalire il blog fino all'inizio. Certo che anche Baricco merita, e potrebbe imparare da Catozzo.
RispondiEliminaPerò credo che ci stiamo incamminando su una brutta strada; se dico Moccia & Tamaro che rispondi?
OT: a pochi minuti dalla fine sempre 2-1.
Juhan, tocco con lo stocco e mi ritiro nei miei alloggiamenti: Busi è uno Scrittore, Baricco è uno scrittore, Tamaro è un uno, Moccia è uno zero. Degli italiani a me piace la nuova "scuola emiliana", in primis Cavazzoni e Nori.
RispondiEliminaIo non ho mai letto Busi, ma penso che il suo valore di scrittore possa essere stato svilito dal suo personaggio di bella e bestia contemporaneamente.
RispondiEliminaCondivido l'opinione di B: Busi scriva e non si sovraesponga.
Una volta, un sabato mattina mi pare, vidi su Canale 5 una lezione di letteratura fatta da Busi ai ragazzi del talent show Amici. Non sono sicuro che la lezione fosse su Erodoto, ma sono sicuro che la trovai bellissima.
Quello che non ho capito degli amici di Aldo Busi è l'invito a valutarne la figura attraverso le sue imprese televisive. Io credo che uno scrittore debba essere giudicato per quello che scrive, punto e basta. Se dovessi valutare Borges per le sue idee politiche non lo considererei il più grande del Novecento, se dovessi valutare Garcia Lorca solo perché è stato fucilato dai franchisti non renderei giustizia al suo valore poetico. Busi è uno scrittore con la S maiuscola, come ho detto, e certe scelte mediatiche non gli servono. Poi naturalmente faccia quello che vuole, che Seminario sulla gioventù continuerà a piacermi.
RispondiEliminaVisto che si parla di Busi, qualcuno mi saprebbe consigliare un titolo? Qual è la sua opera migliore?
RispondiEliminaFabristol non ti posso aiutare: ho letto solo Seminario sulla Gioventù e Le persone normali (La dieta di Uscio): mi sono piaciuti entrambi, ma non mi sento di dare consigli.
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