Nella storia dell’impegno, il femminismo rappresenta una rottura senza precedenti. Le donne hanno incorporato nel pensiero progressista proprio ciò che questo aveva rifiutato e lasciato nella corrente della reazione: il pensiero contingente, in quanto donna, nero, occidentale o altro. Sostenendo che gli uomini avrebbero potuto capire la loro lotta ma mai conoscerla, hanno commesso un crimine di lesa maestà. (…) Al di là di ciò che possiamo condividere, l’esperienza di essere donna nel proprio corpo segna il limite tra la comprensione, la solidarietà e la conoscenza. Non si tratta di ridurre il femminismo a una questione di sesso. Alcuni vissuti sono vissuti di genere, altri sono biologicamente determinati. La componente biologica non dà il senso – “donna non si nasce, si diventa” – ma non può per questo essere negata.
Il femminismo rompe così con il pensiero progressista che concepiva l’impegno secondo un modello di desustanzializzazione. Tutti i movimenti precedenti avevano preferito cancellare le particolarità di ciascuno. Gli uomini dovevano assumere il punto di vista della coscienza universale. La porta era aperta a tutti gli accessi. Un punto di vista non si definisce attraverso un’identità ma attraverso delle pratiche e attraverso la disposizione materiale che le determina.
Voce “Femminismo” da Contro il niente. Abc dell’impegno, di Miguel Benasayag, Feltrinelli, 2005. Grazie a Pier Luigi Fettolini che mi ha fatto conoscere questo libro intelligente, regalandomelo.
Oltre che agli accessi,la porta si apri pure a qualche eccesso...finendo sovente per far confusione tra pensiero progressista (e qui pero'bisognerebbe intendersi a priori di cosa si intenda per pensiero progressista) e individualismo di genere...svincolato dalla realta'dei fattori economici e dal diverso stato di ogni singola entita'statuale,sovente con storie e culture ed economie molto diverse tra di loro..
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